Vademecum tutela salute e sicurezza del lavoratore inviato all’estero
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Vademecum per la tutela della salute e sicurezza del lavoratore inviato all’estero / Ed. 2022
ID 21949 | 29.05.2024 / In allegato - Federmeccanica/Assistal – Fim-Cisl/Fiom-Cgil/Uilm-Uil Commissione Salute e Sicurezza
Contenuti – Obiettivi ed impostazione metodologica del documento, basato su un approccio sintetico e operativo per diffondere l’attenzione della tutela dei dipendenti inviati all’estero.
Il documento affronta la materia in termini di prevenzione a tutela della salute e sicurezza dei lavoratori all’estero. Il presente vademecum ha l’obiettivo di fornire a lavoratori ed aziende informazioni utili e spunti operativi per il miglioramento della salute e sicurezza per i lavoratori che, per motivi di lavoro, devono recarsi all’estero.
L’emergenza pandemica legata a COVID-19 ha accentuato l’attenzione delle Istituzioni e dei cittadini sulla centralità di queste tematiche, unitamente al continuo evolversi degli scenari internazionali.
Alla luce dell’ordinamento giuridico italiano, la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori all’estero rappresenta un forte punto di attenzione per i datori di lavoro, non solo nelle realtà strutturate, ma anche nelle piccole e medie imprese che, sempre di più, sono protagoniste nei mercati esteri. Il vademecum, con un taglio pratico e semplice, può essere usato come punto di partenza per le riflessioni all’interno delle aziende e per aiutare coloro i quali si occupano di questi temi ad impostare procedure e regolamenti.
Paragrafo 1 - Le norme di riferimento
Contenuti – Breve riepilogo normativo, e richiamo al rispetto delle norme vigenti (es. Decreto 317/87 e s.m.i. e obblighi assicurativi, etc.). La tutela della salute e sicurezza dei lavoratori è uno dei principi cardine della nostra Costituzione: gli articoli 32, 35, 38 e 41 tutelano questi aspetti come “beni primari”.
È utile ricordare, inoltre, la norma di chiusura del sistema legale della sicurezza contenuta nell’articolo 2087 del Codice civile che stabilisce “l'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
Conformemente a questi principi di base ed anche in relazione al recepimento delle Direttive comunitarie, il D.Lgs. n. 81/2008 e s.m.i. (il Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro), il Codice Civile, il Codice Penale, il D.Lgs. n. 231/2001 ed il Decreto n. 317/1987 e s.m.i. costituiscono il quadro normativo di riferimento.
Parlando di salute e sicurezza dei lavoratori all’estero, assume importanza anche la conoscenza della normativa del Paese in cui l’attività viene svolta al fine delle disposizioni cogenti in essa contenute, come vedremo nel prosieguo del vademecum.
Il D.Lgs. n. 81/2008 non disciplina direttamente la fattispecie del lavoro all’estero, ma definisce la “Prevenzione” come “Il complesso delle disposizioni o misure necessarie anche secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e dell’integrità dell’ambiente esterno”, e, fra le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, mette al primo posto “la valutazione di tutti i rischi per la salute e sicurezza”.
Il percorso di valutazione dei rischi deve tenere in considerazione tutte le tipologie di rischio (nessuna esclusa) inerenti alla salute e sicurezza dei lavoratori, compresi i cosiddetti “rischi atipici o esogeni”: questi “rischi esogeni”, se prevedibili (e quindi valutabili e mitigabili), è opportuno che siano oggetto di valutazione ed esplicitazione nel documento di valutazione dei rischi (DVR).
Il percorso di valutazione vede, come attori protagonisti, la struttura aziendale (datore di lavoro, dirigenti, preposti e lavoratori), insieme alle figure previste dal D.Lgs. n. 81/2008, Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP ed ASPP), medico competente e rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS), coadiuvati anche da esperti, se esistenti in azienda, come i cd. “Security manager”, “Crisis manager” etc..
Il Ministero del Lavoro con risposta ad Interpello n. 11/2016, ha affermato che: “il datore di lavoro debba valutare tutti i rischi compresi i potenziali e peculiari rischi ambientali legati alle caratteristiche del Paese in cui la prestazione lavorativa dovrà essere svolta, quali a titolo esemplificativo, i cosiddetti «rischi generici aggravati», legati alla situazione geopolitica del Paese (es. guerre civili, attentati, ecc.) e alle condizioni sanitarie del contesto geografico di riferimento non considerati astrattamente, ma che abbiano la ragionevole e concreta possibilità di manifestarsi in correlazione all’attività lavorativa svolta”.
Con specifico riferimento al lavoro da svolgere nei paesi extracomunitari si ricorda la specifica normativa in materia contenuta nel Decreto legge 31 luglio 1987, n. 317 - Norme in materia di tutela dei lavoratori italiani operanti nei Paesi extracomunitari – convertito con modificazioni dalla Legge 3 ottobre 1987, n. 398 e s.m.i. in particolare dal Decreto legislativo n. 151/2015 che lasciando immodificato l’impianto normativo riguardante la parte pensionistica e di assicurazioni sociali ha sostituito il precedente articolo 2 con il seguente testo: Condizioni di lavoro dei lavoratori italiani da impiegare o da trasferire all'estero.
1. Il contratto di lavoro dei lavoratori italiani da impiegare o da trasferire all'estero prevede:
a) un trattamento economico e normativo complessivamente non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative per la categoria di appartenenza del lavoratore, e, distintamente, l'entità delle prestazioni in denaro o in natura connesse con lo svolgimento all'estero del rapporto di lavoro;
b) la possibilità per i lavoratori di ottenere il trasferimento in Italia della quota di valuta trasferibile delle retribuzioni corrisposte all'estero, fermo restando il rispetto delle norme valutarie italiane e del Paese d'impiego;
c) un'assicurazione per ogni viaggio di andata nel luogo di destinazione e di rientro dal luogo stesso, per i casi di morte o di invalidità permanente; d) il tipo di sistemazione logistica;
e) idonee misure in materia di sicurezza.
È importante sottolineare che la previsione di cui alla lettera c) circa l’obbligo assicurativo è limitata esclusivamente ai casi di invio in paesi extracomunitari e non è obbligatoria per le missioni nell’ambito della UE.
Da segnalare in proposito che, nella prassi di moltissime aziende, la copertura assicurativa sia estesa a tutti i Paesi e, spesso, sia integrata per ulteriori fattispecie come, ad esempio, per le cure mediche in loco.
Rilevanza della distinzione tra trasferta e distacco per le missioni all’interno dei paesi aderenti alla UE.
L’invio del dipendente all’estero può avvenire con l’utilizzo di tre diversi strumenti:
il trasferimento, il distacco e la trasferta.
Il trasferimento che prevede l’invio all’estero presso una succursale dell’azienda, esistente o in via di creazione, in via definitiva o per un periodo consistente di tempo non rientra nel focus dell’approfondimento che stiamo svolgendo pur se anche per questa fattispecie possono trovarsi spunti utili nella presente documentazione.
Il distacco nella normativa italiana è definito dall’articolo 30 del D.Lgs. 276/2003 e si configura quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa.
[...]
La trasferta, infine, consiste nel mutamento provvisorio e temporaneo del luogo di lavoro, per esigenze di servizio di carattere transitorio e contingente, che rendono necessario od opportuno lo spostamento del lavoratore dal luogo ove svolge normalmente l’attività, ferma restando la previsione certa del suo rientro nella sede originaria.
Gli elementi caratterizzanti la trasferta, dunque, sono:
- la temporaneità;
- la disposizione unilaterale del datore di lavoro;
- lo svolgimento dell’attività lavorativa sotto la direzione del datore di lavoro;
- il riconoscimento di un’indennità di trasferta (in modo forfetario o a piè di lista) che risarcisca delle spese che il lavoratore affronta per svolgere la sua prestazione lontano dalla sua abitazione (alloggio, pasti, etc.); non è elemento caratterizzante l’istituto il riconoscimento di un trattamento economico di tipo retributivo.
La disciplina della trasferta prevista dal CCNL, pur restando un importante riferimento circa l’articolazione ed i temi trattati, non trova applicazione per l’invio in missione in Paesi stranieri (fatta salva la prassi esistente riguardante la Stato del Vaticano e San Marino) e, pertanto, il trattamento economico e normativo è demandato agli accordi, se esistenti, ovvero ai regolamenti interni aziendali.
[...]
Segue in allegato
Federmeccanica/Assistal – Fim-Cisl/Fiom-Cgil/Uilm-Uil Commissione Salute e Sicurezza
Collegati
Lavoratori distaccati nel settore delle costruzioni
Sicurezza dei lavoratori distaccati / Quadro normativo
Interpello n. 1/2011 / Distacco ex art. 30, D.Lgs. n. 276/2003
Lavoratori distaccati: obblighi sicurezza / Note
Decreto legge 31 luglio 1987 n. 317
Decreto Legislativo 14 settembre 2015 n. 151
Decreto Legislativo 10 settembre 2003 n. 276
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