Bonifica siti contaminati: identificazione soggetti responsabili
Appunti Ambiente | ||
26 Novembre 2024 | ||
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Bonifica siti contaminati: identificazione soggetti responsabili Nota MATT 23 gennaio 2018 n. 1495 [...] A) Obblighi del proprietario non responsabile della contaminazione e onere probatorio L’articolo 240, comma 1, lett. i), l), m), n), o), p) e q), del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 definisce le tipologie di interventi da attuare ai sensi della Parte IV, Titolo V (Bonifica di siti contaminati). Il successivo articolo 242, recante «Procedure operative ed amministrative», disciplina in modo puntuale gli oneri ricadenti sul soggetto responsabile dell’inquinamento, che si tratti di contaminazione recente o storica, per quanto riguarda in particolare la comunicazione nei confronti di soggetti pubblici competenti, l’adozione delle misure di prevenzione e di messa in sicurezza d’emergenza, le indagini e le attività di caratterizzazione da attuare, gli interventi di bonifica o messa in sicurezza (operativa e permanente). L’articolo 244, rubricato «Ordinanze», disciplina invece il caso di accertamento di valori superiori alle Concentrazioni Soglia di Contaminazione da parte della Pubblica Amministrazione (comma 1) e il potere di ordinanza da parte della provincia nei confronti dei soggetti responsabili (comma 2). Il medesimo articolo prevede che l’ordinanza sia notificata anche al proprietario del sito, ai fini dell’iscrizione dell’onere reale (a seguito dell’approvazione del progetto di bonifica attuato dall’autorità competente ai sensi dell’art. 250) e dell’esercizio del privilegio speciale. Il comma 4 chiarisce che, ove il responsabile dell’evento di superamento non sia individuabile o non provveda e non provveda altro soggetto interessato (ad es. il proprietario del sito), gli interventi necessari sono adottati dall’amministrazione competente in conformità all’art. 250. Il successivo articolo 245, recante «Obblighi di intervento e di notifica da parte dei soggetti non responsabili della potenziale contaminazione», prevede: -al comma 1, la facoltà dei soggetti interessati non responsabili di attivare le procedure di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale; -al comma 2, l’obbligo di notifica e di attivazione delle misure di prevenzione da parte del soggetto non responsabile della contaminazione e l’attivazione della provincia per l’identificazione del soggetto responsabile che dovrà attuare gli interventi di bonifica. Il già menzionato art. 250, recante «Bonifica da parte dell’amministrazione», prevede che «Qualora i soggetti responsabili della contaminazione non provvedano direttamente agli adempimenti disposti dal presente titolo ovvero non siano individuabili e non provvedano né il proprietario del sito né altri soggetti interessati, le procedure e gli interventi di cui all’articolo 242 sono realizzati d’ufficio dal comune territorialmente competente e, ove questo non provveda, dalla regione, secondo l’ordine di priorità fissati dal piano regionale per la bonifica delle aree inquinate, avvalendosi anche di altri soggetti pubblici o privati, individuati ad esito di apposite procedure ad evidenza pubblica (...)» * * * La più recente giurisprudenza amministrativa ha inoltre chiarito che «il fenomeno della fusione per incorporazione di una società in un'altra determina una successione inter vivos a titolo universale per cui la società incorporante acquista, dal momento dell'estinzione di quella incorporata, i diritti e gli obblighi scaturenti dai rapporti attivi e passivi dei quali quest'ultima era titolare», con la conseguenza che la società incorporante è tenuta ad adempiere agli stessi obblighi (anche in qualità di responsabile della contaminazione) cui era tenuta l’incorporata (fra le tante, Cons. Stato sez. V, n. 6055/08). La Corte di Giustizia, nella sentenza del 4 marzo 2015 C-524/13, ha stabilito che «affinché il regime di responsabilità ambientale sia efficace, è necessario che sia accertato dall'autorità competente un nesso causale tra l'azione di uno o più operatori individuabili e il danno ambientale concreto e quantificabile al fine dell'imposizione a tale operatore o a tali operatori di misure di riparazione, a prescindere dal tipo di inquinamento di cui trattasi»; la Corte ha altresì affermato che «nell'ipotesi in cui sia impossibile individuare il responsabile della contaminazione di un sito o ottenere da quest'ultimo le misure di riparazione» il proprietario di tale sito, non responsabile della contaminazione, è comunque tenuto «al rimborso delle spese relative agli interventi effettuati dall'autorità competente nel limite del valore di mercato del sito, determinato dopo l'esecuzione di tali interventi». Va inoltre chiarito che, nell’ambito delle attività di verifica e di indagine svolte dalla pubblica amministrazione per l’individuazione del soggetto responsabile, per ciò tenuto all’attuazione degli interventi di bonifica, trova applicazione la regola probatoria, codificata nel processo civile (cfr. su tutte Cass. civ. SS.UU., 11 gennaio 2008, n. 581), del “più probabile che non”. Pertanto, mentre ai fini della responsabilità penale vige la regola della “prova oltre il ragionevole dubbio”, nel processo civile, così come nel campo della responsabilità civile o amministrativa, vige la regola della preponderanza dell'evidenza o del più probabile che non, riscontrabile anche in via presuntiva (cfr. ex multis Cons. Stato n. 3165/14; T.A.R. Marche n. 81/17; T.A.R. Lazio n. 998/14; T.A.R. Veneto n. 255/14; T.A.R. Abruzzo - Pescara, n. 204/14 e T.A.R. Piemonte, n. 1575/10). Con specifico riferimento ai parametri di imputabilità della responsabilità ambientale, la Corte di Giustizia Europea ha, infatti, chiarito che l’Autorità pubblica può disporre a tal fine di presunzioni, quali la vicinanza dell’impianto dell’operatore all’inquinamento accertato e la corrispondenza tra le sostanze inquinanti ritrovate e i componenti impiegati da detto operatore nell’esercizio della sua attività (Corte di Giustizia, C-378/08). In ogni caso, il proprietario o gestore, ancorché non responsabile dell’inquinamento, è tenuto a porre in essere adeguate misure di prevenzione, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 240, comma 1, lett. l) e 245, comma 2 del Dlgs n. 152/06. Si evidenzia, inoltre, che con la recente sentenza 8 marzo 2017 n. 1089 il Consiglio di Stato ha chiarito che anche «la messa in sicurezza del sito costituisce una misura di prevenzione dei danni e rientra pertanto nel genus delle precauzioni, unitamente al principio di precauzione vero e proprio e al principio dell'azione preventiva, che gravano sul proprietario o detentore del sito da cui possano scaturire i danni all'ambiente e, non avendo finalità sanzionatoria o ripristinatoria, non presuppone affatto l'accertamento del dolo o della colpa”…” l’affermazione dell’obbligo del proprietario di adottare misure di prevenzione per eliminare/ridurre rischi sanitari e ambientali derivanti dalla contaminazione è conforme al regime giuridico vigente» (cfr., in termini, Cons. Stato, sez. V, n. 1509/16 e sez. VI, n. 3544/15; T.A.R. Campania - Napoli, n. 377/17; T.A.R. Lombardia - Milano, nn. 1914/15 e 1915/15 e nn. 927/16 e 928/16). Figura 1 - Nota MATT 23 gennaio 2018 n. 1495 B) Inquinamento diffuso 1. Nozione di inquinamento diffuso. L’articolo 239, comma 3, del D.Lgs. n.152/2006 demanda alle regioni la disciplina, mediante appositi piani, degli interventi di bonifica e ripristino ambientale per le aree caratterizzate da inquinamento diffuso, fatte salve le competenze e le procedure previste per i siti oggetto di bonifica di interesse nazionale (SIN) e comunque nel rispetto dei criteri generali stabiliti dal decreto stesso in materia di bonifica. All’interno del Decreto Legislativo n. 152/2006 l’inquinamento diffuso viene definito all’art. 240, comma 1, lettera r) quale «la contaminazione o le alterazioni chimiche, fisiche o biologiche delle matrici ambientali determinate da fonti diffuse e non imputabili ad una singola origine». Gli elementi caratterizzanti detta definizione sono pertanto: - origine: da fonti diffuse e non imputabili ad una singola fonte; - effetti: contaminazione o alterazioni (chimiche, fisiche o biologiche) delle matrici ambientali. L’articolo 303, lettera h), del D.lgs. 152/2006 stabilisce, inoltre, che la Parte Sesta (recante Norme in materia di tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente) «non si applica al danno ambientale o alla minaccia imminente di tale danno causati da inquinamento di carattere diffuso, se non sia stato possibile accertare in alcun modo un nesso causale tra il danno e l’attività di singoli operatori». Guardando ai riferimenti comunitari, l’Agenzia Europea dell’Ambiente (European Environment Agency) definisce l’inquinamento diffuso come «inquinamento derivante da attività diffuse senza alcuna fonte distinguibile, ad es. piogge acide, pesticidi, ruscellamento urbano, ecc. » La Direttiva 2004/35/CE (Environmental Liability Directive), all’articolo 4 (“eccezioni”), paragrafo 5, afferma: «La presente direttiva si applica al danno ambientale o alla minaccia imminente di tale danno causati da inquinamento di carattere diffuso unicamente quando sia possibile accertare un nesso causale tra il danno e le attività di singoli operatori». 2. Regime di responsabilità [...] 3. Inquinamento storico [...] * * * Alla luce di quanto esposto, si ritiene che i criteri per definire la contaminazione diffusa possano essere individuati come segue: - origine: non puntuale - dimensioni: interessa area vasta -responsabilità: non riconducibile a uno o più soggetti né come nesso causale né come linee di evidenza (secondo il criterio generale del “più probabile che non”) con l’utilizzo delle migliori tecniche applicabili allo stato di conoscenze scientifiche del fenomeno, indipendentemente dalla risalenza. Figura 2- Nota MATT 23 gennaio 2018 n. 1495 Alla determinazione delle ipotesi di inquinamento diffuso concorrono attività tecniche rilevanti volte a individuare l’origine della contaminazione, delimitarne l’ambito territoriale, stabilire nessi causali o linee di evidenza al fine di individuare eventuali responsabilità anche pregresse. Dette attività tecniche richiedono l’apporto significativo del Sistema Nazionale di Protezione dell’Ambiente di cui alla Legge 132/2016 a supporto degli enti che detengono la competenza amministrativa. Fonte: Ministero dell'Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare |
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