Cassazione Penale Sent. Sez. 4 n. 23242 | 28 Maggio 2019
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Cassazione Penale Sez. 4 del 28 maggio 2019 n. 23242
Infortunio di un lavoratore incastrato sotto le forche della minipala in una società agricola. Responsabili il LR, il datore di fatto e il LR della società di noleggio
Penale Sent. Sez. 4 Num. 23242 Anno 2019
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Data Udienza: 14/12/2018
La Corte d'Appello di Brescia con sentenza in data 6 aprile 2018, in parziale riforma della decisione di I grado (Tribunale di Mantova del 16 dicembre 2016), appellata da D.P., D.I. e Z.P., concedeva a D.I. e a Z.P. le circostanze attenuanti generiche ritenute equivalenti alle aggravanti contestate, riducendo conseguentemente le pene rispettivamente Irrogate agli odierni ricorrenti. Questi erano stati tratti a giudizio e condannati alle pene ritenute di giustizia in relazione all'Imputazione di lesioni personali colpose aggravate dalla violazione della normativa antinfortunistica in danno del lavoratore di nazionalità indiana S.H., nonché delle relative contravvenzione di cui al D.lgs.vo n. 81/2008 per cui era intervenuta declaratoria di estinzione per maturata prescrizione.
I giudici di merito così ricostruivano i fatti di causa: il giorno 12 dicembre 2010, domenica, Intorno alle ore 9 e 30 il tecnico P. in servizio presso lo SPSAL della ASL, era intervenuto sul luogo di un infortunio accaduto presso la società Agricola Confine in Moglia. Sul posto aveva rinvenuto a terra la persona offesa S.H., l'imputato D.P., nonché tale G.M. ed altri due lavoratori indiani che risultavano essere regolarmente assunti dall'azienda agricola, a differenza dell'infortunato che comunque indossava gli stessi vestiti di lavoro degli altri connazionali e dello stesso D.P. Vicino all'Infortunato - che aveva riportato gravi lesioni- vi era una minipala FAI 338 targata TOAH955 con le forche appoggiate a terra e nell'immediatezza del fatto il D.P. aveva riferito che il lavoratore era rimasto incastrato sotto le forche della minipala da cui era stato liberato prima dell'intervento del P.. La minipala era risultata essere di proprietà della ditta AUTOTRASPORTI 2000, la cui legale rappresentante era Z.P., moglie di D.P. e madre di D.I., che risultava aver noleggiato il mezzo quale legale rappresentante della Società Agricola Confine.
Il P. sentito come teste riferiva che l'operazione di discesa dalla minipala richiedeva necessariamente che le forche fossero abbassate e che vi era uno scalino che consentiva la salita e la discesa dal mezzo. Tuttavia la minipala risultava essere stata modificata, in quanto era stata aggiunta una griglia saldata al di sopra delle forche costituente di fatto una "schiena" che aveva la funzione di appoggio del materiale trasportato. La modifica, che non era stata riportata nel libretto d'uso e manutenzione del mezzo, Impediva la salita e la discesa dal posto di guida, costituendo una vera e propria barriera fisica che ostacolava tali operazioni. Per scendere dal mezzo quindi l'operatore era costretto ad alzare le forche alle quali era saldata la griglia, sino ad una posizione superiore a quella di guida, consentendo così una discesa dal mezzo passando sotto le forche. Nel corso delle indagini il P. aveva richiesto alla Società Agricola Confine il documento di valutazione dei rischi ma lo stesso non era stato fornito, cosi come era stato accertato che nell'ambito della predetta azienda non era stato nominato il responsabile del servizio di prevenzione e protezione.
Era stato quindi contestato agli imputati, D.I. quale legale rappresentante della Società Agricola Confine, in cooperazione colposa con D.P., figura esercitante la direzione e la gestione aziendale della predetta società e per questo riconosciuto da tutti come il "titolare", benché all'Interno dell'azienda non rivestisse alcuna carica, Z.P. in qualità di legale rappresentante della ditta Autotrasporti 2000, proprietaria della minipala, di aver cagionato per colpa lesioni personali al lavoratore S.H.. Come profili di colpa venivano individuati: la messa a disposizione di un'attrezzatura non conforme ai requisiti di sicurezza e comunque modificata e priva del dovuto libretto di uso e manutenzione, la mancata formazione dei lavoratori rispetto ai rischi riferiti alle mansioni svolte, il non aver provveduto ad effettuare la valutazione dei rischi aziendali e ad elaborare il conseguente documento avente data certa, nonché alla nomina del RSPP. A Z.P. era stata in particolare contestata la concessione in noleggio di attrezzatura inidonea.
La Corte distrettuale con la sentenza impugnata confermava l'affermazione di penale responsabilità degli imputati, dopo aver ritenuto, accogliendo la relativa eccezione formulata dalle difese, la inutilizzabilità delle dichiarazione della parte offesa, non sussistendo i presupposti per la legittima acquisizione delle sue dichiarazione ex art. 512 c.p.p., ponendo in rilievo come non fossero contestate dinamica e cause dell'infortunio e come comunque lo stesso non fosse stato ricostruito tanto sulle dichiarazioni dell'Infortunato (ritenute inutilizzabili), quanto sulle dichiarazioni del teste P., del teste A., del medesimo imputato D.P. ed infine sulla base dei certificati medici in atti attestanti le lesioni subite da S.H.. Riteneva poi la Corte la sussistenza dei profili di colpa contestati e la inverosimiglianza ed illogicità della versione degli imputati circa la presenza in loco dell'infortunato, secondo cui questi non aveva mai prestato attività lavorativa presso l'azienda agricola dopo la conclusione di un precedente rapporto di lavoro. Quanto alle posizione di garanzia la responsabilità di D.P. era affermata nella sua qualità riconosciuta ed ammessa di datore di lavoro di fatto, esercitante in concreto la direzione e la gestione della azienda agricola, quella di D.I. quale legale rappresentante della società e quindi datore di lavoro, in mancanza di una specifica ed effettiva delega in materia di sicurezza sul lavoro ad altri soggetti, quella di Z.P. quale legale rappresentante della società che aveva noleggiato il mezzo.
2. Avverso tale decisione ricorrono a mezzo dei rispettivi difensori.
2.1 D.P. deducendo con un primo motivo violazione dell'alt. 526 c.p.p. e la illogicità della motivazione della Corte distrettuale quanto alla possibilità di ricostruire la vicenda in assenza delle dichiarazioni della persona offesa, ritenute inutilizzabili; con un secondo motivo eccepisce violazione dell'art. 606 lett. e) c.p.p. per manifesta illogicità della motivazione in relazione all'affermazione di penale responsabilità di esso ricorrente, quanto in particolare alla ritenuta attività lavorativa dell'infortunato; con un terzo motivo lamenta contraddittorietà della motivazione in relazione alla mancata concessione delle attenuanti generiche
2.2 D.I. affida il ricorso a cinque motivi; i primi due sono del tutto sovrapponibili a quelli proposti da D.P.. Con il terzo motivo si contesta la ritenuta posizione di garanzia, avendo "dimenticato la Corte di considerare che la posizione di garanzia prevede anche esimenti quali la condotta imprevedibile che esclude la responsabilità"; con un quarto motivo si deduce la "insussistenza della cooperazione colposa ex art. 113 c.p." stante la inconsapevolezza della imputata "nell'ambito di una iniziativa autonoma, estemporanea ed incontrollata dello stesso soggetto poi infortunato". Con l'ultimo motivo si assume la illogicità della sentenza in punto di giudizio di equivalenza delle attenuanti generiche rispetto alle contestate aggravanti, trattandosi in realtà di un'unica aggravante.
2.3 Z.P. formula parimenti cinque motivi di ricorso: il primo ed il secondo sono sovrapponibili a quelli proposti da D.P.; il quarto ed il quinto sono analoghi a quelli proposti da D.I.. Con il terzo si sottolinea l'esistenza di profili di criticità in relazione alla posizione di garanzia dell'imputata quale locatrice della macchina anche in virtù del comportamento imprevedibile dell'infortunato.
3. I ricorsi sono manifestamente infondati e come tali vanno dichiarati inammissibili. Non può quindi porsi in questa sede la questione di un'eventuale declaratoria della prescrizione maturata dopo la sentenza d'appello. La giurisprudenza di questa Corte ha infatti più volte ribadito che l'inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi, non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma degli artt. 129 e 609 comma secondo, cod. proc. pen. (così SS.UU., n. 32 del 22.11.2000, De Luca, Rv, 217266, relativamente ad un caso in cui la prescrizione era maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso; conformi, SS.UU. n. 23428del 2/03/2005, Bracale, Rv. 231164).
4. Va osservato come in questa sede non sono sostanzialmente contestati né i profili di colpa ritenuti nella doppia conforme né le posizione di garanzia se non con affermazione apodittiche e che atterrebbero semmai al nesso di causalità che dovrebbe restare escluso dal comportamento imprevedibile dell'infortunato, tema anche questo affrontato e risolto dalla sentenza impugnata con motivazione congrua, coerente con le risultanze istruttorie e con la richiamata giurisprudenza di questa Corte sul punto (cfr. ex plurimis, Sez. 4, n. 7188 del 10/01/2018 , Rv. 272222 ) e che si sottrae quindi ad ogni censura di legittimità.
Il motivo comune sub 1) così come sostanzialmente tutti i motivi proposti, come già accennato, sono la mera reiterazione di quelli di appello con la precisazione che essendo stato il motivo sulla inutilizzabilità delle dichiarazioni della parte offesa accolto nella sentenza impugnata si cerca di reintrodurre comunque la questione, mentre è adeguatamente e congruamente motivata la "resistenza" della decisione, anche in assenza delle predette dichiarazioni.
I ricorsi si soffermano poi tutti sulla mancanza della qualità di lavoratore dell'infortunato che è questione di fatto e comunque irrilevante, essendo comunque le norme antinfortunistiche dettate non soltanto per la tutela dei lavoratori nell’esercizio della loro attività, ma anche a tutela dei terzi che si trovino nell’ambiente di lavoro, indipendentemente dall’esistenza di un rapporto di dipendenza con il titolare dell'impresa. Ne consegue che ove in tali luoghi vi siano macchine non munite dei presidi antinfortunistici e si verifichino a danno del terzo i reati di lesioni o di omicidio colposi, perché possa ravvisarsi l'ipotesi del fatto commesso con violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, di cui agli artt. 589, comma secondo, e 590, comma terzo, cod. pen., nonché la perseguibilità d'ufficio delle lesioni gravi e gravissime, ex art. 590. u.c., cod. pen., è necessario e sufficiente che sussista tra siffatta violazione e l'evento dannoso un legame causale, il quale ricorre se il fatto sia ricollegabile all'inosservanza delle predette norme secondo i principi di cui agli artt. 40 e 41 cod. pen., e cioè sempre che la presenza di soggetto passivo estraneo all'attività ed all'ambiente di lavoro, nel luogo e nel momento dell'Infortunio non rivesta carattere di anormalità, atipicità ed eccezionalità tali da fare ritenere interrotto il nesso eziologico tra l'evento e la condotta inosservante, e la norma violata miri a prevenire l'incidente verificatosi (cfr. Sez. 4, n. 23147 del 17/04/2012 , Rv. 253322).
5. Quanto, infine, al trattamento sanzionatorio ed in particolare ai motivi concernenti le attenuanti generiche si osserva quanto segue : posto che la ragion d'essere della previsione normativa di cui all'art. 62 bis cod. pen. è quella di consentire al giudice un adeguamento, in senso più favorevole all'imputato, della sanzione prevista dalla legge, in considerazione di peculiari e non codificabili connota Z.P. tanto del fatto quanto del soggetto che di esso si è reso responsabile, la meritevolezza di detto adeguamento non può mai essere data per scontata o per presunta, sì da dar luogo giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio; trattamento la cui esclusione risulta, per converso, adeguatamente motivata alla sola condizione che il giudice, a fronte di specifica richiesta dell' imputato volta all'ottenimento delle attenuanti in questione, indichi delle plausibili ragioni a sostegno del rigetto di detta richiesta, senza che ciò comporti tuttavia la stretta necessità della contestazione o della invalidazione degli elementi sui quali la richiesta stessa si fonda (così, ex piu rim is, Sez. 1, n. 29679 del 13/6/2011, Chiofalo ed altri, Rv. 219891; Sez. 1, n. 11361 del 19/10/1992, Gennuso, Rv. 192381; Sez. 1 n. 12496 del 21/9/1999, Guglielmi ed altri, Rv. 214570; Sez. 6, n. 13048 del 20/6/2000, Occhipinti ed altri, Rv. 217882).
6. Essendo i ricorsi inammissibili e, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), consegue la condanna dei ricorrenti oltre al pagamento delle spese processuali, della somma di € 2000,00 ciascuno in favore della cassa delle ammende.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila ciascuno a favore della cassa delle ammende
Roma, 14 dicembre 2018
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