COVID-19: test di screening e diagnostici
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Circolare Ministero della Salute n. 16106-09 del 9 maggio 2020
COVID-19: test di screening e diagnostici
Nell’attuale fase dell’emergenza COVID-19, assume particolare rilevanza la tematica dei test diagnostici di tipo sierologico, che possono essere utilizzati per la rilevazione di eventuali anticorpi diretti contro SARS-CoV-2.
I test sierologici sono utili nella ricerca e nella valutazione epidemiologica della circolazione virale in quanto:
2. la sierologia può evidenziare l’avvenuta esposizione al virus;
3. i metodi sierologici possono essere utili per l’identificazione dell’infezione da SARS-CoV2 in individui asintomatici o con sintomatologia lieve o moderata che si presentino tardi alla
osservazione clinica;
4. i metodi sierologici possono essere utili per più compiutamente definire il tasso di letalità dell’infezione virale rispetto al numero di pazienti contagiati da SARS-CoV-2.
Le attuali conoscenze scientifiche relative ai test sierologici per il COVID-19 sono però lacunose relativamente alla capacità di fornire le seguenti informazioni:
2. persistenza degli anticorpi a lungo termine.
Peraltro, premesso che nell’attuale sistema i dispositivi medici diagnostici in vitro (IVD) sono regolamentati a livello comunitario dalla Direttiva Europea 98/79/EC, recepita nell’ordinamento italiano con il Decreto legislativo 8 settembre 2000, n. 332 recante “Attuazione della Direttiva 98/79/CE relativa ai dispositivi medico-diagnostici in vitro”, e che i test in oggetto, non essendo autodiagnostici, non devono essere venduti o messi a disposizione di “profani”, come definiti dall’articolo 1, comma 1, lettera d) del decreto, si ritiene opportuno rappresentare quanto segue.
Secondo l’OMS, sebbene l’impiego di kit diagnostici di più semplice esecuzione sia auspicabile e rappresenti un’esigenza in situazioni di emergenza come quella attuale, gli approcci diagnostici al momento tecnicamente più vantaggiosi e attendibili per una diagnosi d’infezione da SARSCoV-2 rimangono quelli basati sul rilevamento del virus in secrezioni respiratorie attraverso metodi di RT-PCR per amplificazione di geni virali. La diagnosi molecolare per casi di infezione da SARSCoV-2 va eseguita presso i laboratori di riferimento regionali e laboratori aggiuntivi individuati dalle Regioni e dalle Province Autonome.
La stessa OMS evidenzia che, per l’utilizzo dei test sierologici nell'attività diagnostica d’infezione in atto da SARS-CoV-2, sono necessarie ulteriori evidenze sulle loro performance e utilità operativa.
In particolare, i test basati sull’identificazione di anticorpi IgM e IgG specifici per la diagnosi di infezione da SARS-CoV-2, secondo il parere espresso dal Comitato tecnico scientifico istituito presso il Dipartimento di Protezione civile, non possono, allo stato attuale dell’evoluzione tecnologica, sostituire il test molecolare basato sull’identificazione di RNA virale dai tamponi nasofaringei, secondo i protocolli indicati dall’OMS.
Infatti, il risultato qualitativo ottenuto su un singolo campione di siero non è sufficientemente attendibile per una valutazione diagnostica, in quanto la rilevazione della presenza degli anticorpi mediante l’utilizzo di tali test non è, comunque, indicativo di un'infezione acuta in atto e, quindi, della presenza di virus nel paziente e del rischio associato a una sua diffusione nella comunità. Inoltre, per ragioni di possibile cross-reattività con differenti patogeni affini, quali altri coronavirus umani, il rilevamento degli anticorpi potrebbe non essere specifico della infezione da SARS-CoV-2.
Infine, l’assenza di rilevamento di anticorpi (non ancora presenti nel sangue di un individuo per il ritardo che fisiologicamente connota una risposta umorale rispetto al momento dell’infezione virale) non esclude la possibilità di un’infezione in atto in fase precoce o asintomatica e il relativo rischio di contagiosità dell’individuo.
Sempre l’OMS, nella pubblicazione dell’8 aprile 2020, “Advice on the use of point-of-care immunodiagnostic tests for COVID-19 Scientific Brief” raccomanda l’uso dei nuovi test immunodiagnostici point-of-care solo in ambito di ricerca.
Con la successiva pubblicazione del 24 aprile 2020 “Immunity passports”, l’OMS ha evidenziato che tali test possono generare sia falsi positivi sia falsi negativi, con gravi conseguenze che possono influenzare le misure di prevenzione e controllo delle infezioni. Ciò premesso, a normativa europea vigente non possono fornirsi indicazioni cogenti circa i requisiti minimi dei test diagnostici, tenuto conto che la medesima non vincola i produttori che intendono immettere sul mercato un test non classificato come autodiagnostico ad una validazione rilasciata da organismi notificati, essendo sufficiente l’apposizione della marcatura CE sotto la responsabilità del fabbricante.
Appare, tuttavia, opportuno svolgere alcune considerazioni a supporto delle scelte delle Autorità sanitarie sull’utilizzo dei test sierologici, in base alle attuali conoscenze disponibili, ed alle indicazioni fornite dal menzionato Comitato tecnico scientifico, in occasione dell’indizione della procedura ad evidenza pubblica per l’effettuazione di 150.000 test sierologici (bando indetto il 17 aprile 2020 dal Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e il contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID – 19).
Al riguardo, in merito all’affidabilità dei test sierologici si fa presente che la qualità e l’affidabilità di un test dipendono in particolare dalle due caratteristiche di specificità e sensibilità, e pertanto, sebbene non sussistano in relazione ad esse obblighi di legge, è fortemente raccomandato l’utilizzo di test del tipo CLIA e/o ELISA che abbiano una specificità non inferiore al 95% e una sensibilità non inferiore al 90%, al fine di ridurre il numero di risultati falsi positivi e falsi negativi.
Al di sotto di tali soglie, l’affidabilità del risultato ottenuto non è adeguata alle finalità per cui i test vengono eseguiti.
Per quanto riguarda, invece, i test rapidi (test eseguiti su sangue capillare), essendo di natura puramente qualitativa, possono solo indicare la presenza o assenza di anticorpi. Si fa presente che, al meglio delle conoscenze oggi disponibili, non vi sono al momento evidenze prodotte da organismi terzi in relazione alla loro qualità.
Da ultimo, si segnala che l’ECDC nelle varie pubblicazioni riporta che un test anticorpale positivo indica se la persona è stata infettata da SARS-CoV-2 (se IgM positivi: infezione recente; se IgM negativi e IgG positivi: infezione passata), ma non indica necessariamente se gli anticorpi sono neutralizzanti, se una persona è protetta e per quanto tempo, e se la persona è guarita. Si ritiene, pertanto, opportuno, in tali casi, l’esecuzione del test molecolare. Un test anticorpale negativo può avere vari significati: una persona non è stata infettata da SARA-CoV-2, oppure è stata infettata molto recentemente (meno di 8-10 giorni prima) e non ha ancora sviluppato la risposta anticorpale al virus, oppure è stata infettata ma il titolo di anticorpi che ha sviluppato è, al momento dell’esecuzione del test, al di sotto del livello di rilevazione del test.
Tali valutazioni confermano che i test anticorpali non possono essere considerati come strumenti diagnostici sostitutivi del test molecolare.
Le indicazioni dell’ECDC sono coerenti con lo stato dell’arte delle conoscenze disponibili, e sono, pertanto, suscettibili di aggiornamento in base all’evoluzione delle conoscenze e degli avanzamenti tecnologici. Sarà, pertanto, fondamentale mantenere un costante scambio di informazioni su nuove evidenze che emergeranno dall’effettuazione di test da parte delle Regioni e delle Province Autonome in indirizzo.
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Fonte: Ministero della Salute
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