EN 14255-3 | Valutazione del rischio da radiazione solare
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EN 14255-3 | Valutazione del rischio da radiazione solare
ID 11049 | 23.06.2020
Il presente documento riporta i modelli di valutazione basati sulla norma tecnica EN 14255:3:2008 per la valutazione dell’esposizione al rischio da radiazione solare per la pelle e per gli occhi soffermandosi sul metodo per la determinazione dei fattori di esposizione. Il metodo, che non richiede conoscenze particolari, può essere applicato a specifiche condizioni in termini di luogo e clima.
Note e allegati sul rischio da radiazione solare / UV:
- Global Solar UV Index - a practical guide WHO 2002
- La radiazione solare ultravioletta - un rischio per i lavoratori all'aperto ISPESL 2004
- Exposur to carcinogens and work related cancer - A review of assessment methods EU OSHA 2014
- La radiazione solare ultravioletta - un rischio per i lavoratori all’aperto | INAIL 2016
- Monographs 100D IARC 2012
- Rischio da radiazione solare ultravioletta nei lavoratori outdoor RT 2013
- Occupational exposure to solar ultraviolet radiation and skin cancer | Indini S. 2018
Le persone possono essere esposte alle radiazioni ultraviolette (UV) emesse da fonti artificiali o naturali. La più importante fonte naturale per l'esposizione alle radiazioni UV è il sole. In base a diversi fattori come la posizione geografica, la stagione, l’ora del giorno, l’altitudine, la nuvolosità e fattori individuali come l'abbigliamento, il tempo trascorso all'aperto può comportare una significativa esposizione ai raggi UV al sole.
L'esposizione alle radiazioni ultraviolette del sole è di notevole importanza per la salute. L'esposizione ai raggi UV può produrre effetti sulla salute sia benefici che dannosi. La produzione di vitamina D è riconosciuta come un effetto benefico ma danni agli occhi ed alla pelle possono essere causati da esposizione a radiazioni UV di breve durata ma alta intensità.
La norma tecnica EN 14255:3:2008 descrive le procedure per la misurazione o la stima e la valutazione delle esposizioni solari UV.
Ai fini della radioprotezione non è sempre necessario determinare esattamente l’esposizione personale. Spesso è sufficiente una valutazione più generale del livello di esposizione ai raggi UV solari. L’indice UV è uno dei metodi per poter effettuare la valutazione.
L'indice UV è stato concepito nell'ottica di aumentare la consapevolezza della popolazione sui rischi di una eccessiva esposizione alla radiazione solare ed è stato sviluppato nell'ambito di una collaborazione tra l'Organizzazione Mondiale della Sanità, il Programma per l'ambiente delle Nazioni Unite (UNEP), l'Organizzazione Meteorologica Mondiale e la Commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non-ionizzanti (ICNIRP).
I metodi di calcolo e le segnalazioni dell'indice UV variavano da paese a paese, ma un unico indice è stato standardizzato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e ha sostituito i diversi metodi regionali. L'indice UV internazionale si basa su un metodo di calcolo uniforme ed inoltre su colori e grafica standard per carta stampata.
Tabella 1 - Scala cromatica internazionale
Fig. 1 – Tipologia di protezioni | Simboli OMS
L'indice UV è di solito determinato per un'area ampia pertanto l'esposizione UV solare locale può variare a causa di copertura nuvolosa diversa e altri motivi. Quindi la valutazione locale e individuale dell'esposizione deve essere ai raggi UV adattata di conseguenza.
Un approccio simile si basa sulla determinazione dei fattori di esposizione della pelle e degli occhi. Permette una approssimativa stima locale dell'esposizione ai raggi UV. Poiché non si basa su misurazioni, l'incertezza può essere maggiore di una stima basata sull'indice UV. Tuttavia, questo metodo prende in considerazione fattori locali (copertura nuvolosa, albedo) e fattori individuali (abbigliamento e misure protettive).
La valutazione dei rischi specifica per esposizione a radiazioni ottiche naturali è necessaria in tutti i casi in cui il processo lavorativo o la mansione comportino una significativa esposizione del lavoratore alla radiazione solare.
Articolo 28 - Oggetto della valutazione dei rischi
1. La valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell'accordo europeo dell'8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nonché quelli connessi alle differenze di genere, all'età, alla provenienza da altri Paesi.
2. Il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), redatto a conclusione della valutazione, deve avere data certa e contenere:
a) una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attività lavorativa, nella quale siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa;
b) l'indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati, a seguito della valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a);
c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza;
d) l'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell'organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri;
e) l'indicazione del nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o di quello territoriale e del medico competente che ha partecipato alla valutazione del rischio;
f) l'individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento.
3. Il contenuto del documento di cui al comma 2 deve altresì rispettare le indicazioni previste dalle specifiche norme sulla valutazione dei rischi contenute nei successivi titoli del presente decreto.
I raggi solari devono essere considerati a tutti gli effetti un rischio di natura professionale per tutti i lavoratori che lavorano all’aperto. La permanenza al sole per un periodo più o meno prolungato, specie se la pelle non è abbronzata, può provocare la comparsa dell’eritema solare: arrossamento della pelle, spesso accompagnato da bruciore e/o gonfi ore della zona interessata. Se l’esposizione è stata particolarmente intensa possono anche comparire ustioni. Oltre a questi fenomeni, la prolungata esposizione ai raggi solari è responsabile dell’invecchiamento precoce e di malattie, anche gravi, quali diversi tipi di tumore cutaneo, a carico della pelle. Non tutti abbiamo la stessa pelle ed è importante sapere a quale fototipo apparteniamo: più basso è il fototipo e maggiore sarà il rischio di malattie della pelle a seguito di una lunga e non protetta esposizione ai raggi solari. Devono porre particolare attenzione all’esposizione solare - I soggetti con fototipo basso Come proteggersi? - Organizzare l’orario di lavoro, quando è possibile, per evitare l’esposizione nelle ore in cui i raggi solari sono più dannosi (dalle 11 alle 15 oppure, con l’ora legale, dalle 12 alle 16). In questa fascia oraria privilegiare le attività che si svolgono all’interno, riservando quelle all’esterno per gli orari mattutini e serali Infine, non dimentichiamo che
- Chi assume farmaci. Alcuni farmaci, infatti, possono provocare reazioni allergiche potenziate dall’esposizione solare (quindi consigliamo di chiedere al medico curante se, durante l’assunzione del farmaco, è sconsigliata l’esposizione al sole e di leggere sempre il foglietto illustrativo)
- Cercare di sfruttare le zone di ombra prodotte da alberi o costruzioni vicine
- Consumare i pasti e sostare durante le pause in luoghi ombreggiati
- Indossare un cappello a tesa larga e circolare (almeno 8 cm), proteggeremo così anche orecchie, naso e collo
- Essere sempre ben coperti sul corpo, anche quando fa caldo: abiti larghi, leggeri e di colore chiaro che non ostacolino i movimenti, accollati, con maniche lunghe e pantaloni lunghi. Mai lavorare a dorso nudo!
- Usare gli occhiali da sole per proteggere gli occhi
- Prima di esporsi al sole, fare uso di creme solari ad alta protezione sulle parti scoperte (braccia, dorso delle mani, viso, naso, collo, orecchie, eccetera)
- Neve, ghiaccio, acqua, sabbia e cemento riflettono la luce solare, aumentando i raggi solari nocivi
- L’intensità dei raggi solari varia con le stagioni, con le aree geografi che e con l’altitudine
- Anche quando il cielo è nuvoloso siamo esposti a radiazioni solari. Vento e nuvole riducono la sensazione di calore, ma non il rischio di scottature
- Bisogna proteggersi anche in inverno e non solo d’estate
- Il vetro blocca quasi totalmente i raggi solari nocivi
Aspetti generali
I raggi solari sono per lo più costituiti da radiazioni ottiche – energia radiante compresa in un’ampia regione dello spettro elettromagnetico che include le radiazioni ultraviolette (UVR), visibili (luce) e infrarosse – benché siano presenti radiazioni con lunghezza d’onda superiore e inferiore; le lunghezze d’onda delle UVR si trovano nel range di 100-400 nm e sono suddivise in ordine decrescente in UVA, UVB, e UVC. La componente UV delle radiazioni terrestri emesse dal sole è composta al 95% da UVA e al 5% da UVB.
Radiazione solare UV
Il sole è la principale fonte di esposizione agli UV ma, con l’avvento delle fonti artificiali di UVR, le opportunità di ulteriori esposizioni è aumentata. La radiazione ottica proveniente dal sole è sostanzialmente modificata durante il suo passaggio attraverso l’atmosfera terrestre in quanto è assorbita e diffusa da vari costituenti dell’atmosfera (per es. molecole d’aria, in particolare ossigeno e nitrogeno, aerosol e particelle di polvere e dall’inquinamento atmosferico). L’irradianza solare totale e il relativo contributo delle differenti lunghezze d’onda variano con l’altitudine. Le nuvole posso attenuare la radiazione solare, ma esse agiscono solo parzialmente sulla componente UVR. La riflessione della luce solare prodotta da determinate superfici può contribuire significativamente all’ammontare totale di radiazioni UV [1].
Effetti biologici degli UV: fotocarcinogenesi
Gli UV penetrano nella cute in una modalità lunghezza d’onda-dipendente:gli UVA, meno energetici, penetrano profondamente fino al derma, gli UVB sono quasi del tutto assorbiti dall’epidermide. Gli UVA causano prevalentemente fotoaging cutaneo (elastosi solare) per deterioramento delle fibre del derma e sono molto meno cancerogeni se comparati agli UVB. Tuttavia, gli UVA sono assorbiti da cromofori endogeni diversi dal DNA e generano radicali liberi dell’ossigeno (ROS) attraverso una reazione di fotosensibilizzazione indiretta. Il bersaglio principale dei ROS nel DNA è la guanina con formazione prevalentemente di 8-ossi-7,8-diidro-2-deossiguanosina (la più frequente lesione del DNA UVA indotta). Gli UVA inducono anche la formazione di dimeri di pirimidine, hanno effetti immunosoppressivi e riducono l’arresto del ciclo cellulare.
Gli UVB hanno un effetto mutageno diretto sul DNA; sono assorbiti direttamente dal DNA con formazione di fotoprodotti del DNA (dimeri ciclobutano-pirimidina e fotoprodotti 6-4-pirimidina-pirimidone). Tali alterazioni portano a distorsioni al DNA che inibiscono le polimerasi durante la trascrizione e/o la replicazione del DNA durante la divisione cellulare. Quando non riparate, queste lesioni possono portare a mutazioni caratteristiche nelle sequenze del DNA, le cosiddette “UV-signature mutation” perché, teoricamente, nessun altro mutageno induce tali mutazioni[2].
Le cellule hanno specifici meccanismi di difesa per individuare i dimeri di pirimidina per la successiva riparazione, alcune patologie (es. xeroderma pigmentoso) possono portare a sviluppo di carcinomi cutanei multipli poiché c’è un difetto nel sistema di riparazione per escissione dei nucleotidi; anche in soggetti con normali sistemi di riparazione del DNA alcuni dimeri non vengono corretti, portando infine a mutazioni permanenti del DNA[3].
Il danno al DNA può portare a mutazioni in regolatori cellulari chiave e altri geni essenziali (ad es. in più del 90% di tutti i carcinomi squamocellulari cutanei e approssimativamente nel 50% dei carcinomi basocellulari sono state riscontrate mutazioni nel gene onco-soppressore p53). A seguito del mancato funzionamento degli onco-soppressori e/o alla eccessiva espressione di geni proto-oncogeni può svilupparsi un fenotipo cellulare mutato con accumulo di mutazioni aggiuntive che portano a crescita e differenziazione cellulari incontrollate, esitando infine in carcinoma cutaneo[2].
Radiazione solare UV e carcinoma cutaneo
L’esposizione alla radiazione solare ultravioletta è classificata dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) come cancerogeno di gruppo 1 associato con il più elevato livello di causalità per carcinoma cutaneo, sia melanoma che non melanoma. I carcinomi cutanei non melanoma (NMSC, Non Melanoma Skin Cancer) comprendono i carcinomi squamocellulari (SCC, squamous cell carcinoma) e i carcinomi bacocellulari (BCC, basal cell carcinoma)[4]. Questi ultimi due carcinomi sono fortemente associati con le radiazioni solari nella popolazione caucasica mediante l’accumulo di danno solare cutaneo cronico (es. presenza di cheratosi attiniche, invecchiamento) ed episodi acuti di danno solare cutaneo (es. scottature multiple, specialmente in giovane età)[1].
UV e carcinoma cutaneo: origine professionale
Revisioni sistematiche e meta-analisi hanno dimostrato che i lavoratori esposti professionalmente a UV hanno un rischio aumentato del 43% per BCC e del 77% per SCC comparato con la popolazione media, con un rischio crescente a latitudini decrescenti[4].
Secondo il CAREX, la radiazione ultravioletta solare rappresenta l’agente fisico per cui c’è più frequentemente esposizione in Unione Europea. Dal 1990 al 1993 circa 9 milioni di lavoratori regolari “outdoor” in 15 Stati Membri sono stati esposti alla luce solare. L’esposizione è stata particolarmente frequente nell’agricoltura (2,5 milioni di esposti) e nell’edilizia (2,1 milioni di esposti)[5].
Nel 2005, secondo i dati di prevalenza delle esposizioni occupazionali a cancerogeni in Italia, l’esposizione alle alle radiazioni solari (700.000 esposti) era la secondo posto dopo quella al fumo di tabacco ambientale (800.000 esposti)[6].
L’esposizione “intermittente”, che vagamente si identificava con altro tipo di attività ad alta intensità di esposizione sole, come l’abbronzatura, le attività ricreative all’esterno e vacanze in climi soleggiati, hanno mostrato generalmente associazioni positive (da moderate a forti) per l’insorgenza di melanoma; tuttavia, esposizioni “croniche” o “più continuative”, generalmente identificate con l’esposizione occupazionale, generalmente hanno mostrato associazione debole, nulla o negativa[1].
Valutazione del rischio da radiazioni UV
La valutazione del rischio da UV solari per i lavoratori esposti è difficoltosa per varie ragioni: prima di tutto, l’esposizione solare durante il lavoro può variare in base a diversi fattori come il clima, l’ora del giorno, la stagione, la latitudine,…; secondariamente non c’è un’adeguata reazione dose-effetto tra esposizione e foto-induzione di patologie, così come non è possibile determinare una dose soglia per l’esposizione a UVR correlata al rischio di induzione tumorale; inoltre, il rischio cutaneo all’esposizione a raggi solari può essere influenzato da fattori individuali (es. fototipo, storia familiare) e attività ricreative (es. abbronzatura, lampade abbronzanti); infine altri fattori occupazionali possono causare patologie cutanee simili a quelle fotoindotte (es. idrocarburi policiclici aromatici, radiazioni ionizzanti)[7].
Seppure risulta classificata dalla IARC come cancerogeno di gruppo 1, la radiazione solare non è stata inserita nella lista degli agenti cancerogeni e mutageni sul lavoro dalla Direttiva 2004/37/EC (Direttiva 2004/37/EC del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29 Aprile 2004 e successive modifiche e integrazioni sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro).
Ad ogni modo, la valutazione del rischio derivante da ogni agente fisico dovrebbe essere effettuata in accordo con quanto decretato dalla Direttiva 89/391/EEC (Direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro). Per la valutazione e la prevenzione del rischio da esposizione a raggi solari durante le attività lavorative all’aperto, si consiglia di fare riferimento al documento ICNIRP 14/2007 “Protezione dei lavoratori dalle Radiazioni Ultraviolette”; un metodo semplificato basato su tali criteri è disponibile online sul sito “PORTALE AGENTI FISICI” realizzato dal Laboratorio di Sanità Pubblica dell’Azienda Sanitaria USL Toscana Sud Est (ex Azienda USL 7 Siena) con la collaborazione dell’INAIL e dell’Azienda USL di Modena[8].
VR Pelle
Un approccio differente implica l’utilizzo dell’UV Index (UVI) come misura del livello di radiazioni UV. L’UVI è stato sviluppato dall’ Organizzazione Mondiale della Sanità, il Programma per l’ambiente delle Nazioni Unite (UNEP) e l’Organizzazione Meteorologica Mondiale. Il valore dell’Indice varia da zero in su, più l’indice è alto, maggiore è il potenziale di danno per occhio e cute e inferiore è il tempo necessario affinché si verifichi il danno[9].
Un sopralluogo per valutare l’ambiente di lavoro e una raccolta dei dati riguardanti l’orario, le pratiche e le procedure di lavoro possono fornire elementi utili sul rischio da radiazioni UV.
L’esposizione ambientale a UVR dipende da vari fattori quali latitudine, tempo (copertura nuvolosa), altitudine, ora del giorno e riflessione superficiale. L’esposizione personale dipende da tali fattori oltre che dalla frequenza e dalla intensità dell’esposizione, dalle attività lavorative svolte, dalla disponibilità e utilizzo dell’ombra, nonché da altri fattori comportamentali. Ampie variazioni dei livelli di esposizione si verificano anche in condizioni atmosferiche identiche[10].
Potrebbe essere appropriato utilizzare dosimetri per quantificare l’esposizione personale.
Ad ogni modo, la valutazione del rischio da esposizione a UV deve includere anche la valutazione di fattori individuali, quindi i dati anamnestici personali (fototipo, farmaci, comorbidità, familiarità) che dovrebbero essere raccolti insieme a quelli ambientali che andrebbero misurati o stimati per ciascun lavoratore.
Strategie di prevenzione dei tumori cutanei di origine occupazionale
La fonte di UV non può essere rimossa o sostituta da alternative meno pericolose, quindi bisogna ricorrere a misure preventive tecniche, organizzative e personali. Le misure tecniche possono consistere nel fornire ombra (strutture con zone d’ombra, alberi, cabine per trattori) per limitare l’esposizione solare diretta sia durante le attività lavorative anche durante i pasti e le pause. Le misure organizzative includono politiche di protezione solare sul posto di lavoro, informazione e formazione del personale e programmazione delle attività di lavoro per ridurre al minimo l’esposizione durante gli orari in cui gli UV sono più intensi.
Infine deve essere raccomandato l’impiego di misure protettive personali (vestiti, cappelli a tesa larga con protezione al collo, occhiali da sole) e l’applicazione di schermi solari sulla cute esposta[7].
Molti studi hanno dimostrato che le misure protettive contro i raggi solari sono spesso inadeguate per i lavoratori “outdoor”. Il fattore più importante che garantisce l’effettiva protezione dagli UV solari è il comportamento personale, per tale ragione il successo delle strategie di prevenzione dei carcinomi cutanei dipende ampiamente dall’accettazione delle misure protettive dai lavoratori esposti a elevate dosi di radiazioni UV di origine naturale.
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EN 14255-3
1. Procedure EN 14255-3
Esistono diverse procedure che possono essere applicate per determinare e valutare le esposizioni a radiazioni UV personali causate dal sole:
- valutazione del rischio mediante l'indice UV solare;
- determinazione del fattore di esposizione cutanea;
- calcolo delle esposizioni alle radiazioni solari in base ai parametri geografici;
- misurazione dell'esposizione termica effettiva He;
- misurazione dell'esposizione radiante al carcinoma cutaneo non melanoma Hnmsc;
- misure e valutazioni in accordo alla norma EN 14255-1.
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2. Determinazione del fattore di esposizione cutanea
La determinazione del fattore di esposizione cutanea di basa su una serie di fattori che influenzano quantitativamente l’esposizione della pelle e degli occhi all’aperto.
fSE (skin exposure factor) = f1 x f2 x f3 x f4 x f5 x f6
Tabella 3 – Coefficienti di valutazione del rischio di esposizione solare della pelle
Tabella 4 – Raccomandazioni per la protezione della pelle
Il fattore di esposizione oculare non è stato adottato dalla norma EN 14255-3 in quanto potrebbe non essere sufficiente a garantire un grado di protezione adeguato in caso di esposizione ai raggi UV-A
Fig. 2 – Tipologia raggi UV
La guida “Protecting Workers from Ultraviolet Radiation” ILO/ICNIRP/WHO 2007 (ICNIRP 14/2007) riporta due metodi per la valutazione del rischio da radiazione solare in caso di esposizione di pelle e occhi che si basano sulla determinazione di fattori specifici. La valutazione del rischio da radiazione solare in caso di esposizione di pelle ICNIRP 14/2007 è identica a quella della norma EN 14255-3.
Fig. 3 – Linee Guida/Standard per la determinazione dei fattori di esposizione
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segue in allegato
Fonti
EN 14255-3:2008
Guide: Protecting workers from ultraviolet radiation. ILO/ICNIRP/WHO 2007
Global Solar UV Index - a practical guide WHO 2002
La radiazione solare ultravioletta - un rischio per i lavoratori all’aperto
Certifico Srl - IT | Rev. 0.0 2020
©Copia autorizzata Abbonati
Collegati
Worklimate | Esposizione occupazionale al caldo
Portale Agenti Fisici - INAIL
Indicazioni operative protezione agenti fisici luoghi di lavoro
Atti XXV Congresso Nazioneale AIRM: Radiazioni e tumori
Linee guida prevenzione oncologica cancerogeni occupazionali | RT 2016
Exposure to carcinogens and work-related cancer: A review of assessment methods
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EN 14255_3 Valutazione rischio da radiazione solare Rev. 00 2020.pdf Certifico Srl - Rev. 00 2020 |
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Global Solar UV Index - a practical guide WHO 2002.pdf WHO 2002 |
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La radiazione solare ultravioletta - un rischio per i lavoratori all'aperto ISPESL 2004.pdf ISPESL 2004 |
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Exposur to carcinogens and work related cancer - A review of assessment methods EU-OSHA 2014.pdf EU OSHA 2014 |
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La radiazione solare ultravioletta - un rischio per i lavoratori all’aperto INAIL.pdf INAIL 2016 |
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Monographs 100D IARC.pdf IARC 2012 |
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Rischio da radiazione solare ultravioletta nei lavoratori outdoor RT 2013.pdf RT 2013 |
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Occupational exposure to solar ultraviolet radiation and skin cancer - Indini S. 2018.pdf Indini S. 2018 |
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