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Cassazione Penale Sent. Sez. 4 n. 29545 | 08 luglio 2019

ID 8753 | | Visite: 3450 | Cassazione Sicurezza lavoroPermalink: https://www.certifico.com/id/8753

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 4 dell' 08 luglio 2019 n. 29545

Infortunio con una macchina asolatrice. Omessa valutazione del rischio specifico e indelegabilità

Presidente: DI SALVO EMANUELE
Relatore: FERRANTI DONATELLA
Data Udienza: 25/06/2019

Fatto

1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di Appello di Brescia, confermava la sentenza del Tribunale di Brescia, pronunciata il 6.04.2017, che aveva condannato P.A. alle pena di mesi uno di reclusione
1.1 P.A. quale amministratore unico della s.r.l. Pialegno con sede in Darfo è imputato del reato di cui all'art. 590 comma 1 e 3 cod. pen. in relazione all'art. 70 D.Lvo n.81/08 perché cagionava, per colpa, generica e specifica, al lavoratore F.G. lesioni personali, consistite in flc D2 e flc falange ungueale della mano dx, giudicate guaribili in 43 giorni; ciò in quanto, mentre il lavoratore stava posizionando un listone sul piano di appoggio della asolatrice IRMI IR 110 03198, la mano destra entrava in contatto con l'utensile da taglio in rotazione. Si contesta la condotta colposa consistita in imprudenza, negligenza ed imperizia e violazione delle norme di prevenzione e in particolare di aver messo a disposizione dei lavoratori la macchina asolatrice non conforme alle specifiche disposizioni legislative, in quanto presentava il rischio di contatto accidentale delle mani del lavoratore con utensili da taglio in movimento. Fatti accaduti in Darfo Boario Terme l'8.03.2012.
L'infortunio, secondo la ricostruzione della Corte territoriale che riporta puntualmente le risultanze dibattimentali del giudizio di primo grado, avveniva con le seguenti modalità: K., richiesto dal responsabile di produzione, si era portato a lavorare con l'asolatrice per listoni per realizzare due asole su superfici di listoni in legno; la sequenza lavorativa accertata dai tecnici della Asl in sede di sopralluogo implicava che il moto di avanzamento dell'utensile e il ciclo di lavoro fosse semiautomatico con carico manuale, sicché le mani del lavoratore durante la lavorazione avevano accesso ad una zona pericolosa, venendo in contatto con utensili da taglio, in quanto il carico manuale dei listoni in legno veniva effettuato mentre l'utensile era in moto ( fol 3 e 4). Durante il posizionamento del listone nel piano di appoggio la mano del lavoratore veniva in contatto accidentalmente con l'utensile da taglio che gli procurava le lesioni sopra descritte.
E' risultato dall'istruttoria che la macchina asolatrice non era conforme ai requisiti di sicurezza, presentando uno spazio di alimentazione tra il bordo inferiore del riparo e il piano lavoro di 60 mm e che la distanza tra il bordo esterno del riparo e gli organi lavoranti era di 160 mm, consentendo così l'accesso accidentale, tanto più che per esigenze di maggiore produttività, durante le operazioni di carico manuale, la rotazione non veniva arrestata.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del difensore, deducendo violazione di legge, mancanza e contraddittorietà della motivazione sotto il seguenti profili:
I) la Corte territoriale ha omesso di valutare il ruolo e la posizione dell'imputato e in particolare la delega effettuata al preposto P.R. come risulta dall'organigramma del 2016;
II) l'infortunio è del 8.03.2012 mentre la notizia di reato è pervenuta in Procura solo il 5.10.2015, in violazione dell'art. 335 cod.proc.pen.; le deposizioni degli Ufficiali di PG sono pertanto inutilizzabili in quanto dovrebbero essere ritenuti indagati del reato di cui all'art. 361 cod. pen..
III) manca la prova che le lesioni abbiano superato la durata della malattia dei 40 giorni con le dovute conseguenze in materia di procedibilità.

Diritto

1. Il ricorso è infondato.
2. Il primo motivo contesta il valore probatorio degli elementi utilizzati dalla Corte di appello per pervenire al convincimento di responsabilità e non tiene conto degli argomenti e delle indicazioni puntuali acquisite e risultanti dai due gradi di merito (testimonianze dei lavoratori e verbali e annotazione di sopralluogo dei funzionari ASL in merito alla ricostruzione dell'infortunio e rilievi fotografici, fol 3 sentenza primo grado). Riguardo alla posizione di garanzia quale datore di lavoro, ricoperta dagli imputati, la decisione impugnata non presenta nessuno dei vizi dedotti.
Invero si è accertato che non era stata valutata nè messa a punto nel documento di valutazione dei rischi una adeguata e rigorosa misura di sicurezza richiesta dalle particolare caratteristiche e dalla complessità del macchinario, finalizzata a garantire e a prevenire anche un eventuale errore umano accidentale in particolare l'inserimento delle mani del lavoratore in corrispondenza dell'organo lavorante da taglio caratterizzato tra l'altro da un pericoloso automatismo a ripetizione automatica; solo successivamente alle prescrizioni della Asl e all'infortunio è stata infatti apposta una copertura integrale di sicurezza al macchinario acquistato nel 1998 di cui non sono stati mai prodotti né manuale d'uso né di manutenzione e conformità CE.
E' evidente, pertanto, come valorizzato da entrambi i Giudici di merito, che si tratta di compiti non delegabili di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di sicurezza da parte del datore di lavoro.
Gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro possono essere trasferiti con conseguente subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa capo al delegante, a condizione che il relativo atto di delega ex art. 16 d. lgs. n.81/2008 riguardi un ambito ben definito e non l’intera gestione aziendale, sia espresso ed effettivo, non equivoco, ed investa un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza che sia dotato dei relativi poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, Rv. 26110801; Sez. 4, n. 4350 del 16/12/2015, dep. 2016, Raccuglia, Rv. 26594701). Nel caso in esame, correttamente la Corte di appello ha puntualizzato che non vi è stato alcun atto di delega, valido sotto il profilo dell'art. 16 del d.lgs. n.81/2008 (che richiama la forma scritta e la data certa della delega) e che comunque trattandosi di valutazione del rischio non poteva essere oggetto di delega; nelle argomentazioni dei giudici di primo grado si legge tra l'altro che l'imputato, cui faceva capo la posizione di garanzia, in quanto datore di lavoro, non controllò nè fece controllare il macchinario in questione dal punto di vista della sicurezza; infatti gli accorgimenti idonei a prevenire il rischio del contatto accidentale delle mani del lavoratore con organi pericolosi in movimento furono parzialmente installati solo nel febbraio 2016, con l'inserimento di un riparo aggiuntivo nella zona di alimentazione e mediante l'uso di un doppio pulsante ad azione mantenuta, mentre non fu mai prodotto il manuale d'uso o di manutenzione del macchinario nè l'attestazione di conformità alla CE.
3. Il secondo motivo è infondato in quanto la tardiva trasmissione degli atti da parte della PG competente non inficia la utilizzabilità processuale delle acquisizioni probatorie ai sensi dell'art. 191 cod.proc.pen. in quanto nessuna norma di legge specifica risulta violata con riferimento alle acquisizioni testimoniali degli operanti di PG interventi sul luogo dell'Infortunio e la cui inutilizzabilità è solo genericamente indicata nei motivi di ricorso.
Va ricordato sul punto l'indirizzo giurisprudenziale di questa Corte che, ai fini della previsione di cui all'art. 405 cod. proc. pen., ha ribadito che la decorrenza del termine delle indagini preliminari va calcolata dal momento della formale ed effettiva iscrizione nell'apposito registro (art. 335 cod. proc. pen.) delle generalità della persona alla quale il reato stesso sia stato attribuito e non da quello in cui il P.M. ha disposto l'iscrizione medesima (Sez. 6, Sentenza n. 25385 del 19/03/2012 Cc. (dep. 27/06/2012 ) Rv. 253100-01)
Le Sezioni Unite hanno statuito che l'omessa annotazione della "notitia criminis" nel registro previsto dall'art. 335 cod. proc. pen., con l'indicazione del nome della persona raggiunta da indizi di colpevolezza e sottoposta ad indagini "contestualmente ovvero dal momento in cui esso risulta", non determina l’inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti sino al momento dell'effettiva iscrizione nel registro, poiché, in tal caso, il termine di durata massima delle indagini preliminari, previsto dall'art. 407 cod. proc. pen., al cui scadere consegue l'inutilizzabilità degli atti di indagine successivi, decorre per l'indagato dalla data in cui il nome è effettivamente iscritto nel registro delle notizie di reato, e non dalla presunta data nella quale il pubblico ministero avrebbe dovuto iscriverla. L'apprezzamento della tempestività dell'iscrizione, il cui obbligo nasce solo ove a carico di una persona emerga l'esistenza di specifici elementi indizianti e non di meri sospetti, rientra nell'esclusiva valutazione discrezionale del pubblico ministero ed è sottratto, in ordine all' "an" e al "quando", al sindacato del giudice, ferma restando la configurabilità di ipotesi di responsabilità disciplinari o addirittura penali nei confronti del p.m. negligente Sez. U, Sentenza n. 16 del 21/06/2000 Ud. (dep. 30/06/2000 ) Rv. 216248)
Ne consegue,, in applicazione dei principi sopra richiamati,, che correttamente la Corte territoriale ha valutato la tempestività della iscrizione della notizia di reato da parte della Procura della Repubblica in data 6 ottobre 2015; a nulla rilevando, sotto il profilo della inutilizzabilità, l'eventuale ritardo della trasmissione della notizia di reato all'Ufficio requirente da parte della PG ed esulando peraltro tale censura dal giudizio di legittimità.
4. Il terzo motivo è manifestamente infondata oltre che generico e aspecifico, in quanto la Corte territoriale ha puntualmente motivato che la durata della malattia derivante dall'infortunio è pacificamente superiore ai 40 giorni, come risulta dai certificati medici in atti e dalle attestazioni dell'Inail che indica la durata della malattia in 44 giorni (fol 7).
5. In conclusione il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 25.06.2019.

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Tags: Sicurezza lavoro Cassazione

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