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FAQ PAF Microclima

ID 22234 | | Visite: 1057 | Documenti Riservati SicurezzaPermalink: https://www.certifico.com/id/22234

FAQ PAF Microclima

FAQ PAF Microclima / Rev. 0.0 Luglio 2024

ID 22234 | 11.07.2024 / In allegato Elenco completo

Elenco FAQ Microclima - Decreto Legislativo 81/2008 Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a MICROCLIMA - Indicazioni Operative, elaborato dal Sotto Gruppo Tematico Agenti Fisici del Coordinamento Tecnico per la sicurezza nei luoghi di lavoro delle Regioni e delle Province autonome in collaborazione con INAIL ed ISS, approvato dal Gruppo Tecnico Interregionale Prevenzione Igiene e Sicurezza sui Luoghi di Lavoro il 21/07/21.

Con l’emanazione del Decreto Legislativo 81/2008  il microclima è stato riconosciuto come agente di rischio fisico, ai sensi dell’art. 180 che definisce tali agenti e ne individua il campo di applicazione, rendendone obbligatoria la valutazione dei rischi, così come stabilito dall’art. 181. L’art.181, comma 1, specifica che la valutazione del rischio di tutti gli agenti fisici deve essere tale da “identificare e adottare le opportune misure di prevenzione e protezione” facendo “particolare riferimento alle norme di buona tecnica e alle buone prassi”.  Considerato che al microclima non viene dedicato un capo specifico all'interno del Titolo VIII, è necessario fare ricorso a specifiche norme tecniche di settore che consentono di effettuare una valutazione quantitativa del rischio e di adottare le opportune misure di prevenzione e protezione. Tali norme differiscono a seconda del tipo di ambiente termico in esame.

Elenco FAQ Microclima

A.1 Quali sono gli effetti sulla salute e sulla sicurezza dovuti all'esposizione a caldo/freddo?
A.2 Cosa si intende con ambiente termico moderato?
A.3 Cosa si intende con ambiente termico severo?
A4. Quali sono i soggetti particolarmente sensibili al rischio microclima?
A.5 In quali casi e con quali modalita' va attivata la sorveglianza sanitaria in relazione al rischio microclima?
B.1 Quali requisiti deve avere la strumentazione di misura delle grandezze fisiche ambientali?
B.2 Quali criteri vanno applicati per la taratura della strumentazione di misura?
B.3 Come si effettua la stima dell'attivita' metabolica?
B.4 Come si effettua la stima delle quantita' fisiche descrittive del vestiario?
B.5 Secondo quale metodologia deve essere effettuata la misura delle grandezze fisiche ambientali?
B.6 Quali sono il periodo dell'anno e l'intervallo orario piu' opportuno per eseguire una misura delle grandezze fisiche ambientali?
B.7 Quali fattori devono essere considerati per definire il numero di postazioni di misura e la relativa collocazione spaziale delle stesse in un ambiente termico moderabile?
B.8 Quale deve essere la posizione delle sonde in una postazione di misura?
B.9 Quale deve essere il numero di misure da eseguire in ciascuna postazione?
B.10 Quale deve essere la durata minima di una misura delle grandezze fisiche ambientali?
B.11 Quale deve essere il tempo minimo da interporre fra due misure consecutive?
B.12 Secondo quali criteri l'ambiente termico puo' essere considerato stazionario in relazione al soggetto esposto?
B.13 Come si procede in presenza di ambienti non stazionari?
B.14 Secondo quali criteri un ambiente termico puo' essere considerato omogeneo attorno al soggetto esposto?
B.15 Come si stima l'incertezza di misura?
C.1 In quali situazioni lavorative e' sempre necessario procedere sempre ad una valutazione dettagliata del rischio microclima?
C.2 Quali strategie sono utilizzabili per la valutazione del rischio microclima?
C.3 Quali sono le condizioni nelle quali la valutazione del rischio puo' concludersi con la "giustificazione"?
C.4 E' sempre necessario effettuare misurazioni specifiche ai fini della valutazione del rischio microclima?
C.5 Quali sono gli indici descrittori (e i relativi valori di riferimento) che possono essere utilizzati per effettuare la valutazione del comfort (discomfort) termico?
C.6 Cosa si intende con comfort/discomfort locale e come si valuta?
C.7 Quali sono gli indici descrittori (e i relativi valori di riferimento) che possono essere utilizzati per effettuare la valutazione dello stress termico da ambiente caldo?
C.8 Quali sono gli indici descrittori (e i relativi valori di riferimento) che possono essere utilizzati per effettuare la valutazione dello stress termico da ambiente freddo?
C.9 Quali sono le grandezze fisiche ambientali ed i parametri personali/soggettivi che devono essere stimati nell'ambito di una valutazione microclimatica?
C.10 E' possibile effettuare la media su piu' giorni/settimane/mesi ai fini della valutazione dei parametri di comfort/rischio associati all' ambiente termico?
C.11 Quali sono i co-fattori di rischio da valutare in relazione all'esposizione a microclima?
C.12 Come si valuta il rischio microclima in lavorazioni outdoor (o in ambienti chiusi non climatizzati le cui condizioni termiche siano influenzate dalle condizioni termoigronometriche esterne)?
C.13 Esistono criteri specifici per la valutazione del microclima nei mezzi di trasporto?
C.14 Come si effettua la valutazione del rischio per soggetti con suscettibilita' individuale al rischio microclima?
D.1 Come comportarsi all'esito della valutazione?
D.2 Come deve essere strutturato e che cosa deve riportare il Documento di Valutazione dell'esposizione professionale al microclima?
D.3 Esistono dispositivi di protezione individuali o dispositivi ausiliari indossabili?
D.4 Informazione e formazione: quando e con quali contenuti?
D.5 Come gestire il rischio per i lavoratori outdoor?
D.6 Come gestire il rischio per lavoratori in regime di auto restrizione idrica per motivi religiosi o altri motivi?

Estratto

A.1 Quali sono gli effetti sulla salute e sulla sicurezza dovuti all'esposizione a caldo/freddo?

Fisiologia della termoregolazione

L’organismo umano viene definito “omeotermo”, è in grado, cioè, di mantenere costante la propria temperatura centrale in un range ristretto di 37±1°C nelle più diverse condizioni climatiche, attraverso continui scambi termici con l’ambiente circostante che avvengono per convezione, evaporazione, irraggiamento e, in misura minore, per conduzione tramite la superficie cutanea e per convezione ed evaporazione attraverso l’attività respiratoria. Nella maggior parte dei casi gli scambi termici tra l’ambiente e le persone che operano al suo interno sono condizionati da 4 parametri ambientali (temperatura, velocità e umidità relativa, temperatura media radiante) e 2 parametri legati al soggetto (metabolismo energetico e isolamento termico dell’abbigliamento).

Il mantenimento dell’equilibrio termico è assicurato da un complesso sistema di termoregolazione in cui l’ipotalamo, nella sua regione anteriore e nell’area preottica, svolge la funzione di un vero e proprio termostato. A queste aree giungono informazioni provenienti dai termocettori profondi centrali che rendono conto delle variazioni della temperatura centrale dell’organismo e dai termocettori periferici sensibili al caldo (corpuscoli di Ruffini) e al freddo (corpuscoli di Krause), diffusi su tutta la superficie corporea.

Il centro di termoregolazione ipotalamico integra tali informazioni e con un meccanismo di controllo nervoso a feed-back attiva gli effettori periferici modulando la risposta in relazione alla necessità di dissipare il calore o di incrementarne la produzione.

Patologie da caldo

Lavorare al caldo pone richieste conflittuali al sistema cardiovascolare, in relazione alla tipologia di attività svolta ed alle caratteristiche individuali del soggetto: da una parte la vasodilatazione periferica aumenta il flusso di sangue verso la superficie corporea nel tentativo di dissipare il calore che tende ad incrementare la temperatura centrale; dall’altra, l'attività fisica richiede a sua volta un incremento del flusso sanguigno verso i distretti muscolari interessati dallo sforzo. Poiché la gittata cardiaca non può comunque eccedere il flusso garantito dal ritorno venoso, la capacità cardiaca costituisce un fattore limitante per il lavoro intenso svolto in ambienti severi caldi e il sistema cardiovascolare può trovarsi in una condizione di sovraccarico tale da non poter soddisfare adeguatamente entrambe le esigenze.

Una patologia tipicamente correlata al lavoro in ambienti caldi è la sincope da calore, dovuta a un’eccessiva vasodilatazione che dà luogo a stasi venosa periferica, ipotensione e insufficiente flusso sanguigno cerebrale, manifestandosi con una perdita di coscienza preceduta da pallore, stordimento e vertigini. Nei soggetti che svolgono attività lavorativa in ambienti severi caldi, in particolare se non acclimatati, si accompagna spesso ad una ipertermia che può raggiungere i 39°C, ma non comporta né abolizione della sudorazione né agitazione motoria.

Una condizione più grave di quella descritta è rappresentata dall’esaurimento della termoregolazione, che può manifestarsi tramite due forme cliniche (iperpiressia e colpo di calore)in cui l’elemento comune è costituito dall’innalzamento della temperatura centrale al di sopra dei 40,5°C e dall’arresto della sudorazione, dovuti al blocco dei meccanismi centrali della termoregolazione, mentre si distinguono essenzialmente per la diversa intensità dei sintomi nervosi: agitazione o delirio nel caso di iperpiressia, con cute secca e ardente, prostrazione, grave ipotonia muscolare, polipnea, tachicardia, incoordinazione motoria; convulsioni epilettiformi o coma nel colpo di calore, che costituisce un aggravamento della forma precedente e può essere letale se non trattato rapidamente.

I crampi da calore costituiscono una condizione patologica caratterizzata da spasmi muscolari dolorosi della durata di 1-3 minuti a carico di gastrocnemio (polpaccio), addome, colonna vertebrale, causati dallo svolgimento di attività muscolari intense in ambiente caldo-umido. Sono preceduti in genere da astenia ingravescente, cute umida, calda e arrossata, ipotensione, e possono essere prevenuti da un’adeguata assunzione di acqua e dalla somministrazione di soluzioni isotoniche di cloruro di sodio.

L’inadeguato ripristino delle perdite d’acqua conseguenti alla sudorazione può portare nel giro di qualche ora al deficit idrico. I disturbi da disidratazione cominciano a manifestarsi quando le perdite raggiungono il 5% del volume d’acqua totale con sintomi e segni clinici rappresentati da: sete marcata, polso rapido, sudorazione ridotta o abolita, densità urinaria elevata, sodio plasmatico aumentato. Il deficit sodico è dovuto ad inadeguato ripristino del sodio perso con il sudore e si instaura generalmente dopo almeno 3-5 giorni di esposizione, con i seguenti sintomi e segni: intensa sensazione di fatica, polso lento, sete discreta, frequenti vertigini, crampi e vomito, emoconcentrazione precoce e pronunciata, marcata diminuzione di sodio e cloro urinari, riduzione del sodio plasmatico.

Tra le manifestazioni da esposizione ad ambienti severi caldi rientrano patologie a carico della pelle e delle ghiandole sudoripare quali le ustioni, sia per contatto con un solido o un liquido caldi, sia per irradiazione; un disturbo più lieve è rappresentato dall’eritema da calore, che consiste in un’eruzione papulo-vescicolosa con eritema e prurito, conseguente ad eccessiva e prolungata presenza di sudore sulla pelle. Tale manifestazione può essere seguita da anidrosi, cioè arresto della secrezione di sudore, dovuta all’ostruzione dei canali escretori delle ghiandole sudoripare da parte di tappi di cheratina.

Patologie da freddo

Si distinguono patologie sistemiche e patologie localizzate. Tra le patologie sistemiche rientra l’orticaria da freddo, tipica di soggetti con abnorme reattività alle basse temperature, nei quali l’esposizione anche breve al freddo non eccessivo può essere seguita da vasodilatazione prolungata, con formazione di elementi eritemato-pomfoidi dolenti e pruriginosi. Tali elementi possono estendersi a tutto il corpo e può accompagnarsi una reazione sistemica con tachicardia, ipotensione, vampate al volto e anche sincope. Decisamente più grave è l’assideramento, sindrome connessa all’abbassamento della temperatura del nucleo corporeo causata dall’esposizione prolungata al freddo e caratterizzata da progressiva depressione delle funzioni vitali. Si distinguono generalmente tre fasi: resistenza, scompenso termico, coma.

Tra le patologie localizzate, viene descritta l’acrocianosi, dermatosi caratterizzata da aspetto cianotico-violaceo, ipotermia ed iperidrosi delle zone distali degli arti, cui si associano ipoestesie e parestesie delle zone interessate, prevalente nel sesso femminile. Alla base vi è una circolazione periferica torpida per spasmo arteriolare ed atonia venulo-capillare. Geloni ed eritema pernio sono invece manifestazioni localizzate alle estremità, causate dalla esposizione al freddo e che interessano soggetti predisposti (linfatismo, anemia, distonia neurovegetativa), prevalentemente di sesso femminile, alla cui base vi è un’alterata regolazione del tono e della permeabilità vascolare con edema localizzato. Nello specifico, il gelone acuto si manifesta con un gonfiore caldo, arrossato, ben delimitato, molto pruriginoso, nel contesto di cute iperidrosica, tesa, lucida, sul dorso delle dita delle mani e dei piedi, sui talloni, oppure ai padiglioni auricolari o al naso. L’eritema pernio interessa le zone distali delle gambe con formazione bilaterale e simmetrica di lesioni piccole, non dolenti, rotondeggianti, di color rosso opaco o violaceo, a volte con vescicole emorragiche centrali. Possono residuare esiti cicatriziali ed atrofia della cute e del tessuto sottocutaneo. Il congelamento interessa prevalentemente le estremità (mani, piedi, orecchie, naso) ed è caratterizzato da una successione di fasi: parestesie con ipoestesia locale (fase preiperemica); I grado (aumento di parestesie, insensibilità e dolore con cute rosso-cianotica, tumefatta, screpolata); II grado (iperidrosi spiccata con vescicole e flittene emorragiche; III grado (necrosi della cute che si estende progressivamente ai tessuti sottostanti fino alla gangrena, con febbre associata e stato tossico-stuporoso.

Effetti di tipo infortunistico

Lo stress termico può causare infortuni sul lavoro. Inoltre malori causati dallo stress termico possono ridurre la capacita di attenzione del lavoratore e quindi aumentare il rischio di infortuni, come tipicamente avviene nel caso degli addetti alla conduzione di macchinari o di veicoli.

Le tipologie e modalità di infortunio più frequenti a seguito di stress termico subito dal lavoratore sono: incidenti di trasporto, scivolamenti e cadute, contatto con oggetti o attrezzature, ferite, lacerazioni e amputazioni.

A.2 Cosa si intende con ambiente termico moderato?

Secondo la sezione 1 – Scopo della norma UNI EN ISO 7730, che riguarda la valutazione del benessere termico, un ambiente termico moderato è un ambiente nel quale si manifestano scostamenti “moderati” dalle condizioni ideali di comfort termico (“moderate deviations from thermal comfort occur”).

In un ambiente termico moderato il soggetto riesce a mantenere l’equilibrio termico del corpo con ridotte sollecitazioni del sistema di termoregolazione.

A.3 Cosa si intende con ambiente termico severo?

Da un punto di vista normativo non esiste alcuna definizione formale di ambiente termico severo. La norma UNI EN ISO 7730 fa semplicemente riferimento ad “extreme thermal environments”, che rappresentano i campi di applicazione delle norme UNI EN ISO 7243, UNI EN ISO 7933 entrambe riguardanti la valutazione di situazioni di stress da calore e della norma UNI EN ISO 11079 riguardante la valutazione di situazioni di stress da freddo.

Da un punto di vista fisiologico, un ambiente termico “severo” è un ambiente nel quale i meccanismi di termoregolazione del corpo umano, che provvedono al mantenimento costante della temperatura degli organi interni intorno ai 37°C sono fortemente sollecitati, ed in casi estremi possono anche non essere sufficienti ad evitare gravi compromissioni temporanee o permanenti delle funzioni dell’organismo.

Per scopi pratici conviene definire come “severo” un ambiente termico nel quale l’insorgenza nel soggetto esposto di uno strain termico (ipertermia o disidratazione in ambienti caldi, ipotermia negli ambienti freddi) puo' riscontrarsi nell'ambito dell'attività lavorativa abitualmente svolta.

[...] Segue in allegato

Fonte: PAF

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Tags: Sicurezza lavoro Abbonati Sicurezza Rischio ambienti di lavoro

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