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Sentenza TAR Emilia-Romagna (BO) Sez. I n. 9 dell'11 Gennaio 2021

ID 12688 | | Visite: 1427 | Giurisprudenza ambientePermalink: https://www.certifico.com/id/12688

Sentenza TAR Emilia Romagna BO Sez  I n  9 del 11 Gennaio 2021

Sentenza TAR Emilia-Romagna (BO) Sez. I n. 9 dell'11 Gennaio 2021

Rifiuti. Impossibilità di recupero di materiale contenente amianto

“Il respingimento, da parte di ARPAE, della proposta della ricorrente di recupero del materiale si basa su un solido impianto motivazionale incentrato sulla letterale, rigorosa interpretazione dell’art. 184 ter del D. Lgs. n. 152 del 2006 e del Decreto Min. Ambiente 5 febbraio 1998, da tale norma espressamente richiamato, laddove il Regolamento indica, al punto 7 dell’allegato 2, tra i criteri specifici necessari per potere reimpiegare i materiali in questione, che gli stessi devono essere “...privi di amianto...” […] tale disposizione regolamentare, laddove essa non individua alcun limite numerico, ma condiziona espressamente la possibilità di recupero del materiale unicamente al parametro: presenza/assenza di amianto, è dirimente […]

La norma oggettivamente non si presta, infatti, ad ulteriori, diverse interpretazioni […] prevede l’esclusione dei materiali che contengono amianto (in qualsivoglia concentrazione) da quelli che è invece possibile recuperare” (fattispecie relativa ad un provvedimento con cui ARPAE E-R aveva dinegato la proposta di una Società che, nell’ambito di un procedimento di bonifica, intendeva riutilizzare alcuni materiali contenenti amianto residuati dal proprio intervento) (segnalazione e massima Avv. Antonio Tolone).

La questione trattata dal Giudice felsineo aveva ad oggetto l’impugnazione di un provvedimento con cui ARPAE E-R aveva dinegato la proposta di una Società che, nell’ambito di un procedimento di bonifica, intendeva riutilizzare alcuni materiali residuati dall’intervento in parola e contenenti amianto. Nello specifico, proponeva di recuperare tale materiale edilizio interrandolo in profondità al fine di utilizzarlo quale rinfianco delle fondazioni del costruendo edificio in loco.

ARPAE E-R dinegava tale proposta di recupero ritenendola non conforme alla normativa settoriale in materia di smaltimento dei rifiuti contenenti amianto, secondo la quale anche una minima presenza di tale minerale non consente il reimpiego del materiale ma ne impone lo smaltimento in termini idonei.

Il TAR ha respinto il ricorso e confermato la correttezza della determinazione dell’Amministrazione evidenziando che, anche per il principio di generale precauzione, è sempre escluso il recupero di materiale contenente amianto non essendo possibile concludere in termini diversi nemmeno qualora la presenza rilevata sia minima.  

Estratto

FATTO e DIRITTO

La controversia in esame ha per oggetto l’impugnazione, da parte di una società proprietaria di un’area a destinazione industriale sita in comune di Modena sulla quale è in corso un procedimento di bonifica C.I.S.F., dell'atto, in data 17/6/2019, con il quale A.R.P.A.E. le ha richiesto il piano di smaltimento/progetto di messa in sicurezza permanente dei materiali contenenti amianto residuati dall’intervento di bonifica che sono attualmente stoccati in area tecnica attrezzata realizzata su detti terreni. A.R.C.A. s.p.a. ritiene illegittimo tale atto, limitatamente alla parte in cui ARPAE ha ritenuto non conforme alla vigente normativa settoriale in materia di smaltimento di rifiuti contenenti amianto, la soluzione proposta dalla società ricorrente, con sostanziale reiezione della stessa. Tale proposta prevede il recupero edilizio di detti materiali mediante interramento in profondità, al fine di utilizzarli quale rinfianco delle fondazioni a plinti del realizzando negozio Coop Alleanza da collocare nell’area oggetto di bonifica (1° stralcio).

A sostegno dell’azione impugnatoria, la ricorrente deduce motivi in diritto rilevanti: violazione del D. Lgs. n. 152 del 2006, del D.M. 5/2/1998, e del D.P.R. n. 120 del 2017 e violazione del principio generale di legalità. La ricorrente ritiene illegittimo il provvedimento di ARPAE in quanto esso non tiene in alcun conto che i residui di materiale inerte in oggetto, oltre a contenere materiali quali cemento, laterizi e ghiaia, contengono anche amianto, ma in una concentrazione inferiore a 1000 mg/Kg., come comprovato dallo stesso Distretto ARPAE. Il Distretto ha anche stabilito che tale minimale concentrazione di amianto in rifiuti da demolizione edilizia, consente il reimpiego di tale materiale in edilizia quali inerti sostitutivi, in quanto materiale da considerarsi rifiuto che non comporta l’evidenza di pericolosità. Secondo la ricorrente, il Distretto avrebbe ulteriormente evidenziato che, ai fini di individuare i limiti di accettabilità della presenza di amianto in detto materiale edilizio, l’unico parametro riconosciuto valido a livello europeo è quello della concentrazione di amianto inferiore ai 1000 mg./Kg., con conseguente applicabilità di detto limite al caso in trattazione e, ulteriormente, illegittimità del provvedimento ARPAE che in alcun modo ha preso in considerazione quanto proposto dalla ricorrente circa il legittimo riutilizzo di detto materiale di rifiuto quale “rinfianco” in profondità delle fondamenta di un erigendo fabbricato.

Si è costituita nel presente giudizio Agenzia Regionale per la Prevenzione, l'Ambiente e l'Energia dell'Emilia-Romagna, chiedendo la reiezione del ricorso stante la ritenuta infondatezza dello stesso.

Alla pubblica udienza del giorno 12 novembre 2020, tenutasi da remoto, in videoconferenza, ai sensi di quanto dispone l’art. 25 del D.L. n. 137 del 2020, la causa è stata chiamata ed è stata quindi trattenuta per la decisione come indicato nel verbale.

Il Tribunale ritiene che il ricorso sia infondato, risultando l’atto impugnato immune dai vizi di legittimità in esso rassegnati.

La vicenda ora sottoposta al vaglio del giudice amministrativo trae origine dall’approvazione, da parte delle competenti Autorità, del piano per la riqualificazione urbana e la bonifica dell’area de qua (ex CISA – CERDISA) ubicata all’interno, presentato da Ceramiche Industriali Sassuolo e Fiorano s.p.a., società che successivamente è stata incorporata dalla odierna ricorrente A.R.C.A. s.p.a..

Tale complesso intervento, da realizzarsi a stralci negli ambiti territoriali dei Comuni di Sassuolo e Fiorano prevedeva, per quanto di interesse in questa sede, la completa demolizione e rimozione di tutti gli edifici e le strutture del suddetto compendio industriale e, per quanto concerne i materiali/rifiuti derivanti da tali operazioni, che gli stessi fossero tenuti separati gli uni dagli altri, in base alla caratteristiche di ciascun materiale recuperato, in cumuli distinti stoccati temporaneamente all’interno della stessa zona d’intervento in apposita area tecnica.

Per quanto più specificamente attiene le condotte di amianto residuate dalle operazioni di demolizione dei suddetti edifici industriali, A.R.P.A.E. aveva stabilito, nella determinazione dirigenziale in data 18/7/2016 n. 2397, di approvazione della caratterizzazione dell’area de qua, che fossero tenuti separati i rifiuti costituenti il rivestimento in calcestruzzo delle condotte di amianto dagli altri rifiuti in calcestruzzo residuati dall’attività di demolizione, in quanto la prima categoria di rifiuti avrebbe dovuto essere sottoposta “…a specifiche indagini di verifica sulla presenza di fibre di amianto prima della loro lavorazione e produzione di MPS…”.

Pertanto, in base alla suddetta determinazione “…i rifiuti di origine cementizia, separati dalle condotte in amianto devono essere sottoposti, prima e dopo il trattamento di macinazione in loco, alla verifica analitica che attesti l’assenza di “amianto.” (v. determinazione dirig. 18/7/2016 doc. 3 ARPAE). Con successiva determinazione in data 8/11/2016 ARPAE ha ribadito al punto 7.5 che “ i rifiuti sottoposti a trattamento devono essere privi di amianto; l’assenza di amianto deve essere verificata preliminarmente alla macinazione. Qualora durante l’attività sia rilevata la presenza di materiali contenenti amianto, questi dovranno essere rimossi e gestiti conformemente al Piano di Lavoro per la rimozione dei rifiuti contenenti amianto.” (v. determinaz. Dirig. 8/11/2016 doc. n. 4 ARPAE). Pertanto, la specifica disciplina dell’intervento di bonifica in oggetto prevedeva espressamente che qualsiasi tipo di materiale raccolto a seguito delle operazioni di bonifica del sito industriale contenente amianto (in qualsiasi misura) non fosse in alcun modo reimpiegabile o recuperabile. La questione relativa al calcestruzzo di rivestimento delle condotte in amianto è stata trattata anche in sede di Conferenza dei Servizi delle Amministrazioni coinvolte o interessate dall’intervento di bonifica nelle sedute del 27/1/2017 e del 28/2/2018 e anche in tali sedi ufficiali è stata ribadita l’anzidetta linea di non ritenere recuperabile alcun materiale residuo delle operazioni di bonifica che contenesse amianto. Successivamente, a seguito di alcune incertezze interpretative sorte, su tale questione, all’interno della stessa ARPAE, la Direzione Tecnica dell’Agenzia dell’Emilia – Romagna (organo preposto all’attività di indirizzo e coordinamento dell’Agenzia sul territorio regionale) ha inequivocabilmente ribadito che, per quanto riguarda detto materiale inglobante le condotte di amianto, “…non è consentita alcuna attività di macinazione in quanto i rifiuti in esame non sono risultati privi di amianto…”.

Successivamente a tali pronunciamenti da parte di ARPA, la ricorrente presentava ugualmente la richiesta di reimpiegare detto materiale contenente amianto quale materiale da interrare in profondità quale rinfianco delle fondamenta di un edificio di imminente costruzione. ARPAE con la nota impugnata, adottata il 17/5/2019 confermava che tale reimpiego non era possibile, dovendo tale materiale essere smaltito quale rifiuto contenente amianto.

Il Collegio deve innanzitutto osservare, sulla base delle riferite circostanze, che il ricorso in esame deve essere respinto, in quanto infondato, stante che il respingimento, da parte di ARPAE, della proposta della ricorrente di recupero del suddetto materiale, si basa su un solido impianto motivazionale incentrato sulla letterale, rigorosa interpretazione dell’art. 184 ter del D. Lgs. n. 152 del 2006 e del D.M. Ministero dell’Ambiente in data 5/2/1998, da tale norma espressamente richiamato, laddove il Regolamento indica, al punto 7 dell’allegato 2, tra i criteri specifici necessari per potere reimpiegare i materiali in questione, che gli stessi devono essere “…privi di amianto…” (v. doc. n. 11 A.R.P.A.E.).

Ad avviso del Collegio tale disposizione regolamentare, laddove essa non individua alcun limite numerico, ma condiziona espressamente la possibilità di recupero del materiale unicamente al parametro: presenza/assenza di amianto, è dirimente ai fini dell’esito della presente controversia.

La norma oggettivamente non si presta, infatti, ad ulteriori, diverse interpretazioni, che, alla stregua di quella proposta dalla ricorrente, incentrata sulla possibilità di considerare materiale di recupero i rifiuti in conglomerato cementizio contenente amianto in concentrazione inferiore a 1000 mg./Kg, omettono di considerare che l’individuazione di tali parametri è dettata e finalizzata a scopi diversi da quello in esame, che, a contrario, è stato specificamente introdotto al fine di individuare quali, tra i materiali da costruzione costituenti rifiuto derivante dall’attività di demolizione, possono o no essere riutilizzati, previa perdita della qualifica di rifiuto.

In tale quadro normativo la disposizione regolamentare in esame, del tutto ragionevolmente e in coerenza sia con l’estrema delicatezza della materia del recupero di materiali contaminati da sostanze estremamente pericolose quale è l’amianto, sia con il correlato principio generale di precauzione, nella specie applicato ai fini di tutela della salute dei cittadini e dell’ambiente, prevede l’esclusione dei materiali che contengono amianto (in qualsivoglia concentrazione) da quelli che è invece possibile recuperare.

Per le suesposte considerazioni, il ricorso è respinto.

Il Collegio osserva, tuttavia, che stante la novità delle questioni esaminate e il carattere interpretativo della presente decisione, sussistono giusti motivi per compensare integralmente, tra le parti, le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia-Romagna, Bologna (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

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