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Con “Eternit” la storia di un operatore anti-amianto approda in Laguna

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Con “Eternit” la storia di un operatore anti-amianto approda in Laguna

Proiettato nella sezione Orizzonti Cortometraggi alla 72esima mostra del cinema di Venezia, il film di Giovanni Aloi è stato girato in aree ancora contaminate dalla fibra killer. I protagonisti sono Serena Grandi e Alì Salhi, che anche nella vita reale è un operaio tunisino di un’azienda specializzata nelle bonifiche.

VENEZIA - Da operaio specializzato nella bonifica dell’amianto a protagonista della 72esima edizione della mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Questo il percorso compiuto dal tunisino Alì Salhi, scelto dal regista Giovanni Aloi per interpretare il ruolo principale del suo “Eternit”, film di 14 minuti proiettato oggi pomeriggio in Laguna, al Palabiennale, nell’ambito della sezione Orizzonti Cortometraggi. A fare da sfondo alla storia, che parla di vita e di scelte difficili, c’è l’amianto, sostanza ad alta tossicità messa al bando in Italia nel 1992 ma ancora presente in molti fabbricati, con la quale Alì entra in contatto ogni giorno.

Tra rischi e scelte difficili. Il protagonista del corto, proprio come l’attore che lo interpreta, è infatti un operaio specializzato nelle bonifiche che vive nel nostro Paese, mentre la moglie e la figlia sono ancora in Tunisia, in attesa dei documenti necessari per il ricongiungimento familiare. Tetti sconfinati di amianto e un lavoro pericoloso, quasi sempre affidato a operai stranieri, lo accompagnano nell’affrontare altre scelte difficili. Da un lato c’è la sua indifferenza rispetto ai rischi che corre, quando si toglie distrattamente la mascherina di protezione, dall’altro la sua vita interiore e la paura di decidere. Quando per Alì diventa difficile scegliere, sopraggiunge Serena Grandi, che lo sovrasta con la sua forte corporeità.

Il regista: “È un’opera sulla distanza”. “Se dovessimo riassumere l’opera in una sola parola – sottolinea Aloi – questa sarebbe ‘distanza’. Quella che c’è tra l’uomo e l’amianto, la distanza che Alì deve mettere tra lui e Serena, la donna che ha conosciuto in Italia, e quella che lo separa dalla sua famiglia in Tunisia. Tutto questo si riassume nell’ultima inquadratura, quando le lastre di amianto sorvolano la pianura padana, creando la distanza tra la vita e la sostanza tossica”.

“Volevo raccontare la vita, non la morte”. La sceneggiatura di “Eternit” – che a Venezia sarà proiettato nuovamente il 10 settembre, alle ore 14,30, nella Sala Casinò – è stata scritta dopo numerose interviste agli operai di un’azienda del Modenese specializzata in bonifiche dell’amianto. “Siamo andati nella zona di Sassuolo, dove ci sono ancora molti edifici da bonificare – precisa il regista bolognese – e abbiamo iniziato a intervistare a camera spenta alcuni operai stranieri. L’idea era di realizzare un film su questa realtà e su questo materiale che troppo spesso viene associato alla morte, anche se io volevo raccontare una storia di vita”.

“Tutta la troupe sui tetti con le tute bianche”. Nella pellicola ampie riprese dall’alto dei tetti di amianto si alternano a inquadrature ravvicinate del protagonista e degli operai impegnati nelle opere di bonifica. “Dopo aver ottenuto il permesso di girare all’interno di uno di quei cantieri, ho deciso che anche per le riprese dall’alto mi sarei servito delle gru di alcune di quelle industrie – spiega Aloi – Tutta la troupe è salita sui tetti con le tute bianche e i dispositivi di sicurezza necessari per le operazioni di bonifica. Non è stato facile girare in quelle condizioni, ma volevo riprodurre al meglio quella realtà”.

Fonte INAIL

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