Cassazione Penale Sent. Sez. 4 n. 14925 | 04 Aprile 2019
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Crollo di una gru a bandiera installata in un cantiere. Omessa messa in sicurezza del sito prima della sospensione dei lavori
Penale Sent. Sez. 4 Num. 14925 Anno 2019
Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: CAPPELLO GABRIELLA
Data Udienza: 28/03/2019
1. La corte d'appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Marsala, appellata tra gli altri anche dagli imputati B.S., G.B. e dalla responsabile civile COGIP s.r.l., con la quale i primi due erano stati condannati alla pena di mesi otto di reclusione per il reato di cui agli artt. 110 e 449 cod. pen., oltre al risarcimento del danno subito dal Comune di Gibellina, unitamente alla COGIP s.r.l., ha rimesso le parti al giudice civile per la liquidazione dello stesso, confermando nel resto.
Si è contestato al B.S. e al G.B., nella rispettiva qualità di procuratore speciale della COGIP s.r.l. con pieni poteri e responsabile del cantiere e di responsabile per la sicurezza del cantiere, di avere cagionato per colpa un disastro consistito nel crollo di una gru a torre installata presso un cantiere per la realizzazione di un centro polifunzionale, che era rovinata a terra investendo l'intera sede stradale della Via Burri e l'immobile prospiciente, abitato da V.S. e dal suo nucleo familiare, nel pieno centro abitato del comune di Gibellina. Nello specifico, si è contestata una condotta colposa improntata a generiche imprudenza, imperizia e negligenza, ma anche la violazione di specifiche disposizioni (art. 169 d.P.R. 547/55 e norme tecniche CNR 10021/85, e istruzioni del manuale di uso e mantenzione del macchinario), avendo demolito, o avendo consentito che fossero demolite, le travi di fondazione, rimossa la porzione di rotaie ivi ancorate sulla quali traslava il carro base della gru, eliminati i fine corsa e i cunei di arresto della gru e realizzato o, comunque, avendo consentito che fosse realizzata, una scarpata recante un dislivello di circa un metro al termine della base per il carrello; si è contestato, inoltre, di avere consentito che i "carrini", per mezzo dei quali il carro base della gru poteva traslare ancorato alle rotaie, rimanessero privi di efficaci meccanismi di motoriduzione (freni al libero scorrimento degli ingranaggi); di non avere adeguatamente garantito, in relazione ai valori del vento prevedibili nella zona, il fissaggio della gru al terreno, anche per mezzo di funi con funzione di controventatura; di non avere garantito l'efficienza dei motoriduttori orizzontali, non provvedendo a periodici ingrassaggi dei meccanismi (ralla tra il braccio orizzontale e quello verticale della gru) che avrebbero impedito, in presenza di vento forte, il corretto posizionamento della gru "in bandiera" (cioè secondo la direzione del vento), non impedendo una forte sollecitazione sul braccio orizzontale che offriva ampia superficie all'azione del vento, la quale, anche a causa della ridotta base di appoggio e scorrimento della gru (priva di fine corsa e opere fisse di arresto), oltre che del dislivello realizzato in corrispondenza della riduzione della base e dell'inefficienza dei mezzi ausiliari di ancoraggio, cagionava il collasso della gru e il determinarsi di un concreto pericolo per l'incolumità pubblica.
2. Avverso la sentenza, hanno proposto separati ricorsi il responsabile civile COGIP s.r.l. e l'imputatao B.S., con stesso difensore e separati atti aventi identico contenuto e l'imputato G.B. con proprio difensore e separato atto.
2.1. Ricorsi presentati per COGIP s.r.l. e B.S. dall'Avv. Pe.
La difesa ha formulato un motivo unico con il quale ha dedotto violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla affermazione della penale responsabilità del B.S., rilevando che la ricostruzione dei fatti operata dalla corte territoriale trarrebbe origine da considerazioni di natura tecnica prive di riscontro probatorio e che il giudice d'appello non avrebbe fornito una spiegazione idonea a superare il ragionevole dubbio.
In particolare, la difesa ha rilevato, sul piano controfattuale, come lo stesso consulente della pubblica accusa avesse riconosciuto che l'eventuale presenza dei fine corsa, il mancato taglio dei binari di scorrimento e la mancata realizzazione della scarpata e del conseguente dislivello non avrebbero potuto impedire il collasso della gru, poiché la forza del vento non avrebbe potuto essere contrastata. Sul punto, il deducente ha osservato che la forza del vento (ritenuta dalla corte di merito di modesta entità) andava ricollegata ad altra circostanza, vale a dire al fatto che il braccio orizzontale del macchinario era bloccato e non disposto a bandiera, avendo così offerto una forte resistenza al vento.
Quanto, poi, a tale specifico aspetto, la difesa ha rilevato che l'omissione dell'ingrassaggio era stata direttamente correlata al rischio specifico, sull'errato assunto che tale intervento fosse previsto dal manuale d'uso e manutenzione, pur avendo la corte ammesso che la previsone riguardava la fase di operatività del macchinario e non il momento successivo alla sua messa fuori servizio, con conseguente travisamento della relativa prova, avendo la corte ritenuto che tale adempimento fosse dovuto anche nel secondo caso, contestando l'inosservanza di una prescrizione prevista però per casi diversi da quello oggetto del procedimento.
Infine, la difesa ha contestato il giudizio di inverosimiglianza formulato dalla corte del merito con riferimento alla spiegazione del blocco degli ingranaggi offerta dal consulente della difesa, secondo il quale esso sarebbe stato determinato da un oggetto che era finito nel meccanismo, impedendo al braccio di ruotare e assumere la corretta posizione "in bandiera".
2.2. Il ricorso presentato nell'interesse dell'imputato G.B. dall'Avv. F. .
Anche questa difesa ha formulato un motivo unico, con il quale ha dedotto vizio della motivazione e violazione di legge, rilevando che la corte territoriale, nel confermare le statuizioni del tribunale, avrebbe assunto elementi di prova travisandoli e determinando una conseguente distorsione probatoria con riferimento alla posizione di garanzia del G.B., ritenuta sul presupposto che gli impropri interventi sulla gru che ne avrebbero determinato il collasso fossero avvenuti prima della sospensione del cantiere e, quindi, quando ancora essi erano soggetti alla vigilanza dell'imputato, affermazione che la difesa ha ritenuto smentita da un dato oggettivo, la deposizione del teste V.S., il quale aveva dichiarato che i lavori erano stati realizzati qualche tempo prima del sinistro e quando il cantiere era già stato sospeso. Con la conseguenza, secondo la prospettazione difensiva, che la condotta contestata e ritenuta funzionale all'occorso, sarebbe stata posta in essere allorché il cantiere aveva cessato l'attività e il G.B. dismesso la sua funzione, rilevandosi che tali interventi sarebbero stati effettuati su una situazione di fatto che non presentava criticità, giacché la gru era stata lasciata in condizioni di assoluta sicurezza.
1. I ricorsi sono inammissibili.
2. La corte territoriale ha dato atto che l'imputato B.S. e il responsabile civile COGIP s.r.l., con identiche argomentazioni, avevano contestato l'esistenza del nesso causale tra il crollo della gru e alcune tra le condotte contestate nella imputazione (in particolare: il taglio dei binari, la realizzazione della scarpata, la eliminazione dei dispositivi di fine corsa e l'omesso ingrassaggio dei meccanismi per la rotazione del braccio) sulla scorta delle valutazioni di ordine tecnico espresse dai propri consulenti.
Ha, dunque, richiamato le argomentazioni svolte nella sentenza appellata, rilevando come le testimonianze avessero consentito di ritenere accertato che il macchinario era stato fatto oggetto degli interventi modificativi descritti in imputazione, successivamente alla verifica ASL condotta nel luglio 2006 (allorché se ne era constatata la regolarità, confermata per il precedente periodo anche dall'installatore del macchinario). La messa fuori servizio della gru risaliva al settembre successivo e da quella data il macchinario non era stato più sottoposto a ingrassaggio dei meccanismi di rotazione del braccio dei denti della ralla. La ricostruzione delle cause del crollo era stata effettuata dai consulenti della pubblica accusa, le cui conclusioni erano state corroborate dalla prova dichiarativa promanante da soggetti che, a vario titolo, erano intervenuti sul cantiere per effettuare controlli o approntare operazioni manutentive della gru. Nell'ottobre del 2006, inoltre, era stata attestata dall'imputato B.S. e dal direttore dei lavori l'assenza di maestranze e di attività lavorativa nel cantiere, essendo stati i lavori sospesi il 27/09/2006, ma nel relativo verbale non erano stati indicati gli interventi approntati per la messa in sicurezza del sito e della gru prima di detta sospensione. In particolare, secondo quanto riportato nella sentenza impugnata, era stata attribuita fondamentale importanza a tal fine alla deposizione dell'installatore M., il quale aveva constatato la trasformazione delle parti del macchinario prima regolarmente funzionante. L'intervento del teste era stato sollecitato dal BI. (imputato non ricorrente) dal quale il dichiarante aveva appreso dell'imminente arresto del cantiere per mancanza di fondi, ragion per cui la gru era stata attanagliata sui binari in fase di parcheggio. Lo stesso, intervenuto dopo il crollo quale ausiliario di P.G., aveva verificato che la gru era crollata proprio nel punto in cui erano stati recisi i binari e mancavano i respingenti di fine corsa, in presenza di un dislivello dovuto alla realizzazione del tracciato di una strada per il trasporto dei materiali. Quanto alla collocazione temporale del sopralluogo effettuato su richiesta del BI. due mesi prima del crollo, la stessa doveva leggersi alla luce del fatto che, sempre secondo quanto dal medesimo affermato, ciò era certamente avvenuto prima della sospensione dei lavori e in vista di essa, essendo stato il cantiere ancora aperto in quel momento e non essendo state ancora realizzate la strada per il trasporto dei materiali e la interruzione dei binari.
Anche il teste V.S., soggetto che aveva subito il crollo della gru sul proprio immobile, prospiciente il cantiere, aveva affermato di avere visto il braccio girare sempre a bandiera, mentre ad un certo punto non si era più posto nella posizione corretta, mentre a cantiere ancora aperto aveva assistito a lavori di sbancamento proprio in prossimità della base della gru, i cui binari erano stati recisi, rimanendo sospesi nel vuoto. Un altro teste, abitante nelle vicinanze, aveva confermato tali dichiarazioni e affermato che la posizione del braccio della gru era cambiata qualche giorno prima del crollo e che esso, nonostante il vento, non assecondava la direzione di questo.
Tanto premesso in punto di fatto, il consulente del pubblico ministero aveva poi spiegato come molti fossero i fattori che avevano cagionato il crollo (realizzazione della scarpata, taglio dei binari, assenza di fine corsa e di opere fisse di arresto) avendo il braccio, non correttamente girato a bandiera, offerto al vento un'ampia superficie sulla quale era stata esercitata la spinta che aveva determinato il ribaltamento.
Tale ricostruzione è stata ritenuta dalla corte d'appello coerente con le dichiarazioni dei testi escussi, intervenuti nell'immediatezza, secondo cui il crollo era stato conseguenza dell'azione del vento sul braccio, da giorni non più correttamente posizionato in posizione tale da assecondare il vento. Le pinze di ancoraggio in posizione baricentrica sui binari erano saltate a causa del taglio di questi ultimi e della mancanza di fine corsa sino al limite della scarpata, realizzata per il trasporto dei materiali, senza che fosse stato però approntato alcun accorgimento atto ad arrestare lo scorrimento e il ribaltamento del mezzo.
A specifica contestazione difensiva in ordine all'esito del giudizio controfattuale, asseritamente negativo con riferimento al taglio dei binari e alla eliminazione dei dispositivi di fine corsa, quel giudice ha richiamato ancora una volta la consulenza disposta dal pubblico ministero e acquisita agli atti su accordo delle parti, e - sulla scorta di essa - precisato che la causa del crollo non era stata in realtà la riduzione della lunghezza dei binari, bensì il loro taglio con contestuale creazione di una scarpata, senza la predisposizione di accorgimenti atti a scongiurare che il macchinario potesse ribaltarsi a causa di quel dislivello e di strumenti meccanici atti a impedire la traslazione. Quanto alla efficienza causale della sola forza eolica, quel consulente aveva affermato che l'azione del vento era stata determinante non di per sé, ma in quanto aveva trovato il braccio della gru bloccato per mancato ingrassaggio, così smentendo l'assunto difensivo della irrilevanza delle condotte sopra descritte.
Inoltre, sempre a seguito di apposita contestazione difensiva, secondo cui l'operazione di ingrassaggio aveva una funzione fondamentale per garantire fluidità ai movimenti del macchinario, ma non anche in fase di sospensione dello stesso, il blocco del braccio essendo stato causato da un non meglio identificato oggetto casualmente finito nell'ingranaggio, la corte ha dato atto che tale spiegazione era stata considerata nulla più che una mera ipotesi dallo stesso soggetto che l'aveva formulata e che la essa non aveva ricevuto alcuna conferma sul piano fattuale, considerato che tale ipotesi era stata formulata solo sulla base delle riproduzioni fotografiche e senza un previo sopralluogo.
Quanto alla regola cautelare e alla concretizzazione del relativo rischio, la corte palermitana ha osservato che effettivamente il manuale non prescriveva l'ingrassaggio dei meccanismi di roteazione nella fase della messa fuori servizio della gru, ma tale operazione era espressamente consigliata nella parte del manuale dedicata alla manutenzione - roteazione, in cui si prescriveva l'ingrassaggio periodico dei punti predisposti sulla ralla e sui supporti del pignone di rotazione e dei denti della ralla stessa. Che tali operazioni fossero state sospese dal settembre 2006, data dell'ultimo sopralluogo che aveva constatato la regolarità del macchinario sino a quella del crollo (5/5/2007), era confermato dalle testimonianze di coloro che avevano constatato come, nei giorni precedenti il crollo, il braccio non si disponesse più a favore del vento e la mancata roteazione ha assunto un ruolo determinante nella causazione dell'evento, unitamente alle altre concause già esaminate e originate dal mancato controllo sul macchinario, cosicché anche a voler ritenere che un oggetto non meglio identificato (la cui presenza non aveva ricevuto alcun riscontro) fosse responsabile di quel blocco, le ulteriori condotte colpose avrebbero comunque conservato la loro efficienza causale rispetto all'evento.
La corte ha poi esaminato le posizioni di garanzia ritenute in capo agli imputati, rilevando come il B.S. non l'avesse sostanzialmente contestata, laddove il G.B. aveva ricevuto l'incarico di responsabile per la sicurezza del cantiere il 28/02/2005 dalla stessa COGIP s.r.l. e per tutta la durata dei lavori di che trattasi. La corte, peraltro, ha ritenuto che la difesa muovesse da un assunto errato, vale a dire che i lavori di recisione dei binari e di sbancamento del terreno fossero stati effettuati dopo la chiusura del cantiere: il direttore dei lavori, tuttavia, che aveva effettuato il sopralluogo dell'ottobre 2006, si era limitato ad affermare che la custodia e sorveglianza del cantiere era affidata all'impresa appaltatrice, nulla indicando quanto allo stato del cantiere al momento dell'accesso o agli accorgimenti provvisionali apprestati, laddove il teste V.S. aveva invece affermato che lo sbancamento del terreno era avvenuto prima della chiusura del cantiere e che i binari erano rimasti sospesi in aria. Il che dimostrerebbe che il cantiere era ancora aperto allorché furono eseguiti gli interventi ritenuti causalmente rilevanti, atteso che dopo il settembre 2006 (epoca in cui l'attività era stata sospesa) nessuno era intervenuto per effettuare i lavori di sbancamento di cui sopra, propedeutici alla dismissione del cantiere, rimasto sostanzialmente abbandonato. Anche il controllo dell'installatore, ad onta della imprecisione del ricordo, doveva collocarsi temporalmente prima della chiusura del cantiere, poiché non erano stati ancora realizzati la recisione dei binari e lo sbancamento del terrapieno. Pertanto, al momento in cui essi furono approntati, era ancora efficace l'incarico e G.B. quale repsonsabile per la sicurezza, essendo evidente anche a soggetto non esperto (quale era il V.S. che pure si rese conto della situazione di pericolo che si era venuta a creare) che il fermo della gru nelle condizioni più volte descritte costituiva un pericolo per incolumità pubblica, la violazione contestata essendosi risolta nell'omesso intervento dell'imputato ai fini della messa in sicurezza della gru, a nulla rilevando, una volta realizzatesi quelle pre condizioni, che il crollo fosse avvenuto a cantiere ormai chiuso e allorché non erano più presenti in loco i dipendenti della ditta, atteso che soggetto beneficiario della tutela è anche il terzo estraneo alla organizzazione del lavoro, sempre che l'infortunio rientri nell'area di rischio definita dalla regola cautelare violata e non sussista un comportamento di volontaria esposizione a pericolo del terzo.
3. I motivi sono tutti manifestamente infondati.
Deve, intanto, sottolinearsi che i ricorrenti hanno evocato, quanto al nesso causale e al connesso giudizio controfattuale, anche una violazione di legge, formulando tuttavia censure che attaccano il costrutto motivazionale della sentenza e la valutazione delle conclusioni difformi dei consulenti dell'accusa e della difesa.
Il cuore delle doglianze si snoda attraverso un ragionamento con il quale si è in sostanza contestata la lettura del compendio probatorio da parte dei giudici nel doppio grado di merito e si sono articolate doglianze ripropositive di quelle esaminate nella sentenza impugnata con un ragionamento probatorio rispetto al quale non è dato cogliere il necessario, previo confronto.
3.1. Ciò impone intanto un richiamo alla natura del sindacato di legittimità, perchè sia ancora una volta precisato che la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall'appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza, concordino nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione (cfr. sez. 3 n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv, 257595; sez. 1 n. 1309 del 22/11/1993 Ud. (dep. 04/02/1994), Rv. 197250), a maggior ragione allorché i motivi di gravame non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate ed ampiamente chiarite nella decisione impugnata (cfr. sez. 3 n. 13926 dell'01/12/2011 Ud. (dep. 12/04/2012), Valerio, Rv. 252615).
Poiché la funzione tipica dell'impugnazione è quella di una critica argomentata al provvedimento che si realizza, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), attraverso la presentazione di motivi che devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta, deve inoltre ribadirsi che il contenuto essenziale dell'atto d'impugnazione è il confronto puntuale, con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso, con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta [cfr., in motivazione, sez. 6 n. 8700 del 21/01/2013 Ud. (dep. 21/02/2013), Rv. 254584], essendo estranei alla natura stessa del sindacato di legittimità gli aspetti del giudizio che si sostanziano nella valutazione e nell'apprezzamento del significato degli elementi probatori che attengono interamente al merito e non possono essere apprezzati dalla corte di cassazione se non nei limiti in cui risulti viziato il percorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa, con la conseguente inammissibilità di censure che siano sostanzialmente intese a sollecitare una rivalutazione del risultato probatorio. Ciò in quanto sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr. sez. 6 n. 47204 del 07/10/2015, Rv. 265482), stante la preclusione per questo giudice di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (cfr. sez. 6 n. 25255 del 14/02/2012, Rv. 253099).
3.2. La natura delle doglianze con cui si è evocato anche il vizio del travisamento della prova, rende opportuna una ulteriore premessa sul piano dei principi generali, questa volta con riferimento alla deducibilità di tale vizio in ipotesi di doppia affermazione conforme di penale resposnabilità: a seguito della modifica apportata all'art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen. dall'art. 8, comma primo, della legge n. 46 del 2006, il legislatore ha effettivamente esteso l'ambito della deducibilità del vizio di motivazione anche ad altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame, così introducendo il travisamento della prova quale ulteriore criterio di valutazione della contradditorietà estrinseca della motivazione il cui esame nel giudizio di legittimità deve riguardare uno o più specifici atti del giudizio, non il fatto nella sua interezza (cfr. sez. 3 n. 38341 del 31/01/2018, Ndoja, Rv. 273911); ma, anche a seguito di tale modifica, resta pur sempre non deducibile nel giudizio di legittimità il travisamento del fatto, stante la preclusione per la corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (cfr. sez. 3 n. 18521 dell'11/01/2018, Ferri, RV. 273217; sez. 6 n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099). In ogni caso, un ricorso per cassazione che deduca il travisamento (e non soltanto l'erronea interpretazione) di una prova decisiva, ovvero l'omessa valutazione di circostanze decisive risultanti da atti specificamente indicati, impone di verificare l'eventuale esistenza di una palese e non controvertibile difformità tra i risultati obiettivamente derivanti dall'assunzione della prova e quelli che il giudice di merito ne abbia inopinatamente tratto, ovvero di verificare l'esistenza della decisiva difformità, fermo restando il divieto di operare una diversa ricostruzione del fatto, quando si tratti di elementi privi di significato indiscutibilmente univoco (cfr. sez. 4 n. 14732 deH'01/03/2011, Molinario, Rv. 250133).
4. Nel caso in esame, il giudice d'appello ha indicato, con una motivazione assai analitica, in un'ottica di aperto confronto con le tesi difensive, le ragioni per le quali ha ritenuto di confermare la ricostruzione delle cause del crollo e il giudizio controfattuale operato con riferimento a tutte le condotte contestate, richiamando elementi fattuali neppure contestati nella loro storicità e, in ogni caso, del tutto obliterati nello svolgimento delle argomentazioni difensive, con le quali, in definitiva, la parte non fa che riproporre una sua diversa valutazione delle prove, sollecitando a questa corte uno scrutinio che assegni ad essa maggior pregio e dignità.
Ciò è vero sia con riferimento all'efficienza causale del vento, rispetto alla quale la corte ha ritenuto che era stato il blocco del braccio per omesso ingrassaggio a far sì che quel fenomeno atmosferico del tutto prevedibile esercitasse sul macchinario la forza che ne aveva determinato la traslazione e il ribaltamento; ma anche avuto riguardo alla valutazione delle prescrizioni contenute nel manuale d'uso in ordine alla manutenzione della gru nella fase di sospensione, rispetto alla quale i ricorrenti hanno omesso di considerare che la corte d'appello ha espressamente richiamato le indicazioni contenute nel capitolo dedicato alla manutenzione-roteazione del macchinario, ritenendo dunque, con motivazione del tutto logica, che ciò riguardasse anche la roteazione indispensabile perché il braccio opponesse una minor resistenza alla spinta dinamica del vento, assecondandone l'andamento anche in fase di sospensione.
Infine, quanto alla perdurante efficacia della posizione di garanzia assunta dal G.B., la risposta della corte di merito è altrettanto congrua e logica, oltre che coerente con le risultanze probatorie analiticamente esposte nella sentenza e non contestate nella loro storicità. Quel giudice ha operato un raffronto tra le testimonianze acquisite e le prove documentali per concludere nel senso che gli interventi ritenuti causalmente collegati al crollo erano avvenuti quando ancora il cantiere non era stato abbandonato, disconoscendo ogni rilievo alla circostanza che il crollo fosse avvenuto quando il cantiere era stato chiuso, le condotte omissive contestate all'imputato essendo state poste in essere in un momento successivo al sopralluogo che aveva constatato ancora la regolarità del macchinario, ma certamente anteriore alla dismissione del sito lavorativo.
5. Dalle considerazioni che precedono discende, pertanto, l'inammissibilità dei ricorsi e la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno anche al versamento della somma di euro 2.000,00 alla cassa delle ammende non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità (cfr. C. Cost. n. 186/2000).
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila ciascuno in favore della cassa delle ammende.
Deciso in Roma il giorno 28 marzo 2019.
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