Cattura e stoccaggio geologico di biossido di carbonio
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Cattura e stoccaggio del biossido di carbonio (CCS) | Note
ID 13490 | 05.05.2021 / In allegato documento completo
La necessità di ricorrere allo stoccaggio permanente della CO2 (CCS)* nasce dalla volontà di contrastare i cambiamenti climatici in atto, che minacciano l’intero ecosistema riducendo la quantità di gas serra nell’atmosfera e limitare (o addirittura invertire) il riscaldamento climatico prodotto dall’uomo. Le fonti fossili e i processi industriali sono le principali fonti di emissione di CO2. Il riferimento normativo europeo è la direttiva 2009/31/CE, recepita in Italia con il D.Lgs 162/2011.
*CCS è un acronimo di Carbon Capture and Storage, (cattura e stoccaggio del carbonio).
CCS in sostanza rappresenta tutte le opzioni tecniche per: estrarre biossido di carbonio (più noto come anidride carbonica o CO2) dagli scarichi prodotti da impianti di combustione; renderlo fluido per consentirne il trasporto verso un deposito, e - se non utilizzato a fini produttivi - provvedere al suo stoccaggio, cioè conservarlo, avendo cura che non si verifichino dispersioni in atmosfera.
La Carbon Capture and Storage è il processo di separazione dell’anidride carbonica - CO2 o biossido di carbonio - dagli scarichi prodotti da impianti industriali di combustione di fonti fossili. La CO2 separata è trasportata e stoccata in modo che non raggiunga nuovamente l’atmosfera.
L’andride carbonica, può essere estratta e catturata con tre metodi: pre-combustione, post-combustione e ossicombustione.
La pre-combustione è la più promettente tra le tre e prevede che, tramite il processo di gassificazione, il combustibile venga convertito prima della combustione in una miscela di idrogeno e CO2.
L’anidride carbonica può essere poi trasportata e stoccata, mentre l’idrogeno, miscelato con l’aria, è utilizzabile per fini energetici.
In ogni caso le tecnologie permettono di ridurre le emissioni di CO2 dell’80-90%.
Immagine Fonte: Global CSS Institute
Per stoccaggio geologico di CO2 si intende l'iniezione di CO2 separata e compressa nel sottosuolo.
Esistono tre diversi tipi di stoccaggio geologico della CO2:
2) In acquiferi salini profondi, caratterizzati da notevoli capacità di stoccaggio, all'interno dei quali la CO2 viene trasformata in seguito ad un processo di mineralizzazione;
3) In giacimenti esauriti di gas o petrolio all'interno dei quali la CO2 può essere usata per recuperare le quantità residue di combustibile presenti.
Come catturare la CO2
Dal momento che la produzione di CO2 è associata inevitabilmente alla combustione di fonti fossili (in una relazione fisica costante per fonte), per eliminarla dobbiamo applicare alla produzione di energia termoelettrica una metodologia a ciclo chiuso, vale a dire un procedimento che catturi la CO2, la trasporti in un sito adatto allo stoccaggio e la inietti in tale sito per l’immagazzinamento o conservazione (o sequestro).
Questa metodologia è nota come CCS.
Nei processi di generazione termoelettrica la CO2 può essere separata da altre componenti di scarico sia con metodi di cattura pre-combustione sia con metodi post-combustione. Una terza possibilità è rappresentata dalla ossicombustione che impiega come comburente ossigeno al posto dell’aria e dà luogo a un flusso di CO2 molto concentrata, facilmente separabile dal resto del vapore.
Le tecnologie di cattura della CO2 presentano ad oggi stadi di maturità diversi, è altresì accettato che esse possono ridurre le emissioni di CO2 dell’80-90%. Tali tecnologie possono essere applicate ad impianti già esistenti, con costi però maggiori rispetto a quelli per nuovi impianti (capture ready) che le utilizzino, e tutte richiedono ulteriori attività di ricerca e sviluppo. Non è infatti al momento possibile definire l’opzione più promettente dal punto di vista dei costi, della gestione e della diffusione.
Cattura pre-combustione
Si realizza in impianti alimentati a carbone, nella fase di gassificazione del carbone, o in impianti alimentati a gas nella fase di reforming del metano, tecnica utilizzata per la produzione di idrogeno. La cattura di CO2 è in questi casi praticata per assorbimento (o lavaggio del gas) fisico.
Il processo di cattura pre-combustione implica che:
- il carburante sottoposto ad alte pressioni reagisca con ossigeno, aria e, in alcuni casi, vapore per produrre monossido di carbonio (CO) e idrogeno (H2);
- il monossido di carbonio in reazione al contatto con il vapore e attraverso il passaggio in un reattore catalitico si trasformi in CO2 e ulteriore idrogeno;
- la CO2 sia separata e l’idrogeno, nel caso di un impianto di generazione elettrica, sia utilizzato come carburante in un impianto a ciclo combinato.
Sebbene la cattura pre-combustione sia rivoluzionaria per gli impianti di generazione elettrica, rappresenta una tecnica ben nota in altri processi industriali.
Questa opzione, considerata dagli esperti promettente, potrebbe essere impiegata in sistemi integrati con la gassificazione del carbone (IGCC) o in cicli combinati con il gas (NGCC)
Cattura post-combustione
La cattura a valle della combustione utilizza sistemi ad assorbimento chimico della CO2 dai gas esausti provenienti da impianti operanti con cicli a vapore alimentati a polverino di carbone (SC/PCC) o da impianti a ciclo combinato alimentati a gas (NGCC).
Il processo di cattura post combustione implica che i fumi vengano messi in contatto con solventi come per esempio ammoniaca. Il complesso ammoniaca – CO2, attraverso il calore è di nuovo separato per far rilasciare CO2 più pura o concentrata e l’ammoniaca, debitamente rigenerata, è riciclata nel processo di cattura. Questo processo nelle centrali alimentate a carbone necessita che siano prese misure anche di desolforazione per evitare che il solvente di cattura venga contaminato da altre sostanze.
La cattura post-combustione deve affrontare due sfide legate ai volumi da trattare e ai costi di investimento, entrambi alti, nonché all’energia addizionale richiesta per lo stesso processo di cattura.
Ossicombustione
La concentrazione di CO2 nei fumi di scarico può essere aumentata usando ossigeno (O2) puro o arricchito invece che aria, nel processo di combustione. L’aumento della concentrazione, rende, come abbiamo visto, più semplice la cattura di CO2. La separazione criogenica per la produzione di ossigeno è però un processo costoso e l’utilizzo dell’ossicombustione in impianti di generazione elettrica è stato testato solo su impianti di piccola scala.
Siti di cattura e sequestro di carbon dioxide nel mondo
In questo momento, quelli in funzione e in costruzione hanno la capacità di catturare e immagazzinare circa 40 milioni di tonnellate di CO2 l’anno.
A rivelarlo è il report del think tank internazionale Global CCS Institute, lo sviluppo e la diffusione globale ha continuato ad aumentare.
Nel 2019, anno dell’ultimo report, il numero di impianti CCS su larga scala sono aumentati a 514.
Di questi: 19 sono in funzione; 4 in costruzione; 10 sono in avanzato sviluppo: 18 in fase di sviluppo iniziale.
Il report prevede, oltre al quantitativo annuale già presente, un aumento di circa un milione di tonnellate nei prossimi 12-18 mesi. Inoltre, ci sono 39 impianti pilota e di dimostrazione in scala in funzione, o in procinto di essere messi in servizio, e nove centri di prova.
Fonte: Global CSS Institute
Lo stoccaggio geologico del biossido di carbonio
La Commissione Europea, con l’obiettivo di facilitare la realizzazione di impianti termoelettrici dotati di tecnologie di cattura e stoccaggio geologico dell’anidride carbonica e riconoscendo l’importanza di tali tecnologie per contribuire alla mitigazione dei cambiamenti climatici, ha emanato in data 23 Aprile 2009, la direttiva 2009/31/CE, inserita nel “Pacchetto Clima - Energia”, con lo scopo di definire un quadro giuridico comune a livello europeo per lo stoccaggio geologico ambientalmente sicuro del biossido di carbonio.
A partire dall’emanazione della Legge 4 giugno 2010, n. 96 – legge comunitaria 2009, il recepimento della direttiva 2009/31/CE ha impegnato gli uffici designati della pubblica amministrazione.
E’ stata quindi creata una “task force” di tecnici e specialisti con l’obiettivo di consentire il recepimento della direttiva. A tale scopo il Ministero dello sviluppo economico di concerto con quello dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare (Ministero dell’ambiente) e il Ministero per le politiche europee hanno costituito un gruppo di lavoro congiunto per la stesura dello schema di recepimento anche attraverso il coinvolgimento dei principali stakeholders istituzionali, enti di ricerca, primarie realtà industriali.
Lo schema di decreto legislativo di recepimento è stato discusso e condiviso con le altre Amministrazioni concertanti.
In considerazione dell’importante sostegno finanziario assegnato all’Italia per la realizzazione di un impianto dimostrativo di CCS presso la futura centrale di Porto Tolle nell’ambito del Programma comunitario di sostegno European Energy Programme for Recovery (EEPR) e del Programma NER 300, il recepimento delle direttiva in Italia, fornisce un quadro giuridico a sostegno di tali nuove attività industriali.
Recepimento Direttiva CCS
Con gli elementi indicati dalla Legge 4 giugno 2010, n. 96 – legge comunitaria 2009, è stato possibile definire la bozza di decreto legislativo secondo i criteri fissati.
Gli sforzi profusi dagli Organi governativi hanno portato nel marzo 2011 alla predisposizione finale del testo del decreto legislativo, il cui schema è stato dapprima discusso e condiviso con le amministrazioni concertanti per poi essere sottoposto all’esame preliminare del Consiglio dei Ministri, il quale, in data 23 Marzo 2011, ha dato parere favorevole.
Successivamente si sono avviate una serie di consultazioni durante le quali è stato raccolto il parere favorevole della Conferenza permanente Stato-Regione e sono stati presentati i risultati alle Commissioni parlamentari coinvolte. Infine, a valle delle consultazioni, approvato in via definita dal Consiglio dei Ministri in data 28/07/2011, il testo è stato pubblicato sulla GU del 04/10/2011 (D.Lgs 162/2011).
La complessa articolazione multidisciplinare della direttiva assume una rilevante valenza scientifica e industriale, per gli impatti che essa avrà sui settori termoelettrico e minerario.
Lo schema di decreto legislativo di recepimento prevede che le attività relative allo stoccaggio siano svolte in base a licenze di esplorazione e concessioni di stoccaggio; al termine dell’attività è prevista l’autorizzazione alla chiusura del sito di stoccaggio e il trasferimento di responsabilità dal gestore allo Stato
In sintesi i contenuti della direttiva risultano:
1. la definizione dell’autorità competente
2. l’individuazione delle aree entro cui potranno essere scelti i siti da adibire a stoccaggio
3. la costituzione di una banca dati delle attività di stoccaggio
4. la definizione delle procedure di conferimento delle autorizzazioni all’attività di stoccaggio e delle eventuali attività di indagine preliminare finalizzate alla valutazione dell’idoneità del sito
5. obblighi per la chiusura e post-chiusura degli impianti, garanzie finanziarie
6. la verifica della capacità necessaria da parte dei soggetti proponenti
7. attività di monitoraggio e ispezioni.
Il Decreto Legislativo 14 settembre 2011, n. 162, nella sua stesura finale rimanda, per alcune tematiche, a successivi decreti attuativi interministeriali che saranno oggetto di più dettagliati approfondimenti, da emanarsi tra i 6 e i 24 mesi dalla pubblicazione del decreto stesso. In particolare tra i principali aspetti in corso di studio vi sono l’individuazione della mappa delle aree idonee allo stoccaggio della CO2, i termini e le modalità di trasferimento della responsabilità al Ministero dello Sviluppo Economico dopo la fase di post-chiusura, la definizione dei criteri secondo i quali dovrà essere compiuta la valutazione tecnica della documentazione presentata dai proponenti per il rilascio delle istanze di esplorazione e di stoccaggio e la definizione delle tariffe/garanzie finanziarie dovute dal soggetto titolare dell’ autorizzazione allo stoccaggio.
Per tale ragione i Ministeri coinvolti hanno creato differenti gruppi di lavoro, ciascuno con specifiche priorità relativamente alla predisposizione dei testi dei citati decreti attuativi e ne stanno coordinando le attività, nel rispetto delle scadenze sancite.
CCS nell'ambito del quadro politico 2030 per il clima e l'energia
La proposta della Commissione per un quadro 2030 per la politica in materia di clima ed energia riconosce il ruolo della CCS nel raggiungimento dell'obiettivo di riduzione delle emissioni a lungo termine dell'UE.
Sono necessarie riduzioni significative delle emissioni nelle industrie energetiche e ad alta intensità di carbonio dell'UE. Poiché i limiti teorici di efficienza sono stati raggiunti e le emissioni legate al processo sono inevitabili in alcuni settori, la CCS potrebbe essere l'unica opzione disponibile per ridurre le emissioni dirette dai processi industriali sulla scala necessaria a lungo termine.
Nel settore energetico, la CCS potrebbe essere una tecnologia chiave per la generazione basata sui combustibili fossili. Potrebbe aiutare a bilanciare un sistema elettrico con quote crescenti di energia rinnovabile variabile.
Per garantire che CCS possa essere implementato entro il 2030, nel prossimo decennio sono essenziali maggiori sforzi di ricerca e sviluppo e dimostrazioni commerciali. Sarà necessario un quadro dell'UE di sostegno attraverso un uso continuo e rafforzato dei proventi della vendita all'asta.
Domande frequenti sulla Cattura e stoccaggio del biossido di carbonio
Come nasce la necessità dello stoccaggio geologico della CO2?
La necessità di ricorrere allo stoccaggio permanente della CO2 nasce dalla volontà di contrastare i cambiamenti climatici in atto, che minacciano l’intero ecosistema.
Si stima che la domanda mondiale di energia nel 2035 sarà più alta di oltre il 30% rispetto a quella del 2008, e che, nonostante lo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili, i combustibili fossili continueranno a svolgere un ruolo importante, coprendo oltre il 70% del fabbisogno.
Ciò comporterà un aumento delle emissioni annue di CO2 da 29,3 miliardi di tonnellate all’anno, registrate nel 2008, a oltre 35 miliardi di tonnellate all’anno previste nel 2035, con il conseguente aumento della concentrazione di tale gas nell’atmosfera da 387 parti per milione (ppm) nel 2009 a valori superiori a 650 ppm. Si stima che ciò determinerà un incremento della temperatura media della terra di 3,5 gradi centigradi.
La comunità scientifica mondiale continua a studiare i complessi scenari climatici futuri e ad oggi ritiene che l’aumento massimo di temperatura che il globo può sopportare è di 2 °C, corrispondenti ad una concentrazione di CO2 pari a circa 450 ppm. Appare quindi evidente che bisogna ridurre il tasso di emissione della CO2 ai fini di mantenerne la concentrazione in atmosfera sotto tale soglia.
Come azione a breve termine, l’obiettivo entro il 2020 è quello di ridurre del 20% il livello delle emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990. A lungo termine, invece, l’obiettivo è ridurre tali emissioni del 70%, sempre in riferimento ai livelli del 1990.
A seguito dello sviluppo tecnologico degli ultimi anni e nel tentativo di raggiungere concretamente i citati target di abbattimento delle emissioni, si sono messe a punto specifiche tecniche di cattura e confinamento della CO2 indicate genericamente con l’appellativo di “CCS”, acronimo di Carbon Capture & Storage. Si tratta di tecnologie di transizione, destinate ad essere applicate fino a quando non si svilupperanno metodologie di produzione energetica avanzate, al punto tale da ridurre in maniera significativa, alla fonte, le emissioni.
Quali strumenti normativi sono stati messi in atto a livello Europeo? E in Italia?
A livello europeo ciascuno Stato è stato responsabilizzato sulla necessità di intraprendere azioni precise e, a riguardo, è stata emanata la Direttiva n. 31 del 23 Aprile 2009, recepita in Italia con il decreto legislativo n. 162 del 14 settembre 2011.
Dove viene materialmente immagazzinata la CO2?
Lo stoccaggio permanente di CO2 ha luogo in strutture geologiche sotterranee che hanno caratteristiche idonee al confinamento. La CO2 iniettata si accumula nelle fratture e negli interstizi delle rocce porose e permeabili delle formazioni geologiche profonde ritenute idonee.
Tutte le formazioni geologiche sono idonee per stoccare la CO2? Che caratteristiche devono presentare?
Affinché un giacimento sia idoneo, deve presentare specifiche caratteristiche per quanto concerne la conformazione della “roccia serbatoio” ove sarà appunto contenuta la CO2 e dalla “roccia di copertura”, la quale dovrà risultare completamente impermeabile al fine di impedire fuoruscite.
Esistono tre opzioni principali per lo stoccaggio permanente della CO2:
a) Giacimenti esauriti di gas naturale e petrolio
Offrono opportunità di stoccaggio della CO2 e presentano caratteristiche geo-morfologiche ben note
b) Acquiferi Salini
Offrono un potenziale di stoccaggio della CO2 di gran lunga superiore in termini di volumi stoccabili rispetto ai giacimenti esauriti ma ne vanno verificate le caratteristiche geomorfologiche.
c) Giacimenti profondi di carbone opzione in via di studio.
Gran parte delle formazioni idonee si trovano a profondità comprese tra 1.000 e 4.000 metri, dove la pressione è sufficientemente elevata per immagazzinare la CO2 in fase liquida.
Cosa accade alla CO2 una volta immagazzinata nel sito di stoccaggio?
La CO2 iniettata nella roccia serbatoio va a riempire gli interstizi liberi al di sotto della roccia di copertura.
Con il trascorre del tempo, una parte della CO2, si discioglie nell’acquifero salino sottostante e in alcuni casi reagisce trasformandosi in minerali (carbonato di calcio e magnesio). Questi ultimi processi si svolgono in tempi molto lunghi, contribuendo a rendere permanente l’intrappolamento.
E’ una tecnologia ormai consolidata? Esistono esempi nel mondo?
A partire dagli anni ‘90 sono stati condotti importanti programmi di ricerca sulle tecnologie CCS in Europa, Stati Uniti, Canada, Australia e Giappone. Molte conoscenze sono state acquisite con i primi progetti dimostrativi nell’ambito dei quali la CO2 è iniettata ormai da più di quindici anni. A titolo di esempio, tra i principali progetti di successo attualmente in esercizio si ricordano:
1. Sleipner (Norvegia): circa 1milione di tonnellate all’anno iniettate a partire dal 1996
2. Weyburn (Canada): circa 1,8 milioni di tonnellate all’anno iniettate a partire 2000
3. In Salah (Algeria): circa 1milione di tonnellate all’anno iniettate a partire dal 2004
Su scala minore (progetti pilota) decine di altri esempi sono attualmente in esercizio, con finalità dimostrative, come, ad esempio, in Francia (Lacq), Spagna (Compostilla), Germania (Schwarze Pumpe).
L’obiettivo a livello europeo è realizzare almeno 12 progetti dimostrativi su grande scala entro il 2020.
Esistono progetti di stoccaggio della CO2 in Italia?
Al momento non esistono progetti industriali attivi in Italia, tuttavia è da segnalare che nel 2008, ENEL ed ENI hanno sottoscritto un accordo strategico di collaborazione per lo sviluppo di tecnologie CCS.
Nell’ambito di tale accordo si inquadra la realizzazione del primo progetto pilota integrato ENEL per la cattura della CO2 nella centrale elettrica di Brindisi sud e il progetto ENI di iniezione in un giacimento esausto di gas a Cortemaggiore (Piacenza).
L'impianto di Brindisi cattura circa 2,5 tonnellate all’ora di CO2 da iniettare nel giacimento di Cortemaggiore, oggi adibito allo stoccaggio di gas naturale.
La sperimentazione durerà tre anni, e si prevede di iniettare complessivamente 24.000 tonnellate di CO2 (8.000 t/anno).
Su scala industriale, è in corso di definizione il progetto “Porto Tolle” di cattura post-combustione e separazione di circa 1 milione di tonnellate all’anno di CO2 prodotte dall’omonima centrale a carbone e di successivo trasporto della CO2 sequestrata tramite pipeline a strutture di stoccaggio in acquifero profondo.
Attualmente è in corso il procedimento per l’autorizzazione della realizzazione della centrale e sono in corso studi per l’individuazione del sito di stoccaggio.
Un ulteriore sperimentazione prevista riguarda il progetto integrato “CCS Sulcis”. Il progetto prevede di realizzare un sistema dimostrativo CCS comprendente una sezione di cattura di CO2 alimentata con una parte dei fumi di combustione di una nuova centrale elettrica e un sistema di trasporto e confinamento geologico di CO2 negli strati profondi del bacino carbonifero del Sulcis mediante l’applicazione combinata delle tecnologie ECBM (Enhanced Coal Bed Methane) e del confinamento in acquiferi sottostanti gli strati di carbone.
Infine, ulteriori potenziali progetti, oggi ancora in fase di studio, riguardano, la possibilità di catturare la CO2 da impianti di gassificazione presenti nelle raffinerie e il conseguente stoccaggio in giacimenti petroliferi limitrofi, con contemporanea verifica della possibilità di incremento nel recupero dei greggi pesanti (EOR); in fase di studio risulta anche un progetto di separazione della CO2 da idrocarburi gassosi acidi (ricchi di CO2) prodotti da giacimenti in produzione e la re-iniezione della stessa in giacimenti limitrofi depletati o in acquifero salino.
Per entrambi gli studi è in fase di completamento uno screening tecnico volto ad individuare gli impianti e i giacimenti che presentano le caratteristiche geo-morfologiche idonee e compatibili con le finalità dei progetti.
Cosa assicura che la CO2 resti confinata all’interno della zona individuata e non vi sia il rischio che si possa disperdere con fuoriuscite?
In generale le potenziali vie di fuga sono artificiali (ad esempio da pozzi preesistenti o da quelli realizzati per l’iniezione della CO2) o naturali (ad esempio fratture e faglie). Tali rischi vengono tenuti sotto controllo tramite attenti studi e verifiche preliminari delle strutture preesistenti nell’area, una idonea progettazione e realizzazione dei pozzi di iniezione e attenti monitoraggi dell’aria e del suolo da effettuarsi prima, durante e una volta conclusa la fase di stoccaggio.
La migrazione lungo faglie/fratture è un fenomeno complesso, tuttavia una buona conoscenza delle strutture geologiche consente di gestire i siti di stoccaggio della CO2 con gli stessi livelli di sicurezza che caratterizzano la coltivazione dei giacimenti di idrocarburi che, in modo naturale, per milioni di anni hanno imprigionato il metano o il petrolio.
Esiste la possibilità che si verifichino fenomeni sismici a seguito del confinamento di CO2 nel sottosuolo?
Tutte le analisi e gli studi condotti, monitorando il comportamento dei campi dove è in corso lo stoccaggio della CO2, non evidenziano alcuna diretta correlazione fra i fenomeni sismici e l’iniezione e lo stoccaggio.
In termini di salute e sicurezza, quali sono i possibili impatti per le popolazioni? E per l’ambiente?
La CO2 non risulta pericolosa per la salute dell’uomo, se non ad alte concentrazioni. Nell’aria che quotidianamente respiriamo la CO2 è presente con una concentrazione di circa lo 0,04%. Valori inferiori allo 0,5% sono tollerati senza alcuna conseguenza per la salute dell’uomo. Al crescere del livello di concentrazione e per valori superiori alla soglia sopracitata si possono, invece, verificare disturbi e patologie quali mal di testa, nausee e vertigini. Con concentrazioni più elevate ed in caso di esposizione prolungata, si possono avere serie difficoltà respiratorie e, nei casi più gravi, asfissia.
Tramite il monitoraggio continuo delle aree possono essere individuate immediatamente eventuali fuoriuscite e prese le dovute misure correttive.
Bisogna comunque osservare che se la CO2 fuoriesce in un sito aperto e pianeggiante, essa si disperde naturalmente nell’aria; il potenziale rischio è quindi limitato a fuoriuscite in ambienti chiusi e circoscritti o in depressioni topografiche, in quanto, in tali particolari situazioni, la concentrazione di CO2 può aumentare poiché, essendo più densa dell’aria, tende ad accumularsi in prossimità del suolo e dei punti di fuoriuscita. In Italia in molte aree la CO2 è presente naturalmente nel sottosuolo e fuoriesce spontaneamente provocando, talora, una localizzata riduzione della vegetazione.
[...] Segue in allegato
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Fonti:
Global CSS Institute
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