Considerato in diritto
1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
2. Il primo motivo è manifestamente infondato.
3. La doglianza si concentra sull'assenza della norma impositiva della cautela indicata dai giudici di merito quale presidio del rischio realizzatosi. Nessuna disposizione, infatti, secondo la ricorrente, prevede l'utilizzo di funi, cinghie, aste o uncini nella movimentazione dei carichi, sicché non potrebbe dirsi violato il disposto dell'art. 71, comma 3 d.lgs. 81/2008, non avendo il datore di lavoro omesso di ottemperare a prescrizioni inerenti alla specifica lavorazione, non contenute neppure nell'Allegato VI. Al contrario, secondo il datore di lavoro, il P.O.S. individuava, già all'epoca dell'infortunio, i rischi da 'schiacciamento delle persone presenti nella zona di evoluzione della macchina', che, nondimeno, dovevano essere diversamente contenuti dai medesimi lavoratori, in relazione delle concrete condizioni di operatività.
4. Ora, l'art. 71, comma 3 d.lgs 81/2008 definisce il generale obbligo del datore di lavoro di 'ridurre al minimo i rischi connessi all'uso delle attrezzature di lavoro' e di 'impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte', adottando tutte le misure tecniche ed organizzative idonee a scongiurare i rischi derivanti dalle lavorazioni. Siffatto generale obbligo di "ridurre al minimo" il rischio di infortuni impone al datore di lavoro non solo di dotarsi degli specifici presidi previsti dalle disposizioni (fra cui quelle dell'Allegato VI), ma di tutti i dispositivi di sicurezza delle attrezzature, secondo quanto stabilito dal medesimo art. 71 al comma 4, lett. a) n.l), assicurando, inoltre, che "il posto di lavoro e la posizione dei lavoratori durante l'uso delle attrezzature presentino requisiti di sicurezza e rispondano ai principi dell'ergonomia", come prescritto del sesto comma della norma.
3.1. Va chiarito che quanto previsto dall'art. 2 del d.lgs. 359/1999, con cui si modificava l'art. 35 del d.lgs. 626/1994, è stato trasfuso, a seguito dell'abrogazione di siffatto ultimo provvedimento legislativo ai sensi dell'art. 304, comma 1 lett. a) del d.lgs. 81/2008, nelle disposizioni contenute nel punto 3 e sue articolazioni dell'Allegato VI, del T. U. sulla sicurezza sul lavoro. Ivi, fra le 'disposizioni concernenti l'uso delle attrezzature di lavoro che servono a sollevare e movimentare carichi' si prevede al punto 3.2.4. che "I lavori devono essere organizzati in modo tale che, quando un lavoratore aggancia o sgancia manualmente un carico, tali operazioni possano svolgersi con la massima sicurezza e, in particolare, che il lavoratore ne conservi il controllo diretto o indiretto".
3.2. Dunque, sebbene non vi sia un divieto di intervenire manualmente sui carichi, è comunque previsto che le manovre, debbano garantire la salvaguardia del lavoratore, in modo tale da non consentire la perdita -da parte di chi opera- dei pieno governo del carico.
Siffatta garanzia può essere assicurata con modalità diverse a mezzo di procedure o di strumenti, non essendo stabilita una cautela predeterminata, e tuttavia, laddove vi siano istruzioni sull'uso di un macchinario contenute nel suo manuale di utilizzo, le medesime non possono essere tout court ignorate dal datore di lavoro, né la loro applicazione può essere semplicemente rimessa alla valutazione del lavoratore che provvede alla manovra. Pur potendo (e talora dovendo cfr. Sez. 4, n. 5441 del 11/01/2019 - dep. 04/02/2019, Lanfranchi Lanfranco, Rv. 27502001) la sicurezza di un macchinario o di una procedura di utilizzo, come descritta nelle informazioni del costruttore-venditore, essere potenziata con ulteriori sistemi, dispositivi o procedimenti compatibili con la corretta funzionalità dell'apparecchiatura, che garantiscano un incremento delle cautele, il datore di lavoro, nondimeno, non può certo trascurare le prescrizioni del manuale di funzionamento, su cui deve informare i lavoratori che operano sul macchinario, istruendoli sulle modalità del suo utilizzo.
3.3. A questo proposito la sentenza di prima cura, chiarisce che il libretto di istruzioni della gru, con la quale si provvedeva alla movimentazione dei pancali, alla lett. J) prevede che il carico sollevato debba essere guidato a distanza tramite funi, evitando di farlo oscillare, mentre la Corte territoriale ricorda che pochi mesi prima dell'infortunio il datore di lavoro era stato reso edotto della necessità di provvedere alla 'guida a distanza' dei carichi in movimento, essendo stato destinatario di prescrizioni INAIL, nel gennaio 2012, informazioni non portate a conoscenza della persona offesa, destinataria unicamente di formazione in ordine ai rischi di caduta dall'alto.
3.4. Ciò significa che, diversamente da quanto ritenuto dalla ricorrente, non solo è identificabile la condotta doverosa relativamente alle operazioni di carico e scarico con la gru mobile utilizzata, ma l'evento poteva essere preveduto ed evitato dal datore di lavoro, peraltro specificamente informato del pericolo, rispetto al quale, tuttavia, secondo i giudici del merito, non ha predisposto alcuna misura, neppure provvedendo a informare e formare i lavoratori operanti su quanto prescritto dall'INAIL.
4. Ebbene, quanto sin qui detto rende chiaro che anche laddove si volesse ritenere che il P.O.S. redatto dal datore di lavoro indicava il rischio specifico da schiacciamento per oscillazione (le sentenze lo escludono, nonostante riportino la previsione del P.O.S. relativa al pericolo di schiacciamento delle persone presenti nella zona di evoluzione della macchina) vi è che nulla è stato predisposto per evitarlo, tanto che la stessa ricorrente si limita ad affermare di avere stabilito che fossero i lavoratori addetti a dover individuare la modalità più corretta di elisione del rischio, a seconda dei casi. Dunque, anche questo profilo di censura deve essere respinto.
5. Parimenti manifestamente infondato è il secondo motivo di ricorso.
5. La doglianza con cui si sostiene l'insussistenza del nesso di causalità fra la condotta omissiva contestata e l'evento, si basa sull'assunto secondo il quale lo schiacciamento si sarebbe prodotto nella fase di rilascio a terra del carico e non in quella di traslazione, per la quale sarebbe previsto l'utilizzo di uno strumento di guida a distanza (fune, uncino ecc.), con la conseguenza dell'indifferenza dell'eventuale violazione cautelare sul prodursi dell'evento lesivo.
6.1. Si tratta di osservazioni che si reggono su una parcellizzazione del movimento di traslazione, priva di fondamento, posto l'operazione di trasferimento del carico è unitaria e che l'eventuale oscillazione del grave non può che essere esclusa solo quando il medesimo si trovi a terra, cioè quando sia in equilibrio stabile.
6.2. Dunque, essendo le regole stabilite per la movimentazione tramite la gru destinate a ridurre i pericoli derivanti dall'oscillazione del carico non può che affermarsi la correttezza del ragionamento in ordine alla causalità della colpa consistita nella mancata adozione di siffatte precauzioni, essendosi l'evento prodotto proprio per la loro inosservanza. Il doveroso giudizio controfattuale è stato correttamente svolto dal giudice di prima cura che ha precisato come l'adozione della cautela omessa, consistente nell'utilizzo di uno strumento che consentisse di mantenere il carico lontano dal corpo dell'operatore, avrebbe impedito lo schiacciamento, verificatosi a causa dell'utilizzo da parte del lavoratore delle mani al fine di stabilizzare il carico oscillante in discesa.
7. D'altro canto, il motivo qui proposto ,con cui ci si duole della carenza di motivazione da parte della Corte territoriale sul punto, non appare formulato in questi termini nell'atto appello, per come riportato dalla sentenza impugnata, il che impedisce di valutare, in assenza dell'allegazione del gravame, la coerenza della catena devolutiva.
8. All'inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro duemila in favore della cassa delle ammende.