Diritto
Il ricorso è infondato.
1. Con il primo motivo di ricorso si eccepisce la erronea applicazione della legge penale con riferimento all’art. 16 D.Lgs. n. 81/2008 e art. 43 cod. pen. essendo stata asseritamente del tutto omessa ogni valutazione sul documento prodotto dalla difesa relativo alla delega di funzioni che il datore di lavoro avrebbe conferito al preposto, B.B., dotandolo di autonomia organizzativa e potere di spesa rispetto allo specifico cantiere dove le violazioni sono state accertate. La motivazione sarebbe quindi errata sia perché la delega non è stata ritenuta efficace in violazione dei requisiti, pur sussistenti, espressamente richiesti dalla legge, sia perché comunque su tale documento decisivo prodotto dalla difesa il giudicante ha omesso di confrontarsi compiutamente. Il motivo è infondato.
1.1. Il Tribunale ha desunto dal piano operativo di sicurezza allegato all'udienza del 20 ottobre 2022, l'individuazione di A.A., amministratrice unica della società, quale responsabile del servizio di prevenzione e protezione, e il dipendente B.B. quale addetto alla lotta antincendio e gestione del Pronto soccorso (presente sul cantiere al momento del controllo), pur se dai testi della difesa indicato quale 'preposto' al cantiere. Ha, altresì, ritenuto la delega di funzioni ostesa dalla difesa priva dei requisiti necessari ad escludere la responsabilità dell'imputata, e ciò in quanto priva della delega del potere decisionale, come, peraltro, testualmente risultante dalla comunicazione inviata al dipendente B.B. da cui il riferimento al responsabile aziendale A.A. Ha rammentato, inoltre, che per giurisprudenza costante, l'esistenza su un cantiere di un preposto, in difetto di una delega espressamente e formalmente conferitagli, con pienezza di poteri ed autonomia decisionale, e di una sua particolare competenza, non comporta il trasferimento in capo allo stesso degli obblighi e delle responsabilità incombenti sul datore di lavoro, essendo a suo carico, peraltro neppure in maniera esclusiva, solo il dovere di vigilare a che il lavoratori osservino le misure e usino i dispositivi di sicurezza e gli altri mezzi di protezione, comportandosi in modo da non creare pericolo per sé e per gli altri (Sez. 4, n. 24055 del 01/04/2004, Rv 228587).
1.2. Osserva il Collegio che l'imputazione attiene a violazione di obblighi del datore di lavoro. Se è vero che si tratta di obblighi delegabili rispetto ad uno specifico cantiere o unità produttiva a un preposto, occorre però che in base alla articolazione aziendale tale delega assuma i crismi della necessità e si fondi sulle esigenze organizzative dell'impresa per cui il datore di lavoro non può prendersi in carico tutte le realtà aziendali, operanti magari a distanza di luogo e contemporaneamente. Le condizioni perché una delega di funzioni sia efficace oltre ad afferire al conferimento di poteri effettivi di autonomia gestionale e di potere di spesa presuppongono che il datore di lavoro non si sia intromesso, o non abbia assunto specifici obblighi di vigilanza proprio sull'operato del delegato e sulle violazioni che risultano oggetto di rimprovero.
1.4 Sul punto la doglianza si limita a rilevare che era presente un preposto correttamente delegato, e si invoca quindi il principio di diritto per cui sia formalmente che in concreto le contravvenzioni contestate non erano rimproverabili al datore di lavoro.
1.5 La doglianza, tuttavia, non si confronta con un preciso passaggio motivazionale (cfr. pag. 6 della sentenza) in cui si dà conto di un dato di fatto non controverso che di per sé solo è idoneo a rendere nel caso di specie inefficace la delega conferita.
Ci si riferisce alla circostanza evidenziata in motivazione che il datore di lavoro, rispetto al cantiere di che trattasi, aveva assunto su di sé lo specifico incarico di responsabile del servizio di prevenzione e protezione, ossia uno specifico incarico di vigilanza, in concreto, sulla corretta attuazione delle misure infortunistiche, che quindi non consente di valorizzare quanto disposto e contenuto nella delega, e ciò in virtù non solo del principio generale, anche sancito dalla norma (art. 16 c. 3 D.Lgs. n. 81/2008) per cui il datore di lavoro mantiene sempre un dovere di vigilanza, ma anche dell'insegnamento di questa Corte di legittimità per cui il datore di lavoro può invocare la causa di esclusione della punibilità in forza di delega efficace ove trattasi di azioni o omissioni avvenute sul luogo di lavoro per le quali non poteva esercitare un capillare e quotidiano controllo. Quando invece la documentazione organizzativa del cantiere dimostra, al contrario, come nella specie, che questo quotidiano e capillare controllo il datore di lavoro aveva assunto su di sé come obbligo specifico, mantenendo il ruolo di responsabile del servizio di prevenzione e protezione del cantiere, allora la delega invocata non rileva.
1.6 Nel caso di specie quindi la organizzazione aziendale, articolata in una distribuzione di responsabilità in parte delegate, vedeva lo stesso datore di lavoro coinvolto e doverosamente investito della conoscenza dello stato del cantiere anche nei suoi dettagli (in termini Sez. 4, n. 51455 del 05/10/2023 Ud. (dep. 28/12/2023) Rv. 285535 - 01: "In tema di sicurezza sul lavoro, la delega di funzioni, disciplinata dall'art. 16 D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, non esclude l'obbligo di vigilanza del datore di lavoro sul corretto espletamento delle funzioni trasferite, ma, afferendo alla correttezza della complessiva gestione del rischio da parte del delegato, non può avere ad oggetto il controllo, momento per momento, delle modalità di svolgimento delle singole lavorazioni".
1.7 - Ne segue che risulta corretta ed esente da vizi logici la conclusione a cui giunge la sentenza impugnata in ordine al fatto che il destinatario delle norme di cautela antinfortunistica contestate doveva essere il datore di lavoro, essendo del tutto irrilevante e ininfluente l'esistenza di un preposto di cantiere delegato, avendo mantenuto il datore di lavoro un ruolo di vigilanza attiva su ogni aspetto riguardante la prevenzione infortuni, anche sulla scorta delle stesse argomentazioni difensive svolte nel ricorso che dà atto dell'incarico di responsabile della prevenzione in capo al datore di lavoro.
2 - Col secondo e terzo motivo vengono svolte doglianze in ordine alla erronea applicazione della legge penale, al travisamento della prova, alla motivazione manifestamente illogica e contraddittoria rispetto alla ricostruzione dei profili della condotta anti doverosa che si assume violata, contestando che la predisposizione delle opere provvisionali realizzate fosse contraria a norme di cautela.
2.1. I motivi sono inammissibili perché declinati in fatto, e prospettanti una diversa più favorevole lettura delle emergenze probatorie, che in questa sede non può trovare ingresso.
2.2. Si rileva che le censure mosse al provvedimento impugnato prospettano una ricostruzione del fatto alternativa a quella del Tribunale senza svolgere specifici rilievi critici a quanto invece argomentato nella motivazione del provvedimento impugnato: con particolare riferimento al capo a) ossia alla mancata assicurazione del parapetto di gronda e al suo allestimento a regola d'arte in conformità al libretto di istruzioni, limitandosi genericamente a richiamare una circolare ministeriale e a contestare la natura qualificata del testimone del servizio di prevenzione che ha riferito del suo accertamento; con riferimento al capo b) limitandosi a contestare che la documentazione fotografica rappresentasse quanto desunto in motivazione dal giudice, ma non cogliendo in termini di sviluppo critico il punto della sua decisione sul punto, ovverosia che risultava la prova della assenza di un adeguato sistema di ancoraggio del ponte su ruote su cui operavano diversi lavoratori.
3. Con il quarto motivo di ricorso si deduce erronea applicazione della legge penale (163 cod. pen.) e omessa motivazione in punto di concessione della sospensione condizionale non richiesta dall'imputato.
3.1. Il ricorso sul punto è infondato.
3.2. Non vi è dubbio che nell'ambito del potere discrezionale riconosciutogli dall'art. 163 cod. pen., il giudice può concedere anche d'ufficio il beneficio della sospensione condizionale della pena dell'ammenda, facendo prevalere su un contrario interesse dell'imputato l'utilità che discende dalla funzione rieducativa insita nel beneficio in questione.
3.3. Di tale prevalente utilità il giudice è però tenuto a fornire concreta dimostrazione (Sez. 1 n. 357 del 11/12/1998, Di Paolo, Rv. 212300; Sez. 1, n. 45484 del 11/11/2004, Di Ricco, Rv. 229815; Sez. 1, n. 44602 del 11/11/2008, Stefanelli, Rv. 241912; Sez. 3, n. 11091 del 27/01/2010, Di Rosa, Rv. 246440; Sez. 5, n. 1136 del 05/04/2013, Held, Rv. 258822), fermo restando che è ammissibile l'impugnazione proposta dall'imputato avverso una sentenza di condanna che sia stata condizionalmente sospesa senza sua richiesta, qualora l'impugnazione concerna interessi giuridicamente apprezzabili, poiché correlati alla funzione stessa· della sospensione condizionale, consistente nella "individualizzazione" della pena e nella sua finalizzazione alla reintegrazione sociale del condannato, e non si risolva nella prospettazione di motivi di mera opportunità, come quello di riservare il beneficio per eventuali condanne a pene più gravi. Il principio è stato affermato in relazione a fattispecie relativa alla applicazione "ex officio" del beneficio della sospensione condizionale della pena per condanna alla sola ammenda, in cui la Corte ha escluso la sussistenza di un interesse a ricorrere dell'imputato, in quanto l'estinzione dopo un biennio della pena pecuniaria sospesa ex art. 163 cod. pen. determina una situazione a lui più favorevole di quella che consegue all'eliminazione della iscrizione della condanna decorso un decennio dal pagamento.
3.4. Nel caso in esame, l'interesse prospettato dalla ricorrente è meramente utilitaristico, volto a 'conservare' la possibilità di fruire del beneficio, dunque il motivo, ancorato a ragioni meramente utilitaristiche, è inammissibile.
4. Il ricorso è dunque, nel suo complesso, infondato.
Ne consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.