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Cassazione Civile Sent. Sez. Lav. n. 7172 | 13 Marzo 2019

ID 7976 | | Visite: 4188 | Cassazione Sicurezza lavoroPermalink: https://www.certifico.com/id/7976

Sentenze cassazione civile

Cassazione Civile, Sez. Lav. 13 marzo 2019 n. 7172

Ruolo di un RSPP. Qualifica professionale

Civile Ord. Sez. L Num. 7172 Anno 2019

Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: BLASUTTO DANIELA
Data pubblicazione: 13/03/20197

Ritenuto

1. La Corte di appello di Reggio Calabria, in parziale accoglimento dell'appello proposto da B.G. nei confronti di Trenitalia s.p.a., in riforma della sentenza impugnata, ha dichiarato il diritto dell'appellante alla qualifica di Professional livello B dal 1° ottobre 2008 e ha condannato la società appellata all'assegnazione definitiva di dette mansioni, oltre al pagamento delle differenze retributive dal 1° luglio 2008, con interessi e rivalutazione da ogni singola scadenza.
1.1. Preliminarmente, ha rigettato l'eccezione di inammissibilità, sollevata dalla società appellata per violazione dell'art. 434 cod.proc.civ., osservando che l'atto di appello del B.G. conteneva una censura complessiva della sentenza che, pur senza seguire l'ordine suggerito dalla norma di rito, individuava specificamente sia le parti di cui si chiedeva la riforma sia le circostanze dalle quali si assumeva la violazione di legge, riconducibili ad una erronea applicazione dell'art. 2103 cod. civ. e della legge n. 81 del 2008.
Del pari ha ritenuto infondata l'eccezione di manifesta infondatezza del ricorso, sollevata da Trenitalia s.p.a. per essere l'impugnazione incentrata su una violazione di ordine solo formale, relativa all'omesso procedimento logico-giuridico trifasico, occorrente per l'esame della domanda di inquadramento superiore. Ha osservato che la censura, prospettata come formalistica, costituiva piuttosto la premessa di un'approfondita confutazione del merito.
1.2. Venendo all'applicazione in concreto del procedimento trifasico, omesso dal Tribunale, la Corte di appello ha premesso che Trenitalia s.p.a. non aveva mai contestato l'altissima professionalità dell'appellante, dotato di titoli ragguardevoli, attestati da ampia documentazione, incentrando piuttosto le censure sulla sussunzione delle mansioni svolte in concreto nella declaratoria contrattuale rivendicata.
Dopo avere esaminato la declaratoria dell'ex ottava qualifica professionale (ora livello B), la declaratoria rivendicata dal ricorrente (livello A) e quella propria della categoria di inquadramento (livello D), e rilevato che la pretesa verteva sulla riconducibilità alla qualifica superiore delle funzioni di garanzia previste dalla legge 81 del 2008, avendo il ricorrente ricoperto la carica di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) dell'unità organizzativa IMC carrozze di Reggio Calabria a decorrere dal 1° luglio 2008 (funzione per la quale aveva rivendicato la promozione alla qualifica superiore ex art. 2103 cod. civ.), la Corte di appello ha ritenuto la riconducibilità delle anzidette funzioni in quelle classificate contrattualmente come attività di studio, progettazione, pianificazione e attuazione operativa finalizzate al conseguimento degli "obiettivi aziendali", osservando che quest'ultima locuzione non può essere intesa in una prospettiva strettamente economicistica, in quanto la sicurezza sul lavoro, preordinata alla realizzazione di esigenze di rango costituzionale ineliminabili, costituisce un obiettivo non meramente strumentale, ma essenziale per l'azienda. Ha poi osservato che tale elemento della qualificazione accomuna la declaratoria del livello B e quella del livello A, differenziandosi quest'ultima per la professionalità di grado "altissimo" e per i contributi di "particolare rilevanza per la realizzazione degli obiettivi aziendali".
1.3. La Corte territoriale ha precisato che il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) assume una responsabilità personale diretta anche di rango penale e, seppure svolga un ruolo non operativo ma di consulenza, a lui compete l'obbligo giuridico di collaborare con datore di lavoro, individuando i rischi connessi all'attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere quale garante degli eventi che si verifichino in conseguenza della violazione di tali doveri di supporto informativo, valutativo e programmatico.
Dal punto di vista contenutistico, inoltre, il documento di valutazione dei rischi (DVR) costituisce un esempio scolastico di "studio di ricerca, di progettazione e pianificazione", dovendo contenere tutte le indicazioni necessarie all'adozione delle misure di sicurezza in un ambito di prescrizioni di massima; l'esistenza di una fitta rete di normative, spesso di difficile comprensione, comporta un'attività ampiamente discrezionale di studio e di adattamento della previsione astratta alla realtà concreta dell'unità operativa cui il RSPP è addetto.
1.4. Esclusa quindi la riconducibilità della posizione del RSPP nell'alveo della declaratoria del livello D, la Corte di appello ha ritenuto che la posizione ricoperta dal B.G. in concreto fosse deducibile nel livello B, rispetto al quale il livello A è connotato da una differenza sostanzialmente quantitativa, risiedente essenzialmente nel maggior grado di specializzazione richiesto e nella particolare rilevanza dei contributi per la realizzazione degli obiettivi aziendali, circostanza che non può che riverberarsi sulla complessità o meno della struttura sulla quale il RSPP esercita i propri compiti. In tale contesto sarebbe stato onere del ricorrente provare che l'unità organizzativa IMC carrozze di Reggio Calabria, per quantità di personale, macchinari, attività svolte e quant'altro, costituisce un'articolazione di "particolare importanza", prova che non era stata offerta.
1.5. Tenuto conto che il giudice ben può attribuire una qualifica intermedia tra quella posseduta e quella rivendicata, ove ne sussistano i presupposti, in quanto ciò non costituisce vizio di ultrapetizione, ha riconosciuto il diritto del B.G. all'inquadramento nel livello B dal 1° ottobre 2008, data del compimento del terzo mese di assegnazione al ruolo di RSPP, con conseguente diritto alle maggiori retribuzioni con decorrenza dal primo giorno di adibizione alle mansioni superiori, oltre accessori.
2. Avverso tale sentenza Trenitalia s.p.a. propone ricorso affidato a due motivi, cui resiste il B.G. con controricorso.
3. La società ricorrente ha altresì depositato memoria ex art. 380-bis.l cod.proc.civ. (inserito dall'art. 1, lett. f, del D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. n. 25 ottobre 2016, n. 197).

Considerato

1. Con il primo motivo si censura la sentenza per violazione falsa applicazione dell'art. 342 cod.proc.civ., come modificato dall'art. 54 d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in l. 7.8.2012 n. 134 (art. 360 n. 3 cod.proc.civ.).
Assume la società ricorrente che la riforma di rito del legislatore italiano, ispirata al modello del codice di rito tedesco (§ 520 nn. 1 e 2 ZPO), richiede che la motivazione dell'appello debba contenere, "a pena di inammissibilità, 1) l'indicazione delle parti del provvedimento che si intende appellare e delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuto al giudice di primo grado; 2) l'indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata”.
Sostiene che l'appello dovrebbe contenere un vero e proprio progetto alternativo di sentenza e che la parte, in relazione ai singoli passi la sentenza impugnata non condivisi, dovrebbe indicare con inequivocabile nettezza i motivi, anche a mezzo di preciso rinvio a documenti, atti istruttori, allegazioni difensive, dell'evidenziato dissenso, proponendo essa stessa un ragionato progetto alternativo di decisione, fondato su precise censure rivolte la sentenza di primo grado.
Trascrive dunque interamente il ricorso in appello, rilevando che la modalità di redazione dell'atto non corrisponde ai requisiti formali previsti dalla riforma processuale e che tale rilievo è preliminare alla verifica della valutazione in concreto della specificità dei motivi.
Conclusivamente chiede a questa Corte se l'inosservanza delle modalità di formulazione dell'atto di appello, sanzionata con l'inammissibilità di cui all'art. 342 cod. proc. civ., nuovo testo, sia preliminare ed ostativa all'esame relativo alla specificità dei motivi.
2. Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione dell'articolo 21 C.C.N.L. 16 aprile 2003, anche in relazione all'articolo 2082 cod. civ. (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.) .
La società ricorrente, analizzate le declaratorie contrattuali del livello D (di inquadramento del ricorrente ) e del livello B-Quadri, con specifico riferimento alla figura "professional" (riconosciuta dalla sentenza impugnata), la quale riguarda i lavoratori adibiti ad uno dei settori specificamente elencati (manutenzione, circolazione, condotta, servizi di bordo, marketing, assistenza alla clientela, vendita, approvvigionamenti, logistica, amministrazione e contabilità, tecnico amministrativa, finanza, pianificazione e controllo, personale e organizzazione) che, nel loro campo di attività, realizzano studi di ricerca, progettazione o di pianificazione operativa finalizzati alla realizzazione di obiettivi aziendali, assume che la locuzione "obiettivi aziendali" va interpretata alla luce della definizione di imprenditore fornita dall'art. 2082 cod. civ. , per cui essa corrisponde agli scopi (produzione o scambi di beni o servizi) che intende perseguire colui che opera sul piano economico e le funzioni svolte dalla figura del RSPP non potrebbero essere sussunte in tale alveo applicativo.
3. Il primo motivo è infondato.
3.1. Gli artt. 342 e 434 cod. proc. civ., nel nuovo testo, vanno interpretati nel senso che l'impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l'utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (Cass. S.U. 27199 del 2017, Cass. 13535 del 2018).
3.2. La Corte di appello ha correttamente interpretato ed applicato alla fattispecie tali regole processuali nel ritenere che l'atto di appello non richiedesse la formulazione di un progetto alternativo di decisione e che la regola della specificità dell'impugnazione fosse stata rispettata per avere l'appello incentrato ogni censura sulla inosservanza del c. d. criterio "trifasico", da cui non si può prescindere nel procedimento logico-giuridico diretto alla determinazione dell'inquadramento del lavoratore nel contesto della domanda avente ad oggetto l'attribuzione di una qualifica superiore, secondo uno schema procedimentale che richiede lo svolgimento dei tre momenti di accertamento, di ricognizione e di valutazione, ciascuno dei quali facente parte del complessivo ragionamento decisorio.
3.3. Tanto è sufficiente per il rigetto del primo motivo, atteso che la società ricorrente non ha svolto alcuna censura di ordine processuale in ordine al rispetto della specificità dell'appello, che assume essere accertamento successivo alla esatta osservanza del modello formale prospettato a fondamento del ricorso. In ogni caso, siffatto accertamento in concreto richiederebbe anche la trascrizione della sentenza di primo grado, occorrente per giudicare il grado di specificità del motivo, adempimento non ottemperato nella specie.
4. Anche il secondo motivo è infondato.
4.1. Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione svolge un ruolo di consulente in materia antinfortunistica del datore di lavoro (ex plurimis, Cass. pen. 24958 del 2017). L'attività di consulenza non è contemplata nella declaratoria del livello D (tecnici specializzati), che riguarda i lavoratori che espletano, "con margini di autonomia discrezionalità nell'ambito di procedure ed istruzioni ricevute", attività richiedenti un "elevato livello di conoscenza nonché professionalità e competenze tecniche, specialistiche, commerciali e o gestionali o che hanno un contenuto professionale di maggior rilievo, finalizzate alla realizzazione di processi produttivi...
Non compare nella declaratoria professionale lo svolgimento di attività di consulenza, che invece è agevolmente riconducibile nell'alveo della declaratoria livello B - Quadri, figura "professional", corrispondente al lavoratore che, sulla base di direttive aziendali e con la necessaria conoscenza ed esperienza in uno dei settori in cui si articola l'attività produttiva dell'azienda, realizza "studi di ricerca, di progettazione o di pianificazione operativa finalizzati al conseguimento degli obiettivi aziendali, anche attraverso l'utilizzo di sistemi e metodologie innovative...".
4.2. Premesso che nessuno dei settori elencati dalla norma e riportati nel motivo di ricorso consente di escludere l'osservanza di norme sulla sicurezza e protezione dei lavoratori, che invece costituisce adempimento coessenziale allo svolgimento di qualunque attività economica di impresa, osserva questa Corte che il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) è tenuto ad adempiere all'obbligo di valutazione e prevenzione del rischio in conformità alle previsioni normative in materia, formulando specifiche e tassative prescrizioni tecniche vincolanti per tutti i soggetti destinati ad operare nella struttura aziendale e sui macchinari ivi presenti, a prescindere dalle specifiche conoscenze e capacità dei singoli operatori (v. Cass. pen. 40718 del 2017). Egli risponde a titolo di colpa professionale, unitamente al datore di lavoro, ogni qual volta l'infortunio sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che avrebbe avuto l'obbligo di conoscere e segnalare al datore di lavoro, con la conseguenza che il reato di lesioni colpose è procedibile d'ufficio ai sensi del terzo comma dell'art. 590 cod. pen. (sent. cit.).
4.3. Il ruolo svolto dal RSPP è stato chiarito dalle Sezioni Unite penali di questa Corte, secondo cui, in tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro, avvalendosi della consulenza del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, ha l'obbligo giuridico di analizzare e individuare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda e, all'esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall'art. 28 del D.Lgs. n. 81 del 2008, all'interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori. Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur svolgendo all'interno della struttura aziendale un ruolo non gestionale ma di consulenza, ha l'obbligo giuridico di adempiere diligentemente l'incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all'attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, all'occorrenza disincentivando eventuali soluzioni economicamente più convenienti ma rischiose per la sicurezza dei lavoratori, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino per effetto della violazione dei suoi doveri (Cass., Sezioni Unite penali, sent. n. 38343 del 2014). Sulla causalità nei reati omissivi impropri ed il ragionamento predittivo (v. S.U. sent. cit.).
5. Le competenze richieste al Responsabile del Servizio di Protezione e Prevenzione (RSPP) implicano lo studio dei rischi correlati a un determinato ambiente o a una determinata tipologia di lavoro e la ricerca volta alla indicazione delle soluzioni tecniche, realizzazione progetti e soluzioni per assicurare la sicurezza dei luoghi e delle prestazioni lavorative. Ne discende che i soggetti cui è affidato il compito di valutare i rischi connessi all'attività lavorativa devono necessariamente possedere capacità, esperienze e conoscenze che esulano dalle ordinarie competenze affidate ad un lavoratore che espleta attività tecniche, ancorché connesse ad un elevato livello di esperienza e professionalità.
Il complesso di tali funzioni, seppure di ordine consultivo e non operativo, con assoggettamento del preposto anche a responsabilità penale di ordine omissivo per violazioni correlate alla posizione di garanzia, concorre anch'esso al perseguimento degli "obiettivi aziendali", non potendo tale locuzione essere astretta ad un significato di ordine solo economico-produttivo, atteso che la sicurezza sui luoghi di lavoro costituisce uno degli obblighi primari dell'imprenditore alla luce dell'art. 41 Cost.
6. Il ricorso va dunque rigettato, con condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo per esborsi e compensi professionali, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento del compenso totale per la prestazione, ai sensi dell'art. 2 del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.
7. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013).



P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in euro 200,00 per esborsi e in euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n.115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso nella Adunanza camerale del 9 gennaio 2019

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Tags: Sicurezza lavoro Cassazione

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