Considerato in diritto
1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
2. Per quanto riguarda il primo motivo, la non corrispondenza del capo di imputazione di cui al decreto di citazione con quello riportato nella sentenza di primo grado, per essere il primo privo del riferimento alla violazione dell'art. 18, comma 1, d.lgs. 81/2008, presente, invece, nel secondo, come correttamente rilevato dal Procuratore Generale, è chiaramente frutto di un mero errore materiale. Dall'esame degli atti, consentito a questa Corte attesa la natura processuale della censura, è, infatti, possibile rilevare che il capo di imputazione, in origine era correttamente e interamente riportato nella richiesta e nel decreto penale di condanna, sicchè, essendo la contestazione completa già nota all'imputato fin dall'inizio del procedimento, deve escludersi la violazione delle prerogative difensive dell'imputato essendo egli stato posto nella condizione di contraddire e di difendersi.
3. Per quanto concerne, poi, l'asserito comportamento abnorme del lavoratore e la dedotta idoneità dello stesso ad interrompere il nesso di causalità tra la condotta contestata e l'evento, giova rammentare che le norme dettate in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro perseguono il fine di tutelare il lavoratore persino in ordine ad incidenti derivati da sua negligenza, imprudenza od imperizia, sicché la condotta imprudente dell'infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l'evento quando sia comunque riconducibile all'area di rischio inerente all'attività svolta dal lavoratore ed all'omissione di doverose misure antinfortunistiche da parte del datore di lavoro. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità deve considerarsi interruttiva del nesso di condizionamento la sola condotta del lavoratore che si collochi al di fuori dell'area di rischio definita dalla lavorazione in corso trattandosi in tal caso di un comportamento del tutto eccentrico ed esorbitante rispetto al rischio lavorativo che il garante é chiamato a governare (ex multis, Sez. 4, n. 5794 del 26/01/2021, Chierichetti, Rv. 280914; Sez. 4, n. 33976 del 17/03/2021, Vigo, Rv. 281748 - 01; Sez. 4, n. 5007 del 28/11/2018 (dep. 01/02/2019), Musso, Rv. 275017 - 01). Inoltre, anche recentemente questa Corte ha ribadito che, in tema di infortuni sul lavoro, perché possa ritenersi che il comportamento negligente, imprudente e imperito del lavoratore, pur tenuto in esplicazione delle mansioni allo stesso affidate, costituisca concretizzazione di un "rischio eccentrico", con esclusione della responsabilità del garante, è necessario che questi abbia posto in essere anche le cautele che sono finalizzate proprio alla disciplina e governo del rischio di comportamento imprudente, così che, solo in questo caso, l'evento verificatosi potrà essere ricondotto alla negligenza del lavoratore, piuttosto che al comportamento del garante (Sez. 4, n. 27871 del 20/03/2019, Simeone, Rv. 276242). Nel caso che occupa, i giudici di merito hanno correttamente evidenziato che il fatto che l'infortunato avesse indossato i guanti è un particolare irrilevante nell'eziologia dell'evento, essendosi senza dubbio accertato che il trascinamento della mano è avvenuto in ragione dello sfilacciamento della tela-smeriglio, che rimaneva conseguentemente impigliata nel giro del tornio, seppur in fase di spegnimento, sicchè nessuna rilevanza causale hanno avuto i guanti indossati dall'operaio. La Corte ha, inoltre, evidenziato che il pericolo poteva essere rimosso tramite l'adozione di adeguati strumenti di sicurezza, sicchè non può configurarsi un comportamento abnorme del lavoratore, posto in essere nelle sue ordinarie mansioni, laddove tale comportamento sia collegato proprio all'assenza o insufficienza di adeguate cautele che, se adottate, avrebbero potuto evitarlo. Conclusivamente, non vi è dubbio circa la sussistenza del nesso causale tra la condotta colposa dell'imputato e l'evento lesivo e circa la evitabilità dell'evento ove il lavoratore fosse stato munito di adeguati strumenti di protezione.
4. Anche la doglianza con la quale si eccepisce che la Corte di appello avrebbe omesso di pronunciarsi sul motivo di impugnazione con cui si era contestata la asserita, ma non provata, violazione delle disposizioni in materia di informazione e formazione è infondato evidenziandosi nella sentenza impugnata che, come ribadito dal teste esperto della Asl, non erano stati fatti corsi specifici per quel determinato utilizzo del tornio che comunque era una operazione altamente rischiosa in quanto svolta con una tela smerigliata del tutto inidonea in quanto priva del porta-tela e addirittura sfilacciata.
5. Per quanto riguarda, infine, il motivo volto a contestare l'omessa concessione del beneficio della non menzione della condanna occorre rilevare che tale beneficio è fondato sul principio dell'emenda e tende a favorire il processo di recupero morale e sociale, e la sua concessione è rimessa all'apprezzamento discrezionale del giudice di merito, che ha l'obbligo di indicare le ragioni della mancata concessione sulla base degli elementi di cui all'art. 133 cod. pen. (Sez. 4, n. 34380 del 14/07/2011, Allegra, Rv. 251509), con la conseguenza che ogni valutazione in ordine alla concessione dello stesso, richiedendo l'uso di poteri discrezionali, non è consentita nel giudizio di legittimità. Avendo la Corte d'appello motivato la mancata concessione della non menzione della condanna sul presupposto della sussistenza di una·precedente condanna per delitto, seppure risalente nel tempo, la doglianza deve ritenersi infondata.
6. Per quanto esposto il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.