Linee guida in materia di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro
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Linee guida per l’attività di vigilanza in materia di “intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”
1 marzo 2019
Circolare INL n. 5/2019
L'Ispettorato Nazionale del Lavoro pubblica la Circolare n. 5/2019 che fornisce indicazioni al personale ispettivo per l'attivazione e lo svolgimento di iniziative di vigilanza di contrasto al caporalato.
La Circolare, in particolare, si sofferma sugli elementi costituitivi della fattispecie di reato di cui all'art. 603 bis c.p. e sulle modalità di svolgimento dell'attività investigativa che garantisca una corretta acquisizione dei relativi elementi di prova.
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Oggetto: art. 603 bis c.p. intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro – attività di vigilanza – Linee guida.
Dopo un congruo periodo di vigenza del nuovo art. 603 bis c.p. si è resa opportuna l’emanazione delle presenti Linee guida per l’attività di vigilanza in materia di “intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”.
Si premette che le Linee guida vogliono rappresentare un mero contributo alle attività di indagine svolte dal personale ispettivo che, in ogni caso, dovrà tenere preliminarmente conto delle eventuali diverse indicazioni fornite dalle competenti Procure della Repubblica,sia sugli elementi utili alla configurazione del reato, sia sulle metodologie per l’acquisizione dei relativi elementi di prova.
Trattasi infatti di attività di polizia giudiziaria che, fatta salva una prima fase di indagine, va svolta in stretto coordinamento con le competenti Procure e i Carabinieri del Comando per la tutela del lavoro.
Si ricorda anzitutto che la riformulazione del citato art. 603 bis c.p. da parte della L. n. 199/2016 ha previsto, fra l’altro, due distinte figure di incriminazione:
- quella della intermediazione illecita, che persegue chiunque “recluta” manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizione di sfruttamento e approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori;
- quella dello sfruttamento lavorativo, con cui si punisce penalmente chiunque utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante la citata attività di intermediazione, sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno.
Con la L. n. 199/2016 vengono anche introdotte misure di carattere patrimoniale, dettate evidentemente dalla consapevolezza che i reati in questione producono vantaggi economici.
Sebbene nel sentire comune il reato in questione è spesso associato alle attività svolte in agricoltura, tuttavia, lo stesso è riscontrabile anche in ambiti diversi. Sono anzi sempre più frequenti comportamenti riconducibili alla fattispecie di reato di cui all’art. 603 bis c.p. nell’ambito di attività di servizi esercitate da talune imprese che realizzano forme di intermediazione illecita lucrando su un abbattimento abnorme dei costi del lavoro a danno dei lavoratori o degli Istituti previdenziali.
Non è altresì escluso che ipotesi di sfruttamento possano essere realizzate nell’ambito di una “associazione per delinquere” (art. 416 c.p.) o, addirittura, nell’ambito di “associazioni di tipo mafioso anche straniere” (art. 416 bis).
Elementi della fattispecie
Elementi costitutivi di entrambe le fattispecie di illecito sono dunque quello dello sfruttamento lavorativo – individuabile anche attraverso l’ausilio di alcuni indici di cui si dirà successivamente – e quello dell’approfittamento dello stato di bisogno.
Approfittamento dello stato di bisogno
Quanto all’approfittamento dello stato di bisogno dei lavoratori è possibile anzitutto richiamare la giurisprudenza che ha approfondito la nozione, pur relativamente ad altre fattispecie di reato. In particolare tale elemento rappresenta una delle circostanze aggravanti del reato di usura (art. 644 c.p.) che si realizza quando la condotta illecita è posta in essere “in danno di chi si trova in stato di bisogno”.
Preliminarmente, per quanto riguarda “l’approfittamento”, lo stesso può ritenersi riconducibile alla strumentalizzazione a proprio favore della situazione di debolezza della vittima del reato, per la quale è sufficiente una consapevolezza che una parte abbia dello squilibrio tra le prestazioni contrattuali (v. Cass. civ., sent. n. 1651/2015).
Per quanto concerne lo “stato di bisogno” si ritiene di poter aderire anzitutto a quell’orientamento giurisprudenziale che ha chiarito come “lo «stato di bisogno» della persona offesa (…) non può essere ricondotto ad una situazione di insoddisfazione e di frustrazione derivante dall'impossibilità o difficoltà economica di realizzare qualsivoglia esigenza avvertita come urgente, ma deve essere riconosciuto soltanto quando la persona offesa, pur senza versare in stato di assoluta indigenza, si trovi in una condizione anche provvisoria di effettiva mancanza di mezzi idonei a sopperire ad esigenze definibili come primarie, cioè relative a beni comunemente considerati come essenziali per chiunque” (Cass. pen., sent. n. 4627/2000).
Tale elemento del reato è stato altresì ricondotto ad “una condizione psicologica in cui la persona si trova e per la quale non ha piena libertà di scelta” (Cass. pen., sent. n. 2085/1993) e “non si identifica nel bisogno di lavorare, ma presuppone uno stato di necessità tendenzialmente irreversibile, che pur non annientando in modo assoluto qualsiasi libertà di scelta, comporta un impellente assillo, tale da compromettere fortemente la libertà contrattuale della persona” (Cass. pen., sent. n. 10795/2016).
Come successivamente chiarito, anche su tale elemento – in quanto imprescindibile ai fini della applicazione dell’art. 603 bis c.p. – dovrà soffermarsi l’attenzione del personale ispettivo, che pertanto dovrà fornire i relativi elementi di prova. L’attività investigativa sarà comunque tanto più semplice da realizzarsi quanto più è evidente lo stato di “debolezza sociale” dei lavoratori, ciò che avviene non di rado in relazione all’impiego di personale straniero spesso extracomunitario.
[...] Segue in allegato
Fonte: INL
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Circolare n. 5 2019.pdf INL |
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