Rischio chimico basso per la sicurezza e irrilevante per la salute: note 2019
Appunti Sicurezza lavoro | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
24 Novembre 2024 | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Salve Visitatore | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Rischio chimico basso per la sicurezza e irrilevante per la salute: Note 2019 ID 7566 | 20.01.2019 Documento e note allegate sul "Rischio moderato" del D.Lgs. n. 626/1994 a "Rischio chimico basso per la sicurezza e irrilevante per la salute" del D.Lgs. 81/2008. Considerazioni dal Documento allegato "La prevenzione del rischio chimico" RV - Documento di consenso 13 aprile 2017". La Direttiva 98/42/CE è la XIV direttiva sociale particolare sulla protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori contro i rischi derivanti da agenti chimici. La Direttiva è stata, da prima recepita con il D.Lgs. 2 febbraio 2002, n. 25 che l'ha introdotta nel D.Lgs. n. 626/1994, a seguire nel Testo Unico Sicurezza D.Lgs. 81/2008. Nella Direttiva 98/42/CE e nel recepimento D.Lgs. 2 febbraio 2002, n. 25, il "termine soglia" nerlla valutazione dei rischi per gli agenti chimici, usato per stabilire le misure base/complete, è "rischio moderato". Il termine "Rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute" Con il D.Lgs. 81/2008, tale temine è stato sostituito con "rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute" rimandando ad appositi decreti per definire tale concetto (data notizia non emanati). Nel D.Lgs. n. 81/2008 è riportato, all'Art. 232 c. 3, che "nelle more" dell'emanazione del Decreto possono essere stabiliti, entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, i parametri per l'individuazione del rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori di cui all'articolo 224, comma 2, sulla base di proposte delle associazioni di categoria dei datori di lavoro interessate comparativamente rappresentative, sentite le associazioni dei prestatori di lavoro interessate comparativamente rappresentative. Scaduto inutilmente il termine di cui al presente articolo, la valutazione del rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori è comunque effettuata dal datore di lavoro (termine 45 gg scaduto). Non emanato/i, data notizia, il/i decreti che devono individuare i criteri "rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute" Direttiva europea 98/24/CE recepita con il D.Lgs. 2 febbraio 2002, n. 25 e a seguire integrata nel Titolo IX, Capo I del D.Lgs. n. 81/2008:
Misure da adottare se il rischio è irrilevante per non dover applicare quelle degli arti. 225, 226
Misure compensative necessarie in questo ordine
Protezione da agenti chimici D.Lgs. n. 81/2008 1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 15, i rischi derivanti da agenti chimici pericolosi devono essere eliminati o ridotti al minimo mediante le seguenti misure: a) progettazione e organizzazione dei sistemi di lavorazione sul luogo di lavoro; 2. Se i risultati della valutazione dei rischi dimostrano che, in relazione al tipo e alle quantità di un agente chimico pericoloso e alle modalità e frequenza di esposizione a tale agente presente sul luogo di lavoro, vi è solo un rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori e che le misure di cui al comma 1 sono sufficienti a ridurre il rischio, non si applicano le disposizioni degli articoli 225, 226, 229, 230. Art. 232. Adeguamenti normativi 1. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, è istituito senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un comitato consultivo per la determinazione e l'aggiornamento dei valori limite di esposizione professionale e dei valori limite biologici relativi agli agenti chimici. Il Comitato è composto da nove membri esperti nazionali di chiara fama in materia tossicologica e sanitaria di cui tre in rappresentanza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, su proposta dell'Istituto superiore di sanità, dell'ISPESL e della Commissione tossicologica nazionale, tre in rappresentanza della Conferenza dei Presidenti delle regioni e tre in rappresentanza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Il Comitato si avvale del supporto organizzativo e logistico della Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali. 2. Con uno o più decreti dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, sentiti il Ministro dello sviluppo economico, il Comitato di cui al comma 1 e le parti sociali, sono recepiti i valori di esposizione professionale e biologici obbligatori predisposti dalla Commissione europea, sono altresì stabiliti i valori limite nazionali anche tenuto conto dei valori limite indicativi predisposti dalla Commissione medesima e sono aggiornati gli allegati XXXVIII, XXXIX, XL e XLI in funzione del progresso tecnico, dell'evoluzione di normative e specifiche comunitarie o internazionali e delle conoscenze nel settore degli agenti chimici pericolosi. (1) 3. Con i decreti di cui al comma 2 è inoltre determinato il rischio basso per la sicurezza e irrilevante (ndr - secondo la Direttiva 98/24/CE il termine originartio è "moderato") per la salute dei lavoratori di cui all'articolo 224, comma 2, in relazione al tipo, alle quantità ed alla esposizione di agenti chimici, anche tenuto conto dei valori limite indicativi fissati dalla Unione europea e dei parametri di sicurezza. 4. Nelle more dell'adozione dei decreti di cui al comma 2, con uno o più decreti dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, possono essere stabiliti, entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, i parametri per l'individuazione del rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori di cui all'articolo 224, comma 2, sulla base di proposte delle associazioni di categoria dei datori di lavoro interessate comparativamente rappresentative, sentite le associazioni dei prestatori di lavoro interessate comparativamente rappresentative. Scaduto inutilmente il termine di cui al presente articolo, la valutazione del rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori è comunque effettuata dal datore di lavoro. Terzo elenco di valori indicativi di esposizione professionale (1) Decreto interministeriale 6 agosto 2012 - Terzo elenco di valori indicativi di esposizione professionale in attuazione della direttiva 98/24/CE del Consiglio e che modifica la direttiva 2009/39/CE della Commissione ALLEGATO XXXVIII(1) Valori limite di esposizione professionale
(1) EINECS: Inventario europeo delle sostanze chimiche esistenti a carattere commerciale. Valutazione dei rischi nel caso di di "rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute" e non.
Se nella valutazione dei rischi si dimostra che il rischio connesso alla presenza/esposizione ad agenti chimici pericolosi è “basso per la sicurezza e irrilevante per la salute", non si applica quanto previsto dagli Artt. 225 (Misure specifiche di protezione e di prevenzione), 226 (Disposizioni in caso di incidenti o di emergenze), 229 (Sorveglianza sanitaria) e 230 (Cartelle sanitarie e di rischio)” del D.Lgs. n. 81/2008.
Se così non fosse (rischio non basso per la sicurezza e non irrilevante per la salute) il datore di lavoro “dovrà attuare quanto previsto dagli Artt. 225 e 226 e nominare (se non già fatto per altri rischi quali, ad esempio videoterminali o movimentazione manuale dei carichi) un Medico Competente” che dovrà “sottoporre i lavoratori a sorveglianza sanitaria (Art. 229) e istituire e aggiornare le cartelle sanitarie e di rischio (Art. 230)”.
Criteri Rischio chimico TUS e CLP
Documento: Criteri e strumenti per la valutazione e la gestione del rischio chimico negli ambienti di lavoro ai sensi del D.Lgs. n. 81/2008 e s.m.i. (Titolo IX, Capo I “Protezione da Agenti Chimici” e Capo II “Protezione da Agenti Cancerogeni e Mutageni”), alla luce delle ricadute del Regolamento (CE) n. 1907/2006 (Registration Evaluation Authorisation Restriction of Chemicals - REACH), del Regolamento (CE) n. 1272/2008 (Classification Labelling Packaging - CLP) e del Regolamento (UE) n. 453/2010 (recante modifiche all’Allegato II del Regolamento CE 1907/2006 e concernente le disposizioni sulle schede di dati di sicurezza). Ai sensi del D.Lgs. n. 81/2008 il percorso di valutazione dei rischi da agenti chimici pericolosi deve, primariamente, essere in grado di identificare e classificare gli agenti chimici che possono costituire fattori di rischio per i lavoratori tenendo conto delle proprietà intrinseche delle sostanze e delle miscele che possono rappresentare un pericolo all’atto della normale manipolazione o utilizzazione.
Il Regolamento CLP individua in modo puntuale le classi di pericolo per gli agenti chimici pericolosi distinguendo i pericoli per la sicurezza, legati alle proprietà chimico-fisiche, dai pericoli per la salute connessi alle proprietà tossicologiche a breve e medio termine ed alle proprietà tossicologiche a lungo termine. Per la definizione delle singole classi di pericolo, proprie del Regolamento CLP, si rimanda al par. 2.3. e nel Documento allegato. Per ogni sostanza o miscela presente negli ambienti di lavoro, devono essere noti la composizione chimica e le caratteristiche chimico-fisiche nonché quelle relative alla sicurezza nell’utilizzo, nella manipolazione e nello stoccaggio (tensione di vapore, limiti di infiammabilità, incompatibilità con altri prodotti ecc). Queste informazioni si possono ricavare dalla SDS disciplinata dall’Art. 31 del Regolamento REACH.
In estrema sintesi si può affermare che, ai sensi della vigente normativa sociale in materia di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, il rischio chimico per la salute è collegato a tutte le proprietà tossicologiche degli agenti chimici, mentre quello per la sicurezza si collega principalmente alle proprietà chimico-fisiche oltre che alla proprietà tossicologica acuta (1).
In altre parole rischio chimico per la salute è riferito alla probabilità che possa insorgere una malattia professionale mentre rischio chimico per la sicurezza è riferito alla probabilità che possa verificarsi un infortunio e alle proprietà chimiche in generale. Gli agenti chimici che abbiano esclusivamente proprietà eco-tossicologiche (pericolose soltanto per l’ambiente) non sono da considerare ricompresi nel campo di applicazione del Titolo IX, Capo I del D.Lgs. n. 81/2008. Qualora la Valutazione dei Rischi dimostri che il rischio connesso alla presenza/esposizione ad agenti chimici pericolosi sia basso per la sicurezza e irrilevante per la salute, non si applica quanto previsto dagli Artt. 225 (Misure specifiche di protezione e di prevenzione), 226 (Disposizioni in caso di incidenti o di emergenze), 229 (Sorveglianza sanitaria) e 230 (Cartelle sanitarie e di rischio). Viceversa, ossia nel caso in cui il rischio sia non basso per la sicurezza e non irrilevante per la salute, il datore di lavoro dovrà attuare quanto previsto dagli Artt. 225 e 226 e nominare (se non già fatto per altri rischi quali, ad esempio videoterminali o movimentazione manuale dei carichi) un Medico Competente (per i cui titoli, requisiti e compiti si rimanda agli Artt. da 38 a 42), che dovrà sottoporre i lavoratori a sorveglianza sanitaria (Art. 229) e istituire e aggiornare le cartelle sanitarie e di rischio (Art. 230). Qualora la valutazione porti a classificare il rischio non basso per la sicurezza ma irrilevante per la salute si devono attuare le disposizioni previste dagli Artt. 225 e 226, con l’esclusione di quelle che comportano l’attivazione della sorveglianza sanitaria e l’istituzione delle cartelle sanitarie e di rischio. Nel caso invece di rischio basso per la sicurezza, ma non irrilevante per la salute, si devono applicare le misure specifiche di cui agli Artt. 225, 229 e 230.[/box-note] (1) Vedasi Allegato I punto 3.1.1.1 Regolamento CLP
Sorveglianza sanitaria
La sorveglianza sanitaria è obbligatoria in tutti i casi espressamente previsti dalla legge e quando la valutazione dei rischi ne evidenzi la necessità, insieme agli ulteriori adempimenti ad essa connessi. (1) L’Art. 229 del D.Lgs. n. 81/2008 specifica che sono sottoposti a sorveglianza sanitaria: “i lavoratori esposti agli agenti chimici pericolosi per la salute che rispondono ai criteri per la classificazione come molto tossici, tossici, nocivi, sensibilizzanti, corrosivi, irritanti, tossici per il ciclo riproduttivo, cancerogeni e mutageni di Categoria 3 (D.Lgs. n. 52/1997 e s.m.i.) (per i cancerogeni di Categoria 1 e 2 ved. norme specifiche). La sorveglianza sanitaria non è richiesta qualora il rischio sia valutato come irrilevante per la salute, in quanto le misure generali di tutela e quelle specifiche sono in atto ed efficaci (Art. 224, comma 2, D.Lgs. n. 81/2008). Sulla corrispondenza fra le classificazioni di cui al D.Lgs. n. 81/2008 e quelle introdotto dal Regolamento CLP si rinvia al cap. 2, par. 2.4 (Pericoli per la salute) .(2) (1) Il D.Lgs. n. 81/2008, prevede che il medico-competente collabori alla redazione del documento di valutazione dei rischi, effettui almeno un sopralluogo annuale, partecipi alla riunione periodica, rediga e trasmetta la relazione sanitaria, collabori con il datore di lavoro nell’organizzazione del primo soccorso, partecipi alla formazione ed informazione dei lavoratori ed all’attuazione di programmi di promozione della salute, oltre a programmare ed effettuare la sorveglianza sanitaria.
(2) Si ritiene che, fatto salvo quanto previsto dall’Art.224, comma 2, del D.Lgs. n.81/2008 e s.m.i. (ovvero “se i risultati della valutazione dei rischi dimostrano che, in relazione al tipo e alle quantità di un agente chimico pericoloso e alle modalità e frequenza di esposizione a tale agente presente sul luogo di lavoro, vi è solo un rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori e che le misure di cui al comma 1 sono sufficienti a ridurre il rischio”), non si applicano le disposizioni degli Artt. 225, 226, 229, 230”), siano da sottoporre a sorveglianza sanitaria secondo i dettati dell’Art.229 del medesimo decreto legislativo, i lavoratori esposti agli agenti chimici pericolosi per la salute che rispondono ai criteri del CLP per la classificazione come:
- Tossici acuti (Categorie 1, 2, 3 e 4); - Corrosivi (Categorie 1A, 1B e 1C); - Irritanti per la pelle (Categorie 2); - Irritanti per gli occhi con gravi danni agli occhi (Categorie 1 e 2); - Tossici specifici di organo bersaglio (STOT) – esposizione singola (Categorie 1 e 2); - Tossici specifici di organo bersaglio con effetti narcotici e di irritazione respiratoria (STOT) – esposizione singola (Categoria 3); - Tossici specifici di organo bersaglio (STOT) – esposizione ripetuta (Categorie 1 e 2); - Sensibilizzanti respiratori (Categoria 1); - Sensibilizzanti cutanei (Categoria 1); - Cancerogeni e Mutageni (Categoria 2); - Tossici riproduttivi (Categorie 1A, 1B e 2); - Tossici con effetti sull’allattamento; - Tossici in caso di aspirazione (Categoria 1) ed i lavoratori per i quali la valutazione dell’esposizione, ai sensi dell’Art.236 del D.Lgs. n.81/2008 e s.m.i., abbia evidenziato un rischio per la salute riguardante quegli agenti che rispondono ai criteri di classificazione per le sostanze e le miscele Cancerogene e/o Mutagene Oltre a quanto previsto dal suddetto Art. 229, la sorveglianza sanitaria relativa all’esposizione ad agenti chimici pericolosi, deve rispondere alle indicazioni di carattere generale previste dall’Art. 41 del D.Lgs. n. 81/2008.
Il protocollo sanitario per i lavoratori esposti ad agenti chimici per i quali è prevista la sorveglianza sanitaria, predisposto dal medico competente, deve tenere conto degli indirizzi scientifici più avanzati (Art 25, comma 1, lettera b) del D.Lgs. n. 81/2008) quali, ad esempio – ove disponibili - i dati epidemiologici forniti da organismi scientifici riconosciuti a livello internazionale o provenienti da letteratura scientifica validata e aggiornata ed essere definito anche in base a: - possibili effetti dannosi, anche sinergici, delle diverse sostanze presenti sul luogo di lavoro desumibili anche dall’esame delle SDS delle sostanze presenti nell'attività lavorativa; - presenza di rischi concomitanti nell'attività/luoghi di lavoro; - insieme delle condizioni di esposizione, delle attività svolte e delle caratteristiche dei luoghi di lavoro in cui esse vengono svolte; - esposizione in termini di durata ed intensità. Il controllo dell’esposizione professionale ad agenti chimici si attua anche attraverso il monitoraggio biologico per i lavoratori esposti agli agenti per i quali è stato fissato un valore limite biologico. Attualmente il D.Lgs. n. 81/2008 prevede, all’Allegato XXXIX, il valore limite biologico solo per il Piombo. Per tutte le altre sostanze, per quanto attiene agli indicatori biologici, è opportuno fare riferimento ai valori indicati nelle SDS, così come integrate dal Regolamento (UE) n. 453/2010, o reperibili nella letteratura nazionale ed internazionale. Per quanto attiene la protezione da agenti cancerogeni e mutageni, come già definiti nel cap. 4, par. 4.4, occorre ricordare che, per l’esposizione a tali agenti, sono previsti accertamenti sanitari e norme preventive e protettive specifiche (Art. 242 del D.Lgs. n. 81/2008). Il contenuto di questo articolo di legge integra le disposizioni di cui agli Artt. 41 e 229 del D.Lgs. n. 81/2008. Da: "La prevenzione del rischio chimico" RV Documento di consenso 13 aprile 2017
VALUTAZIONE DEL RISCHIO CHIMICO PER LA SICUREZZA Criteri proposti Dopo aver effettuato il completo "inventario" degli agenti chimici presenti o che possono essere presenti e i pericoli associati, il datore di lavoro deve valutare se il rischio chimico per la sicurezza è "basso" o superiore a "basso", sulla base delle quantità di sostanze e miscele e delle circostanze in cui viene svolto il lavoro, delle caratteristiche delle attrezzature e degli impianti. Per quanto riguarda i pericoli per la salute con effetto acuto va valutata anche la via di azione (cutanea, inalatoria, digestiva), in relazione alla modalità di effettuazione delle attività previste dalla mansione. Per la quantificazione del rischio vanno determinate le possibili conseguenze dell'incidente chimico e il tipo e livello di danno: in questi casi normalmente non hanno rilevanza indagini ambientali; invece possono essere utilizzati, da professionisti esperti della materia, algoritmi validati. Si ricorda comunque che lo scopo della valutazione è in primo luogo quello di individuare le misure di prevenzione e protezione più adatte a tenere sotto controllo il rischio. A questo proposito è fondamentale evidenziare che, qualunque sia l'esito della valutazione e quindi anche qualora il rischio risultasse "basso" per la sicurezza, devono essere adottate le misure previste dall'art. 15 (Misure generali di tutela) e dall'art. 224 (Misure e principi generali per la prevenzione dei rischi). Inoltre va attuato anche quanto previsto per i luoghi di lavoro dagli artt. 63 (Requisiti di salute e sicurezza), 64 (Obblighi del datore di lavoro), 66 (Lavori in ambienti sospetti di inquinamento), in combinato con le prescrizioni dell'allegato IV punti 2, 3, 4. Nei cantieri temporanei e mobili va attuato quanto prescritto dall'art. 121 (Presenza di gas negli scavi). Nei luoghi confinati devono essere adottate le ulteriori specifiche prescrizioni contenute nel DPR 177/2011. Va evidenziato che nei casi in cui il datore di lavoro stabilisce che è necessario attuare le misure dell'art. 225 (Misure specifiche di protezione e prevenzione), come ad esempio l'uso di DPI per la protezione da schizzi di sostanze corrosive, il rischio chimico per la sicurezza non può essere definito "basso". Né può esserlo nei casi in cui la valutazione del rischio di esplosione per presenza di atmosfere esplosive secondo il Titolo XI del D. Lgs. 81 abbia evidenziato un rischio "medio" o "elevato". La valutazione del rischio chimico per la sicurezza non può essere in contrasto con valutazioni previste da altre norme. Così, se a seguito della valutazione secondo il DM 10/3/98, il rischio di incendio risulta "medio" o "elevato", il rischio chimico per la sicurezza non può risultare "basso". Parimenti le aziende che rientrano nel campo di applicazione del D. Lgs. 105/2015 (Pericolo di incidenti rilevanti) non possono risultare con un rischio chimico per la sicurezza “basso". Il datore di lavoro deve inoltre fare ricorso alla segnaletica di sicurezza, di cui al TITOLO V e allegati XXV (Prescrizioni generali per i cartelli segnaletici) e XXVI (Segnaletica dei contenitori e delle tubazioni). VALUTAZIONE DEL RISCHIO CHIMICO PER LA SALUTE
Criteri proposti Individuazione dei pericoli e valutazione del rischio Premesso che la valutazione è un’attività complessa, che richiede un approccio interdisciplinare da parte di valutatori con competenze di chimica, tossicologia ed igiene industriale, si ribadisce che:
- la valutazione deve essere effettuata rispettando integralmente le indicazioni dell’art. 223 - l’individuazione dei pericoli connessi a tutti gli agenti chimici presenti o potenzialmente presenti deve essere effettuata tenendo conto: - - dei contenuti delle SDS - - delle informazioni presenti nella letteratura scientifica, soprattutto per la valutazione di relazioni dose/via di assunzione/risposta - la valutazione deve tenere conto delle modalità di esposizione in considerazione di ogni tipo di utilizzo dell’agente chimico e della possibile entità e via di esposizione per ogni fase della lavorazione, al fine di individuare in ciascuna fase il rischio e le misure di protezione idonee, considerando che le informazioni della scheda di sicurezza si riferiscono all’agente nello stato in cui si trova all’atto della fornitura § La condizione di rischio irrilevante deve essere riservata alle situazioni in cui vi è un uso effettivamente sporadico o nessun uso/esposizione normale di agenti classificati come pericolosi per la salute, essendo questa valutazione già fatta a monte ai fini della classificazione, o quando l’esposizione personale dei lavoratori può essere considerata del tutto trascurabile. In questi casi, piuttosto che eseguire complesse valutazioni al solo fine di decidere che il rischio è NON IRRILEVANTE, è più opportuno concentrarsi sulla valutazione delle fasi in cui specifici rischi sono comunque più elevati e sulle modalità tecniche, organizzative o di protezione individuale per limitare il rischio in queste fasi al più basso livello tecnicamente possibile. Modelli di calcolo Il titolo IX del D.Lgs. n. 81/2008 non dà indicazioni precise e dettagliate sugli strumenti che il datore di lavoro (DL) può utilizzare per effettuare la valutazione del rischio chimico. Tra questi spesso è emersa la necessità di definire il ruolo degli algoritmi di calcolo nella valutazione del rischio chimico. Sempre più frequentemente i modelli di calcolo trovano applicazione negli approcci di tipo “misto” alla valutazione del rischio da esposizione, che impiegano in modo integrato sia modelli che misurazioni. Questa strategia appare compatibile con i criteri dettati dalla norma UNI EN 689 “Atmosfera nell’ambiente di lavoro. Guida alla valutazione dell’esposizione per inalazione a composti chimici ai fini del confronto con i valori limite e strategia di misurazione”, allo stato attuale in revisione) a supporto nelle fasi della valutazione iniziale dell’esposizione professionale. Il testo unico lascia al DL ampia libertà di scelta sui metodi da utilizzare per la valutazione dei rischi e non usa mai il termine “algoritmo” o “modello”. In ogni caso, sia che egli adotti misurazioni o “altri metodi”, deve essere in grado di dimostrare il conseguimento di adeguati livelli di prevenzione e protezione. A lui quindi spetta “l’onere della prova”. Innanzitutto, la valutazione, con misurazioni o senza, deve considerare tutti gli elementi e i criteri previsti dall’art. 223 del testo unico. In assenza di normativa tecnica specifica, mirata a garantire la qualità delle procedure di utilizzo dei modelli di calcolo per la valutazione delle esposizioni, il valutatore dovrà dare dimostrazione dell’applicabilità del modello e della sua attendibilità negli specifici casi. L’uso dell’algoritmo (e del software) deve quindi essere comunque effettuato con cognizione di causa da 5 parte di persona esperta della materia, in grado di comprendere i limiti di applicabilità dei modelli di calcolo. Tra i limiti dei modelli si consideri, ad esempio, la difficoltà che questi hanno di tener conto dei rischi di esposizione per effetti cumulativi dovuti all’esposizione simultanea a più agenti chimici con azione sugli stessi organi bersaglio. Misure ambientali e personali, monitoraggio biologico La valutazione del rischio è preliminare all’uso, pertanto non può basarsi su misure ambientali che sono invece conseguenti alla valutazione di rischio NON IRRILEVANTE al fine di documentare che l’esposizione viene comunque contenuta a livello accettabile. Nei casi in cui non sia possibile con altri mezzi dimostrare il conseguimento di un adeguato livello di prevenzione e di protezione, il datore di lavoro provvede ad effettuare la misurazione degli agenti che possono presentare un rischio per la salute. Le misurazioni devono tener conto della norma UNI EN 689/2018 e dei metodi di cui all’allegato XLI del D.Lgs. n. 81/2008 sia per attuare una efficace strategia di misurazione, sia per il successivo confronto dei dati rilevati con i valori limite. L’applicazione dei principi e delle strategie della UNI EN 689, in particolare il monitoraggio personale nelle condizioni di maggior esposizione, consente di far emergere chiaramente la rilevanza del rischio espositivo, di identificare i lavoratori soggetti alle più alte esposizioni e di focalizzare le strategie di management del rischio su questi ultimi. Il monitoraggio biologico, inoltre, determinando, dove fattibile, la reale quantità di tossico assorbito attraverso tutte le vie di esposizione a completamento della valutazione del rischio espositivo, consente di verificare l’efficacia delle misure di prevenzione e le misure di protezione adottate dai lavoratori, nonché l’efficacia delle loro corrette procedure di utilizzo. Va inoltre considerata l’influenza delle condizioni microclimatiche (temperatura, velocità dell’aria, umidità etc..) e dell’attività fisica svolta dal lavoratore (ventilazione polmonare) sul grado di esposizione sia per agenti chimici pericolosi volatili sia per i non volatili, condizioni che in taluni casi possono vanificare o ridurre l’efficacia delle misure di prevenzione inizialmente adottate. Da ciò deriva, in parte, l’importanza dei processi di riesame nel controllo del rischio espositivo, con la definizione di livelli di soglia e integrazione di misure di prevenzione e protezione correttive, soprattutto nel caso di esposizioni imprevedibili e non facilmente standardizzabili. Esposizione cutanea La valutazione del rischio deve tener conto di tutti i possibili modi di esposizione, compreso quello in cui vi è assorbimento cutaneo. Si rende necessario valutare l’esposizione cutanea ad una specie chimica tossica, cancerogena o meno quando si hanno sostanze con notazione “Skin” o “Pelle” (capacità di attraversare la barriera cutanea). In proposito, si ricorda che SCOEL (Scientific Committee on Occupational Exposure Limits) della U.E. e ACGIH assegnano SKIN quando il passaggio percutaneo in normali situazioni lavorative rappresenta una via quantitativamente rilevante. La notazione Skin di ACGIH comprende anche le sostanze corrosive o irritanti, per le quali non è necessaria una valutazione dell’esposizione cutanea. Il passaggio percutaneo dipende non solo dalla sostanza, dalla sua quantità e dal suo stato fisico, ma anche dallo stato della cute e dalle condizioni microclimatiche. Pertanto, in situazioni lavorative diverse, quella che in teoria è una via secondaria, potrebbe diventare quantitativamente rilevante e necessitare di una verifica di dettaglio con misurazioni. Esistono normative tecniche che forniscono metodi di riferimento validi per impostare studi di misurazione per la valutazione dell’esposizione cutanea; tra tutte merita citare le CEN/TR 15278:2006 e la CEN/TR 14294:2011 che danno indicazioni utili a garantire la rappresentatività e la correttezza delle misurazioni. Non esistono, per ora, elenchi di limiti di esposizione validi per esposizione cutanea. Una fonte importante di riferimento in questa materia, è costituita dai DNEL (Derived No Effect Level) cutanei dichiarati dai fabbricanti nelle schede di sicurezza sia per lavoratori che per la popolazione non esposta professionalmente. Questo consente il confronto delle dosi cutanee stimate (con modelli o con misurazioni) con le dosi accettabili definite a partire dai DNEL. Certifico Srl - IT | Rev. 00 2019 ©Copia autorizzata Abbonati Info e download Collegati
La Valutazione Rischio Chimico D.Lgs. n. 81/2008: analisi e commenti Rischio chimico: metodo di valutazione EN 689:2018 Valutazione rischio chimico: il modello Stoffenmanager UNI/TR 11707:2018: Modelli Valutazione rischio chimico MOVARISCH - Valutazione Rischio Chimico 2018 Strumenti di stima rischio chimico occupazionale Valutazione rischio chimico Modello ISPRA Rischio chimico: Modello RISKOFDERM Al.Pi.Ris.Ch.: il nuovo modello Valutazione rischio chimico - RP REACH e CLP: novità rischio chimico TUS - INAIL Criteri e strumenti per la valutazione e la gestione del rischio chimico REACH/CLP/SDS Rischio chimico all'entrata in vigore del Regolamento CLP |
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