Carbonio Organico (T.O.C)
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Determinazione del T.O.C. (Total Organic Carbon)
La determinazione del T.O.C. (Total Organic Carbon) è una tecnica analitica rapida, precisa e con molteplici applicazioni, sia nel settore ambientale che in quello della chimica industriale. Il TOC misura la concentrazione di carbonio organico presente in un campione; per “carbonio organico” si intende sia quello presente in forma di composti chimici ben definiti (zuccheri, acidi grassi, idrocarburi, ecc.), sia il carbonio che costituisce i batteri e gli altri microorganismi. Il carbonio presente in forma inorganica (cioè CO2, carbonati e bicarbonati disciolti, e altri ioni come cianuri, cianati e tiocianati) viene invece definito con la sigla T.I.C. (Total Inorganic Carbon). È evidente che il carbonio totale (T.C.) contenuto in un campione sarà la somma del carbonio organico e di quello inorganico.
Per misurare il TOC, è necessario anzitutto “sbarazzarsi” del carbonio inorganico (TIC). Per fare questo, il campione viene acidificato, in modo da trasformare carbonati e bicarbonati in CO2 gassosa; questa viene eliminata mediante un flusso di gas inerte, e a questo punto nel campione rimane solo il carbonio di origine organica. Il campione viene poi sottoposto ad ossidazione completa mediante riscaldamento ad alta temperatura in presenza di catalizzatori, oppure per trattamento con ossidanti chimici molto energici; in entrambi i casi, il carbonio organico viene completamente trasformato in CO2, che stavolta viene convogliata (dopo raffreddamento e purificazione) alla cella di uno speciale rivelatore a raggi infrarossi (NDIR, cioè Non Dispersive Infra Red). Il NDIR genera un segnale elettrico (in millivolt) proporzionale alla CO2 che lo attraversa, e quindi al carbonio organico originariamente presente nel campione.
Questa breve introduzione aiuterà a comprendere meglio l’utilità del TOC in diversi settori, soprattutto nel controllo degli impianti di depurazione e nella lavorazione delle biomasse.
Il TOC nel controllo dei reflui
Il parametro di riferimento, anche dal punto di vista legale, per valutare il carico inquinante delle acque reflue è tuttora considerato il BOD5 (domanda biochimica di ossigeno, in un arco di 5 giorni). La validità di questo parametro deriva dal fatto che riproduce fedelmente, almeno per quanto riguarda l’inquinamento di origine biologica, quello che avviene in natura: un BOD alto significa che per decomporre gli inquinanti è necessario un apporto di ossigeno elevato, che probabilmente non sarà disponibile nel corso d’acqua dove l’inquinante viene sversato. La deprivazione dell’ossigeno dall’acqua causa la morte dei pesci per asfissia, e il passaggio della popolazione batterica da aerobica ad anaerobica, con conseguente sviluppo di cattivi odori e precipitati di colore dal verde al nerastro.
Purtroppo, la determinazione del BOD5 richiede (come si intuisce dalla definizione) un tempo di analisi molto lungo: 5 giorni, necessari ai batteri per “acclimatarsi” agli inquinanti presenti e procedere alla loro assimilazione. Si comprende, quindi, che non è possibile gestire un impianto di depurazione misurando il BOD5 del refluo in uscita: il “messaggio di allarme” per sforamento dei parametri di legge arriverebbe dopo 5 giorni, durante i quali l’impianto avrà continuato a scaricare un refluo fuori norma.
Per superare questo grave “handicap” si è cercato di utilizzare il COD (domanda chimica di ossigeno): un test dove l’ossidazione degli inquinanti avviene per via chimica anziché per via biologica. La correlazione tra BOD5 e COD è però soggetta a notevoli margini di incertezza, perché il COD considera come “materiale ossidabile” anche vari ioni inorganici (nitriti, bromuri, ioduri, alcuni sali metallici, solfiti e solfuri); inoltre, il metodo prevede l’impiego di sostanze nocive per l’ambiente, come il cromo esavalente ed i sali di mercurio, che finiscono negli scarichi di laboratorio.
La determinazione del TOC consente di superare questi problemi: la misura è rapida e si presta ad essere eseguita in continuo, indicando in tempo reale eventuali anomali del processo di depurazione. Il passaggio dai valori di TOC a quelli di COD, e da questi al BOD5 , non è sempre facile; ma in base alle caratteristiche dei diversi impianti ed ai dati “storici” è possibile ricavare dei fattori di correlazione con buona attendibilità. Ad esempio, la legislazione tedesca consente di sostituire la determinazione del COD con quella della TOC, moltiplicata per un fattore cautelativo di 4.
Il TOC in acque potabili e di falda
Il valore del TOC viene preso in considerazione nella valutazione della idoneità delle acque ai trattamenti di potabilizzazione, anche se non sono stati fissati dei valori limite. Il valore del TOC è legato alla “ossidabilità” delle sostanze presenti nell’acqua; un’elevata ossidabilità comporta la presenza di sottoprodotti indesiderabili (come gli AOx) nell’acqua sottoposta ai trattamenti di disinfezione per renderla potabile. Un’acqua (di pozzo o di sorgente) idonea per la potabilizzazione ha un valore tipico del TOC < 2; valori da 5 a 10 sono tipici di corsi d’acqua leggermente inquinati o di bacini stagnanti, mentre valori oltre 50 indicano uno stadio di inquinamento tale da sconsigliare la potabilizzazione.
Nel caso si desideri valutare se un’acqua possa essere resa potabile da un trattamento di filtrazione, che elimini i solidi sospesi (frequenti nelle acque di laghi o bacini di riserva), è possibile determinare il TOC dopo filtrazione del campione in laboratorio, su una membrana a porosità 0,45 micron.
Il TOC in campioni solidi
La determinazione del TOC in suoli sospetti di contaminazione può dare importanti informazioni sulla possibilità di trasmettere sostanze inquinanti di natura organica alle falde acquifere sottostanti, o anche sulla possibile formazione di sacche di biogas per decomposizione delle sostanze organiche; quest’ultima informazione è notevolmente importante quando si vuole utilizzare un terreno (o un rifiuto solido considerato inerte) per la costruzione di argini e rilevati stradali.
È possibile utilizzare il TOC come criterio di accettabilità per i rifiuti da inviare in discarica; l’Istituto tedesco per la standardizzazione dei metodi di prova ha messo a punto un test specifico a questo scopo (DIN EN 159536), e la normativa tedesca sulle discariche prevede l’uso del TOC per valutare l’accettabilità in discarica di diverse categorie di rifiuti.
Per la determinazione del TOC su campioni solidi occorre uno speciale accessorio, ma il principio-base è lo stesso già visto per le acque di scarico.
Applicazioni nel settore energetico
La determinazione del TOC offre un sistema molto valido per valutare la concentrazione di biomassa algale, la presenza di carbonio e azoto organico nei reattori di digestione anaerobica, la purezza dei condensati in uscita dalle turbine a vapore.
Da vari anni in tutto il mondo, infatti, sono in corso ricerche e sperimentazioni per utilizzare la CO2 prodotta dai grandi impianti di combustione come materiale nutritivo per lo sviluppo di biomassa algale in fotobioreattori. Le alghe possono poi essere utilizzate per estrarre biocarburanti e materie prime per l’industria farmaceutica e cosmetica, oppure per la produzione di integratori alimentari. La determinazione del TOC offre un metodo rapido e preciso per la determinazione della quantità di biomassa presente nel fotobioreattore; rispetto ad altri metodi di uso corrente, come la determinazione gravimetrica del residuo secco, o la determinazione della clorofilla per spettrofotometria, il TOC è molto più rapido e specifico nella risposta, in quanto il contenuto in carbonio organico (TOC) è direttamente proporzionale alla concentrazione delle cellule viventi (biomassa). Ad esempio, in una coltura di microalga Chlorella vulgaris, un TOC di 50 corrisponde a 100 mg/l di biomassa, e un TOC di 100 al doppio (200 mg/l).
Nei reattori di digestione anaerobica, invece, il controllo della produzione di biogas richiede una misura del contenuto di materiale organico presente nelle materie prime in ingresso e nel liquido durante la fermentazione. Questa conoscenza consente di confrontare in modo quantitativo le rese in biogas dei diversi materiali, misurando la concentrazione di metano nel biogas prodotto in rapporto al materiale organico presente in partenza; continuando queste misure nel tempo si possono identificare immediatamente eventuali problemi di funzionamento nell’impianto, che inevitabilmente si riflettono sulla sua resa.
La determinazione del TOC può essere condotta (utilizzando un opportuno accessorio) in modo da consentire la contemporanea determinazione dell’azoto organico, che non produce biogas ma viene trasferito nel digestato. Il contenuto in azoto nel digestato non sarebbe di per sé un fatto negativo, in quanto ne accresce il potere fertilizzante; ma al contempo causa fenomeni di eutrofizzazione, per cui nei terreni classificati come “vulnerabili ai nitrati” le Regioni impongono limitazioni allo spandimento sul terreno del digestato, in funzione del suo contenuto in azoto organico. Ad esempio, la Regione Lombardia prescrive che nella maggior parte dei terreni della pianura padana non si possano superare 170 gr di apporto di azoto per ettaro ogni anno.
Per quanto riguarda, infine, turbine a vapore, mediante le quali viene molto spesso ottenuta energia elettrica, in uscita dalle turbine il vapore cede la sua energia termica residua in appositi scambiatori di calore, e viene quindi condensato formando acqua. Questa acqua, essendo ad alta purezza, viene riciclata alle caldaie per produrre nuovo vapore; ma è importante verificare che essa sia priva di contaminanti organici.
L’analisi del TOC, particolarmente con la tecnica della combustione catalitica, offre un metodo rapido e preciso (adattabile anche a misure in continuo) per la verifica della purezza del condensato. I valori tipici ottenuti sono intorno a 0,2 mg/l, con una deviazione standard molto ridotta (0,006 mg/l).
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