Considerato in diritto
3. I ricorsi sono manifestamente infondati e come tali vanno dichiarati inammissibili. Non può quindi porsi in questa sede la questione di un'eventuale declaratoria della prescrizione maturata dopo la sentenza d'appello. La giurisprudenza di questa Corte ha infatti più volte ribadito che l'inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi, non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma degli artt. 129 e 609 comma secondo, cod. proc. pen. (così SS.UU., n. 32 del 22.11.2000, De Luca, Rv, 217266, relativamente ad un caso in cui la prescrizione era maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso; conformi, SS.UU. n. 23428del 2/03/2005, Bracale, Rv. 231164).
4. Va osservato come in questa sede non sono sostanzialmente contestati né i profili di colpa ritenuti nella doppia conforme né le posizione di garanzia se non con affermazione apodittiche e che atterrebbero semmai al nesso di causalità che dovrebbe restare escluso dal comportamento imprevedibile dell'infortunato, tema anche questo affrontato e risolto dalla sentenza impugnata con motivazione congrua, coerente con le risultanze istruttorie e con la richiamata giurisprudenza di questa Corte sul punto (cfr. ex plurimis, Sez. 4, n. 7188 del 10/01/2018 , Rv. 272222 ) e che si sottrae quindi ad ogni censura di legittimità.
Il motivo comune sub 1) così come sostanzialmente tutti i motivi proposti, come già accennato, sono la mera reiterazione di quelli di appello con la precisazione che essendo stato il motivo sulla inutilizzabilità delle dichiarazioni della parte offesa accolto nella sentenza impugnata si cerca di reintrodurre comunque la questione, mentre è adeguatamente e congruamente motivata la "resistenza" della decisione, anche in assenza delle predette dichiarazioni.
I ricorsi si soffermano poi tutti sulla mancanza della qualità di lavoratore dell'infortunato che è questione di fatto e comunque irrilevante, essendo comunque le norme antinfortunistiche dettate non soltanto per la tutela dei lavoratori nell’esercizio della loro attività, ma anche a tutela dei terzi che si trovino nell’ambiente di lavoro, indipendentemente dall’esistenza di un rapporto di dipendenza con il titolare dell'impresa. Ne consegue che ove in tali luoghi vi siano macchine non munite dei presidi antinfortunistici e si verifichino a danno del terzo i reati di lesioni o di omicidio colposi, perché possa ravvisarsi l'ipotesi del fatto commesso con violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, di cui agli artt. 589, comma secondo, e 590, comma terzo, cod. pen., nonché la perseguibilità d'ufficio delle lesioni gravi e gravissime, ex art. 590. u.c., cod. pen., è necessario e sufficiente che sussista tra siffatta violazione e l'evento dannoso un legame causale, il quale ricorre se il fatto sia ricollegabile all'inosservanza delle predette norme secondo i principi di cui agli artt. 40 e 41 cod. pen., e cioè sempre che la presenza di soggetto passivo estraneo all'attività ed all'ambiente di lavoro, nel luogo e nel momento dell'Infortunio non rivesta carattere di anormalità, atipicità ed eccezionalità tali da fare ritenere interrotto il nesso eziologico tra l'evento e la condotta inosservante, e la norma violata miri a prevenire l'incidente verificatosi (cfr. Sez. 4, n. 23147 del 17/04/2012 , Rv. 253322).
5. Quanto, infine, al trattamento sanzionatorio ed in particolare ai motivi concernenti le attenuanti generiche si osserva quanto segue : posto che la ragion d'essere della previsione normativa di cui all'art. 62 bis cod. pen. è quella di consentire al giudice un adeguamento, in senso più favorevole all'imputato, della sanzione prevista dalla legge, in considerazione di peculiari e non codificabili connota Z.P. tanto del fatto quanto del soggetto che di esso si è reso responsabile, la meritevolezza di detto adeguamento non può mai essere data per scontata o per presunta, sì da dar luogo giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio; trattamento la cui esclusione risulta, per converso, adeguatamente motivata alla sola condizione che il giudice, a fronte di specifica richiesta dell' imputato volta all'ottenimento delle attenuanti in questione, indichi delle plausibili ragioni a sostegno del rigetto di detta richiesta, senza che ciò comporti tuttavia la stretta necessità della contestazione o della invalidazione degli elementi sui quali la richiesta stessa si fonda (così, ex piu rim is, Sez. 1, n. 29679 del 13/6/2011, Chiofalo ed altri, Rv. 219891; Sez. 1, n. 11361 del 19/10/1992, Gennuso, Rv. 192381; Sez. 1 n. 12496 del 21/9/1999, Guglielmi ed altri, Rv. 214570; Sez. 6, n. 13048 del 20/6/2000, Occhipinti ed altri, Rv. 217882).
6. Essendo i ricorsi inammissibili e, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), consegue la condanna dei ricorrenti oltre al pagamento delle spese processuali, della somma di € 2000,00 ciascuno in favore della cassa delle ammende.