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Sentenza Cassazione Penale Sez. 4 del 20 Novembre 2024 n. 42483

ID 23048 | | Visite: 961 | Cassazione Sicurezza lavoroPermalink: https://www.certifico.com/id/23048

Sentenza CP Sez  4 del 20 Novembre 2024 n  42483

Sentenza CP Sez. 4 del 20 Novembre 2024 n. 42483 / RSPP responsabile per non aver segnalato nel DVR il pericolo di caduta nel pozzo

ID 23048 | 02.12.2024 / In allegato

Sentenza Cassazione Penale Sez. 4 del 20 Novembre 2024 n. 42483 - Caduta nel pozzo del minore durante la gara di orienteering. Responsabile il RSPP che non segnala nel DVR il pericolo di caduta nel pozzo in pessimo stato di manutenzione.

Penale Sent. Sez. 4 Num. 42483/2024
Dott. PICCIALLI Patrizia - Presidente
Dott. FERRANTI Donatella - Consigliere
Dott. CALAFIORE Daniela - Consigliere
Dott. RANALDI Alessandro - Relatore
Dott. MARI Attilio – Consigliere

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del (omissis), la Corte di appello di T., in parziale riforma della sentenza di primo grado, emessa con rito abbreviato, per quanto qui rileva ha ridotto la pena irrogata a A.A., confermando nel resto la declaratoria di responsabilità del medesimo per il reato di omicidio colposo in danno del minore B.B., aggravato dalla violazione della normativa prevenzionistica; in particolare, veniva accertato che il A.A., nella sua qualità di responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP) per il parco di (omissis), aveva omesso di segnalare nel DVR da lui redatto l'esistenza di un pozzo nel parco e lo stato di vetustà e inidoneità della sua copertura, pozzo nel quale il minore B.B. era caduto, perdendo la vita, durante una gara di orienteering.

2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, lamentando (in sintesi, giusta il disposto di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.) quanto segue.
I) Violazione di legge, per avere la Corte distrettuale ritenuto che l'inosservanza del punto 1.5.14.1 dell'allegato IV del D.Lgs. n. 81/2008 sia di per sé sufficiente ad integrare l'aggravante antinfortunistica anche nel caso di specie, in cui l'evento lesivo ha riguardato un terzo estraneo non identificabile come fisiologico destinatario della tutela prevenzionistica, non essendosi concretizzato un rischio lavorativo.
II) Violazione di legge, per avere la sentenza affermato che la corretta segnalazione del rischio di caduta nel pozzo da parte dell'imputato, titolare della posizione di garanzia, avrebbe potuto impedire l'evento lesivo, nonostante la posizione del RSPP sia finalizzata al coordinamento del servizio di prevenzione e protezione e non sia gravata dall'obbligo di individuare e segnalare le lacune attinenti all'adempimento dei doveri posti in capo al datore di lavoro.

3. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso.

4. La difesa delle costituite parti civili ha depositato memoria scritta con cui chiede la reiezione del ricorso

Considerato in diritto

1. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.

2. Il primo motivo, che si limita a contestare la sussistenza dell'aggravante prevenzionistica, non si confronta con le articolate argomentazioni della sentenza impugnata, le quali hanno considerato plurimi elementi per affermare la configurabilità dell'aggravante in questione, avuto riguardo: all'analoga situazione di rischio in cui il minore si è trovato rispetto alla norma prevenzionistica (esposizione del terzo al medesimo rischio lavorativo); alla concretizzazione del medesimo rischio lavorativo nei confronti del terzo; a quanto previsto nel Documento di Valutazione dei Rischi (DVR), in cui si fa cenno al fatto che i rischi ivi contemplati possono riguardare anche i visitatori del parco, proprio come avvenuto nel caso di specie.
La censura, del resto, è priva di pregio anche in punto di diritto, laddove non considera che, ai fini dell'integrazione della circostanza aggravante del "fatto commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro", è necessario che venga violata una regola cautelare volta a eliminare o ridurre lo specifico rischio, derivante dallo svolgimento di attività lavorativa, di morte o lesioni in danno dei lavoratori o di terzi esposti alla medesima situazione di rischio e pertanto assimilabili ai lavoratori, e che l'evento sia concretizzazione di tale rischio "lavorativo", non essendo all'uopo sufficiente che lo stesso si verifichi in occasione dello svolgimento di un'attività lavorativa (cfr. Sez. 4, n. 32899 del 08/01/2021, Rv. 281997 - 01). È indubbio, insomma, che le norme antinfortunistiche sono dettate a tutela non soltanto dei lavoratori nell'esercizio della loro attività, ma anche dei terzi che si trovino nell'ambiente di lavoro, indipendentemente dall'esistenza di un rapporto di dipendenza con il titolare dell'impresa, di talché, ove in tali luoghi si verifichino, a danno del terzo, i reati di lesioni o di omicidio colposi, è ravvisabile la colpa per violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, purché sussista, tra siffatta violazione e l'evento dannoso, un legame causale e la norma violata miri a prevenire l'incidente verificatosi, e sempre che la presenza di soggetto passivo estraneo all'attività ed all'ambiente di lavoro, nel luogo e nel momento dell'infortunio, non rivesta carattere di anormalità, atipicità ed eccezionalità tali da fare ritenere interrotto il nesso eziologico (Sez. 4, n. 32178 del 16/09/2020, Rv. 280070 -01).
Nella specie, è stato insindacabilmente appurato che l'imputato ha del tutto omesso di segnalare, nel DVR da lui redatto, il pericolo di caduta costituito dalla presenza del pozzo in pessimo stato di manutenzione; pozzo collocato in una zona del parco oggetto di attività lavorativa e liberamente accessibile e fruibile dalla collettività, in quanto stabilmente destinata ad area ricreativa di gioco da parte dei coordinatori del centro estivo parrocchiale. È stato accertato che nessun segnale o cartello era stato apposto in prossimità del pozzo al fine di segnalare il divieto di avvicinamento e accesso al pozzo e il pericolo di caduta, con la conseguenza che l'infortunio si era verificato in ragione di tale grave e colposa omissione.

3. Il secondo motivo, oltre che genericamente prospettato, è manifestamente infondato, atteso che corrisponde ad un costante insegnamento della Corte regolatrice l'affermazione secondo cui il responsabile del servizio di prevenzione e protezione può essere ritenuto responsabile, anche in concorso con il datore di lavoro, del verificarsi di un infortunio, ogni qual volta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l'obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione faccia seguito l'adozione, da parte del datore di lavoro, delle iniziative idonee a neutralizzare tale situazione (cfr. Sez. 4, n. 24822 del 10/03/2021, Rv. 281433 -01; fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva riconosciuto la responsabilità del RSPP per non avere segnalato nell'ultimo DVR il rischio di caduta nel vuoto per il cattivo stato di manutenzione dei parapetti di un balcone, in concorso con quella ascritta al datore di lavoro per non avere sollecitato la società proprietaria dell'immobile ad eseguire i necessari lavori di manutenzione, ritenendo irrilevante, ai fini dell'esclusione della responsabilità del primo, la circostanza che il rischio non segnalato fosse noto al datore di lavoro). Del resto, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur svolgendo all'interno della struttura aziendale un ruolo non gestionale ma di consulenza, ha l'obbligo giuridico di adempiere diligentemente l'incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all'attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino per effetto della violazione dei suoi doveri (cfr. Sez. 4, n. 11708 del 21/12/2018 -dep. 2019, Rv. 275279 - 01).

4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili in questo giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili, tutte rappresentate dall'avv. S.S., che liquida in complessivi Euro 10.000,00, oltre accessori come per legge.

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Allegato riservato Sentenza CP n. 42483 del 20.11.2024.pdf
 
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