Considerato in diritto
3. Il ricorso è inammissibile.
4. Ed invero, dall'esame della sentenza risulta palese la genericità del motivo.
Ed infatti, il tribunale confuta le argomentazioni esposte nell'identico motivo di ricorso - che viene ad essere, per cosi dire, "replicato" in questa sede di legittimità senza apprezzabili elementi di critica innovativa rispetto a quanto già oggetto di doglianza davanti al primo giudice - indicando le ragioni per le quali l'imputato doveva essere ritenuto responsabile del reato contestato, specificando da quali elementi di prova diretta e logica fosse desumibile che all'atto dell'ispezione la Family Sports, di cui il ricorrente, era titolare, ancora conducesse l'attività commerciale presso il punto vendita di via M. Carbonara n. 1, in Roma.
5. Le doglianze difensive tendono anzitutto a sottoporre a questa Corte una rivalutazione, nel merito, dei fatti, donde prestano il fianco all'inammissibilità per aspecificità, essendo infatti stato affermato che è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripro-pongono le stesse ragioni già esaminate ritenute infondate dal giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione (Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012 - dep. 16/05/2012, Pezzo, Rv. 253849).
6. E' sufficiente infatti la lettura della sentenza per rilevare l'assoluta assenza di pregio delle argomentazioni difensive; il giudice da atto che a seguito dell'ispezione presso il punto vendita della società gestita dal ricorrente all'epoca del fatto, era stata rilevata l'assenza del DVR e la mancata designazione dell'RSPP da parte del medesimo, quale datore di lavoro; che il punto vendita in questione era attivo al momento dell'ispezione ma che si trovava in difficoltà anche perché l'attività aveva successivamente chiuso; che dalle visure camerali in atti risultava che il punto vendita in questione risultava una sede secondaria della Family Sports di cui il ricorrente era liquidatore, nominato con atto del 18.04.2011; che la società risultava condurre in affitto l'attività commerciale ceduta con scrittura privata del 16.10.2002 dalla MPS Sport s.r.l., poi Azzurra Sport S.p.A., rilevandosi in tale atto che legale rappresentante della Family Sports fosse proprio l'odierno ricorrente; che, infine, ad eliminare qualsiasi dubbio sulla responsabilità del ricorrente, era stato valorizzato il provvedimento 22.06.2011, con cui il tribunale di Roma revocava su richiesta del ricorrente, legale rappresentante alla data della richiesta del 28.03.2011 della Family Sports, l'ordinanza di rilascio del plesso aziendale in questione in favore della Azzurra Sport S.p.A., elemento da cui il giudice desumeva logicamente che all'atto dell'ispezione del 28.06.2011 la Family Sports ancora conduceva l'attività commerciale.
7. Al cospetto di tale apparato argomentativo è evidente come le censure prospettino una critica risolventesi nel mero dissenso del ricorrente rispetto all'approdo valutativo operato dal giudice di merito, non consentito in questa sede.
Deve, a tal proposito, essere ribadito che gli accertamenti (giudizio ricostruttivo dei fatti) e gli apprezzamenti (giudizio valutativo dei fatti) cui il giudice del merito sia pervenuto attraverso l'esame delle prove, sorretto da adeguata motivazione esente da errori logici e giuridici, sono sottratti al sindacato di legittimità e non possono essere investiti dalla censura di difetto o contraddittorietà della motivazione solo perché contrari agli assunti del ricorrente; ne consegue che tra le doglianze proponibili quali mezzi di ricorso, ai sensi dell'alt. 606 cod. proc. pen., non rientrano quelle relative alla valutazione delle prove, specie se implicanti la soluzione di contrasti testimoniali, la scelta tra divergenti versioni ed interpretazioni, l'indagine sull'attendibilità dei testimoni e sulle risultanze peritali, salvo il controllo estrinseco della congruità e logicità della motivazione (v., tra le tante: Sez. 4, n. 87 del 27/09/1989 - dep. 11/01/1990, Bianchesi, Rv. 182961). Il controllo di legittimità sulla motivazione è, infatti, diretto ad accertare se a base della pronuncia del giudice di merito esista un concreto apprezzamento del materiale probatorio e/o indiziario e se la motivazione non sia puramente assertiva o palesemente affetta da vizi logici. Restano escluse da tale controllo sia l'interpretazione e la consistenza degli indizi e delle prove sia le eventuali incongruenze logiche che non siano manifeste, ossia macroscopiche, eclatanti, assolutamente incompatibili con altri passaggi argomentativi risultanti dal testo del provvedimento impugnato: ne consegue che non possono trovare ingresso in sede di legittimità i motivi di ricorso fondati su una diversa prospettazione dei fatti nè su altre spiegazioni, per quanto plausibili o logicamente sostenibili, formulate dal ricorrente (Sez. 6, n. 1762 del 15/05/1998 - dep. 01/06/1998, Albano L, Rv. 210923).
La sentenza impugnata non merita dunque censura sotto tale profilo.
[...omissis]