Distanza tra edifici: Legislazione, Giurisprudenza, Illustrazioni, Documenti
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30 Novembre 2024 | ||
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Distanza tra edifici (Distanza tra le costruzioni) ID 8052 | Rev. 00 2019 | Documento completo in allegato In allegato Legislazione, Giurisprudenza, Documento illustrato, altra Documentazione (E. Mori) sulle distanze tra edifici. Excursus Le distanze in edilizia sono disciplinate dagli artt. 873, 874, 875 e 877 del Codice Civile. L’art. 873 stabilisce che “le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore.” Distanza 3 metri I fabbricati pertanto, se non sono costruiti in aderenza sul confine, devono rispettare l’inderogabile distanza di tre metri l’uno dall’altro. Proprio su questo tema si è espressa di recente la sentenza n. 10318 del 19/05/2016 delle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, che stabilisce che il principio di prevenzione temporale è applicabile a chi costruisce per primo, anche se lo strumento urbanistico locale non consente la costruzione in aderenza o non prevede una distanza minima. Distanza 5 metri Chi edifica per primo, quindi, impone a chi edifica successivamente la distanza da rispettare. Quest’ultimo potrà, pertanto, decidere se costruire in aderenza o in appoggio, oppure arretrare fino a mantenere la distanza minima stabilita. La maggior parte degli strumenti urbanistici locali, inoltre, stabilisce che la distanza minima di un fabbricato dai confini di proprietà sia almeno di cinque metri. Distanza 10 metri Per quanto riguarda, invece, le distanze tra edifici antistanti aventi almeno una parete finestrata, l’art. 9 del D.M. 1444/1968 prescrive una distanza minima assoluta di 10 metri. Le distanze previste da legislazione statale prevalgono sempre sui regolamenti locali: Il D.M. 1444/1968 prevale, quindi, sempre sulle eventuali norme diverse contenute nei regolamenti edilizi comunali. Ogni previsione regolamentare che si pone in contrasto con l'art.9 è illegittima. L’art. 2-bis del D.P.R. 380/2001 “Deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati”, ha cercato di risolvere la problematica dell'introduzioni di eventuali deroghe alle distanze e in generale agli standard urbanistici ed edilizi del D.M. 1444/1968 prevedendo la possibilità per le Regioni di introdurle. La Corte Costituzionale ha interpretato però l’art. 2-bis in modo molto restrittivo, ritenendo le deroghe applicabili solo se giustificate dall’esigenza di soddisfare interessi urbanistici che si concretizzino in “strumenti funzionali ad un assetto complessivo ed unitario di determinate zone del territorio”. Limiti di distanza: interventi di nuova costruzione /interventi su edifici esistenti. I limiti di distanza trovano applicazione con riferimento alle nuove costruzioni, intendendosi per tali gli edifici o parti di essi (es. sopraelevazioni) “costruiti per la prima volta” e non già gli edifici preesistenti per i quali, in sede di ricostruzione, non avrebbe senso prescrivere distanze diverse (vedi Cons. Stato, 27 ottobre 2011, n. 5759). È quanto ha stabilito la giurisprudenza, evidenziando in particolare che l’art. 9, comma 2 del D.M. 1444/1968 non riguarda gli interventi sul patrimonio edilizio esistente e dunque gli immobili che costituiscono il prodotto della demolizione di immobili preesistenti con successiva ricostruzione; in questi casi infatti l’applicazione del limite di 10 metri comporterebbe un arretramento dell’edificio rispetto all’allineamento degli altri fabbricati preesistenti con conseguente perdita coattiva di volume (una sorta di espropriazione del diritto di proprietà) e realizzazione di intercapedini, rientranze e spazi chiusi nocivi per l’igiene e la salubrità (Consiglio di Stato, sezione IV, 14 settembre 2017, n. 4337). Definizione urbanistica della distanza La distanza tra edifici è rappresentata planimetricamente dal minimo distacco delle fronti del fabbricato da quelle dei fabbricati che lo fronteggiano. La misurazione deve essere fatta in maniera lineare o a squadra e non radiale come se le fronti antistanti avanzassero parallelamente a se stesse verso il confine. “In relazione allo scopo delle limitazioni poste dall'art. 873 c.c., e dalle norme legislative o regolamentari che lo integrano, che è quello di evitare intercapedini dannose, le distanze tra edifici non si misurano in modo radiale, come avviene per le distanze rispetto alle vedute, ma in modo lineare”. (Corte di Cassazione 25 giugno 1993, n. 7048). Misura della distanza con il metodo lineare Nota 1 Facendo avanzare i due fabbricati verso il confine, in linea retta, le pareti di 1 e 2 non si incontrano in nessun punto e, pertanto, i due fabbricati non possono considerarsi fronteggianti. E' soddisfatto il principio di reciprocità. No misura radiale NM calcolata con centro in N o M. (Fig. 1) Fig. 1 - Misura della distanza minima con il metodo lineare edifici non fronteggianti L’art. 9 del D.M. 1444/1968 prescrive una distanza minima assoluta di 10,00 m tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti. Ciò significa che: In tal senso, si veda anche la recente sentenza della Corte di Cassazione, Sezione II, 4 marzo 2011, n. 5158: “Le norme sulle distanze legali si applicano soltanto agli edifici che si fronteggiano, per cui la loro misurazione deve essere effettuata in modo lineare e non a raggio come invece previsto in materia di vedute”. (Cass. n. 7285 dei 07/04/2005) In precedenza, la stessa Suprema Corte si era pronunciata allo stesso modo: “In relazione allo scopo delle limitazioni poste dall'art. 873 c.c., e dalle norme legislative o regolamentari che lo integrano, che è quello di evitare intercapedini dannose, le distanze tra edifici non si misurano in modo radiale, come avviene per le distanze rispetto alle vedute, ma in modo lineare”. (Corte di Cassazione 25 giugno 1993, n. 7048). Le distanze tra edifici non si misurano in modo radiale, come avviene per le distanze rispetto alle vedute, ma in modo lineare. Infatti lo scopo del limite imposto dall'art. 873 codice civile è quello di impedire la formazione di intercapedini nocive, per cui la norma non trova applicazione se non nel caso in cui i due fabbricati, sorgenti da bande opposte rispetto alla linea di confine, si fronteggiano, anche in minima parte, nel senso che, supponendo di farli avanzare verso il confine in linea retta, si incontrino almeno in un punto”. (Corte di Cassazione 25 luglio 1972, n. 2548). In direzione contraria, si cita una sentenza del Consiglio di Stato (n. 7731/2010) che ha affermato che la distanza di 10,00 m tra pareti finestrate di edifici antistanti va calcolata con riferimento ad ogni punto dei fabbricati (e non alle sole parti che si fronteggiano) e a tutte le pareti finestrate e non solo a quella principale, prescindendo anche dal fatto che esse siano o meno in posizione parallela. Nota 2 Facendo avanzare il fabbricato A verso il confine, in linea retta secondo le pareti di 1 e 2 esso non si incontra il fabbricato B. Per il principio di reciprocità facendo avanzare il fabbricato B verso il confine, in linea retta secondo la parete 3 (direzione MN/OP) i due fabbricati non si incontrano nel punto Q. Pertanto la distanza minima tra i due fabbricati è uguale al segmento QR (Fig. 2) Fig. 2 - Misura della distanza minima con il metodo lineare Edifici fronteggianti Con le notazioni 1 e 2 applicando il principio della misura lineare delle distanze, la distanza minima tra i due fabbricati si misura sul segmento MN. No misura radiale NM calcolata con centro in N o M. (Fig. 3) Fig. 3 - Misura della distanza minima con il metodo lineare Con le notazioni delle figure precedednti applicando il principio della misura lineare delle distanze, la distanza minima tra i due fabbricati è la minore tra MN e QP. No misura radiale QN calcolata con centro in Q o N. (Fig. 4) Fig. 4 - Misura della distanza minima con il metodo lineare Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue: Art. 9 D.M. 1444/1968 Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue: Zone A): per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni, le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale (Fig. 5). Nuovi edifici ricadenti in altre zone (B, C, D, E, F): è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti. Fig. 5 - Zona A “… la distanza minima di dieci metri tra edifici ex art. 9 d.m. 2 aprile 1968 si applica alla realizzazione di nuovi edifici anche in zona omogenea "A" e può essere derogata soltanto nelle operazioni di risanamento conservativo e nelle ristrutturazioni” Cassazione civile , sez. II, 03 febbraio 1999, n. 879..." Tutte le altre ZTO (Fig. 6) Fig. 6 - Distanza minina altre ZTO Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue: Zone C): è altresì prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima pari all’altezza del fabbricato più alto; la norma si applica anche quando una sola parete sia finestrata, qualora gli edifici si fronteggino per uno sviluppo superiore a 12 m. (Fig. 7 e Fig. 8) Fig. 7 - Distanza minina Zona C pari all’altezza del fabbricato più alto
Fig. 8 - Distanza minina Zona C se li edifici si fronteggino per uno sviluppo superiore a 12 m. Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee (ZTO) sono stabilite come segue (Fig. 9 e Fig. 10): Le distanze minime tra fabbricati- tra i quali siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli (con esclusione della viabilità a fondo cieco al servizio di singoli edifici o di insediamenti) - debbono corrispondere alla larghezza della sede stradale maggiorata di: Qualora le distanze tra fabbricati, come sopra computate, risultino inferiori all’altezza del fabbricato più alto, le distanze stesse sono maggiorate fino a raggiungere la misura corrispondente all’altezza stessa. Sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche (Fig. 10) Esemplificazioni
Da= distanza del preesistente edificio A dal confine (può essere minore, uguale o maggiore della distanza minima regolamentare). Fig. 11 Esemplificazioni 1° CASO Edificio esistente A con parete interna finestrata e costruendo edificio B con parete B1, B2 e B3 indifferentemente finestrate/non finestrate. 2° CASO Edificio esistente A con parete interna finestrata e costruendo edificio B con parete B1 finestrata, B2 e B3 indifferentemente finestrate/non finestrate.La parete dell’edificio B1 che fronteggia l’edificio A deve essere posizionata alla distanza minima regolamentare (Dm). Fig. 13 Esemplificazioni Fig. 14 Esemplificazioni Fig. 15 Esemplificazioni Fig. 16 Esemplificazioni Fig. 17 Esemplificazioni Fig. 18 Esemplificazioni 8° CASO Edificio esistente A a piano terra con parete interna non finestrata di altezza Ha. E’ possibile costruire l’edificio B a più elevazioni con piano terra finestrato e porticato con altezza a piano terra Hb non minore di Ha (nel rispetto delle altezze minime regolamentari) ponendo il nuovo edificio alla distanza minima dal confine (Dc). Fig. 19 Esemplificazioni Fig. 20 Esemplificazioni Legislazione art. 2. Zone territoriali omogenee Sono considerate zone territoriali omogenee, ai sensi e per gli effetti dell'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765: A) le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestano carattere storico, artistico e di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi; art. 9. Limiti di distanza tra i fabbricati Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue: 1) Zone A): per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni, le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale (come detto sopra). 2) Nuovi edifici ricadenti in altre zone: è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti. 3) Zone C): è altresì prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima pari all'altezza del fabbricato più alto; la norma si applica anche quando una sola parete sia finestrata, qualora gli edifici si fronteggino per uno sviluppo superiore a ml 12. - ml. 5,00 per lato, per strade di larghezza inferiore a ml. 7. Qualora le distanze tra fabbricati, come sopra computate, risultino inferiori all'altezza del fabbricato più alto, le distanze stesse sono maggiorate fino a raggiungere la misura corrispondente all'altezza stessa. Sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche. D.P.R 380/2001 Note ANCE DISTANZE FRA EDIFICI DI CUI UNO SOLO CON PARETE FINESTRATA. La giurisprudenza ha più volte avuto modo di precisare che, ai fini dell’operatività della previsione del limite di 10 metri, è sufficiente che sia finestrata anche una sola delle due pareti interessate (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 22 novembre 2013, n. 5557; Cons. Stato, 9 ottobre 2012, n. 5253). DISTANZE FRA EDIFICI CON APERTURE POSTE A QUOTE DIFFERENTI. Ugualmente è stato evidenziato più volte che l’obbligo di rispettare le distanze stabilite dall’art. 9 DM 1444/1968 sussiste indipendentemente dalla eventuale differenza di quote su cui si collochino le aperture tra le due pareti frontistanti (Consiglio di Stato, sez. IV, 04/08/2016, n. 3522; Cons. Stato, sez. IV, 29 febbraio 2016, n. 856; Cons. Stato, 11 giugno 2015, n. 2861; Cons. Stato, 22 gennaio 2013, nr. 354; Cons. Stato, 20 luglio 2011, n. 4374). DISTANZE FRA EDIFICI LE CUI PARETI ANTISTANTI SONO IN PARTE FINESTRATE IN PARTE NO. La giurisprudenza ha poi dichiarato illegittimo un articolo delle NTA di un PRG che impone il rispetto della distanza minima di 10 m. tra pareti finestrate soltanto per i tratti di esse dotati di finestre, con esonero di quelli ciechi, in quanto contrastante con le prescrizioni dell’art. 9, comma 1, n. 2 DM 1444/1968, il quale prescrive l’osservanza di tale distacco con riferimento all’intera estensione della parete; ne deriva che la disposizione regolamentare va disapplicata e sostituita con inserzione automatica della diversa previsione statale, direttamente applicabile nei rapporti tra privati (Cassazione civile, sez. II, 02/03/2018, n. 5017; Cassazione civile, sezioni unite, 07/07/2011, n. 14953). Al riguardo, viene precisato che “l’art. 9 DM 1444/1968 è volto a disciplinare le distanze tra le costruzioni e non tra queste e le vedute, in modo che sia assicurato un sufficiente spazio libero, che risulterebbe inadeguato se comprendesse soltanto quello direttamente antistante alle finestre in direzione ortogonale, con esclusione di quello laterale: ne conseguirebbe la facoltà per i Comuni di permettere edificazioni incongrue, con profili orizzontali dentati a rientranze e sporgenze, in corrispondenza rispettivamente dei tratti finestrati e di quelli ciechi delle facciate. Ne consegue che assume carattere preminente, nel calcolo delle distanze, la parete munita di finestre, nel suo sviluppo ideale verticale od orizzontale rispetto alla frontistante facciata e non già la reciproca posizione delle finestre in entrambe le superfici aperte” (Cassazione civile, sez. II, 02/03/2018, n. 5017). DISTANZE FRA EDIFICI POSTI A QUOTE DIFFERENTI DEL PIANO DI CAMPAGNA. Su questo tema la giurisprudenza ha evidenziato che: - l’art. 873 trova applicazione anche quando, a causa del dislivello tra i fondi, la costruzione edificata nell’area meno elevata non raggiunga il livello di quella superiore, in quanto non soltanto le esigenze di tutelare l’assetto urbanistico e l’ambiente non vengono meno per l’esistenza di una scarpata tra un fondo e l’altro, ma permane anche la necessità di evitare intercapedini dannose (Cassazione, Sez. 2, 10 novembre 1998, n. 11280; Sez. 2, 5 dicembre 2007, n. 25393; Sez. 2, 15 luglio 2008, n. 19486; Sez. 2, 11 settembre 2013, n. 20850 che da rilievo alla distanze in sè delle costruzioni, a prescindere dal loro fronteggiarsi o meno e dal dislivello dei fondi su cui insistono (cassazione, Sez. 2, 4 ottobre 2005, n. 19350). - l’art. 9, comma 1, n. 2, nel fissare una distanza minima assoluta più ampia di quella dettata dal codice civile presuppone che le pareti, di cui almeno una finestrata, siano antistanti e quindi fronteggiantisi: tale norma, pertanto, non è applicabile per la costruzione, o per la parte di essa, realizzata nel fondo inferiore che non superi il dislivello naturale dei fondi (Cassazione, sez. 2, 17 ottobre 1992, n. 11435, sez. 2, 25 giugno 2012, n. 10575). La giurisprudenza ha specificato che, ai fini dell’applicazione dell’art 41-quinquies Legge n. 1150/1942, non può tenersi conto delle costruzioni sottostanti il piano di campagna, “le quali nel caso di fondi a dislivello non possono considerarsi frontistanti”. DISTANZE FRA EDIFICI CON PARETI NON FINESTRATE. Nonostante il dettato normativo che impone il limite di distanza di 10 metri fra pareti finestrate, la giurisprudenza sembra propendere per l’applicazione di tale limite anche ad edifici antistanti le cui pareti siano prive di finestre (e quindi di vedute). Oltre a quanto specificato sopra in relazione agli edifici con pareti in parte finestrate, in parte no, in diverse pronunce si afferma che il divieto di costruire a distanza inferiore a 10 metri ha portata generale, astratta e inderogabile, da cui deriva l’esclusione di ogni discrezionalità valutativa del giudice circa l’esistenza in concreto di intercapedini e di pregiudizio alla salubrità degli immobili (cfr. TAR Campania, sez. II, 7 dicembre 2017, n. 5785; Cons. Stato, sez. VI, 18 dicembre 2012, n. 6489; Cons. Stato, sez. IV, 9 maggio 2011, nr. 2749; Cons. Stato., 5 dicembre 2005, n. 6909). DISTANZE NELLE ZONE A (CENTRI STORICI). Con specifico riferimento alle zone A, la giurisprudenza ha evidenziato che per le distanze tra costruzioni in zona A, posto che il limite di distanza corrispondente a quella tra i volumi edificati preesistenti riguarda soltanto gli interventi di risanamento conservativo e di ristrutturazione, nel caso (eccezionale) di nuova costruzione anche nella suddetta zona si applica la distanza di 10 metri di cui all’art. 9, comma 1, punto 2), del DM 1444/1968 (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 4337/2017; TAR Campania, sez. II, 7 dicembre 2017, n. 5785; Consiglio di Stato, Sez. VI, 27 gennaio 2003 n. 419; Consiglio di Stato, Sez. V, 19 marzo 1999 n. 280; TAR Liguria, Sez. I, 14 dicembre 2012 n. 1660). Certifico Srl - IT
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