Cassazione Penale Sez. 4 del 12 novembre 2024 n. 41397
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CP Sez. 4 12 novembre 2024 n. 41397 / Infortunio addetto impianto di imbottigliamento GPL Responsabilità dei preposti
ID 22941 | 15.11.2024 / In allegato
Cassazione Penale Sez. 4 12 novembre 2024 n. 41397 - Infortunio dell'operatore di giostra della raffineria addetto all'impianto di imbottigliamento GPL. Rimozione di una barriera antinfortunistica e responsabilità dei preposti
Penale Sent. Sez. 4 Num. 41397 Anno 2024
Dott. DOVERE Salvatore - Presidente
Dott. SERRAO Eugenia - Relatore
Dott. CENCI Daniele - Consigliere
Dott. MARI Attilio - Consigliere
Dott. LAURO Davide - Consigliere
1. La Corte di appello di Caltanissetta, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato, per quanto qui d'interesse, la pronuncia con la quale il 9 marzo 2023 il Tribunale di Gela aveva dichiarato D.D., A.A., B.B. e C.C. responsabili del reato di cui agli artt. 113 e 590, comma 3, cod. pen. perché, in cooperazione colposa tra loro, D.D. in qualità di responsabile imbottigliamento GPL di Raffineria di Gela Spa, A.A., B.B. e C.C. in qualità di tecnici di campo addetti all'impianto di imbottigliamento, avevano cagionato in Gela il 1 febbraio 2017 a E.E., operatore di giostra della raffineria addetto all'impianto di imbottigliamento GPL, settore de pallet - ricollaudo, lesioni personali gravi a causa dell'improvvisa attivazione del dispositivo di spinta è della conseguente compressione della gamba destra tra lo stesso e il carter metallico di protezione; con condanna degli imputati e del responsabile civile Raffineria di Gela Spa al risarcimento del danno in favore della parte civile.
2. Agli imputati si rimproverava sia di aver consentito l'utilizzo della giostra (consistente in un'apparecchiatura finalizzata al riempimento delle bombole) in difformità dalle istruzioni d'uso a seguito di modifiche strutturali dell'impianto di imbottigliamento garantito dalla ditta costruttrice (rimozione di barriere protettive intorno al dispositivo di spinta, installazione di un carter metallico a copertura del dispositivo di spinta, eliminazione di componenti del pannello di comando, rimozione dei sensori di passaggio delle bombole e del cancelletto di blocco), sia di aver omesso interventi di manutenzione straordinaria necessari a ripristinare i requisiti di sicurezza.
3. Il fatto è stato così ricostruito nelle fasi di merito: la società Raffineria di Gela aveva apportato all'impianto di imbottigliamento GPL una modifica strutturale, non prevista dal costruttore, che determinava un improprio utilizzo della macchina in modalità semiautomatica (l'impianto avrebbe dovuto funzionare in modalità manuale o automatica); in particolare, la c.d. giostra dell'impianto di imbottigliamento delle bombole e, in dettaglio, la macchina chiamata "pallettizzatore ricollaudo" era stata significativamente modificata rispetto alle originarie previsioni progettuali; la modifica consisteva nella eliminazione del cancelletto di blocco e delle barriere di protezione e nella apposizione di un carter metallico; tali modifiche erano state mantenute sino al momento dell'infortunio; il lavoratore si era avvicinato alla barra della gabbia di contenimento per alzarla manualmente mentre svolgeva le sue ordinarie mansioni di addetto al funzionamento dell'impianto, operando in modalità semiautomatica; tale modalità era seguita come prassi tra gli operatori in quanto il funzionamento automatico era fuori servizio, mentre il funzionamento denominato come semiautomatico (non previsto dal progetto né dai manuali d'uso) consisteva nella modalità manuale accompagnata dall'uso di un joystick per movimentare lo spintore; il manettino o joystick tendeva a rimanere temporaneamente un po' incantato, inceppato, incastrato, il che impediva che si attivasse il blocco dello spintore e dello scorrimento delle bombole; tale fenomeno era causato dalla anomala presenza di condensa nel sistema meccanico, che provocava un malfunzionamento dei comandi e degli organi pneumatici; la presenza delle barriere protettive originariamente previste nel progetto e il regolare funzionamento dell'impianto in modalità automatica o manuale avrebbero evitato l'evento; l'inceppamento o il malfunzionamento del manettino non costituiva, secondo i giudici, un evento del tutto imprevisto e imprevedibile in quanto il datore di lavoro e i suoi preposti avrebbero dovuto monitorare costantemente il funzionamento dell'apparecchio e verificarne l'operatività in condizioni di sicurezza; il lavoratore si trovava vicino al punto in cui arrivavano, su nastro trasportatore a catena, le bombole difettose o scadute, comunque vuote, che si dovevano pallettizzare; con il joystick muoveva uno spintore mentre manualmente alzava la barra di contenimento del pallet, altrimenti detta gabbia di contenimento, per farvi entrare le bombole, avvicinandosi in prossimità dello spintore, che altrimenti si sarebbe dovuto comandare da una distanza di tre metri con il joystick; mentre il lavoratore sollevava la barra di contenimento del pallet, lo spintore era tornato indietro automaticamente senza il suo input e quindi il lavoratore era rimasto schiacciato tra lo spintore e il carter dello stesso con la coscia destra.
4. A.A., B.B. e C.C. propongono ricorso con unico atto censurando la sentenza impugnata, con il primo motivo, per manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui la Corte ha ritenuto sia la sussistenza di un'omissione giuridicamente rilevante ai sensi dell'art. 40, comma 2, cod. pen. sia profili di colpa nella loro condotta. Premesso che le due sentenze di merito non costituiscono pronunce conformi in quanto su aspetti decisivi della vicenda la Corte di appello ha modificato il giudizio espresso dal Tribunale (insussistenza in capo ai ricorrenti di una delega in tema di sicurezza, operatività delle modifiche fin dal 2008 contestualmente all'originaria installazione dell'impianto a opera della ditta fornitrice), i ricorrenti ritengono che la diversa ricostruzione del fatto operata dal giudice di appello, in adesione a quanto sostenuto dalla difesa, avrebbe dovuto condurre a risolvere diversamente i temi relativi alla sussistenza di una posizione di garanzia e alla prevedibilità ed evitabilità dell'evento. La motivazione offerta dalla Corte territoriale si presenta, invece, apparente e manifestamente illogica. Con riguardo alla posizione di garanzia, la Corte territoriale ne ha rinvenuto la fonte nella qualifica aziendale ricoperta e nelle corrispondenti mansioni con affermazione apodittica; i giudici non si sono confrontati con circostanze di natura oggettiva ritenute pacifiche in sentenza, cioè la mancanza in capo ai ricorrenti della qualifica di datori di lavoro o dì delegati per la sicurezza, oltre che lo specifico ruolo e le mansioni loro attribuite, elencati a pag. 7 della sentenza, in rapporto alle specifiche omissioni oggetto di contestazione. Operando i ricorrenti in una struttura complessa con specifici compiti concernenti il concreto e giornaliero svolgimento dell'attività lavorativa, non erano garanti rispetto al rischio connesso a "scelte gestionali di fondo" quali sono il consentire modifiche strutturali dell'impianto di imbottigliamento e l'omettere interventi di manutenzione straordinaria. Non si comprende come la scelta di consentire l'utilizzo di un macchinario configurato sin dal 2008 senza che si siano verificati incidenti o anomalie per nove anni possa essere addebitata ai tecnici di campo, incaricati di garantire l'esercizio efficiente dell'impianto sotto il profilo della produzione. Inoltre, la società che aveva progettato e installato l'impianto, pur essendo tenuta contrattualmente a certificarlo e mantenerlo, non ha segnalato problemi di sicurezza o anomalie. I ricorrenti, come emerge dal testo del mansionario riprodotto a pag. 7 della sentenza, non avevano l'obbligo di manutenzione straordinaria dell'impianto né avevano poteri impeditivi. La motivazione è carente anche in relazione alla presunta sussistenza di una posizione di garanzia rispetto alla manutenzione ordinaria, sia perché vi era presso la raffineria una specifica funzione che si occupava della manutenzione straordinaria e ordinaria, sia perché due ditte erano state contrattualizzate (Kosan Crisplant e Gradito Oleodinamica) e avrebbero dovuto verificare l'efficienza dell'impianto e provvedere alla manutenzione periodica e giornaliera dello stesso. Alla complessiva organizzazione aziendale e alla scelta di affidare la manutenzione anche a ditte esterne ci si sarebbe dovuti riferire nell'interpretare il mansionario relativo ai compiti dei tecnici di campo. La sentenza, laddove ha relegato a questione eccessivamente formalistica la distinzione tra "esercizio" e "manutenzione", è affetta da manifesta illogicità, trattandosi di circostanza decisiva per ritenere o meno gravante sui ricorrenti una forma di obbligo in relazione a eventuali problemi manutentivi. Quanto affermato a pag. 8 della sentenza in merito all'obbligo di monitoraggio e controllo dello stato dei macchinari e degli impianti C gravante sui ricorrenti avrebbe avuto rilievo solo ove fossero stati accertati l'esistenza di un difetto ovvero un'anomalia verificatisi in epoca precedente l'infortunio con eventuale inerzia dei tecnici di campo, ma prima dell'incidente non si era verificata alcuna anomalia nel meccanismo di spinta; appare quindi manifestamente illogico ritenere che i tecnici di campo si sarebbero dovuti attivare. Il monitoraggio costante del funzionamento dell'apparecchio e la verifica di operatività dello stesso in condizioni di sicurezza non erano condotte esigibili, essendosi l'evento verificato a seguito di un inaspettato malfunzionamento del joystick, non comprendendosi attraverso quali modalità i tecnici di campo avrebbero dovuto monitorarne il funzionamento. Con riguardo alla prevedibilità ed evitabilità dell'evento, i ricorrenti sostengono che l'inceppamento del joystick, sulla base di un giudizio ex ante e delle conoscenze acquisite, non fosse prevedibile; la Corte ha fornito una valutazione ex post dell'evento, in ogni caso astratta in quanto non fondata sull'unica ipotesi verosimile del verificarsi dell'evento per caso fortuito.
4.1. Con il secondo motivo deducono l'erronea interpretazione di legge in relazione agli artt. 40, comma 2, 43 e 590 cod. pen. In primo luogo, si è ritenuto che la responsabilità colposa potesse prescindere dalla valutazione in ordine alla prevedibilità ed evitabilità dell'evento; inoltre, nella ricostruzione della posizione di garanzia non si è valutato se esistessero poteri impeditivi, il cui mancato esercizio concretizza l'equivalenza tra il non impedire e il realizzare.
4.2. Con il terzo motivo deducono l'illogicità della motivazione, sotto il profilo del travisamento della prova, desumibile da uno specifico atto, nella parte in cui la Corte ha ritenuto di non disporre un accertamento peritale sui dispositivi in sequestro. I giudici di merito hanno attribuito la causa dell'evento al malfunzionamento del manettino o joystick, che avrebbe determinato l'improvviso ritorno non comandato dello spintore. Tale circostanza è stata affermata in assenza di uno specifico accertamento tecnico sull'efficienza o meno del dispositivo. La Corte territoriale ha rigettato la richiesta di esecuzione di una perizia sul tasto comandi e relativo joystick dell'impianto sul presupposto che questi fossero stati modificati pochi giorni dopo l'infortunio, ritenendola per tale ragione inutile; tuttavia, assumono i ricorrenti, pur in presenza delle modifiche all'impianto, gli originari joystick sono stati sottoposti a sequestro e su questi si sarebbe dovuto svolgere l'accertamento peritale. Si allega al ricorso il provvedimento di sequestro dei dispositivi che si trovavano nella centralina di comando del settore de pallet - ricollaudo al momento dell'infortunio.
5. D.D. propone ricorso per cassazione censurando la sentenza impugnata, con il primo motivo, per manifesta illogicità della motivazione sotto il profilo del travisamento della prova per avere la Corte ritenuto di non disporre il richiesto accertamento peritale sulle apparecchiature in sequestro. Nella ricostruzione operata dai giudici di merito, l'evento si sarebbe verificato a causa di un malfunzionamento del joystick che serviva a comandare lo spintore; dall'istruttoria dibattimentale in primo grado è risultato acclarato che un malfunzionamento del genere non si fosse mai verificato prima, come confermato dallo stesso lavoratore infortunato e dai tecnici della società di manutenzione; nonostante il joystick sia stato sequestrato, nessun accertamento è stato espletato dal pubblico ministero per verificare eventuali anomalie sullo stesso; era apparso alla difesa assolutamente necessario che venisse disposta perizia tecnica, ma la Corte di appello ha rigettato l'istanza sostenendo che gli joystick, pochi giorni dopo la verificazione dell'infortunio, sono stati significativamente modificati ritenendo per tale ragione inutile un accertamento peritale da eseguire a notevole distanza di tempo. La difesa sostiene, invece, che gli joystick originali sono stati sottoposti a sequestro e che la richiesta di perizia non riguardava quello modificato, così rimanendo evidente il travisamento della prova e il conseguente vizio motivazionale.
5.1. Con il secondo motivo deduce illogicità della motivazione nel ritenere sussistenti i profili di colpa nella condotta dello D.D. in termini di omissione rilevante ex art. 40 cod. pen. Premesso che le due pronunce di merito non sono tra loro conformi, avendo la Corte di appello effettuato analisi e valutazioni diverse di alcuni elementi di prova su aspetti decisivi, la difesa sostiene che vi sia contrasto tra il capo di imputazione, relativo all'asserita omessa manutenzione ordinaria e straordinaria, e la motivazione con la quale la Corte ha ritenuto infondate le doglianze concernenti la posizione soggettiva dell'imputato e l'asserita mancanza di una posizione di garanzia a suo carico. La motivazione è ' manifestamente illogica nella parte in cui ha individuato nello D.D. il responsabile dell'impianto di imbottigliamento, dunque il capo reparto con il compito di assicurare la gestione operativa dell'impianto e di garantire l'osservanza delle normative in materia di sicurezza, risultando dai documenti acquisiti al fascicolo del dibattimento che nel mansionario non vi erano competenze relative alla manutenzione, anche perché è stata accertata in dibattimento la presenza di altra unità organizzativa con competenze esclusive e specifiche in materia di manutenzione. La Corte ha respinto la doglianza della difesa pur richiamando un mansionario che non contempla tali competenze e ignorando le emergenze dibattimentali circa l'esistenza di ditte esterne addette alla manutenzione.
5.2. Con il terzo motivo deduce erronea interpretazione degli artt. 40, comma 2, 43, 590 cod. pen. per avere i giudici di merito omesso di verificare in concreto la prevedibilità ed evitabilità dell'evento.
6. Ha proposto ricorso per cassazione la BIORAFFINERIA DI GELA Spa, già Raffineria di Gela Spa, proponendo censure del tutto sovrapponibili a quelle già indicate con riguardo ai ricorsi proposti dagli imputati D.D., A.A., B.B. e C.C.
7. Il difensore della parte civile E.E. ha depositato memoria sostenendo l'inammissibilità dei ricorsi in quanto reiterativi di doglianze già adeguatamente confutate dal giudice di appello ed evidenziando la prevedibilità dell'infortunio occorso in quanto a causa della modifica del macchinario l'operatore poteva inserirsi tra lo spintore e il carter per poter manovrare la barra del pallet, nonché la posizione di garanzia degli imputati in quanto tenuti a segnalare situazioni di pericolo agli addetti alla manutenzione. Ha, quindi, chiesto la conferma delle statuizioni civili.
8. I difensori di A.A., B.B. e C.C. (Avv. Autru Ryolo), di D.D. e BIORAFFINERIA DI GELA Spa (Avv. Cataldo) hanno depositato memorie difensive con motivi nuovi nonché, il solo Avv. Autru Ryolo, memoria di replica. Le difese sostengono che nella sentenza impugnata si è ricondotta la modifica alla fase dell'installazione dell'impianto e che la responsabilità dei ricorrenti è stata erroneamente desunta dalla violazione dell'art. 2087 cod. civ., specificamente inerente agli obblighi del datore di lavoro o di soggetti da lui delegati, nonché da atti organizzativi interni all'azienda, quale è il mansionario, privi di contenuto modale. Non vi è spazio per la responsabilità dei ricorrenti, in quanto soggetti diversi dal datore di lavoro o da suoi delegati che si sono trovati a operare con un impianto installato da chi lo aveva progettato e ne controllava il regolare funzionamento. La Corte territoriale non ha considerato che l'evento si è verificato per caso fortuito.
9. All'odierna udienza, disposta la trattazione orale ai sensi degli artt.23, comma 8, D.L. 28 ottobre 2020, n.137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n.176, 16 D.L. 30 dicembre 2021, n.228, convertito con modificazioni dalla legge 21 maggio 2021, n.69, 35, comma 1, lett. a), 94, comma 2, D.Lgs. 10 ottobre 2022, n.150, 1, comma 1, legge 30 dicembre 2022, n.199 e 11, comma 7, D.L. 30 dicembre 2023, n.215, le parti hanno rassegnato le conclusioni indicate in epigrafe.
Diritto
1. Si esaminano, in ordine di priorità logica, il terzo motivo del ricorso di A.A., B.B. e C.C., il primo motivo del ricorso di D.D. e il primo motivo del ricorso di BIORAFFINERIA DI GELA Spa
1.1. In linea di principio, il modello del giudizio di appello accolto dal legislatore del 1988 prevede che l'attività istruttoria sia limitata a una funzione integrativa, coerentemente con un giudizio di secondo grado inteso come mero controllo dell'accertamento effettuato nella fase precedente, che si presume completo. Nel giudizio di appello ordinario è, dunque, tendenzialmente esclusa l'assunzione delle prove, limitandosi il giudice a decidere sul materiale formatosi in primo grado; la rinnovazione parziale del dibattimento, prevista dall'art. 603 cod. proc. pen. solo in presenza di specifiche condizioni, rappresenta un passaggio meramente eventuale e straordinario nello svolgimento del giudizio di appello e non costituisce, sul piano normativo, un presupposto indispensabile per giungere a un epilogo decisorio del tutto alternativo a quello del processo di primo grado. Non sussiste, pertanto, alcun obbligo di rinnovazione istruttoria in fase di appello, né correlativamente un obbligo di specifica motivazione del diniego, a meno che la richiesta di parte sia riconducibile a specifiche ipotesi elencate nell'art. 603 cod. proc. pen., tra le quali rientrano i casi nei quali il giudice di appello intenda dissentire dalla valutazione della prova dichiarativa espletata in primo grado (Sez. 4, n. 13379 del 14/02/2024, Chelini, Rv. 286306 - 01) o accerti la violazione del diritto alla prova (Sez. 3, n. 13076 del 14/02/2024, Xiumei, Rv. 286075 - 01). Escluso che, nel caso in esame, ci si trovi in presenza di un caso di rinnovazione istruttoria obbligatoria, la scelta discrezionale della Corte territoriale di non accogliere l'istanza degli imputati non è sindacabile sotto il profilo motivazionale.
1.2. Occorre, poi, ricordare che il vizio della motivazione derivante dall'omessa valutazione di una prova può condurre all'annullamento della sentenza esclusivamente nel caso in cui si tratti di una prova decisiva e, nel caso di conformità delle sentenze dei due gradi di merito, a condizione che il ricorrente rappresenti, con specifica deduzione, che il dato probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado (Sez. 3, n. 45537 del 28/09/2022, M., Rv. 283777 - 01; Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv. 269217 - 01).
1.3. Con riguardo al primo aspetto, la prova asseritamente non valutata concerne l'espletamento di una perizia sul joystick sottoposto a sequestro. I ricorrenti indicano quale premessa della censura che la causa dell'evento sia da individuare nel malfunzionamento del manettino o joystick, che avrebbe determinato l'improvviso ritorno non comandato del pistone. Tale premessa descrive, però, in maniera parziale la complessa dinamica che ha determinato l'infortunio, come ricostruita sin dalla sentenza di primo grado, difettando il motivo di specificità in punto di decisività della prova.
Il macchinario, progettato per funzionare in modalità automatica con alimentazione pneumatica dello spintore, era stato adattato per funzionare in modalità manuale, rimuovendo la barriera che avrebbe impedito al lavoratore di avvicinarsi agli organi in movimento e trasferendo sullo spintore la funzione originariamente propria del cadenzatore, anch'esso rimosso. La barra che consentiva l'ingresso delle bombole nel pallet non si alzava o abbassava automaticamente, ma veniva azionata manualmente dal lavoratore; la modifica del macchinario mediante rimozione della barra protettiva consentiva a quest'ultimo, dunque, di avvicinarsi agli organi in movimento del macchinario, segnatamente lo spintore. Su tale premessa, l'infortunio è stato ricondotto alla modifica del macchinario (pag.21 sentenza di primo grado).
1.4. Con riguardo, poi, alla prova del malfunzionamento del joystick, il dato probatorio asseritamente travisato non è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado, incorrendo la censura, per quanto detto, nell'inammissibilità. Il teste F.G., quale delegato del pubblico ministero, aveva nell'immediatezza del fatto accertato che il quadro comandi aveva subito delle modifiche in quanto nel pannello mancavano dei pulsanti e vi erano dei fori vuoti con alcune scritte manuali; con la polizia scientifica di Gela erano state eseguite alcune foto e si era proceduto al sequestro di tre joystick-, la dott.ssa F.F., funzionario dello Spresal, aveva visionato unitamente alla polizia giudiziaria e alla polizia scientifica il macchinario evidenziandosi da subito che il pannello di comando era stato manomesso, ossia che sul joystick mancavano alcuni tasti e rimanevano i fori e che su un altro punto c'era un piolino che serviva da comando; inoltre, ricordava che c'erano indicazioni scritte con un pennarello (pag. 7 e 26 sentenza di primo grado). Il teste Muratore, manutentore per conto della Kosan Crisplant, aveva redatto un report nel quale aveva constatato che la linea dell'aria compressa e degli appositi portafiltri era piena di condensa, che avrebbe potuto comportare il blocco della macchina e il danneggiamento del sistema pneumatico (pag.16).
1.5. Conseguentemente, i motivi di ricorso in esame risultano inammissibili per plurime ragioni, sia perché non è stata allegata la decisività della prova, sia perché il tema probatorio asseritamente travisato non è emerso per la prima volta in grado di appello.
2. Sulla base delle considerazioni che precedono in merito alle cause dell'infortunio va affermata l'inammissibilità delle censure svolte nel primo e nel secondo motivo dei ricorsi di A.A., B.B. e C.C., nel terzo motivo del ricorso di D.D. e nel secondo e terzo motivo del ricorso di BIORAFFINERIA DI GELA Spa a proposito del giudizio espresso nelle sentenze di merito circa la prevedibilità ed evitabilità dell'evento.
Le censure muovono dal presupposto, già ritenuto frutto di una lettura incompleta del ragionamento probatorio, che la causa dell'infortunio sia da ravvisare nel difettoso funzionamento del joystick. Anche con riguardo a tali censure occorre rimarcare che i giudici di merito, con valutazione pienamente conforme sul punto, hanno ascritto la responsabilità dell'infortunio a coloro che avevano consentito al lavoratore di operare al macchinario denominato "pallettizzatore ricollaudo" nonostante vi fossero state apportate modifiche strutturali, consistenti nell'eliminazione del cancelletto di blocco e delle barriere di protezione, che comportavano un rischio per l'incolumità di colui che era addetto alla movimentazione e all'esercizio dell'impianto. In tale contesto, il giudizio di prevedibilità ed evitabilità dell'evento è stato correttamente svolto con riguardo alla possibilità per il lavoratore di avvicinarsi agli organi in movimento della macchina e, più in generale, all'adibizione del lavoratore all'uso di un macchinario modificato rispetto al progetto originario mediante eliminazione di presidi antinfortunistici. La situazione di rischio che i giudici hanno esaminato era, infatti, riconducibile al mancato rispetto di uno o più requisiti essenziali di sicurezza, agevolmente percepibile ex ante sul mero presupposto che il funzionamento del macchinario, originariamente automatico, era stato alterato rimuovendo una barriera antinfortunistica apposta dal produttore e realizzando un sistema di funzionamento misto, in parte manuale e in parte automatico, tale da imporre al lavoratore di avvicinarsi agli organi in movimento del macchinario durante il suo funzionamento. Si trattava, dunque, piuttosto che di una imprevedibile anomalia, di una evidente manomissione della macchina che comportava un rischio e, logicamente, l'esigibilità di una condotta attiva funzionale a prevenirlo e ad evitarlo.
Le censure, confrontandosi su tale punto solo parzialmente con la motivazione del provvedimento impugnato, risultano generiche e non superano il vaglio di ammissibilità.
3. Le censure inerenti all'affermata posizione di garanzia dei ricorrenti sono infondate.
3.1. Secondo quanto si è già evidenziato, agli imputati si rimprovera sia di aver consentito l'utilizzo della giostra (consistente in un'apparecchiatura finalizzata al riempimento delle bombole) in difformità dalle istruzioni d'uso a seguito di modifiche strutturali dell'impianto di imbottigliamento garantito dalla ditta costruttrice (rimozione di barriere protettive intorno al dispositivo di spinta, installazione di un carter metallico a copertura del dispositivo di spinta, eliminazione di componenti del pannello di comando, rimozione dei sensori di passaggio delle bombole e del cancelletto di blocco), sia di aver omesso interventi di manutenzione straordinaria necessari a ripristinare i requisiti di sicurezza.
Contrariamente a quanto dedotto dai ricorrenti, la delega in tema di sicurezza non è presupposto della decisione di condanna in primo grado e non è, dunque, configurabile tra le due sentenze di merito difformità di giudizio sul punto. La posizione del singolo garante è stata, infatti, legittimamente delineata sulla base delle mansioni, dei poteri e dei doveri in concreto assegnati a ciascun imputato nell'organigramma aziendale, con ineludibile rimando al ruolo dei garanti delineato dalla normativa antinfortunistica di cui al D.Lgs. n. 81/2008.
Né risulta corrispondente al tenore del provvedimento impugnato quanto affermato dai ricorrenti circa la riconducibilità dell'alterazione del macchinario all'impresa costruttrice, atteso che la Corte di appello si è limitata a richiamare, a pag.5, la corrispondente deduzione difensiva solo per escluderne la rilevanza. Non risulta, infatti, in alcun modo confutato l'esito della prova dichiarativa riportata a pag. 23 della sentenza di primo grado a proposito degli autori della modifica e la stessa Corte territoriale, a pag. 8, ha posto l'accento sull'obbligo degli imputati di segnalare comunque eventuali difetti o anomalie alle ditte incaricate della manutenzione.
3.2. I giudici di merito si sono soffermati sull'obbligo di "monitorare e controllare costantemente lo stato dei macchinari e degli impianti, verificare eventuali anomalie, difetti e malfunzionamenti, segnalare prontamente gli stessi ai vertici aziendali e agli incaricati delle ditte esterne che erano contrattualmente obbligate a eseguire le operazioni di manutenzione". Agli imputati, in altre parole, si è ascritta l'omessa segnalazione del malfunzionamento del macchinario, a pieno titolo rientrante nell'ambito della loro sfera di controllo. Ne discende che ogni argomento tendente a dimostrare che sui ricorrenti non incombessero obblighi di manutenzione straordinaria ovvero ordinaria risulta avulso dal contesto argomentativo della sentenza.
3.3. Con riguardo ad eventuali responsabilità dei vertici aziendali o delle imprese incaricate della manutenzione dell'impianto, i giudici di primo grado avevano già legittimamente evidenziato che le responsabilità di altri garanti si sommano, senza eliderle, a quelle del capo reparto e dei preposti, sottolineando che l'ampiezza dell'imputazione colposa consentiva di includervi l'utilizzo dell'impianto di imbottigliamento in anomala e pericolosa modalità semiautomatica, non prevista dal manuale d'uso.
3.4. Nel caso concreto, i giudici di merito hanno dunque accertato che tanto D.D. quanto A.A., B.B. e C.C. svolgevano mansioni di "responsabili di esercizio" (pag. 25 sentenza di primo grado) e che erano tenuti a segnalare, in quanto preposti, tanto la necessità di interventi di manutenzione quanto la non conformità dell'impianto al progetto di fabbrica, quale concreta modalità di attuazione dei loro poteri di gestione e controllo. Lo D.D., in quanto responsabile dell'impianto di imbottigliamento, era investito della mansione di garantire l'osservanza della normativa antinfortunistica; anzi, secondo il teste G.G., proprio lo D.D. aveva in prima persona creato la funzione semiautomatica rimuovendo delle valvole e dei pulsanti; a A.A., B.B. e C.C., in quanto tecnici di campo, erano assegnati compiti di predisposizione e di controllo dell'adozione di misure antinfortunistiche durante l'uso dell'impianto (pagg. 23-24 sentenza di primo grado; pag.7 sentenza di appello).
3.5. Indipendentemente, dunque, dal potere di spesa funzionale alla manutenzione dell'impianto, la responsabilità dei ricorrenti è stata calibrata sui concreti poteri e doveri di controllo dei quali ciascuno di essi era titolare in base all'organigramma aziendale e ritenendo, conformemente a quanto espressamente ivi indicato, che nell'esercizio dell'impianto rientrassero il monitoraggio e la verifica costante del corretto funzionamento dei macchinari, oltre che la segnalazione di difetti o anomalie alle imprese incaricate della manutenzione (pag. 8 sentenza di appello).
Per quanto costituisca errore di diritto l'individuazione della fonte della posizione di garanzia dei ricorrenti nell'obbligo datoriale di preservare l'integrità psico-fisica dei lavoratori (art. 2087 cod. civ.), il collegio ritiene che si tratti di errore emendabile ai sensi dell'art. 619 cod. proc. pen. in quanto non idoneo a incidere sull'esito del giudizio.
Occorre a tale proposito ricordare che, tanto per il capo reparto quanto per il preposto, la sfera di responsabilità è delineata dalla disciplina antinfortunistica dettata dal D.Lgs. n.81/2008 ed è conformata sui poteri di gestione e controllo di cui tali figure di garanti concretamente dispongono.
Non può quindi considerarsi manifestamente illogico, né apparente, il ragionamento che dal compito di responsabili di esercizio deduca il potere di vigilanza antinfortunistica e il dovere di segnalazione del malfunzionamento dell'impianto.
Quest'ultimo è concetto ampio, comprensivo tanto di quei guasti che occasionalmente derivino da avaria, difetto, deterioramento o rottura quanto delle alterazioni del meccanismo progettato dal costruttore derivanti da manomissione, comunque inerente ai rischi connessi alle concrete modalità di esecuzione della prestazione lavorativa. Le argomentazioni difensive tendenti a evidenziare altre figure di garanti non tengono conto del fatto che il sistema antinfortunistico è previsto dal legislatore alla stregua di una rete di soggetti deputati alla salvaguardia dell'incolumità dei lavoratori e che la responsabilità di un garante non esclude quella di altri nella cui sfera di attribuzioni ricada il rischio concretizzatosi (art. 19 lett. f) D.Lgs. n. 81/2008 a proposito dell'obbligo di segnalare le situazioni di pericolo per l'incolumità dei lavoratori gravante sul preposto; Sez. 4, n. 9491 del 10/01/2013, Ridenti, Rv. 254403 - 01, con riferimento alla posizione di garanzia del capocantiere o del preposto; Sez. 4, n. 46849 del 03/11/2011, Di Carlantonio, Rv. 252149 - 01 in cui si è affermato che "In tema di infortuni sul lavoro, qualora vi siano più titolari della posizione di garanzia, ciascun garante risulta per intero destinatario dell'obbligo di impedire l'evento, fino a che non si esaurisca il rapporto che ha legittimato la costituzione della singola posizione di garanzia; in particolare, il capo cantiere è destinatario diretto dell'obbligo di verificare che le concrete modalità di esecuzione delle prestazioni lavorative all'interno del cantiere rispettino le normative antinfortunistiche").
4. Per le su esposte ragioni, i ricorsi sono infondati e devono essere rigettati; segue, ai sensi dell'art.616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in solido, alla rifusione delle spese in favore della parte civile E.E., liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché, in solido, alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità alla parte civile E.E., liquidate in complessivi Euro 3.000,00 oltre accessori come per legge.
Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento venga omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi della persona offesa.
Così deciso in data 16 ottobre 2024.
Depositata in Cancelleria il 12 novembre 2024.
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Cassazione Penale Sez. 4, 12 novembre 2024 n. 41397.pdf |
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