Valutazione esposizione silice libera cristallina gallerie
ID 4479 | | Visite: 6667 | Guide Sicurezza lavoro INAIL | Permalink: https://www.certifico.com/id/4479 |
Valutazione dell’esposizione a silice libera cristallina nello scavo di gallerie Appennino umbro-marchigiano
Il presente volume si propone di fornire indicazioni sui metodi e le strategie di campionamento, nonché sulla valutazione del rischio derivante dall’esposizione a SLC nei cantieri sotterranei sin dalla fase progettuale. Constatato che la principale fonte di generazione di polveri è costituita dalla roccia in scavo, lo studio ha focalizzato l’attenzione su un’area specifica del territorio italiano: l’Appennino umbro-marchigiano. Nel volume sono riportati dati sull’entità dell’esposizione a SLC riscontrata in cantieri reali attivi tra l’anno 1997 e il 2010 nell’Appennino umbro-marchigiano, e oggetto di indagini da parte dall’INAIL ai fini assicurativi istituzionali.
Con la dizione “silice libera cristallina”, da qui in avanti indicata con l’acronimo SLC, si intendono tutte le fasi cristalline del biossido di silicio (SiO2) non combinato con altri elementi. La forma più comune di SLC è il quarzo, minerale diffusissimo in natura, che entra a far parte in percentuali variabili in molti tipi di rocce, costituendo circa il 12% in volume di tutta la crosta terrestre. Il quarzo è abbondante sia nelle rocce magmatiche che in quelle sedimentarie e metamorfiche ed assume, quindi, un importante ruolo nella caratterizzazione di gran parte dei materiali naturali, oltre che di quelli artificiali che ne derivano. Altre forme mineralogiche della SLC sono la tridimite e la cristobalite, che possono formarsi nell’ambito di alcuni processi tecnologici che comportano alte temperature, ma che sono rare in natura e non fanno parte di minerali comuni. Per questo motivo, le osservazioni riportate in questo volume, focalizzato sullo scavo e costruzione delle gallerie, considerano esclusivamente la SLC rappresentata dal quarzo. Gli effetti dell’esposizione lavorativa a SLC per via inalatoria sono provati da lungo tempo.
Nella prima metà del ‘900, infatti, la silicosi è stata la più frequente e la più grave tra le malattie professionali. Tuttavia, la silicosi polmonare è solo l’aspetto maggiormente conosciuto dell’attività biologica della silice. L’inalazione protratta nel tempo di SLC respirabile conduce a questa infiammazione cronica ed irreversibile del polmone con formazione di fibromi che alterano la funzionalità polmonare. I primi sintomi della malattia si manifestano generalmente dopo molti anni dall’esposizione (eventualmente anche dopo il termine dell’attività lavorativa) e consistono in tosse, dispnea da sforzo, bronchiti ricorrenti, con possibilità di bronchite cronica, enfisema polmonare, tubercolosi polmonare, insufficienza cardiaca.
Inoltre, da decenni è stata riscontrata l’associazione tra malattia silicotica e patologie autoimmuni come lupus, artrite reumatoide e sclerodermia. Più recenti sono le evidenze scientifiche che legano l’effetto dell’esposizione a silice e la comparsa di malattie renali, sempre su base autoimmune (INAIL-Dir. Reg. Trentino, 2001).
Un nuovo ambito di considerazioni scaturisce dalle ricerche in merito all’associazione tra silicosi e cancro polmonare che, sulla base di numerosi studi epidemiologici e dei risultati degli studi sperimentali, ha indotto, nel 1997, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) a valutare come sufficiente l’evidenza di cancerogenicità della silice cristallina, classificandola nel gruppo 1 degli agenti cancerogeni. Nella monografia del 1997 la IARC ha affermato: “La silice cristallina inalata in forma di quarzo o cristobalite da sorgenti occupazionali è cancerogena per gli umani”.
Nella stessa monografia, tuttavia, si sottolinea che la cancerogenicità negli esseri umani non è stata individuata per tutte le attività lavorative studiate, deducendo, quindi, che può dipendere dalle caratteristiche intrinseche del minerale o da fattori esterni che interessano la sua attività biologica. A tutela della silicosi, sviluppatasi con l’espansione industriale e mineraria, in Italia venne introdotta l’assicurazione obbligatoria con la Legge 455 del 1943, ai sensi della quale si intende per silicosi una “fibrosi polmonare, complicata o non da tubercolosi polmonare, provocata da inalazione di polvere di biossido di silicio allo stato libero”.
A tutt’oggi vige l’obbligo del pagamento all’INAIL di un premio assicurativo supplementare a carico delle aziende che svolgono attività in cui i lavoratori siano esposti al rischio da polveri di SLC (cap. 2). Tra le attività lavorative che possono comportare un rischio da SLC respirabile, i lavori edili in sottosuolo meritano particolare attenzione poiché le operazioni di scavo (capp. 3 e 4) generano rilevanti volumi di polveri che, in funzione della composizione mineralogica delle rocce scavate, possono contenere apprezzabili concentrazioni di quarzo (cap. 6). Poiché la silicosi è una patologia a carattere evolutivo difficilmente contrastabile con le terapie attualmente a disposizione, gli interventi prevenzionali, mirati al contenimento dell’esposizione a polveri negli ambienti lavorativi, sono estremamente importanti. Tali interventi consistono in misure tecniche ed organizzative (cap. 10) finalizzate a mantenere il livello di inquinamento ambientale da polveri aerodisperse al di sotto di una concentrazione (valore limite di riferimento) che si ritiene protegga “la maggior parte” dei lavoratori dall’eventualità di contrarre la malattia (cap. 2).
Ai sensi del D.Lgs. 81/2008 le misure di prevenzione e protezione devono essere adottate già all’avvio dell’attività. Questo implica uno studio predittivo (“analisi di base”) che garantisca la protezione dal rischio ancor prima che sia possibile misurare la sua effettiva entità. Tale principio, naturalmente, è valido anche per i lavori di costruzione di gallerie.
Il presente volume si propone di fornire indicazioni sui metodi e le strategie di campionamento (cap. 5), nonché sulla valutazione del rischio derivante dall’esposizione a SLC nei cantieri sotterranei sin dalla fase progettuale. Constatato che la principale fonte di generazione di polveri è costituita dalla roccia in scavo, lo studio ha focalizzato l’attenzione su un’area specifica del territorio italiano: l’Appennino umbro-marchigiano. Nel volume sono riportati dati sull’entità dell’esposizione a SLC riscontrata in cantieri reali attivi tra l’anno 1997 e il 2010 nell’Appennino umbro-marchigiano, e oggetto di indagini da parte dall’INAIL ai fini assicurativi istituzionali.
Il campionamento sul posto delle formazioni geologiche che affiorano su questo territorio, operato dai geologi dell’Istituto, e le successive analisi effettuate nel Laboratorio Centrale di Igiene Industriale CONTARP dell’INAIL, hanno fornito i tenori in quarzo delle singole formazioni geologiche (cap. 7) e permesso di individuare le relazioni esistenti con i valori di esposizione (cap. 8). Il presente studio ha così portato all’individuazione di una metodologia predittiva dell’esposizione (cap. 9), da utilizzare nella predisposizione del documento di valutazione dei rischi per questi particolari ambienti di lavoro.
INAIL 2011