Lo sfondellamento dei solai e le metodologie di analisi
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Lo sfondellamento dei solai e le metodologie di analisi
ID 19063 | 25.02.2023 / In allegato
Lo sfondellamento dei solai è uno tra i rischi più diffusi nel costruito. È quanto emerge dall’analisi dello stato di fatto: nel 2017 sono stati raccolti e analizzati i casi di cronaca legati alle vulnerabilità degli edifici e lo sfondellamento è il fenomeno più frequente, con la media di un episodio ogni 4 giorni.
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La caduta di elementi non strutturali dall’intradosso dei solai (sfondellamento delle pignatte, distacco di controsoffitti, caduta di elementi appesi, come: plafoniere o impianti) rappresenta senza dubbio un rischio di cui è necessario tener conto e sicuramente da valutare con attenzione quando si progetta o si cura la manutenzione di un edificio, al pari di quello legato allo stato di conservazione delle strutture portanti vere e proprie avviene infatti troppo spesso che la corretta conservazione delle parti intradossali dei solai sia trascurata o non adeguatamente indagata.
I dati statistici (sulla base di una ricerca su quelli giunti alla cronaca – sicuramente in difetto sul totale –) dei fenomeni di caduta di elementi secondari parlano di circa 200 casi nel 2015 tra caduta di elementi intradossali dei solai (rottura e caduta di fondelli, che per brevità in seguito identificheremo come “sfondellamento” dei solai) e casi di caduta di controsoffitti, ed isolati – ma non meno pericolosi – casi di caduta di elementi appesi (illuminazione).
Questi semplici dati, che verranno ripresi con maggior precisione nei prossimi capitoli, impongono ai tecnici impegnati “giornalmente” nella progettazione, manutenzione e gestione degli edifici un’attenta riflessione e forse un preciso sforzo nel dover cominciare a vedere i problemi da nuovi punti di vista: non più (o non solo) legati a deformazione e resistenza delle strutture portanti ma (anche) alla stabilità e tenuta degli elementi che ne compongono la finitura intradossale; talvolta, come vedremo più avanti, i temi si intersecano, altre volte sono scissi e i rischi legati alla caduta di elementi, componenti o parti di solaio devono essere conosciuti e compresi come vere e proprie nuove “competenze” rispetto a quelle ordinariamente possedute.
Cosicché un solaio “ben dimensionato” sotto il piano strettamente strutturale può presentare problemi di caduta di fondelli che prescindono dagli aspetti strettamente “di calcolo” ma che necessitano di osservazioni e conoscenze più ampie, o comunque diverse, e che si può dire fin da ora, coinvolgono trasversalmente chi ha concepito il solaio e chi lo ha realizzato.Viceversa errori in fase di concezione del solaio possono essere proprio alla base di tali fenomeni e palesarsi col trascorrere del tempo.
Quando ci si approccia ad una struttura esistente specialmente se, come spesso avviene, non sono disponibili chiare o complete informazioni su tutto ciò che l’ha riguardata nel corso della sua esistenza, è lecito domandarsi:
- chi ha ideato (forse neanche progettato) il solaio e le sue parti intradossali
- da che materiale è costituito (laterizio, calcestruzzo, legno)
- che caratteristiche ha la finitura dell’intradosso (intonaco, controsoffitto, rivestimento di vario tipo)
- sono presenti ulteriori parti appese (illuminazione, impianti in genere)
Già dare qualche risposta a queste prime domande richiede l’avvio di quella fase “diagnostico-conoscitiva” imprescindibile per approcciarsi in maniera corretta, oggi giorno, alla conoscenza del costruito e dare risposte tecnicamente valide su cause e rimedi delle problematiche che lo possono riguardare.
Nella prassi comune il progettista che debba ideare o far realizzare un solaio è solito interrogarsi su come la struttura dovrà sostenere i “carichi” (pesi propri e di esercizio) e su come le varie sollecitazioni indotte potranno o meno causarne deformazioni, vibrazioni ed eventuali danneggiamenti (perlopiù delle finiture estradossali: pavimenti, rivestimenti, murature…); non sempre lo stesso peso viene invece dato ad alcuni aspetti (sia sul piano prettamente normativo che della prassi progettuale) relativi alle conseguenze che una o l’altra scelta tecnologica e realizzativa possa avere, al trascorrere del tempo, oppure su come le differenti modalità di finitura degli intradossi possano o meno sposarsi con l’utilizzo degli ambienti.tali riflessioni divengono ancor più indispensabili nell’ambito delle strutture esistenti, in cui cioè può non essere sufficiente fermarsi ad indagare resistenza, robustezza, deformazione, rigidezza, etc. dei solai, ma invece può essere necessario porsi (anche) altri interrogativi riguardo al materiale costituente il solaio e specificamente:
- sui materiali costituenti l’intradosso: pignatte, tavelle, pianelle, tavolato in legno, calcestruzzo;
– sulle tipologie di finiture presenti: intonaco, controsoffitto, lasciato a vista (al “grezzo”);
- sulla presenza o meno di parti appese: impianti di illuminazione, riscaldamento, scarichi;ed ancora:– su come i componenti eventualmente appesi siano ancorati al solaio: se cioè i fissaggi sono stati opportunamente dimensionati e progettati;
- se è stata valutata l’adeguatezza del materiale impiegato alla destinazione degli ambienti: in relazione ad umidità, escursioni termiche, vibrazioni, fenomeni di fatica.
Documenti più attinenti al tema del rischio di caduta di elementi non strutturali
A seguito della drammatica vicenda del liceo Darwin (morte di uno studente per crollo del soffitto di un’aula), risalente al novembre 2008, nel 2009 viene pubblicato un documento a cura della Protezione Civile (Giugno: “Linee guida per la riduzione della vulnerabilità di elementi non strutturali arredi e impianti”) ed anche stipulata un’“Intesa istituzionale concernente indirizzi per prevenire e fronteggiare eventuali situazioni di rischio connesse alla vulnerabilità di elementi non strutturali negli edifici scolastici”.
Nel 2008 (gennaio) venivano pubblicate le “Nuove norme tecniche per costruzioni 2008 (Decreto 14 gennaio 2008)” e nel successivo febbraio (2009) la “Circolare esplicativa (Circolare 2 febbraio 2009 , n. 617 C.S.LL.PP)” (che tratta gli elementi non strutturali e le vulnerabilità non quantificabili numericamente per lo più in relazione al verificarsi di eventi sismici).
Infine la recente revisione 2018 (Decreto 17 gennaio 2018) delle Nuove Norme tecniche ha ulteriormente precisato alcuni importanti aspetti nel § 7.2.3 “Criteri di progettazione di elementi strutturali secondari ed elementi costruttivi non strutturali” che risulta completamente riscritto rispetto alla versione 2008.
In esso infatti, per la prima volta, viene espressamente indicato come per elementi non strutturali “s’intendono quelli con rigidezza, resistenza e massa tali da influenzare in maniera significativa la risposta strutturale e quelli che, pur non influenzando la risposta strutturale, sono ugualmente significativi ai fini della sicurezza e/o dell’incolumità delle persone”.un importante riferimento, al momento, rimane comunque ancora la Circolare esplicativa 2009, in cui (§ C8.9 “Indicazioni aggiuntive per gli elementi non strutturali e gli impianti soggetti ad azioni sismiche”), si sottolinea che:
“I danni causati dal terremoto ai componenti e ai sistemi non strutturali sono stati una fonte di grande preoccupazione per diversi decenni".
Linee Guida e Scheda rilievo vulnerabiità elementi non strutturali scuole (CU 2009)
Linee di indirizzo riduzione vulnerabilità sismica impiantistica antincendio (VVF 2011)
Linee guida riduzione vulnerabilità elementi non strutturali arredi e impianti (PC 2009)
Linee di indirizzo interventi su edifici industriali monopiano non antisismici (PC 2012)
Valutazione vulnerabilità costruzioni uso produttivo in zona sismica (CSLP 2012)
Direttiva PdCM 9 febbraio 2011 (PdCM 2011)
Classificazione sismica e normativa antismica (Certifico Srl - 2018)
Mentre ci sono stati notevoli miglioramenti nella risposta dei sistemi strutturali resistenti alle forze laterali, i terremoti hanno continuato a rivelare la poca attenzione prestata all’ancoraggio e al controventamento dei componenti e dei sistemi non strutturali. Persino nei casi in cui i terremoti hanno causato danni di piccola entità o addirittura nulli ai sistemi strutturali degli edifici, i componenti non strutturali hanno subito danni estesi, soprattutto a causa di un ancoraggio o controventamento impropri..
Non si deve inoltre sottovalutare, a tal proposito, come gli elementi non strutturali possano causare, anche solo per la loro estensione, conseguenze potenzialmente ancora più importanti di quelle dovute agli elementi strutturali (anche se ovviamente “meno” gravi in senso stretto): si pensi ad esempio agli effetti della caduta di interi plafoni di solaio o di parti di controsoffitto e di ciò che ne può derivare sia in termini di investimento degli occupanti sia di ostruzione delle vie di fuga o, in generale, di messa fuori servizio dell’edificio (ad esempio se in concomitanza al verificarsi di eventi sismici o incendi…).
Il distacco di componenti o parti di essi dall’intradosso del solaio può portare alla caduta di materiali aventi pesi da medi a modesti od anche elevati: il range varia dai 10 kg/m² dei sistemi più leggeri (controsoffitti) agli oltre 100 kg/m² dei soffitti con pignatte; sono necessarie ovviamente alcune precisazioni, una peggiorativa ed una migliorativa:
- da un lato è infatti necessario tener conto che la caduta dei controsoffitti è potenzialmente spesso legata al carico che vi si deposita sopra, cioè del preventivo distacco di parti (fondelli) dal sovrastante intradosso di solaio (aspetto questo, dell’impossibilità di monitorare e valutare l’evolversi del fenomeno, che rappresenta un pericoloso limite dei controsoffitti),
- dall’altro è altamente improbabile (se non impossibile) che avvenga la caduta dell’intera pignatta, limitandosi più verosimilmente alla porzione di fondello, cioè quella più bassa della pignatta, o comunque non oltre 1/3 – 1/2 dell’altezza complessiva della stessa.
Queste semplici considerazioni fanno quindi propendere per un carico stimabile e di cui tener conto che si può ragionevolmente aggirare, nei casi più gravi, attorno ai 60-80 kg/m² e che rimane comunque un peso notevole che può causare gravissime conseguenze per gli occupanti investiti (su un ambiente di 25 m² – un’aula di medie dimensioni – il verificarsi di distacco e caduta per circa il 50% della superficie totale può portare ad un carico complessivo di circa una tonnellata).
Appare inoltre ancor più evidente come sia necessaria un’attenta analisi dello stato di conservazione degli intradossi per poter anche giungere ad un corretto inquadramento dei carichi di cui tener conto.
Per innescare il distacco di porzioni di finitura, sia essa intonaco o pignatta, tavellone, o questi insieme, deve innanzitutto avvenire una frattura a livello locale del componente interessato; in altri casi, pensando ad esempio ai controsoffitti, le casistiche “aumentano” poiché maggiori sono i componenti che li compongono: fissaggi, pendinature, orditure, finiture e quindi i punti di debolezza del sistema possono anche aumentare.
Di seguito alcune considerazioni sui motivi più ricorrenti.
Perdita di aderenza al supporto da parte dell’intonaco
Le cause che portano al distacco degli intonaci possono essere legate alla loro stessa composizione: ad esempio intonaci con forti componenti di cemento possiedono grande rigidezza e bassa traspirabilità, sono fisiologicamente predisposti a formazione di cavillature che, col trascorrere del tempo, aprono una strada all’innescarsi di fenomeni, ben maggiori, di distacco più o meno esteso.Viceversa intonaci con alte componenti, o totalmente, di gesso possono facilmente attaccare i materiali acciaio-ferrosi con cui si trovano a contatto, come le armature eventualmente presenti: ciò unito ad uno scarso o pressoché nullo spessore di copriferro, può innescare la corrosione; inoltre tali materiali risultano particolarmente sensibili ad eventuali piccoli assestamenti del suporto, fragili e soggetti a rigonfiamento in presenza di umidità o di infiltrazioni.
Nell’immagine seguente si nota facilmente la scadente adesione dell’intonaco sul fondello con formazione di lesioni ed avvio del distacco.
Per l’effettuazione di indagini sui soffitti (intradossi solai) occorre effettuare:
- un primo approccio di ispezione visiva e con impiego di termocamera al fine di individuare la tipologia di solaio (lo “scheletro strutturale”), circoscrivere le aree in cui approfondire le indagini o evidenziare quelle con le problematiche più evidenti o di immediato intervento;
- un primo approfondimento costituito dall’esecuzione della “battitura manuale” delle superfici circoscritte dalle precedenti indagini;
- un ulteriore affinamento tramite l’impiego di un’indagine strumentale (acustica, impulsiva, dinamica) che consenta di giungere ad un giudizio sul possibile rischio secondo criteri comparativi (tra parti in buono stato e parti in cui si sospettano o si sono evidenziati problemi).
Assieme a tali aspetti viene raccomandata l’esecuzione di saggi esplorativi (almeno: 1 ogni 250 m², o per ogni tipologia costruttiva di solaio) finalizzati alla individuazione di eventuali difetti locali o estendibili a superfici più vaste (se ad esempio legati alle modalità realizzative dei componenti il solaio).
Analisi visiva e battitura manuale con ascultazione sonora
Tale metodo di verifica è di rapida esecuzione, a basso costo ma, richiede una buona esperienza dell’operatore nel distinguere la “sonorità” tipica che possa essere correttamente interpretata come effettivo sfondellamento, piuttosto che distacco dell’intonaco.Il metodo consiste nella battitura manuale in una fitta rete di punti sulla superficie dell’intradosso del solaio, mediante un’asta telescopica che possa generare una vibrazione sonora, identificando (per confronto) le “sonorità anomale” riconducibili a criticità.
Allo stesso tempo è necessaria una attenta analisi visiva che possa individuare la presenza di lesioni continue più o meno estese o ramificate, rigonfiamenti, inflessioni evidenti del solaio (frecce elevate) che, inducono a segni di cedimento localizzato, e richiedono ulteriori accertamenti per prevenire rischi o collassi improvvisi.
Analisi termografica
L’applicazione del metodo termografico per questa finalità è sicuramente più complessa, e richiede necessariamente una sollecitazione termica delle superfici (intradossi), per far emergere eventuali anomalie termiche che vanno correttamente interpretate.
In questo caso la termografia consente di: verificare la struttura e l’orientamento del solaio; intercettare la presenza di travi a spessore e rompi tratta; intercettare parti di intonaco decoese dal supporto, criticità diffuse o localizzate; verificare eventuali cambiamenti della struttura; verificare i punti di sospensione di controsoffitti, impianti ecc., se correttamente fissati agli elementi portanti della struttura. Anche in queste applicazioni, il vantaggio della termografia si traduce nella non invasività del metodo, per verificare in tempi rapidi superfici estese, consentendo di creare una mappatura particolarmente precisa delle anomalie, anche in fase di verifica, potendo stabilire i relativi livelli di rischio e le priorità d’intervento.
Le applicazioni in tempi successivi, consentono di realizzare una sorta di monitoraggio per il controllo delle variazioni delle condizioni fisiche dei solai.
Scopo dell’analisi termografica e analisi risultati
Lo scopo principale della termografia consiste nell'individuazione di errori e difetti nelle strutture dei solai e nella determinazione della loro natura ed estensione. Generalmente viene utilizzata per studiare le variazioni di temperatura sulle superfici di una struttura. Le variazioni nella resistenza termica possono, in determinate condizioni, determinare variazioni di temperatura sulla superficie.
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Analisi sonica
L’analisi sonica si basa sul principio della diversa “risposta” delle onde sonore generate da impulsi che si propagano nella struttura nei punti di campionamento. Tale metodologia, è di tipo puntuale, non è invasiva, generalmente viene applicata ad integrazione di altre tecniche, per ulteriori verifiche nei punti in cui sono già stati riscontrati difetti costruttivi e anomalie.
Il metodo infatti, essendo di tipo puntuale, risulta più dispendioso per indagare grandi superfici. Anche questa metodologia risulta più complessa, e richiede una buona esperienza dell’operatore, specie per la corretta interpretazione dei dati acquisiti.
Ripristino solai sfondellati
Quando un solaio in laterocemento subisce uno sfondellamento delle pignatte è indispensabile intervenire per escludere pericoli alle persone.
Sono possibili varie tecniche di intervento in relazione al tipo di sfondellamento ed in relazione alle decisioni/scelte del progettista.
Esempio
Trattamento anticorrosione dei ferri dei travetti
Se sono interessati i ferri dei travetti possono essere applicati prodotti che bloccano la corrosione dei ferri, mantenendo inalterata la la loro resistenza.
Pannelli in polistirolo alleggerito
Dopo aver risanato i travetti, per eliminare i vuoti prodotti dallo sfondellamento delle pignatte, possono essere impiegate materie plastiche tipo EPS o polistirolo, che, oltre alla funzione di colmare i vuoti, ha anche la funzione utile contro la trasmissione del calore e del rumore.
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Fonti:
- Il Pompiere
- Certifico Srl
Collegati
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