Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 16092 | 11 Aprile 2018
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Infortunio durante le operazione di scarico di billette di acciaio
Procedura di movimentazione della gru
Penale Sent. Sez. 4 Num. 16092 Anno 2018
Penale Sent. Sez. 4 Num. 16092 Anno 2018
Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: RANALDI ALESSANDRO
Data Udienza: 15/02/2018
1. Con sentenza del 10.5.2017 la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza di primo grado, che ha dichiarato G.G. responsabile in ordine all'infortunio sul lavoro avvenuto nella sede della società Stamperia C.G. e Figli ai danni di C.S., che riportava lesioni personali secondo le seguenti modalità ritenute in sentenza: durante l'operazione di scarico da un camion di billette di acciaio, il G.G., alla guida dell'autogrù deputata al sollevamento del materiale, azionava la gru quando la persona offesa (addetta all'imbragatura del materiale) si trovava ancora sul camion, in palese violazione della procedura operativa che prevedeva l'allontanamento del C.S. prima della movimentazione della gru, ed in tal modo la caviglia del medesimo rimaneva schiacciata fra due fasci di billette (fatto del 29.3.2011).
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione G.G., a mezzo dei propri difensori, lamentando quanto segue.
I) Manifesta illogicità della motivazione della sentenza.
Deduce che erroneamente la Corte di appello, nella procedura di scarico delle sbarre di acciaio, ha escluso l'esistenza di un momento intermedio di pretensionamento delle catene, o meglio di controllo della stabilità e tenuta del carico, durante il quale le billette non vengono sollevate, ma si mettono in tensione solamente le catene, alla presenza dell'autista, verificando che le billette non si stacchino dai ganci. Sul punto ritiene che la sentenza abbia travisato quanto processualmente emerso, disarticolando l'intero ragionamento probatorio e rendendo la motivazione illogica, anche per non aver tenuto conto delle deposizioni testimoniali.
Sostiene che il lavoratore non si faceva male durante la fase di sollevamento delle catene, ma durante l'operazione di aggancio, lasciando per distrazione il piede tra i fasci.
1. Il ricorso è inammissibile, in quanto svolge essenzialmente censure in fatto, pretendendo che la Corte di cassazione rivaluti nel merito la responsabilità del prevenuto, asseritamente insussistente in quanto l'infortunio non sarebbe riconducibile ad una condotta colposa del gruista ma ad una "distrazione" del lavoratore durante l'operazione di scarico delle merci dianzi descritta.
2. Giova qui ribadire che, secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, il vizio logico della motivazione deducibile in sede di legittimità deve risultare dal testo della decisione impugnata e deve essere riscontrato tra le varie proposizioni inserite nella motivazione, senza alcuna possibilità di ricorrere al controllo delle risultanze processuali; con la conseguenza che il sindacato di legittimità «deve essere limitato soltanto a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo, senza spingersi a verificare l'adeguatezza delle argomentazioni, utilizzate dal giudice del merito per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali» (in tal senso, ex plurimis, Sez. 3, n. 4115 del 27.11.1995, dep. 1996, Rv. 203272).
Tale principio, più volte ribadito dalle varie sezioni di questa Corte, è stato altresì avallato dalle stesse Sezioni Unite, le quali hanno precisato che esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per i ricorrenti più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Rv. 207945). La Corte regolatrice ha rilevato che anche dopo la modifica dell'art. 606 lett. e) cod. proc. pen., per effetto della legge 20 febbraio 2006 n. 46, resta immutata la natura del sindacato che la Corte di Cassazione può esercitare sui vizi della motivazione, essendo rimasta preclusa, per il giudice di legittimità, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione o valutazione dei fatti (Sez. 5, n. 17905 del 23/03/2006, Rv. 234109). Pertanto, in sede di legittimità, non sono consentite le censure che si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (ex multis Sez. 1, n. 1769 del 23/03/1995, Rv. 201177; Sez. 6, n. 22445 in data 8.05.2009, Rv. 244181).
3. Nel caso in disamina la Corte territoriale ha congruamente e logicamente motivato la conferma dell'affermazione di responsabilità del G.G. in ordine al reato di lesioni colpose cagionate al C.S., fondandosi su un dato su cui entrambi i giudici di merito hanno convenuto (si tratta infatti di una "doppia conforme"): la movimentazione anzitempo della gru da parte del prevenuto, durante una fase in cui il lavoratore non si era ancora allontanato dal carico da movimentare, collocato sul cassone del camion. In sostanza, è stato appurato che l'imputato azionò la gru quando la persona offesa si trovava ancora sul camion all'interno dell'area di manovra, in palese violazione della procedura operativa prevista per le aziende coinvolte, secondo cui l'autista del camion, dopo avere imbracato il materiale da scaricare, doveva allontanarsi dall'area di manovra della gru; ciò che certamente avrebbe impedito il verificarsi dell'evento lesivo in riferimento.
In questa prospettiva, la tesi difensiva in ordine ad una fase intermedia di "pretensionamento" delle catene, estranea alla condotta dell'imputato, durante la quale si sarebbe verificato l'infortunio per una "disattenzione" dell'autista, non è sostenibile in cassazione - che non è giudice del fatto -, posto che la diversa spiegazione, concordemente fornita dai giudici di merito, è comunque logica e plausibile, come tale insindacabile in sede di legittimità.
In tale motivazione sono esplicitamente disattese le doglianze svolte nei motivi di appello ed in essa non si ravvisa alcuna contraddittorietà o manifesta illogicità che la renda sindacabile in questa sede.
Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, dovendo limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con "i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento", secondo una formula giurisprudenziale ricorrente (Sez. 5, n. 1004 del 30/11/1999, dep. 2000, Rv. 215745; Sez. 2, n. 2436 del 21/12/1993, dep. 1994, Rv. 196955).
4. Stante l'inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, nella misura indicata in dispositivo.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 15 febbraio 2018
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