Procura BG n. 1104 del 13.05.2020
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Procura della Repubblica presso il Tribunale di BERGAMO - Prot. 13/05/2020.0001104
13 maggio 2020 | Testo completo allegato
Con il D.L. 19/2020 che enuncia nell'incipit dell'Art. 4 "salvo che il fatto non costituisca reato", il Governo ha previsto la possibilità che un datore di lavoro (o altro soggetto aziendale con posizione di garanzia) commetta un fatto che viola una misura contenuta in uno dei protocolli e che, al contempo, consista in un illecito di natura penale, ossia in un reato. Nel qual caso, egli sarà denunciato alla Procura della Repubblica e si aprirà un procedimento penale nei suoi confronti, mentre non sarà applicata la sanzione amministrativa, né quella principale pecuniaria né quella accessoria. Vista la finalità di prevenzione generale cui è ispirata la ratio della normativa in materia di sicurezza e igiene del lavoro, si ritiene consigliabile reperire, nelle misure di contenimento contenute nel Protocollo condiviso o negli altri due protocolli, i precetti che corrispondono alle norme del D.Lgs. 81/2008. Pertanto, in caso di inadempimento alle misure contenute in uno dei protocolli e, contemporaneamente, di violazione ad una delle norme del D.Lgs. 81/2008, andrà applicata la procedura di cui all'art. 301 del D.Lgs. 81/2008 e conseguentemente le disposizioni di cui agli artt. 20 e seguenti del D.Lgs. 758/1994, impartendo al trasgressore la prescrizione volta alla regolarizzazione della situazione antigiuridica.
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Oggetto: indicazioni operative per la verifica dell'applicazione dei protocolli condivisi di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento del virus Covid-19 ex art. 2 comma 6 DPCM 26.04.2020.
Preso atto della riapertura di numerose attività produttive, con il presente documento si intendono offrire indicazioni operative agli Organi di Vigilanza deputati alla verifica dell'applicazione del Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro non sanitari ai sensi del DPCM del 26.04.2020.
Come è noto, l'epidemia provocata dal virus COVID-19 ha reso necessaria la produzione di numerosi provvedimenti di varia natura, il primo dei quali è consistito nella delibera del Consiglio dei Ministri del 31.01.2020, con cui è stato dichiarato, fino al 31.07.2020, lo stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili. Dopo una prima fase emergenziale, in cui si sono succeduti alcuni decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, è stato emesso il Decreto Legge n.19 del 25.03.2020, con cui è stata prevista l'adozione di misure temporanee di contenimento dei rischi sanitari derivanti dalla diffusione del virus COVID-19.
L'art. 2 del DPCM 26.04.2020 rubricato "misure di contenimento del contagio per lo svolgimento in sicurezza delle attività produttive industriali e commerciali" riguarda anche la gestione degli aspetti di sicurezza ed igiene del lavoro, in particolare va segnalata la previsione contenuta nel comma 6 di codesto articolo, secondo cui le imprese le cui attività non sono sospese rispettano i contenuti del Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro sottoscritto il 24.04.2020 tra il Governo e le parti sociali di cui all'allegato 6, nonché, per i rispettivi ambiti di competenza, il Protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del COVID-19 nei cantieri, sottoscritto il 24.04.2020, di cui all'allegato 7 e il protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del COVID-19 nel settore del trasporto e della logistica sottoscritto il 20.03.2020, di cui all'allegato 8.
Il primo dei tre protocolli ha valenza generale e costituisce la seconda versione di un analogo protocollo, concluso il 14.03.2020 ed aggiornato con alcune integrazioni.
Si deve sottolineare che, in sede di Premessa, i sottoscrittori dci Protocollo del 24 Aprile (d'ora in poi "Protocollo condiviso") hanno precisato espressamente che esso "contiene linee guida condivise tra le Parli sociali", cosa diversa dalle "norme tecniche" o "buone prassi" di cui all'art. 2 lett. u), v) del D.Lgs. 81/2008.
Altrettanto chiara e la finalità del Protocollo condiviso, che è quella di 'fornire indicazioni operative finalizzale a incrementare, negli ambienti di lavoro non sanitari, l'efficacia delle misure precauzionali di contenimento adottale per contrastare l'epidemia di COVID-19.
Il COVID-19 rappresenta un rischio biologico generico, per il quale occorre adottare misure uguali per tutta la popolazione. Il presente protocollo contiene, quindi, misure che seguono la logica della precauzione e seguono e attuano le prescrizioni del legislatore e le indicazioni dell'Autorità sanitaria.
Le parti contraenti hanno stabilito che le imprese adottano il Protocollo condiviso all'interno dei proprio luoghi di lavoro applicando, oltre a quanto previsto dal DPCM 26.04.2020, le ulteriori misure di precauzione elencate per punti nel Protocollo stesso, "da integrare con altre equivalenti o più incisive secondo le peculiarità della propria organizzazione, previa consultazione delle rappresentanze sindacali aziendali, per tutelare la salute delle presone presenti ali 'interno dell 'azienda e garantire la salubrità dell 'ambiente di lavoro ".
Premesso il quadro normativo, si affronta la questione della natura dei contenuti del Protocollo condiviso e delle sanzioni previste in caso di loro inosservanza.
Il Governo, mediante il D.L. 19/2020, ha attribuito il potere di individuare le misure di contenimento al Presidente del Consiglio dei Ministri, che l'ha esercitato con l'emanazione dei Decreti 10 Aprile e 26 Aprile 2020, nei quali sono state espressamente individuate tali misure: esse, poiché previste dal D.L. 19/2020 ed emanate in attuazione di esso, presentano natura normativa.
Secondo quanto previsto dall'art. 2 del DPCM 26.04.2020 tutte le imprese, a far data dal 04.05.2020, devono osservare i contenuti del Protocollo condiviso; in aggiunta, le imprese che operano nell'edilizia e quelle dei settori del trasporto e della logistica rispettano anche le misure inserite nei rispettivi protocolli. L'art. 2 c.10, nel fare espressa menzione dei contenuti dei tre protocolli, attribuisce alle misure in essi contenute la natura delle misure di contenimento, ossia la natura normativa. Poiché i contenuti dei tre protocolli sono misure di contenimento, la loro violazione, al pari dell'inosservanza di qualsiasi altra misura di contenimento, comporta l'applicazione delle sanzioni individuate dal D.L. 19/2020, precisamente dall'art. 4 rubricalo "Sanzioni e Controlli".
La procedura per l'irrogazione delle sanzioni previste dall'art. 4, c. 1 e 2, del D.L. 19/2020 è quella prevista dalla Legge 689/1981, pertanto sanzioni di natura amministrativa immediatamente applicabili, ma prive del potere di prescrivere l'adozione di misure organizzative e gestionali che produrrebbero il virtuoso effetto dell'adeguamento dei luoghi di lavoro alle precauzioni anti-contagio indicate nei protocolli e, quindi, il miglioramento delle condizioni di sicurezza e di igiene allo scopo di ridurre il fattore di rischio Covid-19.
Tuttavia visto l'incipit dell'art. 4 del D.L. 19/2020 che enuncia "salvo che il fatto non costituisca reato", il Governo ha previsto la possibilità che un datore di lavoro (o altro soggetto aziendale con posizione di garanzia) commetta un fatto che viola una misura contenuta in uno dei protocolli e che, al contempo, consista in un illecito di natura penale, ossia in un reato.
Nel qual caso, egli sarà denunciato alla Procura della Repubblica e si aprirà un procedimento penale nei suoi confronti, mentre non sarà applicata la sanzione amministrativa, né quella principale pecuniaria né quella accessoria. Vista la finalità di prevenzione generale cui è ispirata la ratio della normativa in materia di sicurezza e igiene del lavoro, si ritiene consigliabile reperire, nelle misure di contenimento contenute nel Protocollo condiviso o negli altri due protocolli, i precetti che corrispondono alle norme del D.Lgs. 81/2008.
Pertanto, in caso di inadempimento alle misure contenute in uno dei protocolli e, contemporaneamente, di violazione ad una delle norme del D.Lgs. 81/2008, andrà applicata la procedura di cui all'art. 301 del D.Lgs. 81/2008 e conseguentemente le disposizioni di cui agli artt. 20 e seguenti del D.Lgs. 758/1994, impartendo al trasgressore la prescrizione volta alla regolarizzazione della situazione antigiuridica.
Prendendo perciò in analisi le misure previste dal Protocollo condiviso, a solo scopo esemplificativo al:
- punto 1 "INFORMAZIONE" si propone di contestare al datore di lavoro/dirigente la violazione dell'art. 36 c. 2 let. a): per non aver provveduto affinché ciascun lavoratore ricevesse una adeguata informazione sui rischi specifici cui è esposto in relazione all'attività svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia;
- punto 4 "PULIZIA E SANIFICAZIONE IN AZIENDA" si propone di contestare al datore di lavoro/dirigente la violazione dell'art. 63 c. 1, in combinato disposto con l'art. 64 c. 1 lett. d) e l'All IV punto 1.1.6.: per non aver mantenuto puliti i locali di lavoro, facendo eseguire la pulizia;
- punto 5 "PRECAUZIONI IGIENICHE PERSONALI" si propone di contestare al datore di lavoro/dirigente la violazione dell'art. 18 C. 1 let. f): per non aver richiesto l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro;
- punto 6 "DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE" si propone di contestare al datore di lavoro/dirigente, in caso di mancata fornitura dei DPI previsti dal Protocollo condiviso, la violazione dell'art. 18 c. 1 let. d): per non aver fornito ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale, sentito il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente, ove presente.
Infine si ricorda, con specifico riferimento alle mascherine chirurgiche, che il Governo ha previsto una apposita norma avente forza di legge, secondo cui: "..Per contenere il diffondersi del virus COVI D-19, fino al termine dello stato di emergenza di cui alla delibera del Consiglio del ministri in data 31 gennaio 2020, sull'intero territorio nazionale, per i lavoratori che nello svolgimento della loro attività sono oggettivamente impossibilitati a mantenere la distanza interpersonale di un metro, sono considerati dispositivi di protezione individuale (DPI), di cui all'articolo 74, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, le mascherine chirurgiche reperibili in commercio, il cui uso è disciplinato dall'articolo 34 comma 3, del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9" (articolo 16, c. 1, D.L. n. 19 del 25.03.2020).
Per le violazioni riguardanti i DPI si rammenta anche il Capo II "uso dei dispositivi di protezione individuale" del D.Lgs. 81/2008 il quale delinea dall'art. 74 al 79 l'obbligo di uso, i requisiti, gli obblighi del datore di lavoro, gli obblighi dei lavoratori e i criteri per l'individuazione e l'uso dei DPI.
Si rimane a disposizione per qualsiasi chiarimento e si ringrazia per la collaborazione.
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