Sentenza CGUE del 05 marzo 2024 - Causa C‑588/21 P
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Sentenza CGUE del 05 marzo 2024 - Causa C‑588/21 P / Accesso norme armonizzate è interesse pubblico prioritario - Giustificata la divulgazione
ID 21462 | 06.03.2024 / In allegato
La Corte di Giustizia Europea ritiene che ci sia un interesse pubblico prioritario nel concedere l’accesso alle norme europee armonizzate secondo il Regolamento 1049/2001, annullando pertanto, la decisione della Commissione Europea di rifiutare l’accesso alle norme richieste.
La Corte sentenzia che nella decisione controversa, esiste la sussistenza di un interesse pubblico prevalente, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, ultima parte di frase, del Regolamento 1049/2001, derivante dai principi dello Stato di diritto, di trasparenza, di apertura e di buon governo, e tale da giustificare la divulgazione delle norme armonizzate richieste (vedi a seguire / ndr), le quali fanno parte del diritto dell’Unione in virtù dei loro effetti giuridici.
EN 71-5:2015, Sicurezza dei giocattoli - Parte 5: Giochi chimici (set) esclusi i set sperimentali per chimica,
EN 71-4:2013, Sicurezza dei giocattoli - Parte 4: Set sperimentali per chimica e attività connesse,
EN 71-12:2013, Sicurezza dei giocattoli - Parte 12: N-nitrosammine e sostanze N-nitrosabili,
EN 12472:2005+A1:2009, Metodo per la simulazione dell’usura e della corrosione per la determinazione del rilascio di nichel da articoli ricoperti.
1 Con la loro impugnazione, la Public.Resource.Org Inc. e la Right to Know CLG chiedono l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 14 luglio 2021, Public.Resource.Org e Right to Know/Commissione (T‑185/19; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2021:445), recante il rigetto del loro ricorso diretto all’annullamento della decisione C(2019) 639 final della Commissione, del 22 gennaio 2019 (in prosieguo: la «decisione controversa»), mediante la quale la Commissione europea si è rifiutata di accogliere la loro domanda di accesso a quattro norme armonizzate adottate dal Comitato europeo di normazione (CEN).
Contesto normativo
Regolamento (CE) n. 1049/2001
2 L’articolo 1, lettere a) e b), del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43), rubricato «Obiettivo», è formulato come segue:
«L’obiettivo del presente regolamento è di:
a) definire i principi, le condizioni e le limitazioni, per motivi di interesse pubblico o privato, che disciplinano il diritto di accesso ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio [dell’Unione europea] e della Commissione (in prosieguo “le istituzioni”) sancito dall’articolo [15 TFUE] in modo tale da garantire l’accesso più ampio possibile;
b) definire regole che garantiscano l’esercizio più agevole possibile di tale diritto (...)
(...)».
3 L’articolo 2 di tale regolamento, rubricato «Destinatari e campo di applicazione», ai suoi paragrafi da 1 a 3 così dispone:
«1. Qualsiasi cittadino dell’Unione [europea] e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha un diritto d’accesso ai documenti delle istituzioni, secondo i principi, le condizioni e le limitazioni definite nel presente regolamento.
2. Secondo gli stessi principi, condizioni e limitazioni le istituzioni possono concedere l’accesso ai documenti a qualsiasi persona fisica o giuridica che non risieda o non abbia la sede sociale in uno Stato membro.
3. Il presente regolamento riguarda tutti i documenti detenuti da un’istituzione, vale a dire i documenti formati o ricevuti dalla medesima e che si trovino in suo possesso concernenti tutti i settori d’attività dell’Unione europea».
4 L’articolo 4 di tale regolamento, rubricato «Eccezioni», ai suoi paragrafi 1, 2 e 4 prevede quanto segue:
«1. Le istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela di quanto segue:
a) l’interesse pubblico, in ordine:
- alla sicurezza pubblica,
- alla difesa e alle questioni militari,
- alle relazioni internazionali,
- alla politica finanziaria, monetaria o economica della Comunità o di uno Stato membro;
b) la vita privata e l’integrità dell’individuo, in particolare in conformità con la legislazione comunitaria sulla protezione dei dati personali.
2. Le istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela di quanto segue:
- gli interessi commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresa la proprietà intellettuale,
- le procedure giurisdizionali e la consulenza legale,
- gli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile,
a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione.
(...)
4. Per quanto concerne i documenti di terzi, l’istituzione consulta il terzo al fine di valutare se sia applicabile una delle eccezioni di cui ai paragrafi 1 o 2, a meno che non sia chiaro che il documento può o non deve essere divulgato».
5 L’articolo 7 di tale regolamento, rubricato «Esame delle domande iniziali», al paragrafo 2 così dispone:
«Nel caso di un rifiuto totale o parziale, il richiedente può, entro 15 giorni lavorativi dalla ricezione della risposta dell’istituzione, chiedere alla stessa di rivedere la sua posizione, presentando una domanda di conferma».
6 L’articolo 12 del regolamento n. 1049/2001, rubricato «Accesso diretto sotto forma elettronica o attraverso il registro», al paragrafo 2 enuncia:
«In particolare, fatti salvi gli articoli 4 e 9, i documenti legislativi, vale a dire i documenti redatti o ricevuti nel corso delle procedure per l’adozione di atti giuridicamente vincolanti negli o per gli Stati membri, dovrebbero essere resi direttamente accessibili».
Regolamento (CE) n. 1367/2006
7 L’articolo 2 del regolamento (CE) n. 1367/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 settembre 2006, sull’applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni della convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (GU 2006, L 264, pag. 13), rubricato «Definizioni», al paragrafo 1, lettera d), punto i), prevede quanto segue
«Ai fini del presente regolamento si intende per:
(...)
d) “informazioni ambientali”: qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica o in qualunque altra forma materiale riguardante:
i) lo stato degli elementi dell’ambiente quali l’aria e l’atmosfera, l’acqua, il suolo, il territorio, il paesaggio e i siti naturali, comprese le zone umide, le zone costiere e marine, la biodiversità e le sue componenti, compresi gli organismi geneticamente modificati, nonché l’interazione fra questi elementi».
8 L’articolo 6 di tale regolamento, rubricato «Applicazione delle eccezioni relative alla richiesta di accesso alle informazioni ambientali», al paragrafo 1, prima frase, enuncia:
«Per quanto concerne l’articolo 4, paragrafo 2, primo e terzo trattino, del regolamento [n. 1049/2001], eccezion fatta per le indagini, in particolare quelle relative ad una possibile violazione della normativa comunitaria, si ritiene che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione qualora le informazioni richieste riguardino emissioni nell’ambiente».
9 Il punto 27 della tabella che figura all’allegato XVII del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un’Agenzia europea per le sostanze chimiche, che modifica la direttiva 1999/45/CE e che abroga il regolamento (CEE) n. 793/93 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 1488/94 della Commissione, nonché la direttiva 76/769/CEE del Consiglio e le direttive della Commissione 91/155/CEE, 93/67/CEE, 93/105/CE e 2000/21/CE (GU 2006, L 396, pag. 1, e rettifica in GU 2007, L 136, pag. 3), come modificato dal regolamento (CE) n. 552/2009 della Commissione, del 22 giugno 2009 (in prosieguo: il «regolamento n. 1907/2006»), dispone, per quanto riguarda le condizioni di restrizione del nickel, quanto segue:
«1. Non è consentito l’uso:
a) in tutti gli oggetti metallici che vengono inseriti negli orecchi perforati o in altre parti perforate del corpo umano, a meno che il tasso di cessione di nickel da tali oggetti metallici sia inferiore a 0,2 [microgrammi (μg)] / [centimetro quadrato (cm2)] per settimana (limite di migrazione);
b) in articoli destinati ad entrare in contatto diretto e prolungato con la pelle, quali:
- orecchini,
- collane, bracciali e catenelle, cavigliere, anelli,
- casse di orologi da polso, cinturini per orologi e chiusure di orologi,
- bottoni automatici, fermagli, rivetti, cerniere lampo e marchi metallici, se sono applicati agli indumenti,
se il tasso di cessione di nickel dalle parti di questi articoli che vengono a contatto diretto e prolungato con la pelle è superiore a 0,5 μ/g/cm2/settimana;
c) negli articoli di cui alla lettera b) se hanno un rivestimento senza nickel, a meno che tale rivestimento sia sufficiente a garantire che il tasso di cessione di nickel dalle parti di tali articoli che sono a contatto diretto e prolungato con la pelle non superi 0,5 μg/cm2/settimana per un periodo di almeno due anni di uso normale dell’articolo.
2. Gli articoli che sono oggetto del paragrafo 1 non possono essere immessi sul mercato se non sono conformi alle prescrizioni di tale paragrafo.
3. Le norme adottate dal [CEN] sono utilizzate come metodi di prova per dimostrare la conformità degli articoli ai paragrafi 1 e 2».
10 Ai sensi del considerando 5 del regolamento (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sulla normazione europea, che modifica le direttive 89/686/CEE e 93/15/CEE del Consiglio nonché le direttive 94/9/CE, 94/25/CE, 95/16/CE, 97/23/CE, 98/34/CE, 2004/22/CE, 2007/23/CE, 2009/23/CE e 2009/105/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la decisione 87/95/CEE del Consiglio e la decisione n. 1673/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2012, L 316, pag. 12):
«Le norme europee svolgono un ruolo molto importante nel mercato interno, ad esempio grazie all’uso di norme armonizzate nella presunzione di conformità dei prodotti da immettere sul mercato alle prescrizioni fondamentali relative a tali prodotti stabilite dalla pertinente legislazione dell’Unione sull’armonizzazione. Tali prescrizioni dovrebbero essere definite con precisione al fine di evitare errori di interpretazione da parte delle organizzazioni europee di normazione».
11 L’articolo 2 di tale regolamento, rubricato «Definizioni», al paragrafo 1, lettera c), enuncia:
«Ai fini del presente regolamento si intende per:
1) “norma”: una specifica tecnica, adottata da un organismo di normazione riconosciuto, per applicazione ripetuta o continua, alla quale non è obbligatorio conformarsi, e che appartenga a una delle seguenti categorie:
(...)
c) “norma armonizzata”: una norma europea adottata sulla base di una richiesta della Commissione ai fini dell’applicazione della legislazione dell’Unione sull’armonizzazione».
12 L’articolo 10 di detto regolamento, rubricato «Richieste di normazione alle organizzazioni europee di normazione», al paragrafo 1 prevede quanto segue:
«La Commissione può chiedere, entro i limiti delle competenze stabiliti nei trattati, a una o più organizzazioni europee di normazione di elaborare una norma europea o un prodotto della normazione europea entro una determinata scadenza. Le norme europee e i prodotti della normazione europea sono determinate dal mercato, tengono conto dell’interesse pubblico e degli obiettivi politici chiaramente specificati nella richiesta della Commissione e sono fondati sul consenso. La Commissione stabilisce i requisiti relativi al contenuto che il documento deve rispettare e un termine per la sua adozione».
13 L’articolo 11 del medesimo regolamento, rubricato «Obiezioni formali alle norme armonizzate», al paragrafo 1 così dispone:
«Qualora uno Stato membro o il Parlamento europeo ritenga che una norma armonizzata non soddisfi completamente le prescrizioni cui intende riferirsi e che sono stabilite dalla pertinente legislazione dell’Unione in materia di armonizzazione, esso ne informa la Commissione fornendo una spiegazione dettagliata e la Commissione, previa consultazione del comitato istituito dalla corrispondente legislazione dell’Unione in materia di armonizzazione, laddove esista, o previe altre forme di consultazione di esperti del settore, decide di:
a) pubblicare, di non pubblicare o di pubblicare con limitazioni i riferimenti alla norma armonizzata in questione sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea;
b) mantenere, di mantenere con limitazioni o di ritirare i riferimenti alla norma armonizzata in questione nella o dalla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea».
14 L’eventuale concessione di un finanziamento dell’Unione alle organizzazioni europee di normazione per le attività di normazione è disciplinata dall’articolo 15 del regolamento n. 1025/2012.
15 L’articolo 13 della direttiva 2009/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, sulla sicurezza dei giocattoli (GU 2009, L 170, pag. 1), rubricato «Presunzione di conformità», è così formulato:
«I giocattoli che sono conformi alle norme armonizzate o a parti di esse, i cui riferimenti sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, sono considerati conformi alle prescrizioni di cui all’articolo 10 e all’allegato II contemplati da tali norme o da parti di esse».
Fatti
16 I fatti all’origine della controversia, quali emergono dai punti da 1 a 4 della sentenza impugnata, sono i seguenti:
17 Le ricorrenti sono organizzazioni senza scopo di lucro la cui missione principale è quella di rendere il diritto liberamente accessibile a tutti i cittadini. Il 25 settembre 2018 esse hanno presentato presso la Direzione generale del mercato interno, dell’industria, dell’imprenditoria e delle PMI della Commissione, sulla base del regolamento n. 1049/2001 e del regolamento n. 1367/2006, una domanda di accesso a taluni documenti detenuti dalla Commissione (in prosieguo: la «domanda di accesso»).
18 La domanda di accesso riguardava quattro norme armonizzate adottate dal CEN ai sensi del regolamento n. 1025/2012, ossia la norma EN 71-5:2015, intitolata «Sicurezza dei giocattoli – Parte 5: Giochi chimici (set) esclusi i set sperimentali per chimica», la norma EN 71-4:2013, intitolata «Sicurezza dei giocattoli – Parte 4: Set sperimentali per chimica e attività connesse», la norma EN 71-12:2013, intitolata «Sicurezza dei giocattoli – Parte 12: N-nitrosammine e sostanze N-nitrosabili» e la norma EN 12472:2005+A 1:2009, intitolata «Metodo per la simulazione dell’usura e della corrosione per la determinazione del rilascio di nichel da articoli ricoperti» (in prosieguo: le «norme armonizzate richieste»).
19 Con lettera del 15 novembre 2018, la Commissione ha rifiutato di accogliere la domanda di accesso, sulla base dell’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001.
20 Il 30 novembre 2018 le ricorrenti hanno depositato, in forza dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001, una domanda di conferma presso la Commissione. Con la decisione controversa, la Commissione ha confermato il diniego di accesso alle norme armonizzate richieste.
Ricorso dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata
21 Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 28 marzo 2019, le ricorrenti hanno proposto un ricorso diretto all’annullamento della decisione controversa.
22 Con ordinanza del 20 novembre 2019, Public.Resource.Org e Right to Know/Commissione (T‑185/19, EU:T:2019:828), il CEN e quattordici organismi nazionali di normazione, segnatamente l’Asociación Española de Normalización (UNE), l’Asociaţia de Standardizare din România (ASRO), l’Association française de normalisation (AFNOR), l’Austrian Standards International (ASI), la British Standards Institution (BSI), il Bureau de normalisation/Bureau voor Normalisatie (NBN), il Dansk Standard (DS), il Deutsches Institut für Normung eV (DIN), il Koninklijk Nederlands Normalisatie Instituut (NEN), la Schweizerische Normen-Vereinigung (SNV), lo Standard Norge (SN), la Suomen Standardisoimisliitto ry (SFS), lo Svenska institutet för standarder (SIS) e l’Institut za standardizaciju Srbije (ISS) (in prosieguo, congiuntamente considerati: gli «intervenienti in primo grado»), sono stati ammessi ad intervenire nella causa T‑185/19 a sostegno delle conclusioni della Commissione.
23 A supporto del loro ricorso, le ricorrenti hanno sollevato due motivi. Con il primo motivo di ricorso, esse hanno addotto, in sostanza, che la Commissione era incorsa in errori di diritto e di valutazione nell’applicazione dell’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001, in quanto, da un lato, alle norme armonizzate richieste non era applicabile alcuna protezione in forza di un diritto d’autore e, dall’altro, non era stato accertato alcun pregiudizio agli interessi commerciali del CEN e dei suoi membri nazionali.
24 Con il secondo motivo di ricorso, le ricorrenti hanno addebitato alla Commissione di essere incorsa in errori di diritto in ordine all’assenza di un interesse pubblico prevalente ai sensi di tale articolo 4, paragrafo 2, ultima parte di frase, e di avere violato l’obbligo di motivazione, poiché essa aveva ritenuto che non vi fosse alcun interesse pubblico prevalente, ai sensi di tale disposizione, che giustificava la divulgazione delle norme armonizzate richieste e poiché essa non aveva sufficientemente motivato il suo rifiuto di riconoscere l’esistenza di un siffatto interesse pubblico prevalente.
25 In risposta al primo motivo di ricorso, il Tribunale, dopo aver ricordato, al punto 29 della sentenza impugnata, che il regolamento n. 1049/2001 mira a conferire al pubblico un diritto di accesso ai documenti delle istituzioni dell’Unione che sia il più ampio possibile e che, conformemente all’articolo 2, paragrafo 3, di tale regolamento, tale diritto riguarda tanto i documenti formati da dette istituzioni quanto quelli che esse ricevono da terzi, nozione che include qualsiasi persona giuridica, ha constatato, ai successivi punti 30 e 31, che detto diritto è sottoposto a determinati limiti fondati su ragioni di interesse pubblico o privato.
26 In primo luogo, riguardo all’eventuale pregiudizio alla tutela degli interessi commerciali in forza di un diritto d’autore sulle norme armonizzate richieste e all’idoneità di tali norme armonizzate ad essere protette da un diritto d’autore sebbene esse facciano parte del diritto dell’Unione, il Tribunale, ai punti da 40 a 43 della sentenza impugnata, ha considerato, in sostanza, che spettava all’autorità investita di una domanda di accesso a documenti provenienti da terzi individuare indizi oggettivi e concordanti idonei a confermare l’esistenza del diritto d’autore invocato dal terzo interessato.
27 A tal riguardo, il Tribunale ha considerato, ai punti 47 e 48 della sentenza impugnata, che la Commissione aveva potuto ritenere, senza con ciò incorrere in errore, che, nel caso di specie, le norme armonizzate in questione raggiungessero la soglia di originalità richiesta per costituire un’«opera», ai sensi della giurisprudenza, e per potersi quindi avvalere di suddetta protezione.
28 Inoltre, al punto 54 della sentenza impugnata il Tribunale ha dichiarato che le ricorrenti avevano torto nel sostenere che, poiché la Corte aveva stabilito, nella sentenza del 27 ottobre 2016, James Elliott Construction (C‑613/14, EU:C:2016:821), che tali norme facevano parte del «diritto dell’Unione», l’accesso a queste ultime avrebbe dovuto essere libero e gratuito, di modo che ad esse non sarebbe stata applicabile alcuna eccezione al diritto di accesso.
29 In secondo luogo, riguardo all’argomento vertente sull’assenza di protezione, in forza di un diritto d’autore, delle norme armonizzate richieste, in mancanza di «creazione intellettuale personale», ai sensi della giurisprudenza della Corte, necessaria per poter beneficiare di una siffatta protezione, il Tribunale ha sostanzialmente considerato, al punto 59 della sentenza impugnata, che tale argomento non era sufficientemente suffragato.
30 In terzo luogo, relativamente all’esistenza di un errore di valutazione della questione dell’eventuale lesione di interessi commerciali protetti, ai punti 65 e 66 della sentenza impugnata il Tribunale ha sottolineato che la vendita di norme costituisce una componente essenziale del modello economico adottato da tutti gli organismi di normazione. Atteso che la Commissione poteva legittimamente ritenere che le norme armonizzate richieste formassero oggetto di una protezione conferita da un diritto d’autore, in forza della quale esse erano accessibili agli interessati esclusivamente previo pagamento di taluni diritti, la loro divulgazione gratuita sulla base del regolamento n. 1049/2001 era idonea a pregiudicare in modo concreto ed effettivo gli interessi commerciali del CEN e dei suoi membri nazionali. Il Tribunale ha aggiunto, al punto 71 di tale sentenza, che il fatto che le organizzazioni europee di normazione contribuissero alla realizzazione di missioni di interesse pubblico fornendo servizi di certificazione relativi alla conformità alla legislazione applicabile non cambiava affatto il loro status di entità private esercenti un’attività economica.
31 Di conseguenza, al punto 74 della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto integralmente il primo motivo di ricorso.
32 Il secondo motivo di ricorso era suddiviso in tre parti.
33 Per quanto riguarda la terza parte di tale motivo di ricorso, vertente su una insufficiente motivazione del rifiuto della Commissione di riconoscere la sussistenza di un interesse pubblico prevalente, il Tribunale ha anzitutto rilevato, al punto 86 della sentenza impugnata, che, nella decisione controversa, la Commissione aveva indicato che la sentenza del 27 ottobre 2016, James Elliott Construction (C‑613/14, EU:C:2016:821) non creava alcun obbligo di pubblicazione proattiva delle norme armonizzate nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, né tantomeno stabiliva automaticamente un interesse pubblico prevalente alla loro divulgazione. Di seguito, ai punti 87 e 88 della sentenza impugnata, il Tribunale ha altresì rilevato che la Commissione aveva confutato le affermazioni delle ricorrenti relative agli obblighi di trasparenza in materia ambientale, reputati di interesse pubblico prevalente rispetto a quello alla tutela degli interessi commerciali di una persona fisica o giuridica, e che la stessa aveva aggiunto di non essere stata in grado di individuare alcun interesse pubblico prevalente che giustificasse una tale divulgazione. Infine, al punto 91 della sentenza impugnata, il Tribunale ha aggiunto che, sebbene la Commissione fosse tenuta ad esporre i motivi che giustificavano l’applicazione al caso di specie di una delle eccezioni previste dal regolamento n. 1049/2001, essa non era tuttavia tenuta a fornire informazioni che andassero al di là di quanto necessario affinché il richiedente l’accesso comprendesse le ragioni da cui era scaturita la sua decisione e il Tribunale potesse controllare la legittimità di tale decisione.
34 In ordine alla sussistenza di un interesse pubblico prevalente che esige un libero accesso alla legge, il Tribunale ha constatato, in primo luogo, ai punti da 99 a 101 della sentenza impugnata, che, nel caso di specie, le ricorrenti miravano a sottrarre interamente la categoria delle norme armonizzate all’applicabilità del regime di eccezioni sostanziali istituito dal regolamento n. 1049/2001, senza tuttavia argomentare le ragioni concrete che avrebbero giustificato la divulgazione delle norme armonizzate richieste né spiegare in che misura la divulgazione di tali norme avrebbe dovuto prevalere sulla tutela degli interessi commerciali del CEN o dei suoi membri nazionali.
35 In secondo luogo, l’interesse pubblico a garantire il buon funzionamento del sistema europeo di normazione, il cui obiettivo è quello di promuovere la libera circolazione delle merci, garantendo al contempo un livello minimo di sicurezza equivalente in tutti i paesi europei, prevarrebbe sulla garanzia dell’accesso libero e gratuito alle norme armonizzate.
36 In terzo luogo, il regolamento n. 1025/2012 prevedrebbe espressamente un regime di pubblicazione limitato ai riferimenti delle norme armonizzate e consente l’accesso a pagamento a tali norme per le persone che intendano beneficiare della presunzione di conformità ad esse collegata.
37 In quarto luogo, il Tribunale ha dichiarato, ai punti 104 e 105 della sentenza impugnata, che nella decisione controversa la Commissione aveva considerato, senza con ciò commettere errori, che non sussisteva alcun interesse pubblico prevalente che giustificasse la divulgazione delle norme armonizzate richieste ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, ultima parte di frase, del regolamento n. 1049/2001. Al punto 107 di tale sentenza il Tribunale ha aggiunto che, oltre al fatto che le ricorrenti non avevano indicato la fonte esatta di un «principio costituzionale» che postulerebbe un accesso libero e gratuito alle norme armonizzate, esse non avevano in alcun modo spiegato perché tali norme dovessero essere soggette all’obbligo di pubblicità e di accessibilità connesso ad una «legge», considerato che tali norme non sono vincolanti, producono gli effetti giuridici ad esse connessi esclusivamente nei confronti delle persone interessate e possono essere consultate gratuitamente in alcune biblioteche degli Stati membri.
38 Per quanto riguarda la sussistenza di un interesse pubblico prevalente derivante dall’obbligo di trasparenza in materia ambientale, il Tribunale ha dichiarato, al punto 119 della sentenza impugnata, che tanto la convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, firmata ad Aarhus il 25 giugno 1998 ed approvata a nome della Comunità europea con la decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005 (GU 2005, L 124, pag. 1), quanto il regolamento n. 1367/2006 prevedono l’accesso del pubblico all’informazione in materia ambientale, dietro domanda oppure nell’ambito di una diffusione attiva da parte delle autorità e delle istituzioni interessate. Nondimeno, poiché tali autorità e istituzioni possono rifiutare una domanda di accesso all’informazione qualora essa rientri nell’ambito di applicazione di talune eccezioni, dette autorità e dette istituzioni non sarebbero tenute a diffondere attivamente tale informazione.
39 Il Tribunale ne ha tratto la conclusione, al punto 129 di tale sentenza, che le norme armonizzate richieste non erano ascrivibili alla sfera delle informazioni riguardanti emissioni nell’ambiente e non potevano, dunque, beneficiare dell’applicazione della presunzione di cui all’articolo 6, paragrafo 1, prima frase, di detto regolamento, secondo la quale si presume che la divulgazione di norme di tale natura presenti un interesse pubblico prevalente, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001.
40 Di conseguenza, al punto 130 della sentenza impugnata il Tribunale ha respinto integralmente il secondo motivo di ricorso, nonché il ricorso stesso.
Domande delle parti in sede di impugnazione
41 Con la loro impugnazione, le ricorrenti chiedono che la Corte voglia:
– annullare la sentenza impugnata e accordare l’accesso alle norme armonizzate richieste;
– in subordine, rinviare la causa dinanzi al Tribunale, e
– condannare la Commissione alle spese.
42 La Commissione e gli intervenienti in primo grado chiedono che la Corte voglia:
– respingere l’impugnazione, e
– condannare le ricorrenti alle spese.
Sulla domanda diretta alla riapertura della fase orale del procedimento
43 Con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 17 agosto 2023, gli intervenienti hanno chiesto la riapertura della fase orale del procedimento, ai sensi dell’articolo 83 del regolamento di procedura della Corte.
44 A sostegno della loro domanda, essi fanno valere che le conclusioni dell’avvocato generale, presentate il 22 giugno 2023, sottendono numerose ipotesi non suffragate da fatti, se non addirittura erronee, che richiederebbero quantomeno una discussione più approfondita. Inoltre, essi ritengono che un dibattito approfondito sia tanto più necessario in quanto l’avvocato generale si è fondato su ipotesi inesatte e l’approccio dal medesimo adottato nelle sue conclusioni, in particolare quello secondo cui «il sistema di normazione dell’Unione non richiede effettivamente un accesso a pagamento alle norme tecniche armonizzate per funzionare», crea un rischio per il funzionamento di tale sistema.
45 Ai sensi dell’articolo 83 del suo regolamento di procedura, la Corte, sentito l’avvocato generale, può disporre in qualsiasi momento la riapertura della fase orale del procedimento, in particolare se essa non si ritiene sufficientemente edotta oppure quando, dopo la chiusura di tale fase, una parte ha prodotto un fatto nuovo, tale da influenzare in modo determinante la decisione della Corte, oppure quando la causa dev’essere decisa in base a un argomento che non è stato oggetto di discussione tra le parti o gli interessati menzionati dall’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.
46 Nel caso di specie, ciò non si verifica. Infatti, gli intervenienti in primo grado e la Commissione hanno esposto, in sede di udienza, la loro valutazione del quadro fattuale della controversia. In particolare, essi hanno avuto l’occasione di esprimere il loro punto di vista sulla presentazione dei fatti quale figura nella sentenza impugnata e nell’impugnazione, nonché di precisare i motivi per i quali, a loro avviso, il sistema europeo di normazione richiede un accesso a pagamento alle norme armonizzate richieste. Pertanto, la Corte considera, sentito l’avvocato generale, di disporre di tutti gli elementi necessari per statuire.
47 Peraltro, riguardo all’argomento secondo cui le conclusioni dell’avvocato generale conterrebbero orientamenti che comportano un rischio per il funzionamento del sistema europeo di normazione, occorre ricordare che né lo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea né il regolamento di procedura prevedono la facoltà per le parti interessate di depositare osservazioni in risposta alle conclusioni presentate dall’avvocato generale (sentenza del 25 ottobre 2017, Polbud – Wykonawstwo, C‑106/16, EU:C:2017:804, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).
48 Infatti, in forza dell’articolo 252, secondo comma, TFUE, l’avvocato generale ha il compito di presentare pubblicamente, con assoluta imparzialità e in piena indipendenza, conclusioni motivate sulle cause che, conformemente allo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, richiedano il suo intervento. La Corte, a tal riguardo, non è vincolata né dalle conclusioni dell’avvocato generale né dalla motivazione sottostante. Di conseguenza, il disaccordo di una parte interessata con le conclusioni dell’avvocato generale, quali che siano le questioni da esso ivi esaminate, non può costituire, di per sé, un motivo che giustifichi la riapertura della fase orale del procedimento (sentenza del 4 settembre 2014, Vnuk, C‑162/13, EU:C:2014:2146, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).
49 Alla luce delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene di non dover disporre la riapertura della fase orale del procedimento.
Sull’impugnazione
50 A sostegno dell’impugnazione, le ricorrenti sollevano due motivi. Il primo motivo d’impugnazione verte su un errore di diritto che il Tribunale avrebbe commesso quando ha dichiarato che le norme armonizzate richieste rientrano nell’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001, volta a tutelare gli interessi commerciali di una determinata persona fisica o giuridica, ivi compresa la proprietà intellettuale. Il secondo motivo d’impugnazione verte su un errore di diritto in ordine all’esistenza di un interesse pubblico prevalente, ai sensi di detto articolo 4, paragrafo 2, ultima parte di frase, alla divulgazione di tali norme.
51 È opportuno esaminare anzitutto il secondo motivo d’impugnazione.
Argomentazione delle parti
52 Con il secondo motivo d’impugnazione, le ricorrenti fanno valere che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nel dichiarare che non sussisteva alcun interesse pubblico prevalente, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, ultima parte di frase, del regolamento n. 1049/2001, alla divulgazione delle norme armonizzate richieste.
53 In primo luogo, le ricorrenti sostanzialmente addebitano al Tribunale di aver considerato, ai punti da 98 a 101 della sentenza impugnata, che esse non avevano dimostrato le ragioni specifiche atte a giustificare la loro domanda di accesso, a titolo della sussistenza di un interesse pubblico prevalente alla divulgazione delle norme armonizzate richieste.
54 A tal riguardo, esse fanno valere, anzitutto, che le norme armonizzate richieste fanno parte del diritto dell’Unione, il quale deve essere liberamente accessibile. Esse sostengono poi che tali norme riguardano questioni fondamentali per i consumatori, vale a dire la sicurezza dei giocattoli. Infine, esse sostengono che siffatte norme sono altresì molto importanti per i produttori e per tutti gli altri partecipanti alla catena di approvvigionamento, poiché sussiste una presunzione, quanto ai prodotti di cui trattasi, di conformità alla normativa dell’Unione, presunzione applicabile laddove siano soddisfatti i requisiti previsti da tali norme.
55 In secondo luogo, le ricorrenti addebitano al Tribunale di aver commesso, ai punti 102 e 103 della sentenza impugnata, un errore di diritto nel considerare che l’interesse pubblico di garantire la funzionalità del sistema europeo di normazione prevalga sulla garanzia dell’accesso libero e gratuito alle norme armonizzate.
56 Inoltre, secondo le ricorrenti, la funzionalità del sistema europeo di normazione non rientra nell’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001, che riguarda unicamente la tutela degli interessi commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresa la proprietà intellettuale. Considerando che l’interesse pubblico di garantire la funzionalità del sistema europeo di normazione rientra nell’ambito di applicazione di tale disposizione, il Tribunale avrebbe erroneamente creato un’eccezione non prevista dal regolamento in parola.
57 In terzo luogo, le ricorrenti addebitano al Tribunale di aver commesso un errore di diritto, ai punti 104 e 105 della sentenza impugnata, nel convalidare la valutazione della Commissione secondo cui la sentenza del 27 ottobre 2016, James Elliott Construction (C‑613/14, EU:C:2016:821), non creerebbe alcun obbligo di pubblicazione proattiva delle norme armonizzate nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, né tantomeno stabilirebbe automaticamente un interesse pubblico prevalente alla loro divulgazione.
58 A tal riguardo, le norme armonizzate richieste dovrebbero essere considerate come documenti legislativi, dato che la loro procedura di adozione costituirebbe un caso di delega normativa «controllata». In particolare, i riferimenti a tali norme sarebbero pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea e la Commissione imporrebbe agli Stati membri di adottare ciascuna norma armonizzata come norma nazionale senza modifiche, entro un termine di sei mesi. Inoltre, la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea avrebbe per effetto di conferire ai prodotti rientranti nella normativa dell’Unione e che soddisfano i requisiti tecnici definiti nelle norme armonizzate il beneficio di una presunzione di conformità alla normativa dell’Unione.
59 In quarto luogo, le ricorrenti invocano un errore di diritto commesso dal Tribunale, al punto 107 della sentenza impugnata, quando ha indicato che le norme armonizzate producono gli effetti giuridici ad esse collegati unicamente nei confronti dei soggetti interessati. Infatti, tale conclusione sarebbe in contrasto con la giurisprudenza della Corte secondo cui le norme armonizzate fanno parte del diritto dell’Unione.
60 La Commissione, sostenuta dagli intervenienti in primo grado, replica, innanzitutto, che l’argomentazione delle ricorrenti è talmente generica da potersi applicare a qualsiasi domanda di divulgazione relativa ad una norma armonizzata.
61 Per quanto riguarda le motivazioni specificamente dedotte dalle ricorrenti, la Commissione rileva, in primis, che, sebbene le norme armonizzate richieste facciano effettivamente parte del diritto dell’Unione, ciò non significa che esse debbano essere liberamente accessibili. In secundis, in ordine al fatto che tali norme riguarderebbero questioni fondamentali per i consumatori, essa rileva che siffatto argomento è troppo generico per prevalere sulle ragioni che giustificano il rifiuto di divulgare i documenti di cui trattasi. In tertiis, l’interesse che le norme armonizzate rivestono per i produttori e gli altri partecipanti alla catena di approvvigionamento ai fini del loro accesso al mercato interno non può essere qualificato come interesse pubblico prevalente che giustifichi la divulgazione di tali norme.
62 Inoltre, essa fa valere che un accesso libero e gratuito alle norme armonizzate avrebbe effetti sistemici sugli intervenienti in primo grado, sui loro diritti di proprietà intellettuale e sui loro redditi commerciali. A tal riguardo, il sistema europeo di normazione non potrebbe funzionare senza un accesso a pagamento a tali norme, cosicché sarebbe applicabile l’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001. In ogni caso, non sussisterebbe alcun interesse pubblico prevalente che giustifichi la divulgazione di tali norme.
63 Infine, la Commissione precisa che le norme armonizzate sono elaborate non già nel corso di procedure legislative, bensì sulla base di un mandato conferito dalla Commissione a un organismo di normazione in seguito all’adozione di un atto legislativo. Inoltre, una volta adottate da un organismo di normazione, le norme armonizzate dovrebbero essere recepite negli ordinamenti giuridici nazionali dai membri nazionali di tale organismo e conformemente alle norme procedurali interne di quest’ultimo. In ogni caso, l’accesso diretto previsto all’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001 sarebbe parimenti soggetto all’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, di detto regolamento.
64 Di conseguenza, la Commissione ritiene che il secondo motivo d’impugnazione debba essere respinto.
Giudizio della Corte
65 Con il secondo motivo d’impugnazione, le ricorrenti fanno valere, in sostanza, che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nel dichiarare che nessun interesse pubblico prevalente, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, ultima parte di frase, del regolamento n. 1049/2001, giustificava la divulgazione delle norme armonizzate richieste. A loro avviso, sussiste, in forza del principio dello Stato di diritto, che impone il libero accesso al diritto dell’Unione, un interesse pubblico prevalente che giustifica un accesso a tali norme per tutte le persone fisiche o giuridiche che risiedano o abbiano sede in uno Stato membro, per il motivo che tali norme fanno parte del diritto dell’Unione.
66 In via preliminare, occorre ricordare che il diritto di accesso ai documenti delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione, a prescindere dal loro supporto, è garantito a qualsiasi cittadino dell’Unione e a qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro dall’articolo 15, paragrafo 3, TFUE nonché dall’articolo 42 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»). L’esercizio di tale diritto, per quanto riguarda l’accesso ai documenti del Parlamento, del Consiglio e della Commissione, è disciplinato dal regolamento n. 1049/2001, il quale, ai sensi del suo articolo 1, mira, in particolare, a «definire i principi, le condizioni e le limitazioni» di tale diritto, «in modo tale da garantire l’accesso più ampio possibile», e a «definire regole che garantiscano l’esercizio più agevole possibile [del medesimo] diritto».
67 L’articolo 2, paragrafo 1, di tale regolamento prevede specificamente un diritto d’accesso ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione. In forza del successivo paragrafo 2, dette istituzioni possono, secondo gli stessi principi, condizioni e limitazioni, concedere l’accesso ai documenti a qualsiasi persona fisica o giuridica che non risieda o non abbia la sede sociale in uno Stato membro.
68 Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino e ultima parte di frase, del regolamento in parola, tali istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela degli interessi commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresa la proprietà intellettuale, a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione.
69 Risulta, quindi, dal tenore di tale disposizione che l’eccezione ivi prevista non è applicabile quando un interesse pubblico prevalente giustifichi la divulgazione del documento in questione.
70 A tal riguardo, occorre in primo luogo ricordare che la Corte ha già dichiarato che una norma armonizzata, adottata sul fondamento di una direttiva ed i cui riferimenti siano stati oggetto di una pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, rientra nel diritto dell’Unione, in virtù dei suoi effetti giuridici (v., in tal senso, sentenza del 27 ottobre 2016, James Elliott Construction, C‑613/14, EU:C:2016:821, punto 40).
71 In particolare, sotto un primo profilo, la Corte ha già giudicato che le norme armonizzate possono essere rese opponibili ai singoli in generale a condizione di essere state a loro volta oggetto di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (v., in tal senso, sentenza del 22 febbraio 2022, Stichting Rookpreventie Jeugd e a., C‑160/20, EU:C:2022:101, punto 48).
72 Sotto un secondo profilo, riguardo alla procedura di elaborazione delle norme armonizzate, occorre rilevare che essa è stata stabilita dal legislatore dell’Unione nel regolamento n. 1025/2012 e che, conformemente alle disposizioni di cui al capo III di tale regolamento, la Commissione svolge un ruolo centrale nel sistema europeo di normazione.
73 Si deve pertanto rilevare, al pari dell’avvocato generale ai paragrafi da 23 a 31 delle sue conclusioni, che, sebbene l’elaborazione di tali norme sia affidata a un organismo di diritto privato, solo la Commissione ha il potere di richiedere l’elaborazione di una norma armonizzata al fine di attuare una direttiva o un regolamento. Ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 1, ultima frase, del regolamento n. 1025/2012, essa stabilisce i requisiti relativi al contenuto che la norma armonizzata di cui è chiesta l’elaborazione deve rispettare e un termine per la sua adozione. Detta elaborazione è supervisionata dalla Commissione, che provvede altresì a un finanziamento ai sensi dell’articolo 15 del medesimo regolamento. Conformemente all’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), di detto regolamento, essa decide di pubblicare, di non pubblicare o di pubblicare con limitazioni i riferimenti alla norma armonizzata in questione sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
74 Sotto un terzo profilo, benché il regolamento n. 1025/2012 preveda, al suo articolo 2, punto 1, che il rispetto delle norme armonizzate non è obbligatorio, i prodotti che rispettano tali norme beneficiano, come risulta dal considerando 5 di tale regolamento, di una presunzione di conformità alle prescrizioni fondamentali relative a tali prodotti stabilite dalla pertinente legislazione dell’Unione sull’armonizzazione. Questo effetto giuridico, conferito da tale legislazione, costituisce una delle caratteristiche essenziali di dette norme e le rende uno strumento essenziale per gli operatori economici, ai fini dell’esercizio del diritto alla libera circolazione dei beni o dei servizi nel mercato dell’Unione.
75 Più in particolare, agli operatori economici può risultare difficile, se non impossibile, ricorrere ad un procedimento diverso da quello della conformità a tali norme, come ad esempio una perizia individuale, tenuto conto delle difficoltà amministrative e dei costi aggiuntivi che ne risultano (v., in tal senso, sentenza del 12 luglio 2012, Fra.bo, C‑171/11, EU:C:2012:453, punti 29 e 30).
76 Di conseguenza, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 43 delle sue conclusioni, quando una legislazione dell’Unione prevede che il rispetto di una norma armonizzata dia luogo a una presunzione di conformità alle prescrizioni fondamentali di tale legislazione, ciò significa che qualsiasi persona fisica o giuridica che intenda contestare utilmente tale presunzione in relazione a un determinato prodotto o servizio deve dimostrare che quest’ultimo non soddisfa tale norma o che detta norma è inadeguata.
77 Nel caso di specie, tre delle quattro norme armonizzate richieste, ossia la norma EN 71-5: 2015, intitolata «Sicurezza dei giocattoli – Parte 5: Giochi chimici (set) esclusi i set sperimentali per chimica», la norma EN 71-4:2013, intitolata «Sicurezza dei giocattoli – Parte 4: Set sperimentali per chimica e attività connesse», la norma EN 71-12:2013, intitolata «Sicurezza dei giocattoli – Parte 12: N-nitrosammine e sostanze N-nitrosabili», si riferiscono alla direttiva 2009/48. I loro riferimenti sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 13 novembre 2015 (GU 2015, C 378, pag. 1). Conformemente all’articolo 13 di tale direttiva, i giocattoli che sono stati prodotti nel rispetto di tali norme godono della presunzione di conformità alle prescrizioni contemplate da tali norme.
78 Per quanto concerne la norma EN 12472:2005+A 1:2009, intitolata «Metodo per la simulazione dell’usura e della corrosione per la determinazione del rilascio di nichel da articoli ricoperti», essa si riferisce al regolamento n. 1907/2006.
79 Orbene, anche se, come risulta dal punto 74 della presente sentenza, il rispetto delle norme armonizzate non è, in linea generale, obbligatorio, nel caso di specie, tale norma è manifestamente obbligatoria, giacché il regolamento n. 1907/2006 prevede, al punto 27, paragrafo 3, della tabella che figura all’allegato XVII di quest’ultimo, che, per quanto riguarda il nichel, le norme adottate dal CEN sono utilizzate come metodi di prova per dimostrare la conformità dei prodotti di cui trattasi ai paragrafi 1 e 2 di tale punto 27.
80 Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve dichiarare, conformemente alla giurisprudenza ricordata al punto 70 della presente sentenza, che le norme armonizzate richieste fanno parte del diritto dell’Unione.
81 In secondo luogo, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 52 delle sue conclusioni, l’articolo 2 TUE dispone che l’Unione si fonda sul principio dello Stato di diritto, il quale esige un libero accesso al diritto dell’Unione per tutte le persone fisiche o giuridiche dell’Unione, nonché la possibilità, per i singoli, di conoscere senza ambiguità i propri diritti e obblighi (sentenza del 22 febbraio 2022, Stichting Rookpreventie Jeugd e a., C‑160/20, EU:C:2022:101, punto 41 e giurisprudenza ivi citata). Tale libero accesso deve in particolare consentire a ogni persona che una legge mira a tutelare di verificare, nei limiti consentiti dal diritto, che i destinatari delle norme stabilite da tale legge si conformino effettivamente a queste ultime.
82 In tal senso, in virtù degli effetti che le riconosce una legislazione dell’Unione, una norma armonizzata è idonea a specificare diritti conferiti ai singoli nonché obblighi ad essi incombenti e tali specificazioni possono essere loro necessarie per verificare se un determinato prodotto o servizio sia effettivamente conforme alle prescrizioni di una siffatta legislazione.
83 In terzo luogo, occorre ricordare che il principio di trasparenza è inscindibilmente connesso al principio di apertura, che è sancito dall’articolo 1, secondo comma, e dall’articolo 10, paragrafo 3, TUE, dall’articolo 15, paragrafo 1, e dall’articolo 298, paragrafo 1, TFUE nonché dall’articolo 42 della Carta. Esso permette, in particolare, di garantire una maggiore legittimità, efficienza e responsabilità dell’amministrazione nei confronti dei cittadini in un sistema democratico (v., in tal senso, sentenza del 22 febbraio 2022, Stichting Rookpreventie Jeugd e a., C‑160/20, EU:C:2022:101, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).
84 A tal fine, un diritto di accesso ai documenti è garantito in forza dell’articolo 15, paragrafo 3, primo comma, TFUE e sancito dall’articolo 42 della Carta, e tale diritto è stato attuato, segnatamente, dal regolamento n. 1049/2001, il cui articolo 2, paragrafo 3, prevede che esso si applichi a tutti i documenti detenuti dal Parlamento, dal Consiglio o dalla Commissione (v., in tal senso, sentenza del 22 febbraio 2022, Stichting Rookpreventie Jeugd e a., C‑160/20, EU:C:2022:101, punto 36).
85 In tali circostanze, si deve constatare che vi è un interesse pubblico prevalente, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, ultima parte di frase, del regolamento n. 1049/2001, che giustifica la divulgazione delle norme armonizzate richieste.
86 Pertanto, il Tribunale ha commesso un errore di diritto nel dichiarare, ai punti 104 e 105 della sentenza impugnata, che nessun interesse pubblico prevalente giustificava, ai sensi di tale disposizione, la divulgazione delle norme armonizzate richieste.
87 Di conseguenza, si deve accogliere il secondo motivo d’impugnazione e, senza che occorra esaminare il primo motivo d’impugnazione, annullare la sentenza impugnata.
Sul ricorso dinanzi al Tribunale
88 Ai sensi dell’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, quando l’impugnazione è accolta, la Corte annulla la decisione del Tribunale. In tal caso, essa può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta. È quanto si verifica nel caso di specie.
89 Come risulta dai punti da 65 a 87 della presente sentenza, la Commissione avrebbe dovuto riconoscere, nella decisione controversa, la sussistenza di un interesse pubblico prevalente, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, ultima parte di frase, del regolamento n. 1049/2001, derivante dai principi dello Stato di diritto, di trasparenza, di apertura e di buon governo, e tale da giustificare la divulgazione delle norme armonizzate richieste, le quali fanno parte del diritto dell’Unione in virtù dei loro effetti giuridici.
90 Ciò posto, occorre annullare la decisione impugnata.
Fonte: CURIA
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