Considerato in diritto
1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per le ragioni illustrate nel prosieguo.
2. In linea generale, non può non essere rilevato come, con il ricorso dinanzi a questa Corte, il ricorrente abbia riproposto censure già sottoposte al vaglio del Collegio territoriale confrontandosi soltanto in parte con i passaggi argomentativi sviluppati in risposta nella sentenza impugnata. Il che rende aspecifiche le doglianze e conseguentemente inammissibile il ricorso (Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, Amone e altri, Rv. 243838).
2.1. D'altra parte, il ricorso risulta generico laddove viola il principio di autosufficienza, nella parte in cui, nel denunciare il vizio di travisamento delle prove testimoniali assunte nel processo (in particolare di quelle di A.R. e I.S.), omette di allegare la trascrizione delle testimonianze medesime (o delle parti ritenute d'interesse), in modo da consentire l'effettivo apprezzamento del vizio dedotto da parte di questo Giudice di legittimità.
Giova invero ribadire che, in forza della regola della "autosufficienza" del ricorso, operante anche in sede penale, il ricorrente che intenda dedurre in sede di legittimità il travisamento di una prova testimoniale ha l'onere di suffragare la validità del suo assunto mediante la completa trascrizione dell'integrale contenuto delle dichiarazioni rese dal testimone, non consentendo la citazione di alcuni brani delle medesime l'effettivo apprezzamento del vizio dedotto. (Sez. 4, n. 37982 del 26/06/2008, Buzi, Rv . 241023; Sez. 3, n. 19957 del 21/09/2016 - dep. 27/04/2017, Saccomanno, Rv. 269801).
3. Ad ogni buon conto, l'impugnazione si appalesa all'evidenza destituita di fondamento, laddove - tenuto conto del discorso giustificativo svolto dalla Corte d'appello come integrato dal corredo motivazionale della richiamata decisione di primo grado (v. da ultimo Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218) - i Giudici di merito risultano avere bene argomentato, con considerazioni aderenti alle emergenze dell'incartamento processuale, lineari e conformi a logica - pertanto incensurabili nella sede di legittimità -, le ragioni per le quali abbiano ritenuto provata al di là di ogni ragionevole dubbio la penale responsabilità di F.P. per le lesioni personali colpose cagionate a R.Z., dipendente di fatto dell'azienda di cui l'imputato era legale rappresentante.
3.1. Nel confermare il giudizio di penale responsabilità a carico del ricorrente, la Corte d'appello lagunare ha convincentemente argomentato: che deve ritenersi pacificamente acquisito che il muletto Manitou, sebbene di proprietà della Nettuno s.r.l., fosse utilizzato nella pratica in maniera promiscua dalla Fun Village s.r.l. e dalla Nettuno s.r.l. (v. pagina 3 della sentenza impugnata); che la Nettuno s.r.l. non ha intentato alcuna azione avverso la Fun Village s.r.l. per lamentare l'indebito utilizzo del mezzo da parte dei dipendenti della stessa; che, come dato atto dal primo giudice, detto muletto era stato d'altronde incluso nel corso di aggiornamento, imposto da SPISAL ed effettuato nel maggio 2013 (v. pagina 3 della motivazione della sentenza di primo grado); che, il giorno del fatto, il mezzo era immediatamente reperibile sul luogo dell'infortunio con disponibilità delle chiavi; che il teste I.S. ha riferito di essere stato richiesto da A.R. di condurre il muletto Manitou per averlo guidato più volte, aggiungendo che "Manitou guidato tutti"; che rientrava pertanto nella responsabilità datoriale del F.P. l'obbligo di impartire le dovute istruzioni ai propri dipendenti dirette ad assicurare che l'uso del mezzo, normalmente utilizzato nell'ambito aziendale, avvenisse in modo tale da garantire, in ogni evenienza, la sicurezza sul luogo di lavoro (v. pagina 3 della sentenza impugnata); che, il giorno degli occorsi, lo stabilimento balneare era chiuso al pubblico, l'area ove era avvenuto il fatto era interdetta alla generalità delle persone e R.Z. e I.S. si trovavano sul posto, non per bere un caffè - come sostenuto dalla difesa -, ma per eseguire assieme a A.R. dei lavori di manutenzione; che risulta non credibile che F.P. - presente sull'area del cantiere come riferito dal I.S. - non sapesse della presenza, oltre che di A.R., anche degli stessi ex dipendenti R.Z. e I.S., come confermato anche dal fatto che, subito dopo l'infortunio, il ricorrente aveva provveduto all'immediata regolarizzazione degli ex dipendenti R.Z. e I.S. (v. pagine 4 e 5 della sentenza impugnata); che, quanto alle modalità dell'incidente, I.S. ha riferito che, quella mattina, era stato lo stesso F.P. ad utilizzare il muletto per portare la saldatrice sul posto, lasciando le chiavi sul quadro del mezzo; che, sebbene non vi sia prova del fatto che l'imputato abbia dato l'ordine di utilizzare quel mezzo per riportare la saldatrice a posto, la circostanza che F.P. potesse confidare sulla collaborazione di R.Z. e I.S. presenti sul posto si desume in via logica, in primo luogo, dal fatto che il ricorrente aveva lasciato sul posto il muletto e, in secondo luogo, dalla circostanza che egli non poteva fare affidamento sul fatto che la saldatrice potesse essere spostata dal solo A.R., atteso che il trattore Manitou e la pedana non potevano essere movimentati da una sola persona (v. pagina 5 della sentenza impugnata).
3.3. Non può omettersi di porre in rilievo come, ai fini della valutazione dell'accertamento della responsabilità colposa del F.P. per l'infortunio occorso sul luogo di lavoro, poco rilevi la circostanza che l'area nella quale si verificava l'incidente fosse chiusa o aperta al pubblico. Ed invero, secondo quanto non irragionevolmente ricostruito dai Giudici di merito, F.P. era consapevole del fatto che A.R. sarebbe stato aiutato nelle operazioni di movimentazione della saldatrice da I.S. e dalla persona offesa - non potendo (come già evidenziato) detta operazione essere eseguita da un solo operaio - ed era pertanto tenuto - in quanto datore di lavoro tenuto al controllo dei fattori di rischio anche nei riguardi di terzi non dipendenti e nonostante i comportamenti imprudenti di costoro - ad attuare le misure antinfortunistiche, ad assicurare la necessaria formazione professionale sull'utilizzo dei macchinari impiegati nelle lavorazioni (segnatamente del muletto Manitou) e sulle misure precauzionali da adottare (compreso il divieto di salire sui pallet per il rischio caduta e di investimento), a garantirne la loro rigorosa osservanza da parte del proprio dipendente A.R. nonché ad inibire a I.S. e R.Z. di fare accesso al luogo e di prendere parte alle lavorazioni affidate a A.R..
Nel riconoscere la responsabilità colposa dell'imputato, i Giudici di merito hanno fatto ineccepibile applicazione dei consolidati principi di diritto in materia, secondo cui il datore di lavoro - quale responsabile della sicurezza dell'ambiente di lavoro - è tenuto a dare ai lavoratori una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e di salute, fornendo specifiche informazioni sulle modalità di svolgimento delle attività lavorative e sull'uso dei macchinari e quindi ad eliminare le fonti di pericolo per i lavoratori dipendenti, e risponde pertanto dell'infortunio occorso al dipendente a causa della mancanza di tali requisiti (Sez. 4, n. 5441 del 11/01/2019, Lanfranchi, Rv. 275020).
3.4. A fronte della precisione, completezza e intima coerenza dell'iter argomentativo sviluppato nonché della correttezza in diritto del ragionamento svolto dal Giudice del gravame in sentenza, le censure mosse dal ricorrente quanto alla valutazione delle prove acquisite al processo, alla ricostruzione della vicenda sotto il profilo storico-fattuale ed al conseguente inquadramento giuridico della fattispecie - con specifico riguardo alla ritenuta sussistenza dei profili di colpa generica e specifica in relazione alla normativa volta alla prevenzione degli infortuni sul lavoro - si risolvono, nella sostanza, nella sollecitazione ad una rilettura delle emergenze processuali in un senso ritenuto più plausibile e, dunque, ad una valutazione di aspetti squisitamente di merito, non consentita in questa Sede, dovendo la Corte di legittimità limitarsi a verificare la completezza e l'insussistenza di vizi logici ictu oculi percepibili, senza possibilità di valutare la rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (ex plurimis Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074).
4. Immune da vizi di ordine logico o giuridico è pure la ritenuta assenza dei presupposti dell'eccentricità o abnormità della condotta tenuta dai tre cittadini lituani tale da renderla imprevedibile e pertanto esulante dall'orizzonte del rischio prevedibile e governabile dal datore di lavoro.
4.1. Al riguardo, la Corte distrettuale ha ineccepibilmente notato come l'abnormità del comportamento sia esclusa dal fatto che i tre operai si limitavano a replicare la condotta tenuta dal F.P. per portare la saldatrice sul luogo dei lavori nonché ad utilizzare un mezzo di cui avevano in quel momento la disponibilità e l'uso e che avevano anche in precedenza utilizzato per eseguire i lavori nell'area, senza peraltro ricevere la formazione antinfortunistica necessaria (v. pagine 5 e 6 della sentenza impugnata).
L'assunto difensivo contrario, che pretende non essere stato fatto uso del muletto da parte del ricorrente per il trasferimento della saldatrice prima dell'infortunio, non è ritualmente supportato dai necessari riscontri probatori perché possa essere apprezzato da questo Giudice di legittimità, risultando il ricorso privo di autosufficienza nei termini già sopra esposti.
4.2. Il ragionamento del Giudice del gravame risulta perfettamente allineato alla costante giurisprudenza di questa Corte di legittimità in materia, secondo cui l'abnormità della condotta del lavoratore tale da escludere la responsabilità del datore di lavoro non coincide con la mera imprudenza o disattenzione nello svolgimento delle lavorazioni, ma postula che il comportamento si svolga al di fuori dell'ambito delle mansioni assegnate ovvero che, pur collocandosi nell'alveo di esse, risulti radicalmente avulso da un'avventatezza prevedibile - e dunque evitabile - nelle operazioni.
Sì è, in particolare, affermato che il comportamento del lavoratore può ritenersi "abnorme", e come tale non suscettibile dì controllo da parte delle persone preposte all'applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro, allorchè provochi l'infortunio ponendo in essere, colposamente, un'attività del tutto estranea al processo produttivo o alle mansioni attribuite, realizzando in tal modo un comportamento "esorbitante" rispetto al lavoro che gli è proprio, assolutamente imprevedibile (ed evitabile) per il datore di lavoro, come, ad esempio, nel caso che il lavoratore si dedichi ad un'altra macchina o ad un altro lavoro, magari esorbitando nelle competenze attribuite in esclusiva ad altro lavoratore (v. di recente Sez. 4 del 21/10/2008, n. 40821, Petrillo; Sez, 4 del 16/02/2012, n. 10712, Mastropietro). Tale comportamento è "interruttivo" non perché eccezionale, ma perché eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a "governare" (v. Sez. 4, del 23/11/2012, n. 49821, Lovison ed altri).
D'altra parte, si è giudicata abnorme quella condotta che, pur rientrando nelle mansioni lavorative proprie del lavoratore o comunque in attività con esse connesse, sia consistita in qualcosa di radicalmente, ontologicamente lontano dalle pur ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nell'esecuzione del lavoro.
In un caso assimilabile a quello di specie, questa Corte ha escluso che presenti le caratteristiche dell'abnormità il comportamento, pur imprudente, del lavoratore che non esorbiti completamente dalle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli e mentre vengono utilizzati gli strumenti di lavoro ai quali è addetto, essendo l'osservanza delle misure di prevenzione finalizzata anche a prevenire errori e violazioni da parte del lavoratore, trattandosi di comportamento "connesso" all'attività lavorativa o da essa non esorbitante e, pertanto, non imprevedibile (v. ex plurimis, Sez. 4, del 16/02/2012, n. 10712, Mastropietro; Sez. 4, n. 43846 del 26/06/2014, Colella).
5. La rilevata inammissibilità del ricorso rende irrilevante la questione - dedotta dalla difesa in udienza - circa la non applicabilità nel caso de quo della sospensione dei termini di prescrizione di cui all'art. 83 d.l. n. 18 del 17 marzo 2020 convertito con modificazioni dalla l. n. 24 aprile 2020, n. 27.
Costituisce difatti principio acquisito che l'inammissibilità del ricorso per cassazione non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 cod. proc. pen. (Nella specie la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso) (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, D. L, Rv. 217266).
6. Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a versare una somma, che si ritiene congruo determinare in tremila euro.