Rischio Radon nei luoghi di lavoro: quadro normativo
Scheda 21.09.2018 | Errata corrige, effettuare nuovo download Allegato.
In allegato scheda sul rischio di esposizione al radon nei luoghi di lavoro, introdotto all’inizio del 2001 con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 241/2000, che ha recepito la Direttiva 96/29/Euratom, modificando e integrando il D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 230. Si è in attesa del recepimento della Direttiva 2013/59/Euratom, che in particolare abbassa il livello di livello di azione da 500 Bq/m3 a 300 Bq/m3.
Il radon è un gas naturale (Rn) presente maniera diffusa e varia sul territorio italiano solitamente montano o vulcanico (oggetto di monitoraggio da parte dell’Istituto Superiore di Sanità attraverso l’Archivio Nazionale Radon) che, decadendo, si attacca al particolato dell’aria e penetra nell’organismo tramite le vie respiratorie.
Le Regioni a maggior rischio di emissione sono Campania, Friuli-Venezia Giulia, Lazio e Lombardia.
Il rischio radon riguarda l’effetto biologico che può indurre a mutazioni genetiche, causando possibili tumori e leucemie.
La presenza di radon è possibile anche in alcune rocce impiegate come materiali in edilizia, come il tufo, la pozzolana e il peperino.
I lavoratori esposti a rischio radon sono soprattutto quelli che svolgono le loro mansioni nel sottosuolo, in cunicoli e galleri, ma anche quelli che si occupano di attività estrattive, raccolta e stoccaggio di materiale abitualmente non considerato radioattivo, ma che può contenere radionuclidi naturali, o lavoratori impiegati in strutture termali. Oltre le dieci ore di presenza mensile, sono compresi anche i lavoratori in luoghi come magazzini, luoghi seminterrati. Sono interessati quindi i luoghi come:
- Locali sotto il livello stradale
- Sotterranei, catacombe
- Cave
- Fungaie
- Miniere
- Terme
- Aerei (radiazione cosmica)
- Industria e depositi di fertilizzanti (fosfati)
- Lavorazione di alcuni minerali (pirocloro e bauxite)
- Lavorazione e deposito di sabbie zirconifere (piastrelle) e materiali refrattari
- Lavorazioni di terre rare, torio
- Produzione di pigmento colorante al biossido di titanio
ISPRA
Tra gli anni 80 e 90 è stata realizzata dall’ISPRA, dall’Istituto Superiore della Sanità e dai Centri Regionali di Riferimento della Radioattività Ambientale degli assessorati regionali alla Sanità, oggi confluiti nelle Agenzie per la protezione dell’ambiente regionali e provinciali(ARPA e APPA), un’indagine nazionale rappresentativa sulla esposizione al radon nelle abitazioni.
Il valore della concentrazione media è risultato pari a 70 Bq/m3, valore relativamente
elevato rispetto alla media mondiale valutata intorno a 40 Bq/m3 e a quella europea di circa 59 Bq/m3.
I risultati dell’indagine nazionale aggregati per Regione mostrano una situazione molto diversificata (fig. 1) con concentrazioni medie regionali che vanno da poche decine di Bq/m3 fino ad oltre 100 Bq/m3 e singole abitazioni che arrivano fino a migliaia di Bq/m3. Tale differenza è dovuta principalmente alle differenti caratteristiche geologiche.
Fig. 1 - Risultati dell’indagine nazionale sull’esposizione al radon nelle abitazioni (ISPRA)
IARC
Il radon è un agente cancerogeno che causa un aumento del rischio di contrarre il tumore polmonare. L'Organizzazione Mondiale ) della Sanità (WHO), attraverso l'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), ha classificato fin dal 1988 il radon nel Gruppo 1 (IARC Monogrtaphs 43) nel quale sono elencate le sostanze dichiarate cancerogene per l’uomo.
Il radon è un gas inerte ed elettricamente neutro, per cui non reagisce con altre sostanze. Di conseguenza, così come viene inspirato, viene espirato. Tuttavia è anche radioattivo, ossia si trasforma in altri elementi, chiamati prodotti di decadimento del radon o più generalmente "figli". Questi sono elettricamente carichi e si attaccano al particolato presente in aria che può essere inalato e fissarsi sulle superfici dei tessuti polmonari. Gli atomi, così depositati (in particolare due isotopi del polonio, Po-218 e Po-214), sono ancora radioattivi ed emettono radiazioni alfa che possono danneggiare le cellule. I danni prodotti sono generalmente riparati dai meccanismi biologici. In alcuni casi uccidono le cellule, ma esiste anche la probabilità che il danno cellulare sia di tipo degenerativo e che la cellula mantenga la sua capacità di riproduzione entrando a far parte di un processo cancerogeno. Fino ad oggi, anche se ipotizzati, non sono stati dimostrati altri effetti diversi dal tumore polmonare.
È stata dimostrata una forte correlazione tra radon e consumo di tabacco. Per i fumatori il rischio assoluto di un tumore polmonare causato dal radon viene considerato 15-20 volte superiore rispetto al rischio per i non fumatori.
Radon nei luoghi di lavoro
In Italia la regolamentazione dell’esposizione al radon nei luoghi di lavoro è stata introdotta all’inizio del 2001 con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 241/2000, che ha recepito la Direttiva 96/29/Euratom, modificando e integrando il D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 230.
Il Capo III bis del Decreto incentra l’attenzione su luoghi di lavoro sotterranei in generale e particolari, quali grotte, tunnel, ..., nei quali è obbligatorio effettuare la misura annua della concentrazione di radon e luoghi di lavoro in aree che hanno elevata probabilità di alte concentrazioni di radon (talvolta chiamate radon-prone areas o aree a maggiore presenza di radon), che devono essere individuate dalle Regioni.
In assenza delle indicazioni previste dal decreto, per garantire una uniforme applicazione delle norme sul territorio nazionale la Conferenza dei Presidenti delle Regioni e Province autonome ha approvato le Linee guida per le misure di concentrazione di radon in aria e nei luoghi di lavoro sotterranei.
Livelli di azione e di riferimento per la concentrazione di radon nei luoghi di lavoro e nelle scuole
Il Decreto stabilisce che, se la concentrazione media annua di radon nei luoghi di lavoro supera il livello di azione di 500 Bq/m3, il datore di lavoro deve mettere in atto azioni di rimedio per ridurre la concentrazione di radon, e procedere a verificare l’efficacia dell’intervento con una nuova misura di durata annuale, il tutto entro 3 anni dalla prima misura.
Le azioni di rimedio non sono dovute se il datore di lavoro dimostra che non viene superata la dose di 3 mSv/anno ai lavoratori, dose da valutarsi tenendo conto del tempo di permanenza nell’ambiente di lavoro.
Nelle scuole, se la concentrazione di radon supera 500 Bq/m3, non è prevista la valutazione della dose, è necessario procedere alla riduzione della concentrazione.
Per le azioni di rimedio e le valutazioni di dose la normativa attuale prevede che il datore di lavoro si avvalga di un esperto qualificato (art. 10-quinquies D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 230).
Nel caso invece che la concentrazione di radon superi il livello di riferimento di 400 Bq/m3, è necessario ripetere la misura (per tenere conto della variabilità annua e dell’incertezza sul risultato della misura) nell’anno successivo.
Nell’attuale quadro normativo nazionale gli edifici pubblici non sono distinti dai luoghi di lavoro; il testo della direttiva 2013/59/EURATOM (anocra da rcepire), prevede invece livelli di riferimento per gli edifici con accesso al pubblico uguali a quelli delle abitazioni, ovvero 200 Bq/m3 per edifici futuri e 300 Bq/m3 per edifici esistenti.
Nuova Direttiva 2013/59/EURATOM per i luoghi di lavoro
Direttiva 2013/59/EURATOM
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Articolo 54 Radon nei luoghi di lavoro
1. Gli Stati membri stabiliscono livelli di riferimento nazionali per le concentrazioni di radon nei luoghi di lavoro. Il livello di riferimento per la media annua della concentrazione di attività aerea non deve essere superiore a 300 Bq/m3, a meno che un livello superiore non sia giustificato dalle circostanze esistenti a livello nazionale.
2. Gli Stati membri dispongono che le misurazioni del radon siano effettuate:
a) in luoghi di lavoro all'interno delle zone individuate conformemente all'articolo 103, paragrafo 3, situati al pianterreno o a livello interrato, tenendo conto dei parametri contenuti nel piano d'azione nazionale di cui al punto 2 dell'allegato XVIII, nonché
b) in specifiche tipologie di luoghi di lavoro identificate nel piano d'azione nazionale tenendo conto del punto 3 dell'allegato XVIII.
3. Nelle zone all'interno dei luoghi di lavoro in cui la concentrazione di radon (come media annua) continua a superare il livello di riferimento nazionale nonostante le azioni intraprese conformemente al principio di ottimizzazione di cui al capo III, gli Stati membri dispongono che tale situazione sia notificata conformemente all'articolo 25, paragrafo 2, e si applica l'articolo 35, paragrafo 2.
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Collegati
Decreto Legislativo 17 marzo 1995, n. 230
Decreto Legislativo n. 241/2000
Linee guida gas radon luoghi di lavoro sotterranei
Direttiva 2013/59/EURATOM