I protocolli di sorveglianza sanitaria nelle strutture INAIL
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I protocolli di sorveglianza sanitaria nelle strutture INAIL
Come è noto il D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. ha innovato il D.Lgs. 626/94 e s.m.i. e, quello che prima era previsto negli artt. 16 e 17, ora si ritrova, meglio normato, all’art. 25 (Obblighi del Medico Competente) e 41 (Sorveglianza sanitaria).
Tra le tante novità su cui meriterebbe soffermarsi, riteniamo, con il presente contributo, di focalizzare la nostra attenzione su quanto previsto dall’art. 25 comma 1, lett. c) che prevede, tra gli obblighi del MC, quello di “programmare ed effettuare la sorveglianza sanitaria di cui all’art. 41 attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati”.
Tale obbligo, anche se non è una novità assoluta - in parte lo stesso concetto si deduceva sia nel D.Lgs. 626/94, ma addirittura nel D.P.R. 303/1956 - ha una rilevanza assai significativa in considerazione del fatto che la sorveglianza sanitaria non è più lasciata ad una “libera interpretazione” del Medico Competente (MC). Infatti all’art. 16, comma 3, del D.Lgs. 626/1994 si leggeva che gli accertamenti cui era sottoposto il lavoratore ai fini del giudizio di idoneità “..comprendono esami clinici e biologici e indagini diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico competente”.
La frase, ancorchè ripresa integralmente nell’art. 41 comma 4, del D.Lgs. 81/2008, è ora collegata ad un “rigoroso” protocollo sanitario cui lo stesso MC deve attenersi dopo averlo esplicitato e differenziato rischio per rischio. Anche se tutti i MC hanno, da sempre, svolto l’attività di Sorveglianza Sanitaria seguendo linee di indirizzo ben definite e secondo scienza e coscienza, per la prima volta nella normativa diviene obbligatorio attenersi a specifici protocolli. Onde evitare una cristallizzazione delle procedure, la dizione “..tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati..”, impone inoltre al MC un continuo aggiornamento su eventuali nuove, diverse e più affidabili procedure per valutare correttamente lo stato di salute del lavoratore e prevenire gli effetti nocivi dei rischi a cui è esposto.
Della sorveglianza sanitaria, come della valutazione dei rischi, abbiamo una definizione precisa derivante dallo stesso D.Lgs. 81/08 che all’art. 2, comma 1 lett. m) definisce la Sorveglianza Sanitaria come “..insieme degli atti medici, finalizzati alla tutela dello stato di salute e sicurezza dei lavoratori, in relazione all’ambiente di lavoro, ai fattori di rischio professionali e alle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa” e la Valutazione dei rischi come “valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell’ambito dell’organizzazione in cui essi prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza”. Partendo quindi dalle due definizioni la prima non può che derivare da una applicazione della seconda, ed i protocolli sanitari non sono che il passaggio intermedio, o meglio il collegamento tra due attività a cui il MC deve partecipare in prima persona.
Il protocollo sanitario (art. 25), che rientra a pieno titolo tra gli “atti” che il M.C. deve predisporre, è alla base della sorveglianza sanitaria (art. 41) di cui definisce le modalità organizzative. La costruzione dei protocolli sanitari costituisce, quindi, uno dei momenti essenziali dell’attività del M.C. in quanto gli stessi rappresentano un mezzo indispensabile per attuare la tutela della salute del singolo lavoratore prevenendo l’insorgenza di eventuali tecnopatie o l’aggravamento di condizioni patologiche professionali o non.
In che cosa consiste un “protocollo sanitario”?
In via generale, il protocollo sanitario modulato su ogni specifico rischio è uno strumento per svolgere al meglio la sorveglianza sanitaria che, come è noto, prevede alcuni passaggi obbligati: un’anamnesi completa, un esame obiettivo generale e uno mirato, visite specialistiche specifiche, accertamenti strumentali e valutazioni clinico-funzionali circostanziati in grado di evidenziare il reale stato di salute in correlazione al rischio esaminato. Il pericolo che si può correre è quello di predisporre dei protocolli “non effettivamente mirati” e sganciati da una reale valutazione dei livelli di esposizione ai singoli fattori di rischio. In altri casi è possibile invece che non vengano prese in considerazione tutte le specifiche, e spesso complesse, condizioni di esposizione dei lavoratori (esposizioni contemporanee a più fattori di rischio, variazioni temporali nell’esposizione, esposizioni indirette).
In altri casi il rischio è di predisporre dei protocolli sanitari di tipo “difensivo” spesso “ridondanti” con un eccesso di esami tecnico-strumentali con periodicità ravvicinata non sempre giustificata. Risulta quindi chiaro che la compilazione ed elaborazione dei protocolli sanitari è certamente una fase critica della attività del M.C. ed è il frutto di un procedimento assai strutturato che richiede non solo conoscenze mediche o comunque di medicina del lavoro ma anche “ conoscenze tecniche relative allo specifico settore lavorativo, ai fattori di rischio tipici, agli ambienti di lavoro, ai risultati di eventuali indagini analitiche ambientali così come sono riportati nel documento di valutazione dei rischi alla stesura del quale dovrebbe, peraltro, aver contribuito attivamente.” e che, come recita, l’art. 25 “…tiene in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati…”. Come detto in premessa, vi è una stretta correlazione tra “valutazione dei rischi” e successiva stesura dei “protocolli sanitari” in quanto questi ultimi non possono che derivare da una attenta e puntuale analisi della valutazione del rischio.
È opportuno ricordare che per ciascuna mansione deve essere definito compiutamente il profilo, in quanto il giudizio di idoneità previsto dall’art. 41, comma 6, viene espresso in relazione alla “mansione specifica” che può esporre ad uno o più rischi che devono essere tutti esplicitati e comunicati al MC.
In concreto i rischi lavorativi evidenziati nel D.V.R. aziendale devono essere coerenti con quelli poi presi in considerazione nella stesura del protocollo sanitario. Nel protocollo è necessario inserire non solo gli accertamenti sanitari ma anche la loro periodicità che non deve essere “blindata” , come nel D.P.R. 303/56, ma che potrà essere stabilita dal MC autonomamente in base alle risultanze della visita, degli accertamenti e della valutazione del rischio, fermo restando che, qualora non prevista da specifica normativa, questa “..viene stabilita di norma in una volta l’anno” (art. 41, c. 2, lett. b).
Nel presente manuale verranno quindi presi in esame i rischi ed i relativi protocolli sanitari previsti nelle strutture INAIL (uffici e centri medico legali). Poiché non si tratta solo di rischi da “lavoro da ufficio” è ovvio che saranno ben più articolati di un protocollo legato solo al rischio da VDT. Per quanto riguarda il rischio “stress lavoro-correlato” a tutt’oggi si attendono le indicazioni della Commissione Consultiva Permanente per la Salute e Sicurezza sul Lavoro, come previsto nel D.Lgs. 81/08 e s.m.i., indicazioni, che dovevano essere emanate entro il 31.7.2010, ed in carenza delle quali si dovrà comunque procedere alla valutazione anche di questo rischio a decorrere dall’1.8.2010, termine prorogato al 31.12.2010 (Legge n. 122/2010).
INAIL 2010
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