Cassazione Penale Sent. Sez. 7 n. 16467 | 16 Aprile 2019
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Mancanza del POS. Responsabilità penale del committente subappaltatore
Penale Ord. Sez. 7 Num. 16467 Anno 2019
Presidente: RAMACCI LUCA
Relatore: GAI EMANUELA
Data Udienza: 08/03/2019
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, il tribunale di Cuneo ha condannato, per quanto qui rileva, alla pena di € 2.000,00 di ammenda con pagamento rateale ex art. 133 ter cod.pen., M.A. in ordine alla violazione di cui all'art. 96 comma 1 lett. g) in relazione all'art. 159 del d.lgs n. 81 del 2008 perché in qualità di subappaltatore per lavori presso il cantiere edile sito in Saluzzo, non adottava il POS di cui all'art. 89 del medesimo decreto. In Saluzzo il 4 aprile 2013.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l'imputato, a mezzo del difensore, e ne ha chiesto l'annullamento, deducendo il vizio di motivazione in relazione all'affermazione della responsabilità penale del ricorrente sul rilievo che l'adozione del POS spetterebbe, in caso di contratto di appalto, unicamente in capo al datore di lavoro e al committente che aveva conferito l'esecuzione dei lavori all'imputato.
3. Il ricorso è inammissibile per la manifesta infondatezza del motivo.
E' affermazione costante quella secondo cui in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il committente, anche nel caso di subappalto, è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l’infortunio, sia per la scelta dell'impresa sia in caso di omesso controllo dell'adozione, da parte dell'appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, specie nel caso in cui la mancata adozione o l'inadeguatezza delle misure precauzionali sia immediatamente percepibile senza particolari indagini (Sez. 4, n. 7188 del 10/01/2018, Bozzi, Rv. 272221 - 01; Sez. 4, n. 27296 del 02/12/2016, Vettor, Rv. 270100 - 01).
Dunque, immune da censure è la sentenza impugnata che, sulla scorta della ammissione piena dei fatti, ha affermato la responsabilità penale dell'imputato.
4. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 3.000,00.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, l'8 marzo 2019
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