Atti del seminario nazionale avvocati Inail

Atti del seminario nazionale avvocati Inail
ID 24980 | 25.11.2025 / In allegato
Il volume raccoglie gli Atti della XXIII edizione del Seminario Nazionale Avvocati Inail che si è tenuto a Napoli presso l...

ID 25149 | 18.12.2025 / In allegato
Cassazione Penale Sez. 4 dell’11 Dicembre 2025 n. 39821
Infortunio sul lavoro e responsabilità del datore: irrilevanza della condotta imprudente del lavoratore in presenza di protezioni aggirabili del macchinario
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Fatto
1. Con sentenza del 13 gennaio 2025, la Corte di appello di Trieste ha confermato la sentenza emessa il 1 dicembre 2021 dal Tribunale di Udine nei confronti di A.A., ritenuta responsabile - quale "socia accomandataria della Maral Sas di B.B." - del reato di cui all'art. 590, commi 1 e 3, cod. pen. in danno di C.C., dipendente della società.
2. Il procedimento ha ad oggetto un infortunio sul lavoro verificatosi il 27 febbraio 2019 nello stabilimento della " Maral Sas".
Secondo la concorde ricostruzione fornita dai giudici di merito, C.C., operaio assemblatore di sesto livello, stava operando su un trapano a colonna e aveva il compito di praticare due fori su pezzi metallici di forma cilindrica lunghi circa sei centimetri. Per togliere dalla morsa l'ultimo di questi pezzi, rimosse la protezione della punta perforatrice e il guanto della mano destra rimase impigliato nella rotazione della punta stessa. Di conseguenza, la mano destra fu afferrata e il lavoratore riportò gravi lesioni personali.
A.A. è stata ritenuta responsabile dell'infortunio per colpa specifica, consistita nella violazione degli artt. 70 e 71 D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81, e, in particolare, per aver messo a disposizione dei lavoratori una attrezzatura non conforme ai requisiti generali di sicurezza perché dotata di una protezione fissa di dimensioni non idonee ad impedire il contatto accidentale dell'operatore con gli organi meccanici in movimento e non dotata di un microinterruttore atto ad interrompere il collegamento con questi organi in caso di apertura.
3. L'imputata ha proposto tempestivo ricorso contro la sentenza della Corte di appello articolando due motivi che possono essere illustrati congiuntamente - nei limiti strettamente necessari alla decisione, come previsto dall'art. 173, comma 1, D.Lgs. 28 luglio 1989 n. 271 - perché sviluppano argomentazioni omogenee.
La ricorrente lamenta vizi di motivazione (primo motivo) e violazione di legge (secondo motivo) in relazione alla ritenuta sussistenza del nesso causale tra l'ipotizzata condotta colposa e l'evento. La difesa osserva che i giudici di primo e secondo grado hanno attribuito al lavoratore infortunato due comportamenti gravemente imprudenti in assenza dei quali l'evento non si sarebbe verificato. Hanno riconosciuto infatti che, per spostare il pezzo che doveva forare, egli non spense il trapano e, durante il lavoro, utilizzò guanti da saldatore, inidonei a fini di sicurezza, invece dei guanti che il datore di lavoro gli aveva fornito.
Rileva il difensore che C.C. era un lavoratore esperto, occupato nell'azienda da oltre dodici anni, aveva la qualifica di operaio assemblatore di sesto livello ed era formato e qualificato all'uso del trapano, sicché la sua condotta, ancorché tenuta nell'ambito del processo produttivo e del lavoro assegnato, era del tutto imprevedibile per il datore di lavoro, che non poteva evitarla.
Rileva, poi, che, come emerso nel corso dell'istruttoria dibattimentale, al momento dell'infortunio, il trapano era dotato di uno schermo protettivo in policarbonato e gli operatori della prevenzione hanno ritenuto questa protezione insufficiente; facendola sostituire però - e, secondo la difesa, si tratta di una evidente contraddizione - con uno schermo di dimensioni addirittura inferiori (15x22 a fronte di una precedente protezione di 30x20). Osserva, infine, che come chiarito dai consulenti esaminati in giudizio, il trapano a colonna di cui si tratta è dotato di una morsa porta pezzi che non è fissa al di sotto del mandrino e della punta per forare, ma è dotata di una "slitta" che consente di eseguire l'operazione di posizionamento e ammorsamento del pezzo al di fuori dell'area di lavoro della punta. Ne trae la conclusione che, se il lavoratore avesse rispettato il manuale d'uso e le istruzioni operative che gli erano state impartite dal datore di lavoro (ed era in grado di farlo per l'esperienza maturata e la formazione ricevuta), l'evento non si sarebbe verificato. Osserva, inoltre, che un microinterruttore atto a interrompere il collegamento elettrico degli organi lavoratori in caso di apertura della protezione non avrebbe potuto impedire l'evento perché questo meccanismo di sicurezza non funziona se - come nel caso di specie - la protezione non viene rimossa, ma aggirata.
A sostegno di queste argomentazioni il difensore rileva: che il pezzo rinvenuto sulla morsa dopo l'infortunio non era forato e il mandrino non era posizionato correttamente in asse con la morsa; che la regolazione della posizione della morsa viene effettuata agendo sulle leve poste sul retro della macchina; che l'infortunio ha coinvolto la mano destra (vale a dire proprio la mano che il lavoratore avrebbe dovuto impegnare per agire sulla leva che comanda l'abbassamento del mandrino durante la foratura). Ne trae la conclusione che, al momento del fatto, la mano destra del lavoratore non era impegnata nell'operazione di foratura e che l'operazione di fissaggio del pezzo da forare fu compiuta in una posizione pericolosa ancorché il macchinario fosse concepito in modo da consentire di svolgere tale operazione mantenendo le mani lontano dagli organi lavoratori.
In sintesi, secondo la difesa, il macchinario era conforme alle disposizioni in materia di sicurezza e l'infortunio fu reso possibile esclusivamente dal comportamento abnorme del lavoratore che aggirò tutte le protezioni esistenti ed agì in contrasto con le istruzioni ricevute e con le modalità operative indicate nel manuale d'uso e manutenzione del trapano. Di conseguenza, la circostanza che l'infortunio sia avvenuto mentre il lavoratore svolgeva le mansioni affidategli non sarebbe da se sola sufficiente a considerare l'evento quale concretizzazione del rischio che l'imputata era chiamata a governare.
Le argomentazioni sin qui esposte sono sviluppate anche sotto il profilo della incerta ricostruzione della dinamica dell'infortunio. Secondo la difesa, la motivazione sarebbe carente anche su questo punto. I giudici di merito, infatti, hanno ritenuto che C.C. stesse prelevando il pezzo dalla morsa mentre la punta del trapano ruotava, ma, nel giungere a questa conclusione, non hanno esaminato analiticamente gli argomenti sviluppati dal consulente tecnico della difesa, si sono adagiati sulla ricostruzione del fatto fornita dai tecnici della prevenzione (in particolare dalla teste D.D.) e non hanno considerato che le dichiarazioni rese dalla persona offesa non erano idonee a consentire una precisa ricostruzione delle modalità dell'incidente. In tesi difensiva, le caratteristiche del macchinario erano tali che la mano destra dell'infortunato poteva entrare in contatto con la punta del trapano soltanto se C.C. si fosse posto dapprima a lato della macchina e poi sul retro della stessa così superando la protezione esistente. Secondo la difesa, questa ricostruzione, argomentata dettagliatamente dal Consulente tecnico E.E., troverebbe riscontro nelle dichiarazioni rese da F.F., ma i giudici di merito l'hanno disattesa senza fornire di ciò una spiegazione adeguata. Secondo la difesa, l'omissione è decisiva. Se l'evento si fosse verificato nei termini indicati dal consulente della difesa, infatti, la mancanza di un microinterruttore capace di disalimentare gli organi in movimento in caso di apertura della protezione non avrebbe avuto rilevanza causale, perché l'evento non sarebbe derivato dalla ipotizzata insufficienza delle protezioni, ma da un aggiramento delle stesse, imprevedibile e inevitabile per il datore di lavoro.
Diritto
1. II ricorso è infondato.
2. Si deve premettere che la sentenza impugnata esamina i motivi di appello con criteri omogenei a quelli del primo giudice e fa rinvio integrale ai passaggi logico giuridici della prima sentenza. Nel caso in esame, dunque, vi è concordanza tra i giudici di merito nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione. Conseguentemente, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo e, ai fini della decisione del presente ricorso, le due sentenze devono essere lette congiuntamente (cfr. tra le tante: Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Rv. 280747; Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, Rv. 277758; Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Rv. 273217; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Rv. 257595).
I giudici di merito hanno ritenuto sussistente una colpa specifica per violazione dell'art. 71 D.Lgs. n. 81/08, in base al quale il datore di lavoro deve mettere a disposizione dei lavoratori attrezzature idonee ai fini della salute e sicurezza, adeguate al lavoro da svolgere o adattate a tali scopi. I requisiti di sicurezza delle attrezzature di lavoro sono indicati dal precedente art. 70 che rinvia all'allegato V.
Questo allegato prevede, al punto 6, le misure che devono essere adottate per prevenire i rischi derivanti dagli elementi mobili delle attrezzature di lavoro.
Il punto 6.1. dell'allegato V stabilisce che, se presentano rischi di contatto meccanico che possono causare incidenti, gli elementi mobili di un'attrezzatura di lavoro "devono essere dotati di protezioni o di sistemi protettivi che impediscano l'accesso alle zone pericolose o che arrestino i movimenti pericolosi prima che sia possibile accedere alle zone in questione". Prevede, inoltre, che le protezioni e i sistemi protettivi non debbano poter essere "facilmente elusi o resi inefficaci".
Ai sensi del punto 6.3. del medesimo allegato, "gli apparecchi di protezione amovibili degli organi lavoratori, delle zone di operazione e degli altri organi pericolosi delle attrezzature di lavoro, quando sia tecnicamente possibile e si tratti di eliminare un rischio grave e specifico, devono essere provvisti di un dispositivo di blocco collegato con gli organi di messa in moto e di movimento della attrezzatura di lavoro tale che:
a) impedisca di rimuovere o di aprire il riparo quando l'attrezzatura di lavoro è in moto o provochi l'arresto dell'attrezzatura di lavoro all'atto della rimozione o dell'apertura del riparo;
b) non consenta l'avviamento dell'attrezzatura di lavoro se il riparo non è nella posizione di chiusura".
3. Tale essendo il dato normativo, i rilievi critici formulati dalla difesa sull'effettiva esistenza della colpa specifica e sulla rilevanza causale dell'ipotizzata violazione delle norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro si appalesano privi di pregio.
Dalle conformi sentenze di merito emerge che il trapano a colonna al quale C.C. stava operando quando si verificò l'infortunio presentava, in corrispondenza del mandrino, una protezione fissa di dimensioni non idonee ad impedire il contatto accidentale dell'operatore con gli organi meccanici in movimento e priva di un microinterruttore che, in caso di apertura della protezione stessa, interrompesse il collegamento elettrico degli organi meccanici, impedendone il movimento.
Dalla sentenza di primo grado (pag. 6) risulta che, dopo l'infortunio, la protezione esistente fu sostituita e la nuova protezione non interessava solo "il lato frontale", ma anche la "parte laterale del mandrino e della punta" trattandosi di una sorta di "scatola elettrica" la cui apertura faceva arrestare "il moto rotatorio del mandrino e della punta".
La difesa riferisce che la protezione applicata sul macchinario dopo l'infortunio aveva una superfice complessivamente inferiore rispetto a quella precedente e sostiene che sarebbe contraddittorio aver ritenuto inadeguata a fini di sicurezza una protezione di dimensioni superiori. Osserva, inoltre, che l'infortunato non rimosse la protezione, ma la aggirò, sicché l'infortunio si sarebbe verificato anche se la protezione fosse stata diversa e conforme alle indicazioni dei tecnici della prevenzione.
Si obietta in proposito che, ai sensi dell'allegato V punto 6.1., le protezioni non devono poter essere facilmente eluse e il ricorrente non prova neppure a sostenere che, nel caso di specie, l'aggiramento della protezione fosse difficoltoso. A ciò deve aggiungersi che, come riferito dai giudici di merito, la protezione esistente fu ritenuta inadeguata non soltanto perché le sue dimensioni e caratteristiche consentivano di aggirarla; ma anche perché la rimozione del riparo non avrebbe provocato l'arresto dell'attrezzatura come è previsto, invece, dall'allegato V, punto 6.3.
4. In questa situazione non può dirsi che la motivazione fornita dai giudici di merito sia carente, illogica o contraddittoria, né può dirsi che sia in contrasto con i principi di diritto che regolano la materia.
Le sentenze di merito riconoscono che il comportamento del lavoratore fu imprudente. Riferiscono, infatti, che le protezioni presenti sul macchinario furono aggirate; che il trapano non fu utilizzato in conformità alle indicazioni ricevute e al manuale d'uso e manutenzione; che, pur avendo ricevuto in dotazione dispositivi di protezione individuali adeguati, C.C. non face uso dei guanti che gli erano stati forniti, ma di guanti da saldatore prestatigli da un collega e inidonei a fini di sicurezza. Rilevano, tuttavia, che tale imprudente comportamento fu tenuto nello svolgimento delle mansioni alle quali l'infortunato era addetto e l'infortunio rappresentò la concretizzazione di un rischio che il datore di lavoro era chiamato a governare.
La giurisprudenza di questa Corte di legittimità è ormai costante nel ritenere che, per valutare se il comportamento avventato di un lavoratore sia idoneo ad escludere il nesso causale, non si debba valutare se si tratti di un comportamento abnorme o imprevedibile, ma, piuttosto se abbia attivato "un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia" (Sez. 4, n. 7012 del 23/11/2022, dep. 2023, Rv. 284237; Sez. 4, n. 33976 del 17/03/2021, Rv. 281748; Sez. 4, n. 5794 del 26/01/2021, Rv. 280914). Ponendosi in questa prospettiva, si è affermato che il comportamento negligente, imprudente e imperito tenuto dal lavoratore nello svolgimento delle mansioni a lui affidate può costituire concretizzazione di un "rischio eccentrico", con esclusione della responsabilità del garante, solo se questi "ha posto in essere anche le cautele che sono finalizzate proprio alla disciplina e governo del rischio di comportamento imprudente, così che, solo in questo caso, l'evento verificatosi potrà essere ricondotto alla negligenza del lavoratore, piuttosto che al comportamento del garante (Fattispecie in tema di omicidio colposo, in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità del datore di lavoro in quanto la mancata attuazione delle prescrizioni contenute nel Pos e la mancata informazione del lavoratore avevano determinato l'assenza delle cautele volte a governare anche il rischio di imprudente esecuzione dei compiti assegnati al lavoratore infortunato)" (Sez. 4, n. 27871 del 20/03/2019, Rv. 276242).
Nel caso di specie, i giudici di merito hanno ritenuto che il rischio concretizzatosi, rappresentato dall'elusione delle protezioni applicate sugli organi lavoratori di un macchinario pericoloso quale è un trapano a colonna, fosse tra quelli che il datore di lavoro era chiamato a governare ai sensi degli artt. 70 e 71 D.Lgs. n. 81/08 e che le protezioni apposte sul macchinario non fossero sufficienti a governare quel rischio. La motivazione è coerente col contenuto dell'allegato V al D.Lgs. n. 81/08 (punti 6.1 e 6.3) che è richiamato dall'art. 70 e, indirettamente, dall'art. 71, in base al quale il datore di lavoro deve mettere a disposizione dei lavoratori attrezzature idonee ai fini della salute e sicurezza, adeguate al lavoro da svolgere o adattate a tali scopi. Il ricorso non la contrasta perché si limita a sostenere che, se il lavoratore si fosse attenuto alle normali modalità operative, l'infortunio non si sarebbe verificato.
5. Non ha maggior pregio l'argomentazione secondo la quale la ricostruzione della dinamica dell'infortunio sarebbe avvenuta dando credito alla descrizione del macchinario fornita dalla teste D.D. e alle dichiarazioni rese dall'infortunato - che, come anche la sentenza di primo grado riconosce (pag. 6), si è rivelato complessivamente poco attendibile - senza tenere conto di altre emergenze istruttorie e, in particolare, della descrizione delle modalità di funzionamento del macchinario compiuta dal teste F.F. e delle argomentazioni sviluppate da E.E., consulente tecnico della difesa.
Si osserva in proposito che, nel sostenere che vi sarebbe incertezza sulla concreta dinamica dell'infortunio, il ricorso non contesta che la protezione degli organi lavoratori fosse aggirabile e sia stata, in concreto, aggirata.
Basta osservare, allora, che l'evento lesivo concretamente verificatosi è esattamente quello che le norme di prevenzione violate mirano ad evitare e che è coerente con tale constatazione l'aver individuato quale condotta alternativa doverosa la realizzazione di una protezione non aggirabile, rimuovendo la quale il mandrino e la punta avrebbero smesso di ruotare.
6. Quanto alla prevedibilità ed evitabilità soggettive dell'evento dannoso, basta ricordare che, ai sensi degli artt. 17 e 28 D.Lgs. n. 81/08 la scelta delle attrezzature di lavoro è tra i compiti del datore di lavoro sul quale grava l'obbligo di verificare la conformità dei macchinari alle prescrizioni di legge e di impedire l'utilizzazione di quelli che, per qualsiasi causa - inidoneità originaria o sopravvenuta - siano pericolosi per l'incolumità di chi li adopera (Sez. 4, n. 3917 del 17/12/2020, dep. 2021, Rv. 280382). In attuazione di questi principi si è ritenuto che "il datore di lavoro, quale responsabile della sicurezza dell'ambiente di lavoro, è tenuto ad accertare la corrispondenza ai requisiti di legge dei macchinari utilizzati, e risponde dell'infortunio occorso a un dipendente a causa della mancanza di tali requisiti, senza che la presenza sul macchinario della marchiatura di conformità "CE" o l'affidamento riposto nella notorietà e nella competenza tecnica del costruttore valgano ad esonerarlo dalla sua responsabilità" (Sez. 4, n. 37060 del 12/06/2008, Rv. 241020; Sez. 4, n. 26247 del 30/05/2013, Rv. 256948).
A questa regola può farsi eccezione nella sola ipotesi in cui l'accertamento di un elemento di pericolo sia reso impossibile perché le speciali caratteristiche della macchina non consentivano di apprezzarne la pericolosità con l'ordinaria diligenza (Sez. 4, n. 1184 del 03/10/2018, dep. 2019, Rv. 275114; Sez. 4, n. 41147 del 27/10/2021, Rv. 282065), ma tale situazione non ricorre nel caso di specie, atteso che, come emerge dalle sentenze di merito, la protezione non copriva gli organi lavoratori da tutti i lati raggiungibili, poteva essere aggirata, e poteva essere rimossa senza interrompere il moto della punta e del mandrino. Si trattava dunque di un pericolo riconoscibile e il ricorso non sostiene che si trattasse di un vizio occulto del macchinario non prevenibile né evitabile facendo uso della ordinaria diligenza.
7. Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 19 novembre 2025.
Depositata in Cancelleria l'11 dicembre 2025.

ID 24980 | 25.11.2025 / In allegato
Il volume raccoglie gli Atti della XXIII edizione del Seminario Nazionale Avvocati Inail che si è tenuto a Napoli presso l...

ID 6842 | Rev. 2.0 del 20.11.2023 / Documento completo allegato
In allegato Documento sul rischio di esposizione al radon nei luoghi...
This guide aims to explain the concept of reasonable adjustments (“reasonable accommodation”) and provide practical st...
Testata editoriale iscritta al n. 22/2024 del registro periodici della cancelleria del Tribunale di Perugia in data 19.11.2024