Cassazione Penale, Sez. 4, 20 marzo 2017, n. 13462 - Infortunio con la macchina di confezionamento sottovuoto: sarebbe bastato apporre un riparo a chiusura della fessura
1. M.P. ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata, con la quale è stata confermata, in punto di responsabilità, la pronuncia di condanna emessa in primo grado, in ordine al delitto di cui all'art. 590 cod. pen., perché, in qualità di delegato alla sicurezza e all'igiene del lavoro, per colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia e in violazione dell'art. 35, comma 1, d. lgs. n. 626 del 1994, cagionava alla dipendente B.A., che stava lavorando alla macchina di confezionamento sottovuoto, trauma da schiacciamento del dorso della mano sinistra, con conseguente inabilità per giorni 52. In Villafranca di Verona il 23 novembre 2007.
2. Il ricorrente deduce, con il primo motivo, violazione di legge e vizio di motivazione, poiché l'organo accertatore confonde l'apertura di 20 mm, generata dall'integrazione della macchina Cryovac, con l'apertura che deve avere una protezione in relazione alla distanza dell'organo lavoratore. La Corte d'appello, muovendo dal rilievo che l'imputazione concerne la mancata protezione della fessura che si era formata tra i due piani, individua, a differenza del Tribunale, la regola cautelare rilevante non nella norma tecnica UNI/EN ma nel punto 1.3.7 della Direttiva Macchine, il quale impone che gli elementi mobili della macchina debbano essere disposti in modo tale da evitare rischi. Contraddittoriamente, tuttavia, la Corte d'appello ritiene che la situazione di pericolo sia creata non dalla presenza di elementi mobili, come previsto dalla Direttiva Macchine, ma dall'apertura di 2 cm ubicata proprio davanti alla postazione del lavoratore, che, dunque, poteva venire a contatto con l'apertura, non tenendo conto che, senza quell'apertura, il macchinario non avrebbe potuto operare.
2.1. Non sussiste nemmeno la colpa generica consistente nell'aver omesso di predisporre quelle generali misure tecniche idonee ad evitare un evento certamente prevedibile. E' infatti la stessa lavoratrice a riconoscere che le era stato insegnato che i pezzi in uscita potevano essere prelevati solamente quando il ciclo di lavorazione era terminato e il nastro trasportatore era fermo. I giudici del merito non hanno dato conto di aver valutato la ricostruzione del funzionamento della macchina.
2.2. Manca inoltre, ex art. 41, comma 2, cod. pen., il nesso di causalità, atteso l'intervento di una causa da sola sufficiente a determinare l'evento, consistente nel comportamento tenuto dalla lavoratrice, la quale assunse l'iniziativa di prelevare la confezione dal nastro trasportatore allorché il medesimo era ancora in movimento, in contrasto con gli insegnamenti ricevuti e con le direttive del datore di lavoro e così originando un decorso causale autonomo, eccezionale e imprevedibile. Dagli atti emerge, d'altronde, come l'azienda avesse svolto un'adeguata attività di formazione e informazione dei propri lavoratori, per quanto riguarda sia il funzionamento delle macchine che la prevenzione degli infortuni, tanto che la dipendente era pienamente consapevole della condotta da tenere. Erano stati individuati e valutati tutti i rischi specifici presenti negli ambienti di lavoro ed erano state adottate le cautele più adatte ad eliminare gli stessi.
2.3.Sussiste comunque la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, atteso che il ricorrente ha pagato la sanzione amministrativa e ha liquidato alla dipendente la somma di euro 1500, a titolo di risarcimento del danno.
Si chiede pertanto annullamento della sentenza impugnata.
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Cassazione Penale, Sez. 4, 20 marzo 2017, n. 13462.pdf Cassazione Penale, Sez. 4 |
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