I DPI per il rischio agenti chimici nel settore dell’edilizia
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I dispositivi di protezione individuale per il rischio agenti chimici nel settore dell’edilizia
Factsheet INAIL, 16.02.2021
La grande varietà di sostanze chimiche pericolose cui possono essere esposti i lavoratori del comparto edile richiede una scelta attenta e consapevole degli opportuni DPI, che dipende da un insieme di considerazioni.
Il fact sheet si propone quale documento di indirizzo tecnico-scientifico nel merito della gestione da rischio chimico nel comparto edile, in particolare la scelta dei dispositivi per la protezione della cute e i dispositivi per la protezione delle vie respiratorie.
Il comparto dell’edilizia può rappresentare una fonte rilevante di esposizione occupazionale al rischio chimico, a causa dell’impiego di agenti chimici notoriamente riconosciuti come pericolosi per la salute e, più recentemente, di nuovi inquinanti collegati alla cosiddetta ‘edilizia verde’, da più parti identificati quali rischi emergenti. Già nel 2004, l’European Agency for Safety and Health at Work (Eu-Osha) evidenziava la possibile relazione tra malattie professionali e rischio chimico in edilizia, con particolare riferimento a silicosi e a gravi patologie respiratorie, a dermatiti professionali e, anche se meno frequentemente, all’asma allergica.
Per alcune categorie di operai edili ci sono, poi, evidenze statistiche di un maggior rischio di sviluppare neoplasie del polmone e delle cavità nasali, ed associazioni con l’esposizione a cancerogeni occupazionali.
Oggi, l’Eu-Osha ha rimarcato, altresì, la necessità che tutti i settori lavorativi impegnati nella sostenibilità energetica garantiscano condizioni di lavoro sicure, sane e dignitose, al fine di contribuire a una crescita davvero intelligente, sostenibile e inclusiva.
IL RISCHIO CHIMICO IN CANTIERE
Nel cantiere edile l’esposizione al rischio chimico può manifestarsi non solo attraverso l’utilizzo e la manipolazione di sostanze e/o preparati pericolosi quali solventi, pigmenti, additivi, disarmanti, collanti e similari, ma anche a seguito di specifiche lavorazioni che prevedono, ad esempio, l’utilizzo di bitume o asfalti a caldo, soprattutto durante la spruzzatura manuale di emulsione bituminosa e la stesa di asfalto in particolari condizioni (gallerie, sottopassi, ecc.).
Come pure lavorazioni quali la saldatura, con la produzione di emissioni per vaporizzazione dei metalli e per decomposizione e diffusione nell’aria dei materiali fusi, recentemente classificati come cancerogeni di gruppo 1 (Iarc Vol. 118, 2018); o i lavori quali la demolizione, lo scavo o la preparazione di calce e malte cementizie, che possono comportare esposizione a particolato e fibre.
Crescente attenzione in ambito protezionistico è posta, poi, alla potenziale esposizione a inquinanti emergenti connessi alla cosiddetta ‘edilizia verde’, quali:
1. gli isocianati, agenti fortemente sensibilizzanti per le vie respiratorie, irritanti per le membrane mucose e la cute, che nel settore delle costruzioni trovano ampio impiego nell’utilizzo di schiume, fibre, elastomeri, materiali isolanti, pitture e vernici;
2. le resine epossidiche, una delle principali cause di
dermatite da contatto allergica professionale nonché di irritazione degli occhi e dell’apparato respiratorio, sempre più utilizzate in edilizia per la produzione di adesivi, vernici, rivestimenti e strutture polimeriche composite;
3. le fibre minerali artificiali (FMA) e fibre artificiali vetrose (FAV), utilizzate in edilizia come materiali isolanti, dalle potenziali proprietà infiammatorie, citotossiche e cancerogene.
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Fonte: INAIL
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