Cassazione Penale, Sez. 3, 13 luglio 2016, n. 29393
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Cassazione Penale, Sez. 3, 13 luglio 2016, n. 29393 - Mancanza di formazione, mancanza di regolare controllo degli impianti ma prescrizione dei reati
1. B.M. ha proposto ricorso nei confronti della sentenza del Tribunale di Benevento del 23/09/2013 di condanna per i reati di cui agli artt. 64, comma 1 lett. e), 36, comma 1 lett. a), e comma 2 lett. a) e c), e 37, comma 1 lett. a) e b) del d. Lgs, n. 81 del 2008, in relazione rispettivamente all' avere omesso di provvedere affinché gli impianti e i dispositivi di sicurezza venissero sottoposti a regolare controllo, all' avere omesso di provvedere affinché ciascun lavoratore ricevesse un'adeguata informazione sui rischi per la salute e la sicurezza in generale e sui rischi specifici e per avere omesso di assicurare a ciascun lavoratore una formazione sufficiente e adeguata in materia di sicurezza.
2. Con un primo motivo lamenta la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione al capo a) d'imputazione e l'erronea applicazione dell'art. 64 cit.; in particolare lamenta che il giudicante abbia dato il minimo conto delle ragioni di affermazione della colpevolezza in relazione al reato ascritto, non avendo neppure tenuto conto del contenuto della documentazione prodotta all'udienza del 01/07/2013; deduce che è stato proprio il terzo, Società F.Ili M., proprietario del locale ove viene gestita l'attività della società della fratelli B.M. S.r.l., ad installare l'impianto elettrico, ad effettuare la messa a terra e a sottoporlo a verifica di regolare funzionamento; il giudice, nell’ignorare tali risultanze probatorie, è incorso pertanto in un vero e proprio travisamento della prova.
3. Con un secondo motivo lamenta la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione nonché l'erronea applicazione degli artt. 36 e 37 con riferimento ai capi b) e c) dell'imputazione. Anche in tal caso risulta proprio dalla documentazione prodotta, e in particolare dall'obbligatorio documento di valutazione dei rischi del 05/09/2009, dai verbali di consegna dei dispositivi di protezione individuale e dall'attestato di frequenza al corso per la sicurezza sui luoghi di lavoro, come i due lavoratori occupati all'epoca avessero ricevuto una formazione conforme ai dettati di legge. Segnatamente, T.E., uno dei due lavoratori impiegati, aveva frequentato proprio in quell'anno, con profitto e su indicazione dello stesso datore di lavoro, un corso di 32 ore per conseguire la qualifica di rappresentante dei lavoratori per la sicurezza conseguendo il relativo attestato. Tale circostanza è stata ammessa dallo stesso ispettore accertatore mentre la documentazione è stata depositata soltanto in data 02/02/2010 ovvero a distanza di ben oltre quattro mesi dal verbale di accertamento per colpevole negligenza dei vertici societari. Anche in tal caso, dunque, sussisterebbe un travisamento della prova.
4. Con un terzo motivo lamenta l'error in procedendo commesso dal giudice che, nell'individuare la pena più grave, ha individuato quella di cui all'art. 64 comma 1 lett. e), cit., ossia tra i tre reati contestati quello meno gravemente sanzionato, mentre avrebbe dovuto guardare al reato punito con la pena edittale più alta. Il reato più grave è invece rappresentato dalla violazione degli artt. 36 e 37 citati che, prevedendo la medesima pena detentiva, è tuttavia sanzionata con una pena pecuniaria più elevata.
5. Con un quarto motivo lamenta la violazione di legge e la manifesta illogicità della motivazione in ordine all'omessa riduzione di pena per il concorso delle attenuanti generiche riconosciute in sentenza; in particolare, pur avendo la sentenza affermato espressamente di concedere le circostanze attenuanti generiche, non ha in concreto poi operato alcun diminuzione di pena corrispondente.
6. Con un ultimo motivo lamenta la violazione degli artt. 464 e 448 c.p.p.: rileva, che, originariamente, con opposizione a decreto penale di condanna, l'imputato aveva presentato richiesta di patteggiamento limitatamente al reato di cui al capo a) dell'imputazione e il P.M. non aveva prestato il proprio consenso con conseguente rigetto dell'istanza; alla prima udienza utile del 6 febbraio 2012 l'imputato aveva ribadito l'istanza di patteggiamento già formulata e il giudice si era riservato la decisione all'esito dell'istruzione dibattimentale, omettendo tuttavia, nel provvedimento impugnato, alcuna motivazione sul punto.
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