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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 25816 | 07 Giugno 2018

ID 16477 | | Visite: 1622 | Cassazione Sicurezza lavoroPermalink: https://www.certifico.com/id/16477

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 4 del 07 Giugno 2018 n. 25816

Estrema genericità sia del documento di valutazione dei rischi, sia del POS

Sez. QUARTA PENALE, Sentenza n.25816 del 07/06/2018
udienza del 18/01/2018
Presidente BLAIOTTA ROCCO MARCO 
Relatore MICCICHE' LOREDANA 

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, a seguito di giudizio abbreviato, ha affermato la responsabilità di G.D., A.A. e M.A. in ordine al reato di cui agli artt. 113, 81 e 589 c.p..
1.1. La sentenza è stata parzialmente riformata in punto di pena dalla Corte d'Appello di Messina che ha rideterminato la condanna inflitta a G.D.. Agli imputati si è contestato di aver cagionato per colpa la morte dei lavoratori G.P. e D.G., vittime di infortunio nell'esecuzione dei lavori di revisione e manutenzione straordinaria dei corpi illuminanti del molo di (OMISSIS), lavori appaltati dalla Autorità Portuale e aggiudicati alla società E. F. di G.D. e C sas, di cui l'imputato G.D. era socio accomandatario e A.A. socio accomandante. Il M., addetto all'Ufficio del Genio civile di Palermo, era stato chiamato a rispondere quale direttore dei lavori.
1.2. Secondo la ricostruzione dei fatti, il (OMISSIS) i due operai, incaricati di procedere alla sostituzione dei corpi illuminanti posti su un palo dell'illuminazione di altezza di circa 30 metri (cd. torre - faro) avevano abbassato l'altezza del suddetto palo a 2,50 m. Mentre erano intenti a lavorare su una scala a forbice, smontati i fari da sostituire, a causa di un non corretto utilizzo del meccanismo di contrappeso che consentiva abbassamento e l'innalzamento del palo, dovuto alla assoluta mancanza di informazione circa il regolare funzionamento del sistema, avevano provocato la caduta del contrappeso con conseguente immediato innalzamento ed "effetto a molla" del palo. I due lavoratori, rimasti aggrappati alla sommità del palo, erano stati quindi violentemente sbalzati a notevole distanza, precipitando e riportando lesioni che li conducevano a morte immediata. Agli imputati si era rimproverato, in punto di colpa specifica, la violazione del D.Lgs. n. 626 del 1994, artt. 4, 22 e 35, per non aver valutato i rischi della lavorazione e non aver fornito ai lavoratori le informazioni necessarie per eseguire i lavori cui erano addetti e, altresì, per non aver previsto l'adozione di dispositivi di protezione individuale (cinture di sicurezza e dispositivi anticaduta). Al M., direttore dei lavori incaricato dalla committente Autorità portuale, si è invece contestato di non aver illustrato alla ditta appaltatrice il funzionamento del meccanismo "a bilancia" inserito all'interno del palo, che ne regolava la movimentazione verso il basso e verso l'alto. Il M., dipendente del Genio Civile - Opere marittime per la Sicilia, aveva redatto il progetto dei lavori di manutenzione straordinaria del porto di (OMISSIS) per incarico della Autorità portuale di M., e risultava nominato Direttore dei lavori con dichiarazione del dirigente del Genio Civile. Il lavoratore
G.P. era dipendente della A. C. S.r.l., cui la società appaltatrice E. F. aveva affidato un incarico di collaborazione nei lavori di manutenzione della banchina portuale, mentre l'altro lavoratore, D.G., era dipendente della appaltatrice E. F..
2. Il Tribunale, richiamata la normativa antinfortunistica all'epoca vigente e, in particolare, gli specifici obblighi in capo al committente di cui al D.Lgs. n. 494 del 1996 e, per gli appalti pubblici, del D.P.R. n. 554 del 1999, rilevava, in primo luogo, una assoluta carenza dei progetti della committenza circa la compiuta descrizione delle opere da eseguire, nonchè la mancata predisposizione del piano di sicurezza e coordinamento e di un documento progettuale valutativo dei rischi specifici dei lavori di manutenzione della torre - faro. Rilevava poi che il geometra M. risultava, in base a tutti i documenti dell'appalto, anche quale direttore tecnico, oltre che direttore dei lavori e che, in tale veste, aveva specifici compiti di controllo dei lavori e di informazione in ordine ai rischi connessi alla movimentazione della torre - faro; per di più, avendo predisposto il progetto in ordine alla realizzazione delle opere, avrebbe dovuto mettere a disposizione i documenti progettuali della cd torre faro, senza contare sulla asserita specializzazione della Ditta appaltatrice; al contrario, egli stesso aveva ammesso di non essere stato neppure presente per la gran parte della esecuzione dei lavori. Veniva poi affermata la responsabilità del datore di lavoro G.D., legale rappresentante della società E. F., per omessa valutazione del rischio da caduta in ordine ai lavori da eseguire sulla torre - faro e per mancata predisposizione e fornitura ai lavoratori dei presidi di sicurezza. Affermava poi la responsabilità anche dell'A., socio accomandante, ritenendo accertato il compimento, da parte di quest'ultimo, delle attività di gestione della società e dell'assunzione, pertanto, del ruolo di amministratore di fatto e quindi del ruolo datoriale; inoltre, il predetto rivestiva - su espressa delega conferita da parte del socio accomandatario G.D., risultante dal POS - anche la qualifica di direttore tecnico del cantiere.
3. La Corte d'Appello di Messina confermava la sentenza di primo grado, ribadendo la configurabilità delle posizioni di garanzia del legale rappresentante della E. F. D.G. e dell'A., amministratore di fatto e direttore tecnico del cantiere, ribadendo la violazione, da parte di questi ultimi, della normativa antinfortunistica, anche sotto il profilo della mancata acquisizione della documentazione inerente al funzionamento delle torri - faro, della mancata previsione dei rischi della relativa lavorazione del documento di valutazione rischi; nella formazione e informazione dei lavoratori. Quanto al M., la Corte territoriale, nell'argomentare in ordine ai motivi di appello inerenti all'erronea attribuzione della qualifica di direttore dei lavori e, comunque, di una posizione di garanzia, - richiamata la formale lettera di nomina, considerava che il D.P.R. n. 554 del 1999, art. 127 attribuisce al direttore dei lavori la funzione di coordinatore per l'esecuzione dei lavori previsti dalla normativa sulla sicurezza. Ribadiva altresì che il M. era in possesso dei requisiti previsti dalla legge, in quanto perfettamente a conoscenza delle regole di funzionamento delle torri-faro; che egli rispondeva, in qualità di direttore dei lavori nominato dalla committente, per mancato rilascio del know-how ricadente nella sua sfera di controllo, circa le modalità di funzionamento dei pali di illuminazione del porto, come da egli stesso ammesso (il M. aveva infatti dichiarato di aver custodito presso il proprio ufficio i grafici di funzionamento della torre - faro; e risultava inoltre che egli era in possesso del libretto di manutenzione e non aveva mai visionato il piano di sicurezza predisposto dal datore di lavoro). Inoltre, egli era in grado di accorgersi della assoluta inesistenza delle misure di sicurezza, senza poter fare affidamento sulle capacità specialistiche della impresa appaltatrice.
4. Avverso la sentenza della Corte d'Appello di hanno proposto ricorso per cassazione, a mezzo del difensore di fiducia, tutti e tre i coimputati.
5. M.A. lamenta, con il primo motivo, violazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 494 del 1996, artt. 2 a 10, nonchè D.P.R. n. 124 del 1999, artt. 125 e 127, D.P.R. n. 34 del 2000, art. 26. Al M. era stata contestata una condotta omissiva colposa consistita nel non aver spiegato alla E. f. l'esatto funzionamento del c.d. meccanismo "a bilancia" delle torri - faro. Invece, si era da tempo chiarito, anche in giurisprudenza, che il direttore dei lavori per conto del committente non può essere chiamato a rispondere dell'osservanza di norme antinfortunistiche, a meno che non sia accertata una sua diretta ingerenza nell'organizzazione del cantiere o nell'esercizio di fatto delle funzioni di garante per la sicurezza. Orbene, la stessa contestazione, formulata in termini di condotta omissiva, escludeva che fosse addebitabile di fatto una condotta commissiva costituita dall'ingerenza del M. nella organizzazione del cantiere e nella vigilanza sul rispetto della normativa antinfortunistica.
Erroneamente, poi, i giudici di merito avevano riconosciuto che il M. avrebbe ricoperto una posizione di garanzia in quanto "direttore tecnico" e "coordinatore per l'esecuzione"; funzioni che, invece, non erano mai state ricoperte dal ricorrente. Invero, in applicazione del principio generale vigente in tema di sicurezza sul lavoro, per l'attribuzione di responsabilità è necessaria una piena dimostrazione della assunzione delle funzioni integranti una posizione di garanzia e che le deleghe devono essere formali ed effettive; la normativa vigente all'epoca (precisamente, il D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 3, comma 4) prevede una espressa designazione, da parte del committente del coordinatore per l'esecuzione: certamente, dunque, l'assunzione dei compiti di direttore dei lavori non implicava alcun automatismo circa il rivestire anche la qualifica di coordinatore per l'esecuzione, con i correlati obblighi in materia di sicurezza. L'insussistenza di automatismi è altresì ricavabile dalla lettura sistematica del complesso normativo di riferimento, e precisamente laddove si richiede, ai sensi del D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 10, il possesso di determinati requisiti. Il necessario possesso dei requisiti soggettivi esclude certamente che la designazione quale coordinatore per l'esecuzione possa discendere in via automatica dalla posizione di direttore dei lavori in virtù del D.P.R. n. 554 del 1999, art. 127. L'interpretazione illustrata è avvalorata dalla nuova formulazione della norma, sostituita nel nuovo testo del regolamento approvato con il D.P.R. n. 207 del 2010, secondo cui le funzioni "possono" essere svolte dal direttore dei lavori, se provvisto dei requisiti previsti dalla normativa. Nel caso in esame, non risulta certamente alcun atto di nomina da parte del committente e del responsabile dei lavori di un coordinatore per l'esecuzione dei lavori, funzione, dunque, che non è mai stata assunta dal M.. Per di più, in ogni caso non si sarebbe resa necessaria la nomina del coordinatore, in quanto, contrariamente a quanto affermato dai giudici di merito, nell'area di cantiere non lavoravano più imprese. La Corte territoriale aveva confuso la presenza di più lavorazioni in tutta l'area portuale, in si svolgevano i più svariati lavori, con l'area del cantiere E. F., in cui operava soltanto la predetta impresa. In più, la sentenza era del tutto erronea avendo sommato, in capo al M., le qualifiche di direttore dei lavori e di direttore tecnico (di cui al D.P.R. n. 554 del 1999, art. 125), figure, tra loro, del tutto incompatibili, in quanto il direttore lavori è nominato dalla committenza e il direttore tecnico, che ha specifiche competenze in materia di sicurezza, è invece emanazione della impresa appaltatrice. Invero, nel caso di questione (e di ciò danno atto i giudici di merito) il ruolo di direttore tecnico era rivestito dal coimputato A.. Infine, la Corte messinese aveva operato una inammissibile equiparazione e assimilazione tra la posizione del committente, del responsabile dei lavori e del direttore tecnico, posizione, quest'ultima nettamente distinta e non assimilabile alle prime due in ordine all'essere destinatario degli obblighi di sicurezza.
6. Con il secondo motivo deduce il ricorrente manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione. La sentenza impugnata aveva, da un lato, escluso che il M. avesse trasmesso alla impresa appaltatrice le nozioni in ordine al funzionamento del meccanismo della torre - faro, dallo stesso possedute, e, dall'altro, aveva affermato che "risultava accertato che al momento della consegna dei lavori il M. aveva visionato insieme agli appaltatori grafici relativi al funzionamento delle torri - faro (pag. 12 sentenza di appello).
7. Con il terzo motivo si denuncia vizio di travisamento della prova.
La Corte territoriale aveva affermato che il M. fosse in possesso del libretto di manutenzione della torre faro, circostanza che, invece, era stata esclusa dalle acquisizioni probatorie processuali. Infine, con l'ultimo motivo, articolato in via subordinata in caso di mancato accoglimento dei primi due, si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al ritenuto nesso di causalità tra l'omissione e l'evento. Dall'esame del CT del PM era emerso che il cartello rinvenuto ai piedi del palo riportava precise istruzioni di funzionamento, perfettamente comprensibili da parte di qualsiasi "profano" e del personale specializzato della ditta appaltatrice. La verificazione del sinistro, dunque, non poteva certo ricollegarsi alla asserita omissione riguardo alla trasmissione delle informazioni inerenti al funzionamento del meccanismo delle torri faro da parte del M..
8. Propongono altresì ricorso, a mezzo dei difensori di fiducia, A.A. e G.D..
9. Con il primo motivo, i ricorrenti denunciano manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione. In totale contrasto con le chiare risultanze dell'istruttoria espletata, i giudici di merito avevano affermato la sussistenza di un rapporto di lavoro tra le vittime e la E. F., mentre emergeva che il D. fosse un libero professionista che aveva redatto, su incarico della società, il Piano Operativo Sicurezza, mentre il G. P. era dipendente di altra società, la AMP. Del tutto contraddittoria era la motivazione anche ove aveva escluso il comportamento abnorme delle vittime che avrebbero avuto tutto il tempo di scendere dalla torre faro prima che questa iniziasse raggiungesse l'altezza dalla quale erano precipitati. Inoltre, i giudici di merito avevano del tutto ignorato i precisi obblighi della committenza in tema di sicurezza, posto che era l'Autorità portuale la proprietaria della torre faro e unica conoscitrice dei meccanismi di funzionamento che aveva omesso di illustrare alla impresa appaltatrice, cui non aveva neppure consegnato il libretto di manutenzione, come ampiamente emerso dalle risultanze istruttorie analiticamente elencate. Inoltre, non sussisteva la violazione addebitata circa la mancata fornitura dei dispositivi di protezione, atteso che il lavoro da eseguire non rientrava nel novero dei lavori in quota e che non era insicuro l'utilizzo della scala a forbice, in considerazione del limitato livello di rischio e della breve durata di impiego.
10. Con il secondo motivo, lamentano i ricorrenti la mancata assunzione di prova decisiva consistente nella mancata disposizione di una perizia per risolvere i contrasti tra i CT del pubblico ministero e della difesa; nonchè per disporre l'escussione del teste ing. D., che aveva redatto parere pro veritate.
11. Con il terzo motivo, si deduce violazione di legge, essendo erroneo il calcolo del termine di prescrizione, poichè la norma che ha introdotto il raddoppio dei termini per gli omicidi colposi commessi in violazione della normativa antinfortunistica era successiva alla data dei fatti.
12. Con l'ultimo motivo, infine, i ricorrenti censurano la pronuncia impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche, concesse invece al coimputato M., che, a differenza di ricorrenti, incensurati, aveva invece riportato precedenti penali. In più, manifestamente illogico ed errato era il ragionamento della Corte territoriale che aveva fondato il giudizio sulla mera scelta processuale dei ricorrenti, rimasti contumaci.

Motivi della decisione

1. Il ricorso di M.A. in relazione alla posizione di garanzia è fondato, e deve pertanto trovare accoglimento nei termini di seguito specificati. Diversamente, devono rigettarsi i ricorsi dei coimputati G.D. e A.A..
2. E' opportuna una generale ricapitolazione delle posizioni di garanzia operanti nella normativa della prevenzione contro gli infortuni sul lavoro in materia di appalti, con particolare riferimento alla disciplina degli appalti pubblici. Le considerazioni che seguono, sebbene riferite alla normativa vigente ratione temporis per il caso odierno, trovano sostanziale conferma anche nel regime attualmente vigente, che ha operato una risistemazione ed una più ordinata organizzazione del materiale normativo preesistente, recependo le consolidate elaborazioni giurisprudenziali.
2.1. Nel sistema del lavoro in appalto, è all'appaltatore che debbono essere riferite le disposizioni sugli obblighi propri del datore di lavoro e dei soggetti da costui eventualmente delegati, a norma, essenzialmente, del D.Lgs. n. 626 del 1994 e, con specifico riferimento al settore edilizio, del D.Lgs. n. 494 del 1996 (oggi sostituiti dal D.Lgs. n. 81 del 2008). E' invero l'impresa appaltatrice che di fatto svolge i lavori, realizza i cantieri, mette a disposizione attrezzature e manodopera.
2.2. Tanto premesso, va rammentato che il datore di lavoro, oltre ad essere il primo destinatario del generale obbligo di sicurezza di cui all'art. 2087 c.c., in quanto garante dell'incolumità fisica dei prestatori di lavoro (Sez. 4, n. 4361 del 21 ottobre 2014, Ottino, Rv. 263200), è tenuto, a norma del D.Lgs. n. 626 del 1994, artt. 3 e 4 (oggi meglio delineati dal D.Lgs. n. 81 del 2008, artt. 17 e 18) alla redazione del documento di valutazione dei rischi (Sez. 4, n. 45808 del 27 giugno 2017, Catrambone ed altro, Rv. 271079), del piano operativo di sicurezza (Sez. 4, n. 31304 del 19 aprile 2013, Giorgi, Rv. 255953), nonchè alla nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP). Si tratta di obblighi non delegabili, tranne che in presenza di rischi particolarmente complessi e specifici che richiedano la presenza di un soggetto altamente specializzato. Ad ogni modo, il conferimento a terzi della delega relativa alla redazione dei suddetti documenti non esonera il datore di lavoro dall'obbligo di verificarne l'adeguatezza e l'efficacia (Sez. 4, n. 27295 del 2 dicembre 2016, Furlan, Rv. 270355; Sez. 4, n. 22147 del 11 febbraio 2016, Morini, Rv. 266859).
E' inoltre sempre sul datore di lavoro che grava il fondamentale obbligo di formazione ed informazione dei lavoratori (Sez. 4, n. 39765 del 19 maggio 2015, Vallani, Rv. 265178; Sez. 4, n. 21242 del 12 febbraio 2014, Nogherot, Rv. 259219). L'ampiezza e la natura dei poteri è ora anche indirettamente definita dal D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 16 che, con riferimento alla delega di funzioni, si occupa del potere di organizzazione, gestione, controllo e spesa.
2.3. Accanto alla figura del datore di lavoro si pongono il dirigente e il preposto. Come acutamente osservato, con considerazioni che qui si ripropongono (S.U., 24 aprile 2014, n.38343, Espenhahn) il dirigente costituisce il livello di responsabilità intermedio: è colui che attua le direttive del datore di lavoro, organizzando l'attività lavorativa e vigilando su di essa, in virtù di competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli. Infine, il preposto, è colui che sovraintende alle attività, attua le direttive ricevute controllandone l'esecuzione, sulla base e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'Incarico. Per ambedue le ultime figure occorre tener conto da un lato dei poteri gerarchici e funzionali che costituisco: base e limite della responsabilità; e dall'altro del ruolo di vigilanza e controllo. Si può dire, in breve, che si tratta di soggetti la cui sfera di responsabilità è conformata sui poteri di gestione e controllo di cui concretamente dispongono.
2.3. Con riferimento specifico all'obbligo di nominare l'RSPP, occorre ribadire che gli obblighi di vigilanza e di controllo gravanti sul datore di lavoro non vengono meno con la nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, il quale ha una funzione di ausilio diretta a supportare e non a sostituire il datore di lavoro nell'individuazione dei fattori di rischio nella lavorazione, nella scelta delle procedure di sicurezza e nelle pratiche di informazione e di formazione dei dipendenti (Sez. 4, n. 50605 del 5 aprile 2013, Porcu, Rv. 258125). In effetti, la mera designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione non costituisce una delega di funzioni e non è dunque sufficiente a sollevare il datore di lavoro ed i dirigenti dalle rispettive responsabilità in tema di violazione degli obblighi dettati per la prevenzione degli infortuni sul lavoro (Sez. 4, n. 24958 del 26 aprile 2017, Rescio, Rv. 270286), in quanto prevista dalla legge, ma non confondibile con quella, del tutto facoltativa ed eventuale, del dirigente delegato all'osservanza delle norme antinfortunistiche ed alla sicurezza dei lavoratori (Sez. 4, n. 47363 del 10 novembre 2005, Oberrauch, Rv. 233181).
2.4. Meritano un cenno, ai fini del presente procedimento, le figure del direttore tecnico ed il capo cantiere, inquadrabili nei modelli legali, rispettivamente, del dirigente e del preposto (Sez. 4, n. 39606 del 28/06/2007, Rv. 237879). In materia di appalti pubblici, norma del D.P.R. n. 34 del 2000, art. 26 (Regolamento per l'istituzione di un sistema di qualificazione unico dei soggetti esecutori di lavori pubblici) "la direzione tecnica è l'organo cui competono gli adempimenti di carattere tecnico- organizzativo necessari per la realizzazione dei lavori". Il direttore tecnico è soggetto che svolge il proprio ruolo in misura univoca per l'impresa per cui è designato, della quale infatti è di norma il legale rappresentante, l'amministratore o il socio. Diversamente, deve comunque essere dipendente dell'impresa stessa o in possesso di contratto d'opera professionale regolarmente registrato.
2.5. Ricapitolando, quindi, l'impresa appaltatrice, incaricata di eseguire i lavori, è investita della maggior parte degli obblighi in materia prevenzionistica, gravanti in particolar modo sul datore di lavoro (ovvero anche sul dirigente e sul preposto, secondo i rispettivi ambiti di responsabilità) coadiuvati dal responsabile del servizio di prevenzione e protezione, soggetto che il datore di lavoro ha l'obbligo specifico e non delegabile di nominare.
3. Ciò chiarito, è necessario ora soffermare l'attenzione sul versante del soggetto committente, con riferimento alla specifica normativa in materia di appalti pubblici. Qui viene in rilievo la posizione del committente e quella del responsabile dei lavori, disciplinati, ratione temporis, dal D.Lgs. n. 494 del 1996, poi sostituito dal vigente D.Lgs. n. 81 del 2008. Per gli appalti pubblici, la normativa di riferimento è costituita dal D.P.R. n. 554 del 1999, (Regolamento di attuazione della Legge - quadro sui lavori pubblici 11 febbraio 1994, n. 109) poi modificato dal D.P.R. n. 207 del 2010 (Regolamento di attuazione del D.Lgs. 12 aprile 2006, cd, "codice dei contratti pubblici"; ulteriormente sostituto dal recente D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50).
3.1. Quanto alla figura del committente, la relativa posizione di garante ha trovato compiuto riconoscimento e regolamentazione solo con il D.Lgs. n. 494 del 1996 (cd "decreto cantieri"). La giurisprudenza di legittimità più risalente escludeva infatti che il committente potesse rispondere delle inadempienze prevenzionistiche verificatesi nell'approntamento del cantiere e nell'esecuzione dei lavori. Tali violazioni venivano poste a carico esclusivamente del datore di lavoro appaltatore. Una responsabilità concorrente del committente veniva ravvisata in sostanza quando questi travalicava siffatto ruolo, assumendo di fatto posizione direttiva: perché si ingeriva nell'esecuzione dei lavori (Sez. 4, n. 1543 del 31 ottobre 1967, Ronco, Rv. 106806); perchè di fatto datore di lavoro; quando i lavori erano stati eseguiti dall'appaltatore senza autonomia tecnica, con l'apprestamento da parte del committente delle apparecchiature di lavoro (Sez. 5, n. 1337 del 9 luglio 1969, Pampo, Rv. 112527), etc. In sostanza, il principio elaborato dalla giurisprudenza di legittimità era nel senso che il committente di lavori edili non rivestisse una autonoma posizione di garanzia a tutela della salute e della vita dei lavoratori dipendenti dal soggetto appaltatore (Sez. 4, n. 1659 del 11 ottobre 1989, Mulas, Rv. 183235).
3.2. Il D.Lgs. n. 494 del 1996 è intervenuto a dettare un'espressa definizione di committente (art. 2, comma 1, lett. b), e ad esplicitare gli obblighi gravanti sul medesimo (art. 3), riconoscendosi l'esigenza di regolare la prevenzione di una specifica serie di rischi propri dell'attività svolta in cantieri, quali i rischi da compresenza di più lavoratori dipendenti di diverse imprese nonchè dalla compresenza di differenti lavorazioni (cf. rischio interferenziale). Il committente, nella fase di progettazione esecutiva dell'opera, ed in particolare al momento delle scelte tecniche, nell'esecuzione del progetto e nell'organizzazione delle operazioni di cantiere, si attiene ai principi e alle misure generali di tutela di cui al D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 3 (oggi art. 26 T.U.); determina altresì, al fine di permettere la pianificazione dell'esecuzione in condizioni di sicurezza, dei lavori o delle fasi di lavoro che si devono svolgere simultaneamente o successivamente tra loro, la durata di tali lavori o fasi di lavoro. Nella fase di progettazione esecutiva dell'opera, valuta attentamente, ogni qualvolta ciò risulti necessario, il piano di sicurezza e di coordinamento e il piano generale di sicurezza.
3.3. Il committente può delegare, sempre a norma del D.Lgs. n. 494 del 1996, un responsabile dei lavori, il quale, in caso di appalto pubblico, è il responsabile unico del procedimento, a norma del D.P.R. n. 554 del 1999, art. 7, secondo cui "le fasi di progettazione, affidamento ed esecuzione di ogni singolo intervento sono eseguite sotto la diretta responsabilità e vigilanza di un responsabile del procedimento, nominato dalle amministrazioni aggiudicatrici nell'ambito del proprio organico". Il committente o il responsabile del procedimento provvedono poi a nominare il direttore dei lavori (in materia di appalto di lavori pubblici, ciò è regolato dal D.P.R. n. 554 del 1999, art. 124).
3.4. In caso di pluralità di imprese presenti sul cantiere, il committente deve obbligatoriamente nominare il coordinatore per la progettazione ed il coordinatore per l'esecuzione dei lavori. Il coordinatore per la progettazione, a norma del D.Lgs. n. 424 del 1996, art. 4 e ssgg. (oggi sostituiti dal D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 88 ss.) redige o fa redigere il piano di sicurezza e di coordinamento ed il piano generale di sicurezza. Il coordinatore per l'esecuzione, invece, a norma del D.Lgs. n. 424 del 1996, art. 5, essenzialmente assicura, tramite opportune azioni di coordinamento, l'applicazione delle disposizioni contenute nei piani e delle relative procedure di lavoro, nonchè procede al relativo adeguamento in relazione all'evoluzione dei lavori e alle eventuali modifiche intervenute.
3.6. Riassumendo, quindi, il soggetto appaltante pubblico (committente) può delegare le proprie funzioni al responsabile del procedimento. Il responsabile del procedimento, se delegato, o il committente medesimo provvedono alla nomina del direttore dei lavori, e, se ricorre l'obbligo di legge - ossia, sostanzialmente, se sul luogo dei cantieri è prevista la compresenza di più imprese - nominano altresì il coordinatore per la progettazione ed il coordinatore per l'esecuzione dei lavori, il quale ultimo ha precisi compiti in materia antinfortunistica.
4. La giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di delimitare in maniera precisa le posizioni di garanzia in materia antinfortunistica del direttore dei lavori da un lato e del coordinatore per l'esecuzione dei lavori dall'altro, fermi restando, come visto, in ogni caso gli specifici obblighi gravanti sull'appaltatore.
4.1. Il principio generale relativo alla posizione del direttore dei lavori, infatti, è quello per cui, in tema di prevenzione degli infortuni, il direttore dei lavori nominato dal committente svolge normalmente una attività limitata alla sorveglianza tecnica attinente all'esecuzione del progetto nell'interesse di questi, con la conseguenza che risponde dell'infortunio subito dal lavoratore solo se è accertata una sua ingerenza nell'organizzazione del cantiere (Sez. 3, n. 1471 del 14 novembre 2013, Gebbia ed altro, Rv. 257922; Sez. 3, n. 11593 del 1 ottobre 1993, Telesca, Rv. 196929). Egli dunque, pur essendo normalmente estraneo, quale figura tecnica, a qualsivoglia obbligo di natura prevenzionistica, nondimeno può essere riconosciuto responsabile dell'infortunio sul lavoro quando gli venga affidato il compito di sovrintendere all'esecuzione dei lavori, con la possibilità di impartire ordini alle maestranze sia per convenzione, cioè per una particolare clausola introdotta nel contratto di appalto, sia quando per fatti concludenti risulti che egli si sia in concreto ingerito nell'organizzazione del lavoro (Sez. 4, n. 49462 del 26 marzo 2003, Viscovo, Rv. 227070). Evidentemente, affinchè tale posizione di garanzia possa ritenersi sussistente, è necessaria la prova certa dell'ingerenza nell'organizzazione del cantiere (Sez. 4, n. 12993 del 25 giugno 1999, Galeotti, Rv. 215165).
4.2. Quanto al coordinatore per l'esecuzione dei lavori, in materia di infortuni sul lavoro, egli, ai sensi del D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 5, oltre ad assicurare il collegamento fra impresa appaltatrice e committente al fine di realizzare la migliore organizzazione, ha il compito di vigilare sulla corretta osservanza delle prescrizioni del piano di sicurezza da parte delle stesse e sulla scrupolosa applicazione delle procedure a garanzia dell'incolumità dei lavoratori nonchè di adeguare il piano di sicurezza in relazione alla evoluzione dei lavori, con conseguente obbligo di sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, le singole lavorazioni (Sez. 4, n. 18651 del 20 marzo 2013, Mongelli, Rv. 255106; Sez. 4, n. 31296 del 18 aprile 2013, Dho, Rv. 256427). La giurisprudenza di legittimità afferma costantemente che egli svolge pertanto una funzione di c.d. "alta vigilanza", ossia una funzione di autonoma vigilanza che riguarda la generale configurazione delle lavorazioni, e non anche il puntuale controllo, momento per momento, delle singole attività lavorative, che è demandato ad altre figure operative (Sez. 4, n. 45853 del 13 settembre 2017, P.C. in proc. Revello, Rv. 270991; Sez. 4, n. 18149 del 21 aprile 2010, Cellie ed altro, Rv. 247536). Tale funzione di vigilanza ha ad oggetto quegli eventi riconducibili alla configurazione complessiva, di base, della lavorazione e non anche gli eventi contingenti, scaturiti estemporaneamente dallo sviluppo dei lavori medesimi e, come tali, affidati al controllo del datore di lavoro e del suo preposto (Sez. 4, n. 46991 del 12 novembre 2015, Portera ed altri, Rv. 265661).
Fondamentale, per comprendere la posizione di garanzia del coordinatore per l'esecuzione è il concetto di rischio interferenziale, connesso con la condizione essenziale in presenza della quale la legge impone la nomina di detto coordinatore, ossia la compresenza, nei luoghi di lavoro, di più imprese. La funzione di alta vigilanza che grava sul coordinatore per l'esecuzione dei lavori ha ad oggetto esclusivamente il rischio c.d. generico, relativo alle fonti di pericolo riconducibili all'ambiente di lavoro, al modo in cui sono organizzate le attività, alle procedure lavorative ed alla convergenza in esso di più imprese; ne consegue che il coordinatore non risponde degli eventi riconducibili al c.d. rischio specifico, proprio dell'attività dell'impresa appaltatrice o del singolo lavoratore autonomo (Sez. 4, n. 3288 del 27 settembre 2016, Bellotti ed altro, Rv. 269046).
Il coordinatore, pertanto, è chiamato a vigilare solo sulla generale configurazione delle lavorazioni che comportino rischio interferenziale, e non anche ad esercitare un puntuale controllo, momento per momento, delle singole attività lavorative (Sez. 4, n. 27165 del 24 maggio 2016, Battisti, Rv. 267735). Di talchè la posizione di garanzia ricoperta da costui si limita agli eventi che siano conseguenza della violazione di tale dovere di alta vigilanza. Il coordinatore, pertanto, ricopre una posizione di garanzia che si affianca a quella degli altri soggetti destinatari della normativa antinfortunistica, spettandogli compiti di alta vigilanza, consistenti: a) nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento nonchè sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell'incolumità dei lavoratori; b) nella verifica dell'idoneità del piano operativo di sicurezza (POS) e nell'assicurazione della sua coerenza rispetto al piano di sicurezza e coordinamento; c) nell'adeguamento dei piani in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, verificando, altresì, che le imprese esecutrici adeguino i rispettivi POS (così, in motivazione, Sez. 4, n. 3288 del 27 settembre 2016, Bellotti ed altri, Rv. 269046; Sez. 4, n. 44977 del 12 giugno 2013, Lorenzi ed altri, Rv. 257167).
L'alta vigilanza della quale fa menzione la giurisprudenza di questa Corte, quindi, lungi dal poter essere interpretata come una sorta di contrazione della posizione di garanzia indica piuttosto il modo in cui vanno adempiuti i doveri tipici. Mentre le figure operative sono prossime al posto di lavoro ed hanno quindi poteri doveri di intervento diretto ed immediato, il coordinatore opera attraverso procedure.
Può dirsi che il coordinatore per l'esecuzione identifica momenti topici delle lavorazioni e predispone attività che assicurino rispetto ad esse l’attuazione dei piani attraverso la necessaria mediazione dei datori esecutori.
Ad ulteriore chiarimento di questi principi, si noti che il D.Lgs. n. 81 del 2008 ha ancor più nettamente connesso l'opera del coordinatore per l'esecuzione alla sicura organizzazione complessiva del cantiere, con ciò intendendosi la conformazione dell'opera, dell'area di cantiere e della sequenza delle lavorazioni
– tenuto conto del rischio da interferenze - alle necessità della sicurezza dei lavoratori. Le singole lavorazioni, per contro, devono essere organizzate in modo sicuro dai datori di lavori chiamati alla loro esecuzione (così, in motivazione, Sez. 4, n. 3288 del 27 settembre 2016, Bellotti ed altri, Rv. 269046).
5. Venendo al caso di specie, i lavori di manutenzione straordinaria e completamento arredi sulla banchina (OMISSIS) erano stati aggiudicati alla E. F. di G.D. e C. S.a.s. (impresa appaltatrice) dall'Autorità Portuale di M. (committente) con delibera di aggiudicazione del 7 novembre 2005. Legale rappresentante e socio accomandatario della E. F. era l'imputato G. D.. Concorreva alla realizzazione dei lavori, in forza di una lettera di collaborazione sottoscritta dal G. in data 10 aprile 2006, anche l'A.M.P. C. S.r.l., della quale il medesimo G. era amministratore unico. Il progetto dei lavori di manutenzione straordinaria era stato redatto dal Genio Civile Opere Marittime per la Sicilia per conto del committente, tra gli altri, dal geom. M., quale funzionario tecnico. Il progetto era stato poi approvato dal responsabile del procedimento, ing. D.S.F.. Il M. veniva nominato dal Genio Civile, con comunicazione al responsabile del procedimento, direttore dei lavori. Il POS (piano operativo di sicurezza) relativo ai lavori de quibus era stato redatto - come per legge – dalla E. F., a firma del G.D., e vi risultavano indicati il defunto D.G. quale RSPP ed il coimputato A., socio accomandante della E. F., quale direttore tecnico di cantiere.
6. In conclusione, il G.D., legale rappresentante della società appaltatrice, rivestiva la posizione di datore di lavoro, l' A.A. rivestiva il ruolo di direttore tecnico della stessa società ed il M.A. quello di direttore dei lavori, nominato dalla Amministrazione committente con approvazione da parte del responsabile del procedimento.
7. Tanto premesso, il motivo di ricorso proposto dal M. relativo alla sua posizione di garanzia deve essere accolto.
7.1. Come si è detto, in capo al direttore dei lavori in quanto tale non grava alcun obbligo di carattere antinfortunistico, ma solo di generale controllo sulla correttezza tecnica dello svolgimento dei lavori appaltati per conto del committente. Solamente in caso di sua ingerenza allora si potrebbe ritenere sussistente una posizione di garanzia a suo carico. Ciò premesso, la sentenza impugnata ritiene che la posizione di garanzia del M. risulti provata non già per ingerenza, sulla quale nulla si dice, ma perchè lo stesso - a norma del D.P.R. n. 554 del 1999, art. 127 - avrebbe ricoperto altresì la carica di coordinatore per l'esecuzione, e avrebbe di conseguenza violato i propri obblighi prevenzionistici. Il sinistro non si sarebbe verificato, infatti, se egli avesse consegnato le adeguate informazioni inerenti al funzionamento della torre faro, nonchè richiesto alla ditta appaltatrice di tenere gli standard minimi di sicurezza e consegnato un POS che contenesse specifiche informazioni relative al funzionamento della macchina. Ciò in quanto il citato art. 127 riferirebbe le funzioni del coordinatore per l'esecuzione al direttore dei lavori, senza ulteriori condizioni.
7.3. Al riguardo, tuttavia, il ricorrente lamenta la confusione operata dalla Corte territoriale - nonchè dal giudice di primo grado - circa la posizione di garanzia del M. e propone una diversa interpretazione dell'art. 127. Secondo il ricorrente, la nomina a coordinatore per l'esecuzione, ove necessaria, si configurerebbe come una vera e propria delega di funzioni, come ricavato dal D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 4, comma 7, dovendo dunque essere espressa e non ammettendo alcun automatismo. Non sarebbe possibile ritenere che il direttore dei lavori, per il solo fatto di essere stato nominato tale, assumerebbe anche, sic et simpliciter, la qualifica di coordinatore, non fosse altro che tale presunto meccanismo farebbe saltare la necessaria verifica dei requisiti soggettivi in capo al direttore dei lavori per ricoprire anche il ruolo di coordinatore. La mancanza di tale necessaria coincidenza di funzioni risulterebbe provata anche dal disposto del D.P.R. n. 207 del 2010, art. 151, (norma che ha sostituito quella in discorso) il quale prevede che le funzioni di coordinatore "possono" essere svolte dal direttore dei lavori, rimanendo diversamente in capo al committente o al responsabile del procedimento. Secondo il ricorrente, poi, il fatto che non fosse stata operata alcuna nomina a coordinatore per l'esecuzione - e che dunque il M., non avendo assunto altro incarico che quello di direttore dei lavori, non fosse titolare di alcuna posizione di garanzia sul tema della sicurezza e prevenzione degli infortuni sul lavoro - si giustifica logicamente con la radicale mancanza dei presupposti di legge in presenza dei quali tale nomina risulta obbligatoria ex D.Lgs.
n. 494 del 1996, art. 3, ossia la presenza di più imprese nell'area di cantiere. Soltanto la E. F. era tenuta alla realizzazione dei lavori di manutenzione straordinaria nel Porto di (OMISSIS) e non era previsto che altre ditte intervenissero nel cantiere allestito per i lavori appaltati. Sul punto, i giudici di merito avrebbero confuso l'area del cantiere con la più generale area del porto, nella quale vi sarebbe stata la occasionale presenza di altre imprese. Non essendovi la contemporanea presenza di più imprese nell'area del cantiere non vi era alcun obbligo legale di nominare il coordinatore, e di certo non può ritenersi che tale funzione sia stata esercitata automaticamente dal direttore dei lavori M..
8. Ritiene il Collegio di non potere accogliere l'interpretazione proposta dal ricorrente del D.P.R. n. 554 del 1999, art. 127, ostandovi la lettera della legge. Ciononostante, evidenti sono la lacunosità e la confusione in cui è incorsa la Corte distrettuale nella ricostruzione della posizione di garanzia del M..
8.1. Il D.P.R. n. 554 del 1999, art. 127, comma 1 dispone: "Le funzioni del coordinatore per l'esecuzione dei lavori previsti dalla vigente normativa sulla sicurezza nei cantieri sono svolte dal direttore lavori.
Nell'eventualità che il direttore dei lavori sia sprovvisto dei requisiti previsti dalla normativa stessa, le stazioni appaltanti devono prevedere la presenza di almeno un direttore operativo avente i requisiti necessari per l'esercizio delle relative funzioni". Non è pertanto revocabile in dubbio che, in caso sia necessaria la figura del coordinatore per l'esecuzione, le sue funzioni vengono svolte dal direttore dei lavori, il quale è infatti espressione della committenza e generalmente dotato dei requisiti di professionalità richiesti. Ove poi così non dovesse essere - ossia ove egli risultasse sprovvisto di tali requisiti - soccorrerebbe il secondo periodo della medesima disposizione. Non è in alcun modo evincibile dal testo della disposizione menzionata la necessità che alla qualifica di Direttore tecnico si sovrapponga un ulteriore atto di nomina a coordinatore per l'esecuzione. Sul punto, pertanto, la sentenza impugnata non può essere censurata. L'argomentazione avanzata dal ricorrente, relativa al D.P.R. n. 207 del 2010, art. 151, non appare risolutiva, dato che la parola "possono" in esso introdotta, non fa che confermare, come appare evidente dal tenore della disposizione nel suo complesso, che il direttore dei lavori può svolgere il ruolo di coordinatore solamente se provvisto dei requisiti soggettivi, circostanza già presente sotto la vigenza del D.P.R. n. 554 del 1999. Medesimo è il tenore del vigente D.Lgs. n. 50 del 2016, art. 101, comma 3, lett. d).
8.2. Il ragionamento della Corte territoriale non è quindi censurabile sotto questo profilo, essendosi attenuto all'interpretazione letterale che il Collegio ritiene di condividere, ma lo è, invece, in relazione al presupposto per l'operatività stessa di tale interpretazione, ossia alla necessità della presenza del coordinatore. Come detto, il coordinatore è figura obbligatoria ai sensi del D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 3 quando vi sia, nell'area dei cantieri ove si svolgono i lavori appaltati, la compresenza, anche non contemporanea, di più imprese, con rischi dovuti all'interferenza fra le stesse (nei casi previsti dal D.Lgs.
n. 424 del 1996, art. 3, commi 3, 4 e 4-bis, vigenti all'epoca dei fatti) ossia, testualmente: a) nei cantieri in cui è prevista la presenza di più imprese, anche non contemporanea se l'entità presunta del cantiere è pari ad almeno 100 uomini/giorno; b) nei cantieri di cui all'art. 11, comma 1, lett. a); c) nei cantieri di cui all'art. 11, comma 1, lett. b); d) nei cantieri di cui all'art. 11, comma 1, lett. c), se l'entità presunta del cantiere sia superiore a 300 uomini-giorni; e) nei cantieri di cui all'art. 13. Tale nomina può avvenire anche nel caso in cui, dopo l'affidamento dei lavori ad un'unica impresa, l'esecuzione dei lavori o di parte di essi sia affidata a una o più imprese (comma 4-bis).
Del tutto carente è la motivazione circa la sussistenza o meno di questo requisito. La Corte si limita ad affermare che non poteva essere trascurata la presenza di una pluralità di imprese nell'area ove si svolgevano i lavori. Non vi è stato alcun approfondimento circa l'effettiva compresenza, nel luogo del cantiere, di più imprese, nè tantomeno si è svolta alcuna analisi tenendo presente la funzione di alta vigilanza relativa al rischio interferenziale.
8.4. In secondo luogo, e conseguentemente, infatti, la sentenza impugnata è altresì censurabile sotto il profilo della corretta ricognizione degli obblighi spettanti alle varie figure in discorso. Non al committente nè al direttore dei lavori competono obblighi di informazione e formazione dei lavoratori, ossia quelli contestati al M. e che i giudici hanno ritenuto causalmente rilevanti per la verificazione dell'evento, ma bensì al datore di lavoro ed al preposto della società appaltatrice. D'altra parte, nessuna analisi è stata compiuta circa la violazione dei doveri specificamente gravanti sul coordinatore, ma si è semplicemente ritenuto che il direttore dei lavori fosse anche e necessariamente coordinatore per l'esecuzione e che su di esso gravassero parte di quegli obblighi di informazione e formazione causalmente rilevanti per la verificazione dell'infortunio. Si impone, quindi, l'annullamento, sul punto, della decisione impugnata.
8.6. Il giudice del rinvio dovrà quindi procedere ad attenta verifica circa la sussistenza dei presupposti per ritenere ravvisabile la figura del coordinatore per l'esecuzione. Una volta eventualmente riscontrato tale requisito, si dovrà valutare se il M. abbia violato l'obbligo di alta vigilanza su di lui incombente, secondo i principi suesposti.
9. Vanno adesso esaminati i ricorsi G. e A.. Si è già dato conto, peraltro, di come certe siano le posizioni di garanzia gravanti sui due imputati: G.D. era il datore di lavoro, legale rappresentante della società appaltatrice, mentre l'A. ricopriva il ruolo di direttore tecnico, e quindi di preposto dell'appaltatore. Inoltre, i giudici di merito hanno concordemente e diffusamente accertato come quest'ultimo si sia costantemente ingerito nella esecuzione dei lavori appaltati.
10. Quanto alle doglianze inerenti alla sussistenza del rapporto di lavoro fra la E. F. ed i due lavoratori deceduti, nonchè all'abnormità o meno del comportamento di questi ultimi, le sentenze di merito argomentano in maniera esaustiva, facendo corretta applicazione dei principi di diritto elaborati da questa Corte. Si ritiene infatti che in tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro ha l'obbligo di garantire la sicurezza nel luogo di lavoro per tutti i soggetti che prestano la loro opera nell'impresa, senza distinguere tra lavoratori subordinati e persone estranee all'ambito imprenditoriale (Sez. 4, n. 37840 del 1 luglio 2009, Vecchi ed altro, Rv. 245274; Sez. 4, n. 6348 del 18 gennaio 2007, P.C. in proc. Chiarini, Rv. 236105; Sez. 7, n. 11487 del 19 febbraio 2016, Lucchetti, Rv. 266129). Se ciò è vero per persone estranee all'organizzazione dell'impresa, a maggior ragione viene affermato anche con riferimento ai lavoratori autonomi che vengano a svolgere la propria attività nel cantiere del datore di lavoro garante, atteso che la legge impone a quest'ultimo di curare la cooperazione con i predetti e le interazioni con le attività che avvengono all'interno del cantiere (Sez. 4, n. 29204 del 20 giugno 2007, Di Falco, Rv. 236904; Sez. 3, n. 18396 del 15 marzo 2017, Cojocaru, Rv. 269637).
Nel caso di specie, è stato accertato che D.G., pur non essendo dipendente della E. F., lavorava stabilmente sul cantiere, nè, come sopra ricordato, rileva la eventuale natura autonoma, e non subordinata, del rapporto. E non può essere invocato ai fini dell'esclusione della responsabilità il fatto che il D., come dedotto dai ricorrenti, risultasse indicato come RSPP nel POS, posto che ciò non esclude certo la responsabilità dell'appaltatore - datore di lavoro per la violazione degli obblighi di prevenzione. Il G.P. risultava invece formalmente dipendente dell'A.M.P. C. S.r.l., con la quale l'impresa appaltatrice E. F. aveva stipulato un contratto di collaborazione per la realizzazione dei lavori. Orbene, le sentenze di merito argomentano, attraverso un compiuto esame delle risultanze istruttorie che, da un lato, la AMP era priva di una stabile organizzazione e che la vittima, di fatto, era soggetta agli ordini e direttive da parte responsabili della E. F. (pag. 21 e seguenti sentenza di primo grado) correttamente concludendo che, di fatto, anche il G.P. era legato da uno stabile rapporto lavorativo con l'impresa appaltatrice.
10.2. Priva di pregio è altresì la doglianza relativa al fatto che la condotta dei lavoratori dovesse considerarsi abnorme. Al contrario, tale condotta è stata posta in essere proprio durante lo svolgimento delle loro ordinarie mansioni ed è stata determinata dall'omessa informazione in ordine al funzionamento "a bilancia" del macchinario. Del tutto istintiva - in assenza di qualsivoglia informazione sulla macchina
- è stata correttamente ritenuta la loro reazione di aggrapparsi al primo supporto utile, ossia alla corona, la quale, a velocità sostenuta, si stava alzando, mentre, a circa 3 metri di altezza, stavano per cadere da una scala a forbice, presidio del tutto inadeguato rispetto al lavoro da svolgere.
10.3. Parimenti infondato è il rilievo che i giudici di merito avrebbero errato nel ritenere che il lavoro nel corso del quale si è verificato il sinistro fosse da annoverarsi fra quelli in quota e che quindi al datore di lavoro andasse addebitata la mancata fornitura degli adeguati dispositivi di protezione. Il CT D'A. ha ricostruito con precisione la dinamica delle operazioni che gli operai stavano svolgendo. Si trattava, in effetti, di sostituire i corpi illuminanti che si trovavano montati su una corona, facendo scendere quest'ultima, che tuttavia non poteva essere appoggiata al suolo, ma si attestava ad un'altezza di circa 2,5/3 metri a causa della presenza del plinto di sostegno del palo, di circa un metro, e della botola di ispezione. Di conseguenza, avrebbe dovuto essere messo a disposizione dei lavoratori uno specifico ponteggio per il lavoro in quota, con un piano di lavoro ed un parapetto. E' stato invece accertato che erano stati approntati dei presidi precari, costituiti dai c.d. "pallet", con i quali era stata realizzata una specie di pedana, e che i lavoratori si servivano di una pericolosa scala a forbice, in violazione delle precise disposizioni sui lavori in quota ai sensi del D.Lgs. n. 494 del 1996.
10.4. La Corte d'Appello ha poi proceduto a puntuale motivazione in ordine alla violazione degli obblighi di informazione e formazione gravanti sui ricorrenti, non potendosi dunque sostenere che essi incombessero sulla committenza. Inoltre, i giudici di merito hanno sottolineato l'estrema genericità sia del documento di valutazione dei rischi, sia del POS, che nulla di specifico rappresentava in ordine alle modalità di bilanciamento dei pesi presenti nella corona porta-faro. In particolare, infatti, il piano non risultava provvisto di uno specifico capitolo dedicato ai lavori di manutenzione della torre-faro nè con riguardo alle modalità di intervento sulla stessa, nè con riguardo ai meccanismi di funzionamento e manutenzione. Nonostante il fatto che al momento dell'incidente la documentazione relativa al funzionamento della torre-faro fosse custodita presso l'autorità committente, la mancata acquisizione della medesima costituisce anche una grave violazione nella quale sono incorsi gli imputati, gravando su di essi l'obbligo di acquisire tutte le informazioni necessarie affinchè i lavori loro demandati si svolgessero in sicurezza. Risultava inoltre, dalle dichiarazioni del M., che sia A. sia G. gli avevano fatto presente - in occasione della comune presa visione, al momento della consegna dei lavori, dei grafici relativi al funzionamento delle torri-faro - di essere esperti in tali lavori, tanto da non necessitare di ulteriori spiegazioni. Nè sufficiente al fine di informare adeguatamente i lavoratori può considerarsi il contenuto del cartello posto alla base della torre-faro, il quale, infatti, indicava solamente le modalità di abbassamento della corona, ma non anche indicazioni in ordine al bilanciamento dei pesi.
11. Infondato è anche il secondo motivo, relativo alla mancata assunzione della perizia richiesta in grado di appello. La mancata effettuazione di un accertamento peritale non può costituire motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), in quanto la perizia non può farsi rientrare nel concetto di prova decisiva, trattandosi di un mezzo di prova "neutro", sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla discrezionalità del giudice, laddove l'articolo citato, attraverso il richiamo all'art. 495 c.p.p., comma 2, si riferisce esclusivamente alle prove a discarico che abbiano carattere di decisività (Sez. Un., n. 39746 del 23 marzo 2017, Rv. 270936; Sez. 4, n. 7444 del 17 gennaio 2013, Sciarra, Rv. 255152; Sez. 4, n. 4981 del 5 dicembre 2003, P.G. in proc. Ligresti ed altro, Rv. 229665). Legittimamente, quindi, la Corte d'Appello ha respinto la relativa istanza, valutando le prove richieste non assolutamente necessarie ai fini della decisione.
12. Il terzo motivo, relativo al calcolo della prescrizione, è manifestamente infondato. La L. 5 dicembre 2005, n. 251, che ha modificato l'art. 157 c.p. introducendo, tra le altre cose, il raddoppio dei termini di prescrizione per il reato di cui all'art. 589 c.p., commi 2 e 3, è in vigore dall'8 dicembre 2005, ossia da epoca anteriore rispetto al fatto per cui è processo, verificatosi il (OMISSIS).
13. Infine, infondato è anche il quarto ed ultimo motivo, relativo alla mancata applicazione delle attenuanti generiche in misura prevalente. E' giurisprudenza costante quella per cui in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purchè sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'art. 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione o del bilanciamento (Sez. 5, 43952 del 13 aprile 2017, Pettinelli, Rv. 271269; Sez. 2, 3896 del 20 gennaio 2016, De Cotiis, Rv. 265826).
La sentenza impugnata, in modo non contraddittorio nè illogico, fa riferimento alla estrema gravità del fatto contestato, ostativa ad un più mite trattamento sanzionatorio.
14. Per tali motivi si impone l'annullamento della sentenza impugnata in relazione alla posizione dell'imputato M., affinchè il giudice del rinvio proceda a corretta ricostruzione della posizione di garanzia gravante su costui, valutando in particolar modo la presenza o meno del rischio interferenziale derivante dalla compresenza di più imprese nel luogo del cantiere. Vanno invece integralmente rigettati i ricorsi di
A. e G., i quali vanno pertanto condannati al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione delle spese di costituzione delle parti civili, nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di M.A. con rinvio alla Corte d'Appello di Reggio Calabria, cui demanda pure la regolazione delle spese tra le parti del presente giudizio di legittimità.
Rigetta i ricorsi di G.D. e A.A. e li condanna al pagamento delle spese processuali, nonchè al rimborso delle spese di giudizio in favore delle parti civili difese dall'Avv. F. B., liquidate in complessivi Euro xxx oltre agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2018. Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2018

 
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