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Cassazione Penale Sez. 4 del 24 maggio 2025 n. 19424

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Cassazione Penale Sez  4 del 24 maggio 2025 n  19424

CP Sez. 4 del 24.05.2025 n. 19424 / Carrello elevatore telescopico con un gancio diventa una gru: l'abilitazione relativa al carrello non è sufficiente

ID 24059 | 01.06.2025 / In allegato

Cassazione Penale Sez. 4 del 24 maggio 2025 n. 19424
Rischi interferenti e necessario coordinamento. Il carrello elevatore telescopico con un gancio diventa una gru: l'abilitazione relativa al carrello non è sufficiente

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Cassazione Penale Sez. 4 del 24 maggio 2025 n. 19424
Dott. BELLINI Ugo - Presidente
Dott. PEZZELLA Vincenzo - Consigliere
Dott. MICCICHÈ Loredana - Consigliere
Dott. LAURO Davide - Relatore
Dott. ANTEZZA Fabio - Consigliere

Sentenza Cassazione Penale Sez. 4 del 24 maggio 2025 n. 19424

Fatto

1. Con sentenza del 14 giugno 2024, la Corte di appello di Torino, ridotta la pena irrogata e concesso il beneficio della non menzione, ha confermato nel resto la sentenza con cui, il 17 maggio 2022, il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Novara - in esito al giudizio abbreviato - aveva dichiarato A.A. e B.B. responsabili del reato di cui all'art. 589, comma 2, cod. pen., per aver colposamente cagionato la morte di C.C., con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro.

2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione A.A., a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.

2.1. Con il primo motivo deduce, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., violazione della legge penale sostanziale, con riguardo all'art. 92, comma 1, lett. b) e c), D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81.

Si osserva al riguardo che il giorno dell'infortunio doveva operare un'unica impresa, ovvero la D.D. Impianti Srl e, pertanto, per tale lavorazione non era necessario organizzare alcuna azione di coordinamento.

L'attività di carico del nastro trasportatore avrebbe dovuto essere realizzata con l'uso del sollevatore telescopico manovrato da un dipendente della D.D. impianti Srl (c.d. nolo a freddo); il c.d. nolo a caldo, con l'intervento di una autogrù da 38 tonnellate, era invece riservato allo smontaggio della pressa.

Da ciò è derivata l'erronea applicazione dell'art. 92, comma 1, lett. b) e c), D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81.

2.2. Con il secondo motivo deduce violazione dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., essendo la motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica.

La Corte territoriale ha erroneamente ritenuto applicabili le disposizioni di cui al paragrafo 12.6 del piano operativo di sicurezza, che si riferisce al carico e scarico del materiale precedentemente montato con l'autogrù da 38 tonnellate, come la pressa per la carta.

L'infortunio mortale, invece, si verificò nel corso di attività diverse, ovvero la rimozione dei nastri scorrevoli, il cui sollevamento, per espressa previsione del paragrafo 12.5, doveva avvenire, come effettivamente accaduto, con il carrello elevatore telescopico rotativo.

La motivazione è altresì contraddittoria ed illogica poiché contrastante con la nota del Servizio di prevenzione, dalla quale si evince che l'ing. A.A., il 18 novembre 2020, effettuò un sopralluogo in cantiere, verificando l'uso del carrello elevatore e l'assenza di interferenze lavorative tra le due aziende.

Non fu quindi necessario impartire ulteriori prescrizioni.

Pur a fronte di una specifica doglianza formulata con l'atto di appello, la Corte territoriale, operando un vero e proprio travisamento, non ha valutato le dichiarazioni rese dal E.E., dipendente della D.D. Impianti Srl, nella parte in cui si evidenzia che il giorno dell'infortunio i due autisti della Mites Srl non sarebbero dovuti arrivare contemporaneamente.

3. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione anche B.B., a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.

3.1. Con un unico motivo deduce violazione dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., essendo la motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica.

La Corte territoriale si è sottratta al dovere, su di lei incombente, di motivare in ordine ai rilievi svolti con l'atto di appello, relativi alla erronea ricostruzione dei fatti contenuta nell'unico atto istruttorio, ovvero il rapporto del Servizio di prevenzione.

La superficialità con cui fu redatto quel rapporto è testimoniata dall'affermazione, in esso contenuta, secondo la quale al momento dell'infortunio la sezione del nastro trasportatore era rimasta agganciata all'imbracatura nel lato sinistro anziché, come effettivamente accaduto, sul lato destro.

Sul punto si afferma in sentenza che la circostanza è priva di rilievo ai fini di accertamento della responsabilità, e che risulta essere in contrasto con le ulteriori risultanze investigative, sebbene l'atto istruttorio fu unico.

L'assenza di vaglio critico nell'analisi degli elementi di prova emerge (anche) in relazione alle due contestazioni mosse al ricorrente.

Quanto al contenuto del piano operativo di sicurezza della D.D. Impianti Srl, si segnala l'erronea interpretazione del punto 12.5, in base al quale tutte le parti dell'impianto da trasportare debbono infatti ritenersi parti smontate, e solo in funzione del loro peso deve essere effettuata la scelta tra l'utilizzo del carrello sollevatore telescopico o della gru.

Quanto alla formazione del dipendente E.E., egli aveva frequentato il corso per addetto all'uso di carrelli semoventi braccio telescopico e carrelli sollevatori elevatori semoventi, secondo le indicazioni desumibili dall'art. 4 del D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281.

Disposizione dal cui tenore letterale non è possibile trarre la conclusione, fatta propria in sentenza, che il carrello elevatore telescopico, una volta applicato il gancio (omologato come suo accessorio) si trasformi in una gru.

4. Richiesta e disposta la trattazione orale, all'odierna udienza le parti hanno rassegnato le conclusioni indicate in epigrafe.

Diritto

1. I ricorsi sono infondati.

1.1. All'analisi dei motivi è utile premettere che, secondo la concorde ricostruzione dei giudici di merito, Iren Ambiente Spa aveva appaltato alla D.D. Impianti Srl lo smontaggio di un impianto industriale, per trasportarlo in una nuova area industriale a Torino.

La D.D. Impianti Srl, a sua volta, aveva subappaltato il trasporto dei macchinari alla Mites Srl

Le operazioni da effettuare consistevano nel prelevare i tratti di nastro trasportatore presenti nell'area esterna e nel posizionarli sul pianale del rimorchio, utilizzando un sollevatore telescopico cui era stato applicato l'accessorio costituito da un gancio fisso del peso di 50 quintali, così trasformandolo in una gru mobile.

Il sollevatore veniva manovrato da E.E., dipendente della D.D. Impianti Srl

Il E.E., con l'aiuto dei colleghi della D.D. Impianti Srl, F.F. e G.G., provvedeva ad imbragare i pezzi (con due catene per parte, con dei ganci), a sollevarli, muoverli e scaricarli.

Al termine F.F. e G.G. salivano sul cassone per svincolare le catene e permettere a E.E. di spostarsi con la gru e prelevare il secondo pezzo di nastro da caricare.

La seconda operazione, tuttavia, veniva completata da C.C. e H.H., ossia i due conducenti dei mezzi di trasporto della Mites Srl, che allo scopo erano saliti sul pianale del rimorchio.

Il primo, pur dando segnale al E.E. di aver sganciato l'imbragatura, non aveva tuttavia sfilato correttamente le catene, motivo per cui una di queste agganciava il nastro trasportatore che, pertanto, si sollevava e cominciava ad ondeggiare e inclinarsi.

C.C., in quel frangente, cadeva dal mezzo, venendo poi colpito dal nastro trasportatore sulla gamba destra; il dipendente, a causa delle lesioni riportate al cranio, al bacino ed all'arto inferiore, perdeva la vita.

All'ing. A.A., nominato un coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione dei lavori, è stato imputato l'omesso adeguamento del piano di sicurezza e coordinamento, in ragione delle interferenze lavorative derivanti dalla presenza di più imprese; inoltre, nel piano erano previste due diverse procedure ma senza stabilire quali delle due fosse applicabile al caso di specie.

All'ing. A.A. si addebita anche di non aver promosso la cooperazione e il coordinamento tra i datori di lavoro della D.D. Impianti Srl e della Mites Srl

I giudici di merito hanno altresì escluso che l'infortunio potesse essere attribuito ad una maldestra ed inconsueta manovra dei due autotrasportatori: le dichiarazioni raccolte durante le indagini, utilizzabili in ragione del rito prescelto, dimostrano infatti l'esistenza di una prassi operativa, già verificatasi nei giorni precedenti, al punto che nessuno dei lavoratori presenti sul posto avvertiva come anomala la presenza degli autotrasportatori sul pianale del bilico.

Per nessuno dei lavoratori, insomma, era chiaro che il carico del nastro dovesse essere effettuato soltanto dai dipendenti della D.D. Impianti Srl

Dell'infortunio è stato ritenuto responsabile anche l'amministratore della D.D. Impianti Srl, ovvero B.B.

E.E., dipendente della D.D. Impianti Srl che manovrava il sollevatore, era infatti stato formato solo per l'utilizzo del carrello elevatore semovente al quale, come detto, era stato applicato un gancio del peso di 5.000 chilogrammi.

Difetto di formazione aveva anche riguardato le modalità di realizzazione della imbragatura della parte da sollevare.

Inoltre, B.B. non ha rispettato gli obblighi di cui all'art. 97, commi 1 e 3, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, con riguardo alla verifica delle condizioni di sicurezza dei lavori affidati, ed al coordinamento con il datore di lavoro della Mites Srl

1.2. Sempre in via preliminare, osserva inoltre il Collegio che, in presenza di una doppia conforme, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo e le motivazioni dei due provvedimenti si integrano a formare un corpo unico, con il conseguente obbligo per il ricorrente di confrontarsi in maniera puntuale con i contenuti delle due sentenze (Sez. 4, n. 26800 del 26/06/2024, Pettino, non mass.; Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218-01; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595-01; Sez. 1, n. 8868 del 26/6/2000, Sangiorgi, Rv. 216906-01; Sez. 2, n. 11220 del 5/12/1997, Ambrosino, Rv. 209145-01).

2. Il ricorso proposto nell'interesse di B.B. è infondato.

2.1. Nella parte in cui il ricorso prospetta un errore del rapporto dello Servizio di prevenzione (quanto al lato in cui la sezione di nastro era rimasto agganciato all'imbracatura) per trarne un vizio della motivazione, osserva il Collegio che l'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. non consente alla Corte di una diversa lettura o una diversa interpretazione delle prove, perché è estraneo al giudizio di legittimità il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali (Sez. 1, n. 45331 del 17/02/2023, Rezzuto, Rv. 285504-01, in motivazione; Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003, dep. 2004, Elia, Rv. 229369-01).

In ogni caso, la Corte territoriale ha evidenziato, con argomentazioni in alcun modo prese in considerazione nel ricorso, la sostanziale irrilevanza di questo profilo (pp. 10 e 11 sentenza ricorsa) ai fini della ricostruzione dell'infortunio e dell'addebito elevato nei confronti di B.B.

Né attraverso tale preteso errore è possibile veicolare, nel giudizio di legittimità, motivi riguardanti l'attendibilità della fonte di prova, come invece parrebbe sollecitare il ricorso (p. 5, "questo ai fini della valutazione delle altre due affermazioni o meglio giudizi espressi nella stessa inchiesta").

Ad analoghe conclusioni deve giungersi quanto alle ulteriori doglianze.

Le conformi decisioni di merito hanno sottolineato che il piano operativo di sicurezza della D.D. Impianti Srl prevedeva, per il carico delle parti smontate (ed il successivo trasporto), il nolo a caldo, con utilizzo di una autogrù da 38 tonnellate della Mites Srl (punto 12.6), con l'intervento dei dipendenti di quest'ultima società.

Alla D.D. Impianti Srl era affidata, invece, la sola rimozione dei nastri scorrevoli, da eseguirsi con il carrello elevatore telescopico (punto 12.5).

Nei fatti, seguendo una consolidata prassi operativa (p. 22 sentenza del Tribunale) fu invece usato il carrello telescopico della D.D. Impianti, con un accessorio che lo trasformava in una gru (per il cui utilizzo non era abilitato il E.E.).

L'argomento del ricorrente, secondo il quale il punto 12.6 del piano operativo di sicurezza prevede in realtà l'uso del carrello telescopico, è espressamente analizzato dalla Corte territoriale (pp. 11 e 12 sentenza), secondo la quale la previsione era del tutto equivoca e contraddittoria, oltre che generica.

Prima si afferma, infatti, che il carico delle parti (già) smontate doveva avvenire attraverso l'uso di una autogrù della Mites Srl, quindi con nolo a caldo, e successivamente, nel descrivere le fasi di lavoro, si fa riferimento all'uso di un mezzo di sollevamento o di un carrello elevatore, senza stabilire quando e quali fossero i compiti dei dipendenti delle società coinvolte.

Anche per questo profilo, quindi, il ricorrente ripropone puramente e semplicemente una diversa ricostruzione in fatto, senza nemmeno confrontarsi con la specifica motivazione della Corte territoriale, che ha così fondatamente sostenuto l'avvenuta violazione degli obblighi incombenti sul datore di lavoro in ragione dell'art. 97 D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, quanto alla verifica delle condizioni di sicurezza dei lavori affidati, al coordinamento tre le imprese ed alla verifica circa la congruenza dei piani operativi di sicurezza.

Infine, il ricorrente richiama una circolare che, letta unitamente ad altre fonti (cui rinvia l'art. 73, comma 5, del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81), consentirebbe di ritenere il E.E. adeguatamente formato ed abilitato all'uso del carrello telescopico.

I giudici di merito hanno valorizzato le caratteristiche concrete del mezzo manovrato, al quale fu applicato un accessorio (un gancio da 5 tonnellate), che trasformava il carrello in una gru, per il cui utilizzo il E.E. non era formato, né abilitato.

Al giudizio in fatto motivatamente offerto dalla Corte il ricorrente oppone una diversa valutazione, fermo restando che il ricorrente che faccia riferimento ad una circolare ministeriale, al fine di dimostrare la conformità della propria condotta al precetto in essa contenuto, ha l'onere di esibirla, poiché non costituendo quest'ultima fonte del diritto, il giudice non è tenuto a conoscerla in base al principio "iura novit curia" (Sez. 3, n. 27918 del 04/04/2019, Postiglione, Rv. 276353-02; Sez. 3, n. 3317 del 14/03/1986, Nardi, Rv. 172569).

3. Il ricorso proposto nell'interesse di A.A. è infondato.

3.1. Il primo motivo di ricorso è infondato.

Il ricorrente (coordinatore in fase esecutiva), pur formalmente eccependo il vizio di violazione di legge (p. 4 ricorso), evidenzia in fatto che il giorno dell'infortunio bisognava caricare non la pressa ma il nastro trasportatore (v. POS B.B.); pertanto, il sollevamento e il carico avrebbero dovuto essere eseguiti con il sollevatore telescopico e con il coinvolgimento dei soli dipendenti della D.D. Impianti Srl (c.d. nolo a freddo), senza che si creasse alcuna interferenza, e dunque alcuna esigenza di coordinamento.

I giudici di merito hanno invece accertato che né il POS della D.D. Impianti, né quello della Mites Srl, né il PSC redatto dal A.A. contenessero indicazioni chiare su quando dovesse essere utilizzata la gru (con noleggio a caldo) e quando invece il sollevatore telescopico (noleggio a freddo), per cui l'obiezione secondo cui la lacuna del PSC era colmata dalla previsione del POS della B.B. (p. 5 ricorso) è infondata.

3.2. Anche il secondo motivo, con cui si ipotizzano i 3 vizi di cui alla lett. e) dell'art. 606 cod. proc. pen., con argomenti simili a quelli svolti nel ricorso dello B.B., è infondato.

La Corte territoriale ha osservato che il mancato coordinamento tra i piani e tra le imprese, già emergente a livello documentale, ha trovato conferma nel fatto che anche nei giorni precedenti all'infortunio si era proceduto nello stesso modo, ovvero con il coinvolgimento dei dipendenti della D.D. Srl e della Mites Srl

La Corte ha inoltre spiegato - con motivazione non attaccata sul punto dal ricorrente - che la presenza dei dipendenti della Mites Srl (gli autisti, tra cui la vittima) era necessaria per supervisionare la sistemazione del carico (p. 15). Dunque non è chiaro per quale ragione non avrebbe dovuto esservi alcuna interferenza da governare con le azioni di coordinamento.

Il ricorrente deduce inoltre il travisamento delle dichiarazioni del E.E. (p. 7 ricorso), ma non le allega, né specifica nulla in punto di decisività.

Deve quindi ritenersi accertata la violazione di specifiche regole cautelari, contrariamente a quanto si afferma in ricorso (pp. 7 e 8).

L'art. 92 D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 prevede, tra l'altro, che durante la realizzazione dell'opera, il coordinatore per l'esecuzione dei lavori è tenuto: 1) a verificare l'applicazione, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento; 2) a verificare l'idoneità del piano operativo di sicurezza, da considerare come piano complementare di dettaglio del piano di sicurezza e coordinamento; 3) ad adeguare il piano di sicurezza e di coordinamento, in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute.

Se è vero che al coordinatore per l'esecuzione dei lavori viene riconosciuta una funzione di alta vigilanza che riguarda la generale configurazione delle lavorazioni, nondimeno la figura rileva nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento, nonché sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia della incolumità dei lavoratori; a tale fine rileva al contempo una scrupolosa verifica della idoneità del POS e nella assicurazione della sua coerenza rispetto al PSC e nell'assicurazione dell'adeguamento dei piani in relazione alla evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute (così, in motivazione, Sez. 4, n. 2845 del 15/10/2020, dep. 2021, Martinelli).

È stato quindi affermato, e va qui ribadito, che il coordinatore della sicurezza per l'esecuzione dei lavori svolti in un cantiere edile è titolare di una posizione di garanzia, in quanto gli spettano compiti di "alta vigilanza", consistenti: a) nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento, nonché sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell'incolumità dei lavoratori; b) nella verifica dell'idoneità del piano operativo di sicurezza (POS) e nell'assicurazione della sua coerenza rispetto al piano di sicurezza e coordinamento; c) nell'adeguamento dei piani in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, verificando, altresì, che le imprese esecutrici adeguino i rispettivi POS (cfr., con particolare riferimento a ipotesi di mancata verifica di idoneità del POS che non contemplava il rischio di caduta attraverso lucernari, Sez. 4, n. 45862 del 14/09/2017, Prina, Rv. 271026-01).

Di tali principi i giudici di merito hanno fatto corretta applicazione, specificando le insufficienze del PSC (p. 13 sentenza impugnata), anche in relazione al contenuto dei POS.

Inoltre, fermo restando che le azioni di coordinamento vanno previste in via anticipata rispetto alla esecuzione delle lavorazioni, i giudici di merito hanno comunque sottolineato le ragioni per le quali il giorno dell'infortunio era certamente prevedibile l'interazione lavorativa tra i dipendenti delle due aziende coinvolte, e ciò in linea con le stesse previsioni contenute nei rispettivi POS.

Infine, i profili della sussistenza del nesso e della evitabilità dell'evento (pp. 7 e 8) sono oggetto solo di un generico richiamo, senza la prospettazione di alcuna concreta ragione di doglianza, né risulta siano stati devoluti alla Corte di appello (p. 9 sentenza ricorsa, quanto alla sintesi dei motivi proposti).

4. Al rigetto dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma il 25 marzo 2025.

Depositata in Cancelleria il 24 maggio 2025.

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