Il frenatore
ID 19046 | 24.02.2023 / Download scheda
Una delle figure professionali meno note in ferrovia è probabilmente quella del frenatore. Egli rappresentava la più bassa qualifica tra il personale viaggiante ed era costretto a condizioni lavorative molto disagiate; di contro poteva rappresentare un’opportunità per l’inizio di una carriera ferroviaria, fruendo dei concorsi interni.
Il frenatore era nato con il treno, chiamato a risolvere il problema della frenatura dei convogli dalla cui efficacia dipendeva (e dipende tutt’oggi) la velocità degli stessi. Ai primordi della ferrovia l’unico strumento frenante manovrabile direttamente dal macchinista era il controvapore, ma non era né efficace, né immediato, né modulabile; semmai poteva essere usato nelle situazioni di emergenza. Il sistema più semplice per arrestare i primi convogli era quello di dotare i veicoli di un freno manuale, che aveva anche funzione di freno di stazionamento.
Il freno era azionato da un agente, il frenatore, che, manipolando un volantino o una leva, aveva il compito di azionare i ceppi dei freni, serrandoli o allentandoli, rapidamente o gradualmente, secondo i comandi impartiti dal macchinista, attraverso una sequenza di fischi.
La segnalazione, ancora oggi riportata nell’ art. 7 del “Regolamento sui Segnali” di RFI - Edizione 1947 - ristampa 2016, è la seguente:
- più di tre fischi brevi e vibrati: erano il segnale di allarme ed ordinavano la pronta ed energica chiusura di tutti i freni. Lo stesso segnale valeva anche per richiamare l’attenzione del personale delle stazioni e della linea per l’adozione delle possibili misure di sicurezza, come l’istradamento verso il cosiddetto binario di salvamento; - un breve fischio: ordinava il parziale allentamento dei freni, usato soprattutto nelle forti discese; - un fischio lungo seguito da altro breve: ordinava il completo allentamento dei freni.
Fig. 1 - Replica di vettura mista circolante nel Regno delle Due Sicilie conservata presso il Museo Ferroviario di Pietrarsa (NA). Si noti la postazione bifronte del frenatore in posizione centrale sull'imperiale della vettura (foto A. Gamboni).
Fig. 2 - Modello in scala di una carrozza di III classe esposta presso il Museo Ferroviario di Pietrarsa (NA) marcata FS, ma risalente alle SFR anno 1863 (foto A. Gamboni).
Fig. 3 - Carro merci con garitta frenatore serie H della Società S.F.A.I. (anno 1856). In caso di necessità, poteva trasportare 32 uomini (foto coll. A. Gamboni).
La frenatura determinava anche le prime regole sulla composizione dei treni.
Il convoglio viaggiatori doveva avere tutte le vetture con impianto frenante abilitato (cioè con frenatore); il treno merci, invece, in base alla velocità di marcia ed alla acclività della linea, poteva avere un certo numero di carri non frenanti. In condizioni plano-altimetriche favorevoli si prevedeva almeno un carro frenante su cinque. L’ultimo carro doveva essere sempre frenante per intervenire in caso di sganciamento accidentale del convoglio; in questo caso il frenatore di coda aveva anche la funzione di protezione della coda (*).
[panel](*) Protezione coda: In caso di arresto prolungato del treno in linea, l’agente, dotato di apposita segnaletica (Bandiera o lanterna rossa o petardi), si disponeva lungo il binario ad adeguata distanza dalla coda del treno per segnalarne la presenza ad eventuale treno sopraggiungente al fine di evitarne la collisione.
Non tutti i carri merci erano dotati di freno e, con l’avvento del freno pneumatico continuo, se questi veicoli venivano inseriti nella composizione del convoglio interrompevano la progressione della condotta pneumatica, dando origine ai cosiddetti treni a frenatura mista: pneumatica e manuale. Per evitare questo inconveniente, alcuni di questi carri furono semplicemente dotati di condotta pneumatica passante.
Fig. 4 - Treno "omnibus" fotografato a Roccaraso nei primi anni del 1900 (dal sito internet scala eNNe).
Con il trascorrere degli anni e con lo sviluppo repentino del traffico ferroviario, si ebbe la necessità di comporre treni più veloci, più pesanti, più sicuri e più economici (il frenatore rappresentava un’importante voce di spesa). Questo spinse le ferrovie a studiare ed a sperimentare vari tipi di sistemi frenanti, comandati direttamente dal macchinista e agenti su tutto il treno. Non si trovarono valide soluzioni fino a quando l’ingegnere George Westinghouse brevettò nel 1869 il freno pneumatico continuo. Il principio di funzionamento di questo freno, con poche modifiche, è giunto fino ai nostri tempi.
Fig. 5 - Locomotiva "Viterbo" costruita nel 1894 dalle Officine Sociali di Torino per la Rete Mediterranea. Cerchiata in giallo, la pompa per il freno Westinghouse (foto coll. A. Gamboni).
I convogli viaggiatori furono relativamente rapidi nell’adottare la frenatura pneumatica continua. La Prima Guerra Mondiale, che richiese treni veloci e pesanti, ne accelerò la diffusione che continuò nel periodo tra le due guerre.
Più lenta fu l’adozione del “Westinghouse” (così veniva chiamato in gergo dai ferrovieri) nei treni merci. Pertanto i frenatori operarono nel nostro paese fino agli anni sessanta ed un po’ oltre, ovviamente furono impiegati sempre più sporadicamente ed in casi particolari. Fino agli anni ottanta, su alcune tratte particolarmente acclivi e con treni merci pesanti, era previsto un frenatore, generalmente sul carro di coda (frenatore di coda). Questi interveniva in caso di prolungata fermata in linea per frenare i carri così da immobilizzare il convoglio con maggior sicurezza. I carri merci con garitta per frenatore circolarono fino agli anni ‘90 del secolo passato.
Fig. 6 - Carro chiuso per derrate alimentari con cassa metallica e garitta frenatore anno 1926 (foto coll. A. Gamboni).
Veniamo adesso al duro lavoro del frenatore. Inizialmente il frenatore operava normalmente in coda al veicolo in una postazione sopraelevata per avere la visuale della linea che gli permettesse di prevenire i comandi del macchinista; condizione possibile solo di giorno ed in condizioni di buona visibilità. Inizialmente egli viaggiava allo scoperto, poi in garitte.
Fig. 7 - Convoglio della Napoli-Nocera (1843) in un dipinto di S. Fergola. Si noti, al centro del treno, una coppia di frenatori operanti allo scoperto (foto di A. Bertagnin).
Le garitte erano ambienti angusti, dotate di scomode panchette di legno e caratterizzate dall’entrata di numerosi spifferi; non avevano né riscaldamento, né illuminazione; c’era una piccola finestrella frontale che permetteva la visione, non proprio gradevole, dello sballottamento del carro contiguo e pertanto si era più fortunati se si era accomodati in coda. Immaginiamoci, allora, con quale spirito un frenatore saliva sul carro, sapendo di dover iniziare un turno notturno, con temperature esterne sotto lo zero! Allora si andava alla ricerca di un bene di conforto, di un compagno di viaggio, così molti portavano con sé della grappa, corroborante bevanda alcolica che si trovava a buon mercato. Questa abitudine, assolutamente vietata dal regolamento di servizio, diventò ben presto una vera e propria piaga. L’abuso etilico, infatti, oltre a provocare nel tempo gravi patologie epatiche, nell’immediato dava una abbondante orinazione e induceva lo stato ebbrezza fino a quello dell’incoscienza. Tale situazione poteva portare ad urinare nei pantaloni e, con il gelo, si potevano verificare casi di congelamento ai genitali, fino alla gangrena. L’agente, inoltre, sotto l’effetto dell’alcol non era in grado di operare, mettendo a rischio la sicurezza d’esercizio.
Fig. 8 - Convoglio della Napoli-Nocera (1843) in un dipinto di S. Fergola. Si noti, al centro del treno, una coppia di frenatori operanti allo scoperto (foto di A. Bertagnin).
A tale proposito si racconta che in caso di frenatura “lunga” del convoglio, il macchinista scendeva irritato dalla locomotiva per controllare con la mano la temperatura dei cerchioni e scovare il frenatore inadempiente; questi, come contromisura, tendeva durante la marcia a serrare leggermente i freni, penalizzando la marcia del treno e sottoponendo l’ignaro macchinista a rischio di penalità sia per ritardo ingiustificato sia per l’eccessivo consumo di carbone.
Oggi la figura del ‘frenatore’ non esiste più, ma la sua epopea ha lasciato un’eco che per vari anni risuonò sotto le pensiline delle nostre stazioni. Alla partenza, il macchinista, prima di avviare il treno, osava emettere un breve fischio; era inconsapevolmente la vecchia abitudine di avvisare i frenatori: “allentate tutti i freni!”.
Fig. 9 - Convoglio della Napoli-Nocera (1843) in un dipinto di S. Fergola. Si noti, al centro del treno, una coppia di frenatori operanti allo scoperto (foto di A. Bertagnin).
Fonte: Clamfer
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