Cassazione Penale Sent. Sez. 3 n. 17685 | 29 Aprile 2019
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Carenze strutturali o manutentive dei luoghi di lavoro nell'impianto di depurazione
Responsabilità della titolare del contratto di appalto
Penale Sent. Sez. 3 Num. 17685 Anno 2019
Presidente: ACETO ALDO
Relatore: GALTERIO DONATELLA
Data Udienza: 14/12/2018
1. Con sentenza in data 8.5.2018 il Tribunale di Paola ha condannato C.N. alla pena di € 450,00 di ammenda ritenendolo responsabile di una pluralità di violazioni in materia di sicurezza sul lavoro ai sensi del decreto legislativo 81/2018.
2. Avverso il suddetto provvedimento l'imputata ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione, articolando due motivi di seguito riprodotti nei limiti di cui all'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo lamenta, invocando il vizio motivazionale, l'omessa valutazione e conseguente disamina della copiosa documentazione prodotta dalla difesa attestante che la gestione del depuratore cui sono riferite le contravvenzioni ascrittile era stata affidata all'imputata dal Comune che ne è il titolare giusta ordinanza contingibile ed urgente mediante contratti che vengono rinnovati ogni due mesi, autorizzandola all'uso delle maestranze della precedente gestione: conseguentemente afferendo le violazioni di cui all'imputazione a carenze strutturali dell'impianto, la responsabilità per il suo omesso adeguamento strutturale doveva essere ascritta al Comune, che ne resta il proprietario, e non già all'odierna ricorrente che, comunque, si era fatta carico di provvedere anche per le omissioni imputabili all'ente locale seppure in ritardo rispetto ai tempi assegnati.
2.2. Con il secondo motivo deduce, in relazione al vizio motivazionale, che nonostante il giudicante dia atto che l'adempimento fosse stato posto in essere dall'imputata, arriva all'affermazione di responsabilità sulla scorta del generale principio di solidarietà della stazione appaltante. Sottolinea che nessun obbligo all'adempimento delle prescrizioni impartite dall'Ispettorato poteva essere posto a carico dell'affidataria in via di urgenza dell'impianto volto a permetterne il funzionamento per motivi di sanità e che ciò nonostante era stato, con motivazione contraddittoria ed apparente, fatto riferimento alla contemporaneità delle condotte, espressione di un unico disegno criminoso, che era invece smentito dal fatto che il Comune, proprietario dell'Impianto era rimasto del tutto inerte: nessun disegno identitario poteva essere ravvisato tra la sua condotta di segno positivo avendo posto in essere, ancorché non obbligata, le condotte necessarie all'adeguamento dell'impianto e quella di segno negativo del Comune rimasto inadempiente.
1. Il primo motivo deve ritenersi manifestamente infondato.
Le irregolarità riscontrate in sede di sopralluogo presso l'impianto di depurazione del Comune di Paola da parte dell'Ispettorato del lavoro concernono, quanto ai capi di imputazione d), e) ed f), carenze strutturali o manutentive dei luoghi di lavoro riguardanti l'impianto elettrico privo di messa a terra e di protezione, le vasche destinate al contenimento di sostanze liquide sprovviste di parapetti e gli uffici in precarie condizioni igieniche e di insalubrità in presenza di umidità, nonché dotati di bagni con un numero di docce insufficienti e non serviti da acqua calda, e quanto ai capi a) e b) la mancata adozione delle necessarie cautele atte a garantire la sicurezza sul lavoro in ambito di prevenzione rischi e formazione dei dipendenti direttamente nei confronti del personale.
L'adempimento ai correlativi obblighi imposti dal d. lgs 81/2008 in quanto concernenti la tutela delle condizioni di sicurezza e di igiene dei luoghi di lavoro ricade, anche per quanto concerne gli impianti strutturali ed i locali in cui si svolge l'attività lavorativa, sul datore di lavoro, indipendentemente dal fatto che questi sia o meno il proprietario delle suddette strutture, trattandosi del soggetto obbligato ad assumere le cautele previste ex lege.
Ciò premesso, essendo stato accertato che l'imputata fosse la titolare, in quanto legale rappresentante della società Lao Pools, del contratto di appalto per la gestione del depuratore in virtù dell'originario contratto stipulato con il Comune alla scadenza del quale, risalente al novembre 2012, la sua posizione contrattuale veniva prorogata per effetto di un'ordinanza contingibile ed urgente emessa il 23.1.2013, nessun fondamento rivestono le doglianze in ordine alla sua condizione di affidataria dell'appalto in via di urgenza posto che è proprio in virtù della suddetta ordinanza del Sindaco che costei ha conservato la qualifica di appaltatrice e conseguentemente quella di datrice di lavoro delle maestranze impiegate alla gestione dell'impianto. In virtù di tale qualifica sulla stessa ricadevano pertanto gli obblighi in materia di sicurezza sul lavoro che essendo stati adempiuti, per quanto concerne la messa in sicurezza dei luoghi di lavoro di cui ai capi d), e) ed f), ben oltre il termine all'uopo concessole e prorogato su sua stessa richiesta, e per quanto riguarda le prescrizioni di cui ai capi a) e b) solo successivamente al sopralluogo recando la documentazione richiestale una data successiva all'accertamento ispettivo, impongono di ritenere perfezionate le relative contravvenzioni.
2. Il secondo motivo, che si traduce in censure confuse e debordanti dai canoni di una ragionata censura del percorso motivazionale della sentenza impugnata, è inammissibile restando oscure sia le finalità delle doglianze che sembrano contestare l'inconfigurabilità di un concorso tra l'imputata (che risulta essere l'appaltatrice e non già l'appaltante dell'Impianto) ed il Comune, di cui la pronuncia del Tribunale non reca traccia, sia i punti del provvedimento contestati. Laddove, in ogni caso, si fa riferimento al medesimo disegno criminoso non è evincibile quale sia l'interesse della ricorrente a dolersi dell'identità del disegno criminoso tra le plurime contravvenzioni ascrittele, tradottosi in un regime sanzionatorio per costei di maggior favore per effetto della riduzione di pena conseguente alla configurazione del reato continuato ai sensi dell'art. 81, 2 comma cod. pen..
Segue all'esito del ricorso la condanna della ricorrente a norma dell'art. 616 c.p.p. al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo elementi per ritenere che abbia proposto la presente impugnativa senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma equitativamente liquidata alla Cassa delle Ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di € 2.000 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 14.12.2018
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