Fanghi depurazione in agricoltura: status normativo
Appunti Ambiente | |||||||||||||||||||||||||||||||||
24 Novembre 2024 | |||||||||||||||||||||||||||||||||
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Fanghi depurazione in agricoltura: status normativo Scheda ID 7182 del 09.11.2018 In allegato scheda completa e documenti d'interesse sull'utilizzo dei fanghi da depurazione in agricoltura alla luce degli ultimi aggitonamenti normativi e di giurisprudenza. Con il decreto legge 28 settembre 2018, n. 109 (Decreto emergenze), sono state inserite alcune disposizioni a proposito dell’impiego e della distribuzione dei fanghi da depurazione in agricoltura ("Disposizioni urgenti sulla gestione dei fanghi da depurazione”, capo V, articolo 41). Art. 41. Decreto-Legge 28 Settembre 2018 n. 109 Disposizioni urgenti sulla gestione dei fanghi di depurazione 1. Al fine di superare situazioni di criticità nella gestione dei fanghi di depurazione, nelle more di una revisione organica della normativa di settore, continuano a valere, ai fini dell’utilizzo in agricoltura dei fanghi di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a) , del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, i limiti dell’Allegato IB del predetto decreto, fatta eccezione per gli idrocarburi (C10- C40), per i quali il limite è: ≤ 1.000 (mg/kg tal quale). Regime spandimento in agricoltura di fanghi di depurazione disciplinato da: decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99 (recepisce Dir. 86/278/CEE). - condizioni per l’utilizzo L’inserimento dell’art.41 con decretazione d’urgenza nel decreto legge 28 settembre 2018, n. 109 è stato motivato dalla necessità di superare lo stallo creatosi con la sentenza n° 1782 del TAR Lombardia Sez III 20 luglio 2018 che, per gli idrocarburi, imponeva limiti che la maggior parte degli impianti di depurazione non sarebbero in grado di ottemperare. I fanghi di depurazione non provengono solo da acque reflue di scarichi civili in quanto il Dlgs 27 gennaio 1992, n. 99, che regola la materia, equipara anche quelli provenienti da attività produttive a quelli da insediamenti civili, la separazione dei flussi all’origine è solo raramente praticata, per cui agli impianti di depurazione arrivano reflui delle più disparate qualità e provenienze. Per fanghi devono intendersi i residui derivanti dai processi di depurazione delle acque reflue provenienti esclusivamente da insediamenti civili, delle acque reflue provenienti da insediamenti civili e produttivi, e delle acque reflue provenienti esclusivamente da insediamenti produttivi (art. 2 decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99). Nel caso di fanghi derivanti da agglomerati, e quindi contenenti sia acque reflue di natura domestica che industriale, che confluiscono ad un unico impianto di trattamento di acque reflue urbane (identificati come fanghi provenienti dalla depurazione di acque reflue urbane), è ipotizzabile l’utilizzo in agricoltura ai sensi del decreto 99/1992, che, peraltro, disciplina esclusivamente l’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura. Precisamente, l’utilizzo in agricoltura è ammesso se i fanghi: - sono stati sottoposti a trattamento (trattamento biologico, chimico o termico, a deposito a lungo termine ovvero ad altro opportuno procedimento, in modo da ridurre in maniera rilevante il loro potere fermentescibile e gli inconvenienti sanitari della loro utilizzazione, art. 2), ... Allegato IA Valori massimi di concentrazione di metalli pesanti nei suoli agricoli destinati all'utilizzazione dei fanghi di depurazione Valore limite (mg/kg SS)
Nota: Sui terreni destinati all'utilizzazione dei fanghi deve essere eseguito, prima della somministrazione, un test rapido di Bartlett e James (allegato II A, Rif. 3) per l'identificazione della capacità del suolo ad ossidare il Cr III a Cr VI: I terreni che sottoposti a tale test, producono quantità uguali o superiori a 1µ M di Cr VI non possono ricevere fanghi contenenti cromo. Allegato IB Valori massimi di concentrazione di metalli pesanti nei fanghi destinati all'utilizzazione in agricoltura
Caratteristiche agronomiche e microbiologiche nei fanghi destinati all'utilizzazione in agricoltura
È ammessa l'utilizzazione in deroga alle caratteristiche agronomiche indicate in allegato, per i fanghi provenienti dall'industria agroalimentare. Sempre secondo il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, l’utilizzo di fanghi in agricoltura, è consentito se: “..non contengono sostanze tossiche e nocive e/o persistenti e/o bioaccumulabili in concentrazioni dannose per il terreno, per le colture, per gli animali, per l’uomo e per l’ambiente in generale”, ma con le norme introdotte i fanghi potranno contenere valori non trascurabili di: Arsenico, Berillio, Cromo, Cromo VI, Idrocarburi, Toluene, Selenio, Policlorobifenili (PCB), Diossine e Furani. L’Allegato 1 B del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, stabiliva caratteristiche agronomiche e limiti solo per alcuni inquinanti e per altri le Regioni hanno deliberato autonomamente. La Regione Lombardia, ad esempio, aveva posto un limite per gli idrocarburi a 10.000 mg/kg di sostanza secca (ss), limite giudicato troppo alto dalla sentenza n°1782 del TAR Lombardia Sez III 20 luglio 2018, che, accogliendo il ricorso di numerosi Comuni, di fatto, secondo quanto dichiarato da più parti avrebbe bloccato gli sversamenti. Sentenza n. 1782 del 20 luglio 2018 del Tar della Lombardia Annullamento della D.G.R. n. X/7076 dell'11 settembre 2017 nella parte in cui ha modificato ed integrato la D.G.R. Lombardia 1 luglio 2014, n. X/2031, fissando, ai fini dell'avvio dei fanghi da depurazione all'utilizzo in agricoltura: a) un valore-limite pari a “mg/kg ss <10.000” per il parametro “Idrocarburi (C10-C40)”; b) un valore-limite pari “mg/kg Σ <50” per i parametri “Nonilfenolo”, “Nonilfenolo monoetossilato”, Nonilfenolo dietossilato”. Secono il TAR della Lombardia, il provvedimento regionale è intervenuto nella materia “tutela dell’ambiente”, riservata alla competenza esclusiva statale; pertanto ne consegue che, le regioni non possono dettare una disciplina contrastante con quella prevista dalle fonti primarie statali abbassando i limiti di tutela previsti da queste ultime, rimandando in proposito alla giurisprudenza della Corte Costituzionale e del Consiglio di Stato, giurisprudenza che ha chiarito come – in applicazione dei principi ricavabili dall’art. 117 Cost. e dalle disposizioni contenute nell’art. 6, comma 1, punto 2, del d.lgs. n. 99 del 1992 – le regioni possano sì intervenire sulla disciplina dei valori delle sostanze inquinanti contenute nei rifiuti (e nei fanghi da depurazione in particolare), ma ciò al solo fine di dettare norme più stringenti volte ad assicurare livelli di tutela più elevati rispetto a quelli standard – applicabili all’intero territorio nazionale – individuati dalla normativa statale (cfr. Corte Costituzionale sent. 5 marzo 2009, n. 61; Consiglio di Stato, sez. IV, 27 giugno 2017, n. 3146; id., 10 luglio 2017, n. 3365). Idrocarburi Limite di 1.000 (mg/kg tal quale) Il limite di 1 g/kg per gli idrocarburi C10-C40 si intende rispettato se la ricerca dei marker di cancerogenicità fornisce valori definiti nei seguenti termini: ALLEGATO VI - CLASSIFICAZIONE ED ETICHETTATURA ARMONIZZATE DI TALUNE SOSTANZE PERICOLOSE Nota L del Regolamento CLP: “La classificazione come cancerogeno non è necessaria se si può dimostrare che la sostanza contiene meno del 3 % di estratto di Dmso secondo la misurazione IP 346 «Determinazione dei policiclici aromatici negli oli di base inutilizzati lubrificanti e nelle frazioni di petrolio senza asfaltene — estrazione di dimetile sulfosside», Institute of Petroleum, Londra. La presente nota si applica soltanto a talune sostanze composte derivate dal petrolio contenute nella parte 3”. Si tenga presente, peraltro, che la citata Decisione 955/2014/UE precisa che le Note si applicano se del caso: “se del caso, al momento di stabilire le caratteristiche di pericolo dei rifiuti si possono prendere in considerazione le seguenti note contenute nell’allegato VI del regolamento (CE) n. 1272/2008: - 1.1.3.1. Note relative all’identificazione, alla classificazione e all’etichettatura delle sostanze: note B, D, F, J, L, M, P, Q, R, e U”. ... Nota L: La classificazione come cancerogeno non è necessaria se si può dimostrare che la sostanza contiene meno del 3 % di estratto di Dmso secondo la misurazione IP 346 «Determinazione dei policiclici aromatici negli oli di base inutilizzati lubrificanti e nelle frazioni di petrolio senza asfaltene - estrazione di dimetile sulfosside», Institute of Petroleum, Londra. La presente nota si applica soltanto a talune sostanze composte derivate dal petrolio contenute nella parte 3. La pericolosità dei materiali è data dal contenuto di sostanze, cosiddetti markers, presenti all’interno del rifiuto e non dal contenuto totale degli idrocarburi. Per quanto riguarda la caratteristica di pericolo HP7 (cancerogeno), i markers da ricercare sono quelli specificati nelle note J, L, M, P, Q del regolamento (CE) n. 1272/2008, che variano in funzione della tipologia di idrocarburo esaminato. In caso di idrocarburi di origine non nota è fortemente consigliato ricercare tutti i parametri indicati nelle suddette note. La prassi analitica prevede la ricerca degli idrocarburi totali, solo se la concentrazione di tali parametri eccede il valore 1000 mg/Kg occorrerà andare a ricercare i markers per escludere la caratteristica di pericolo HP7. In sostanza, per applicare il predetto metodo IP 346 (Determinazione dei policiclici aromatici negli oli di base inutilizzati lubrificanti e nelle frazioni di petrolio senza asfaltene – Estrazione di dimetile sulfosside) occorrerebbe avere almeno 254 g di olio: 250 g per caratterizzare l’olio dal punto di vista dei “punti di ebollizione” e decidere, quindi, come procedere oltre, e 4g per fare l’estratto in DMSO (ossia il solvente che si utilizza per estrarre direttamente idrocarburi) vero e proprio. Assumendo che in un fango vi siano 1000 mg/kg di idrocarburi, per avere 254 g di olio bisognerebbe estrarre 254 kg di fango; facendo anche solo la parte dell’estrazione in DMSO (prevista solo quando non più del 5% delle componenti dell’olio bollono sotto i 300°C) bisognerebbe comunque estrarre 4 kg di fango. Queste quantità valgono assumendo che i 1000 mg/kg ottenuti in Gascromatografia (GC)si ottengano anche con la gravimetria necessaria per isolare l’olio dal fango: risultato non così scontato. Peraltro, non sono chiare le conseguenze che deriverebbero dall’applicazione diretta dell’estrazione in DMSO al fango. ________ Collegati:
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