Vademecum illustrato Deposito temporaneo rifiuti | New 2018
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24 Novembre 2024 | ||
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Vademecum illustrato Deposito temporaneo rifiuti | New 2018 Documento illustrato sul "Deposito temporaneo" di rifiuti di cui al D.Lgs. 152/2006: normativa, limiti, classificazione rifiuti, CER, modalità distoccaggio, recipienti e imballaggi, etichettatura, organizzazione, buone norme di comportamento, note ADR. Il deposito temporaneo deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti che non possono essere miscelati/mischiati/accantonati in uno stesso contenitore. Il deposito temporaneo è mono-soggettivo, in quanto non è possibile, in caso di diverse imprese operanti nello stesso sito, la creazione di un deposito temporaneo cumulativo. In caso di deposito di rifiuti pericolosi, deve essere vietato l’accesso ad estranei. E’ importante che gli operatori tengano presente che la nozione di “luogo di produzione” dei rifiuti non potrà essere interpretata in modo eccessivamente ampio, proprio perché questo comporterebbe una dilatazione non consentita del concetto di «deposito temporaneo», la quale potrebbe essere interpretata dalla giurisprudenza (anche e soprattutto in sede penale) come “abuso” del regime derogatorio connesso a quest’ultimo concetto. 1. Definizione Deposito temporaneo D.Lgs. 152/2006 1) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti (POPs) di cui al regolamento (CE) 850/2004, e successive modificazioni, devono essere depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l'imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento; 2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorchè il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all'anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno; 3) il "deposito temporaneo" deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonche', per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute; 4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l'imballaggio e l'etichettatura delle sostanze pericolose; 5) per alcune categorie di rifiuto, individuate con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero per lo sviluppo economico, sono fissate le modalita' di gestione del deposito temporaneo. Il deposito temporaneo ha un limite temporale che deve essere osservato prima dello smaltimento (il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno) in relazione però anche a limiti volumetrici di rifiuti che si possono accantonare. Il limite volumetrico ed il limite temporale, da non superare affinchè il deposito temporaneo non si configuri come deposito incontrollato o stoccaggio, sono alternativi. Il produttore ha due possibilità, a seconda delle proprie esigenze: 1) raggruppare in deposito temporaneo all'interno del proprio luogo di produzione un quantitativo illimitato di rifiuti pericolosi provvedendo alla raccolta e all'avvio alle operazioni di recupero o di smaltimento entro il termine massimo di tre mesi; 2) raggruppare in deposito temporaneo all'interno del proprio luogo di produzione un quantitativo massimo di 30 metri cubi di rifiuti, di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi, avviandoli alle operazioni di recupero o di smaltimento al raggiungimento del limite massimo anche se ciò avviene dopo più di tre mesi; tuttavia, anche se non si è raggiunto il quantitativo massimo, il termine di giacenza non può superare mai un anno.
Deposito temporaneo effettuato in maniera corretta: Sentenza Corte di Cassazione 19 marzo 2015 n. 11492 Rifiuti - Deposito temporaneo ex art. 183 lettera bb) D.Lgs. 152/2006 – categorie omogenee - Nozione - Coincidenza con classificazione CER - Sussiste - Rilevanza per gestione illecita ex art. 256 c. 1 D.Lgs. 152/2006 - Sussiste La Suprema Corte ha sancito con sentenza 19 marzo 2015 n. 11492 che: “le categorie, comprese quelle di cui alla lettera bb), non sono identificabili sic et simpliciter con la classificazione di cui all’art. 184 del D.Lgs. 152/2006 (rifiuti urbani e speciali, pericolosi e non pericolosi), ma ne costituiscono specificazione, precisa individuazione tecnica (connotata da apposito CER), si che anche l’omogeneità delle stesse deve essere verificata nei medesimi termini”. Nel caso di specie si trattava di una enorme quantità di rifiuti composto da materie varie rocce, scorie di cemento, bancali, miscele bituminose, pneumatici, etc) ammassate alla rinfusa e senza alcuna distinzione. E’ stata esclusa la tesi difensiva del deposito temporaneo, di cui all’art. 183 lett. bb) del D.Lgs. 152/2006 che richiede che lo stesso si effettuato (tra l’altro) per categorie omogenee, nel caso di specie non ravvisabili. Per deposito controllato o temporaneo si intende, infatti, ogni raggruppamento di rifiuti, effettuato prima della raccolta, nel luogo in cui sono stati prodotti, solo quando siano presenti precise condizioni relative alla quantità e qualità dei rifiuti, al tempo di giacenza, alla organizzazione tipologica del materiale ed al rispetto delle norme tecniche elencate nel D.Lgs. 152/2006. In difetto, anche di uno solo dei requisiti menzionati, il deposito viene considerato: deposito preliminare, se il collocamento di rifiuti è prodromico ad una operazione di smaltimento che, in assenza di autorizzazione o comunicazione è sanzionato penalmente dal DLgs n. 152/06 art. 256 c.1 messa in riserva, se il materiale è in attesa di essere avviato a operazioni di recupero che, trattandosi di fase di gestione dei rifiuti, richiede il titolo autorizzativo la cui mancanza integra il reato previsto dal D.Lgs. 152/2006 art. 256 c.1 I Giudici, non ravvisando la presenza di categorie omogenee in termini di CER, hanno confermato la condanna dell’imputato per il reato di gestione illecita di rifiuti ex art. 256 c. 1 D.Lgs. 152/2006, specificamente il reato di deposito preliminare di rifiuti non autorizzato dando atto che il collocamento dei rifiuti, alla rinfusa, era prodromico ad attività di smaltimento. La classificazione dei rifiuti e' effettuata dal produttore assegnando ad essi il competente codice CER ed applicando le disposizioni contenute nella decisione 2014/955/UE e nel regolamento (UE) n. 1357/2014 della Commissione, del 18 dicembre 2014. La classificazione CER si basa su un criterio misto che tiene conto dei seguenti elementi: - processo di produzione che ha generato il rifiuto; Classificazione rifiuto D.Lgs 152/2006 1. Ai fini dell'attuazione della parte quarta del presente decreto i rifiuti sono classificati, secondo l'origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi. 2. Sono rifiuti urbani: a) i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione; 3. Sono rifiuti speciali: a) i rifiuti da attività agricole e agro-industriali, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2135 c.c.;
4. Divieto miscelazione E’ sempre vietato miscelare categorie diverse di rifiuti pericolosi oppure rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi per non impedire sia tecnicamente ed economicamente il recupero dei rifiuti oppure al fine di impedire la diluizione delle sostanze pericolose in essi contenute e quindi declassificare il rifiuto. Articolo 187 (Divieto di miscelazione di rifiuti pericolosi) 1. E’ vietato miscelare rifiuti pericolosi aventi differenti caratteristiche di pericolosità ovvero rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi. La miscelazione comprende la diluizione di sostanze pericolose. 2. In deroga al comma 1, la miscelazione dei rifiuti pericolosi che non presentino la stessa caratteristica di pericolosità, tra loro o con altri rifiuti, sostanze o materiali, può essere autorizzata ai sensi degli articoli 208, 209 e 211 a condizione che: a) siano rispettate le condizioni di cui all'articolo 177, comma 4, e l'impatto negativo della gestione dei rifiuti sulla salute umana e sull'ambiente non risulti accresciuto; b) l'operazione di miscelazione sia effettuata da un ente o da un'impresa che ha ottenuto un'autorizzazione ai sensi degli articoli 208, 209 e 211; c) l'operazione di miscelazione sia conforme alle migliori tecniche disponibili di cui all'articoli 183, comma 1, lettera nn). 2-bis. Gli effetti delle autorizzazioni in essere relative all'esercizio degli impianti di recupero o di smaltimento di rifiuti che prevedono la miscelazione di rifiuti speciali, consentita ai sensi del presente articolo e dell'allegato G alla parte quarta del presente decreto, nei testi vigenti prima della data di entrata in vigore del decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, restano in vigore fino alla revisione delle autorizzazioni medesime. 3. Fatta salva l'applicazione delle sanzioni specifiche ed in particolare di quelle di cui all'articolo 256, comma 5, chiunque viola il divieto di cui al comma 1 è tenuto a procedere a proprie spese alla separazione dei rifiuti miscelati, qualora sia tecnicamente ed economicamente possibile e nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 177, comma 4. 3-bis. Le miscelazioni non vietate in base al presente articolo non sono sottoposte ad autorizzazione e, anche se effettuate da enti o imprese autorizzati ai sensi degli articoli 208, 209 e 211, non possono essere sottoposte a prescrizioni o limitazioni diverse od ulteriori rispetto a quelle previste per legge. Deliberazione del Comitato Interministeriale del 27 Luglio 1984 punto 4.1 I recipienti, fissi e mobili, comprese le vasche ed i bacini, destinati a contenere rifiuti tossici e nocivi devono possedere adeguati requisiti di resistenza in relazione alle proprietà chimico fisiche ed alle caratteristiche di pericolosità dei rifiuti contenuti. Fig. 6 - Esempi recipienti per rifiuti 5.1 Bacini di contenimento 6. Etichette Allo scopo di rendere nota, durante lo stoccaggio provvisorio, la natura e la pericolosità dei rifiuti, i recipienti, fissi e mobili, devono essere opportunamente contrassegnati con etichette o targhe, apposte sui recipienti stessi o collocate nelle aree di stoccaggio; detti contrassegni devono essere ben visibili per dimensioni e collocazione. Articolo 183 comma 1 lett bb) punto 4) 4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l'imballaggio e l'etichettatura delle sostanze pericolose. Etichetta Rifiuti pericolosi Se il deposito è realizzato all’esterno, è buona prassi proteggere i contenitori con idonee tettoie al fine di evitare l’irraggiamento diretto dei contenitori (con conseguente rischio di surriscaldamento e formazione di prodotti gassosi), nonché l’accumulo di acqua piovana nei bacini di contenimento; in ogni caso, occorre verificare periodicamente e dopo intense piogge lo stato dei bacini di contenimento. In caso di deposito di rifiuti liquidi, dovrà essere presente, nelle immediate vicinanze, un apposito kit di emergenza antispandimento, costituito da materiale assorbente idoneo a raccogliere gli eventuali spanti; tale materiale, dopo essere stato utilizzato per assorbire gli spanti, dovrà essere smaltito anch’esso come rifiuto; se il deposito di rifiuti si trova in prossimità di tombini di raccolta delle acque meteoriche, sarà opportuno prevedere la presenza di copri tombini da utilizzare in caso di spanto accidentale.
La classificazione del rifiuto in ADR è responsabilità dello speditore, che dovrà attenersi ai metodi di classificazione del rifiuto, secondo i criteri dell’ADR per le soluzioni e miscele al quali il rifiuto è equiparato. 1.4.3.1.1. a) consegnare al trasportatore merci pericolose solo se queste sono autorizzate al trasporto conformemente all'ADR; b) verificare, durante la consegna al trasporto di merci pericolose imballate o di imballaggi vuoti non ripuliti, se l'imballaggio è danneggiato. Egli non deve presentare al trasporto un collo il cui imballaggio è danneggiato, in particolare se non è più a tenuta, e se c'è perdita o possibilità di perdita della materia pericolosa, se non quando il danno è stato riparato; ciò vale anche per gli imballaggi vuoti non ripuliti; c) osservare le condizioni relative al carico e alla movimentazione; d) osservare le disposizioni relative alle etichette, ai marchi e alla segnaletica arancione conformemente al capitolo 5.3, dopo aver caricato merci pericolose in un contenitore; e) osservare, quando carica i colli, i divieti di carico in comune, tenendo conto delle merci pericolose già presenti nel veicolo o nel grande contenitore, come pure le disposizioni concernenti la separazione dalle derrate alimentari, da altri oggetti di consumo o da alimenti per animali. 1.4.3.1.2. Nell'ambito dell'1.4.1, l'imballatore deve in particolare osservare: a) le disposizioni relative alle condizioni d'imballaggio, alle condizioni d'imballaggio in comune e b) quando prepara i colli ai fini del trasporto, le disposizioni concernenti i marchi e le etichette di pericolo sui colli. Nell'ambito dell'1.4.1, il riempitore ha in particolare i seguenti obblighi: a) assicurarsi prima del riempimento delle cisterne che queste ed i loro equipaggiamenti siano in buono stato tecnico; b) assicurarsi che la data della prossima prova per i veicoli-cisterna, veicoli-batteria, cisterne smontabili, CGEM, cisterne mobili e contenitori-cisterna non sia stata superata; c) riempire le cisterne solo con le merci pericolose autorizzate al trasporto in queste cisterne; d) rispettare, durante il riempimento della cisterna, le disposizioni relative alle merci pericolose in compartimenti contigui; e) rispettare, durante il riempimento della cisterna, il grado di riempimento massimo ammissibile o la massa massima ammissibile del contento per litro di capacità per la materia di riempimento; f) verificare, dopo il riempimento della cisterna, che tutte le chiusure siano in posizione di chiusura e che non ci siano perdite; Fonti: - D.Lgs 152/2006 Norme in materia ambientale (G.U. n. 88 del 14 aprile 2006) Elaborato: Certifico S.r.l - IT
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