Diritto
1. Il ricorso è infondato.
2. I primi due motivi sono privi di pregio oltre che reiterativi di doglianze a cui la Corte territoriale ha offerto risposte corrette in diritto e non manifestamente illogiche. L'art. 2, comma 1, lett. e), D.Lgs. 81/08 definisce il preposto come la "persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa". In quanto tale, egli assume la qualità di garante dell'obbligo di assicurare la sicurezza del lavoro (Sez. 4, n. 12251 del 19/06/2014, dep. 24/03/2015, De Vecchi e altro, Rv. 263004: "In tema di infortuni sul lavoro, il preposto, titolare di una posizione di garanzia a tutela dell'incolumità dei lavoratori, risponde degli infortuni loro occorsi in violazione degli obblighi derivanti da detta posizione di garanzia purché sia titolare dei poteri necessari per impedire l'evento lesivo in concreto verificatosi"), anche nel senso di impedire prassi lavorative contra legem.
Tanto premesso, la Corte di appello di Torino ha osservato come tutti gli elementi probatori raccolti, compreso quanto emergente dal materiale fotografico in atti, abbiano pienamente confortato le dichiarazioni del lavoratore circa l'incarico ricevuto dall'imputato di effettuare quel lavoro di pulizia e come la prospettazione difensiva per cui il B.B. avrebbe assunto un'iniziativa autonoma in tal senso, sostenuta dall'imputato e molto malamente dal teste E.E., collega dell'infortunato, sia risultata in contrasto con tutto quanto provato in dibattimento, anche sulla scorta di considerazioni logiche da cui agevolmente si è ricavato che nella parte del soffitto, corrispondente alla zona del pavimento ove giaceva l'infortunato dopo la caduta, l'intonaco era scrostato ed ammalorato e la muratura non pulita: circostanza che rendeva del tutto logica che in quel luogo fosse necessaria un'operazione propedeutica di pulizia, niente affatto estranea al tipo di lavorazioni in atto, di cui era stato incaricato il lavoratore.
Indipendentemente dal conferimento dell'incarico da parte dell'imputato, la sentenza impugnata ha ricordato che l'attività svolta dal B.B. era avvenuta "palesemente sotto gli occhi" dell'imputato, il quale era, secondo la testimonianza dello E.E., intento a pulire proprio intorno al punto dove i due operai lavoravano e, quindi, non poteva non avere visto il B.B. salire sulla scala e procedere alle operazioni di pulitura. Lo stesso imputato, peraltro, come ricorda la Corte territoriale, aveva precisato, nel corso dell'esame, di aver sentito un rumore anomalo e, voltandosi, di aver visto il lavoratore a terra, a riprova che le attività di quest'ultimo si stavano svolgendo alla presenza e sotto gli occhi del A.A.
Quanto alle asserite abnormità ed esuberanza della condotta del lavoratore, è noto che i destinatari delle norme antinfortunistiche sono esonerati da responsabilità solo quando il comportamento del dipendente possa qualificarsi come abnorme. La giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente affermato che, in tema di prevenzione antinfortunistica, affinché la condotta del lavoratore possa qualificarsi come abnorme, e come tale idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile quanto piuttosto che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (Sez. 4, n. 7012 del 23/11/2022, dep. 2023, Cimolai, Rv. 284237; Sez. 4, n. 33976 del 17/03/2021, Vigo, Rv. 281748; Sez. 4, n. 16397 del 05/03/2015, Guida, Rv. 263386). In altri termini, per essere ritenuta interruttiva del nesso causale la condotta del lavoratore deve collocarsi in qualche modo al di fuori dell'area di rischio della lavorazione in corso. Nel solco tracciato dai principi appena enunciati, la Corte di appello ha congruamente escluso qualsivoglia abnormità od esorbitanza nella condotta dell'infortunato, che aveva ricevuto l'incarico dall'imputato, il quale era presente nelle immediate vicinanze, impegnato a sovraintendere e monitorare l'operato dei due operai in un cantiere di ridotte dimensioni.
I motivi terzo e quarto in tema di provvisionale sono inammissibili, posto il pacifico principio per cui non è impugnabile con ricorso per cassazione la statuizione pronunciata in sede penale e relativa alla concessione e quantificazione di una provvisionale, trattandosi di decisione di natura discrezionale, meramente delibativa e non necessariamente motivata, per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinata ad essere travolta dall'effettiva liquidazione dell'integrale risarcimento (Sez. 2, n. 44859 del 17/10/2019, Tuccio Gaetano, Rv. 277773 - 02; Sez. 2, n. 43886 del 26/04/2019, Saracino Sara, Rv. 277711).
3. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese di giudizio sostenute nel presente grado di legittimità dalla parte civile B.B. che vanno liquidate in Euro tremila, oltre accessori come per legge.