Considerato in diritto
1. I ricorsi presentati nell'interesse del C.D. e del L.P., presentando evidenti profili di affinità e in buona parte di sovrapponibilità, possono essere congiuntamente trattati, con particolare riguardo ai due primi motivi dei due ricorsi, fra loro strettamente collegati.
Si tratta, infatti, di motivi fondati e assorbenti.
E', pervero, pacifico che l'elezione di domicilio ex art. 161 cod. proc. pen., perdura fino a quando non viene espressamente e ritualmente revocata (ex multis vds. Sez. 5, Sentenza n. 55242 del 15/10/2018, T., Rv. 274169); né può affermarsi che essa sia invalidata da vicende come il collocamento in quiescenza - indipendentemente dal fatto che esso sia o non sia portato a conoscenza dell'autorità giudiziaria procedente - o come la concomitante prestazione di attività lavorativa in regime di smart working, trattandosi di vicende che nulla hanno a che vedere con l'indicazione, da parte del destinatario, del luogo ove egli chiede che le notifiche relative al procedimento vengano eseguite. Pertanto é corretto quanto affermato dalla Corte di merito in ordine alla mancanza di giustificazioni nel rifiuto della notifica da parte dell'addetto alla ricezione degli atti. Tuttavia, diversamente da quanto argomentato nella sentenza impugnata (pag. 3), dalla consultazione degli atti del fascicolo non risulta che la notificazione sia avvenuta ex art. 161, comma 4, cod. proc. pen., presso lo studio del difensore, contrariamente a quanto previsto nei casi in cui, come nella specie, la notifica presso il domicilio dichiarato o eletto si sia dimostrata impossibile o inidonea.
Tanto premesso, risulta pure in atti che, con memorie scritte, i difensori del C.D. e del L.P. avevano eccepito in appello - sia pure in termini generali - il vizio di notifica del decreto di citazione in appello dei due predetti imputati.
Ne consegue che la fondatezza dei motivi in rito articolati nei loro ricorsi, che assorbe le successive questioni di merito, impone l'annullamento della sentenza impugnata relativamente alle posizioni del C.D. e del L.P., con rinvio ad altra Sezione della Corte d'appello di Roma, per nuovo giudizio.
2. Venendo al ricorso del R.M., il primo motivo é infondato.
Risulta dagli atti disponibili che, a differenza di quanto avvenuto in primo grado - allorquando le notificazioni erano state ritualmente eseguite presso il domicilio eletto -, il decreto di citazione a giudizio d'appello é stato effettivamente notificato a un indirizzo diverso da quello elettivo (che l'imputato aveva indicato in Sermoneta, _____________, sede della M. S.r.l.), ossia quello di Via ______________; e che, diversamente da quanto affermato in sentenza, l'atto risulta ricevuto non già personalmente dal M., ma dalla madre R..
Orbene, la sig.ra R., secondo quanto risulta dalla relata sottoscritta dall'Ufficiale Giudiziario, risulta essere "capace e convivente" con l'imputato e "si incarica della consegna in sua precaria assenza".
La giurisprudenza formatasi al riguardo (vds. Sez. U, Sentenza n. 119 del 27/10/2004, dep. 2005, Palumbo, Rv. 229540; Sez. U, Sentenza n. 7697 del 24/11/2016, dep. 2017, Amato, Rv. 269028; Sez. 5, Sentenza n. 39939 del 01/07/2008, Bianchi, Rv. 241728) depone per la nullità assoluta e insanabile della notifica effettuata a indirizzo diverso rispetto a quello del destinatario - ossia, nella specie, a indirizzo diverso da quello del domicilio eletto - e a mani di persona diversa dal destinatario stesso ma che non risulti con lui convivente, in mancanza di qualsiasi dato processuale da cui desumere l'effettiva conoscenza dell'atto da parte del medesimo.
Laddove, invece, la consegna venga effettuata presso il domicilio reale a mani di persona convivente, anziché presso il domicilio eletto, ciò non integra necessariamente una ipotesi di "omissione" della notificazione ex art. 179 cod. proc. pen., ma dà luogo, di regola, ad una nullità di ordine generale a norma dell'art. 178 lett. c) cod. proc. pen., soggetta alla sanatoria speciale di cui all'art. 184 comma primo, alle sanatorie generali di cui all'art. 183 e alle regole di deducibilità di cui all'art. 182, oltre che ai termini di rilevabilità di cui all'art. 180 stesso codice, sempre che non appaia in astratto o risulti in concreto inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell'atto da parte del destinatario (Sez. U, Sentenza n. 119 del 27/10/2004, dep. 2005, Palumbo, Rv. 229540, cit.).
Nel caso di specie, non risulta che la difesa del R.M. abbia sollevato questione alcuna in sede d'appello a proposito dell'irregolarità della notificazione; la quale, pertanto, deve ritenersi sanata.
2. Il secondo e il terzo motivo di ricorso sono manifestamente infondati. Quanto al secondo, non viene in alcun modo indicato a quali diritti e a quali facoltà faccia riferimento il ricorrente in ordine al contenuto del decreto di citazione in appello e all'avviso di partecipazione per lo svolgimento del giudizio in udienza pubblica: alcuna indicazione proviene al riguardo dall'art. 23-bis del testo coordinato del D.L. n. 137/2020, convertito dalla legge 176/2020; né tanto meno la norma prevede alcuna sanzione processuale al riguardo. Quanto al terzo motivo, l'indirizzo più recente e qui condiviso della giurisprudenza di legittimità é nel senso che l'erronea declaratoria dell'assenza in luogo della contumacia, nel caso in cui sia ancora applicabile la relativa disciplina ai sensi dell'art. 15-bis, comma 2, della legge 28 aprile 2014, n. 67 (introdotto dalla legge 11 agosto 2014, n. 118) non dà luogo a nullità, in quanto detta sanzione processuale non é espressamente prevista, né desumibile da alcuna delle previsioni di cui all'art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. (Sez. 6, Sentenza n. 33575 del 16/06/2021, Atija, Rv. 282106).
3. Il quarto motivo in rito é a sua volta infondato.
La doglianza si riferisce infatti all'omessa notifica dell'estratto contumaciale della sentenza pronunciata in grado d'appello; e, a tale riguardo, é sufficiente richiamare l'indirizzo giurisprudenziale, qui condiviso, secondo il quale l'omessa notifica all'imputato dell'estratto contumaciale della sentenza di appello non produce effetti sul ricorso per cassazione ritualmente proposto dal suo difensore di fiducia, dovendosi presumere che, in forza del rapporto tra patrocinatore e patrocinato, la sentenza impugnata sia stata dal primo portata a conoscenza di quest'ultimo e che l'esercizio del potere d'impugnazione sia stato tra i medesimi condiviso. (Sez. 1, Sentenza n. 22337 del 23/03/2021, Di Giovanni, Rv. 281391: in motivazione al Corte ha aggiunto che detta omessa notifica potrebbe assumere residuale rilievo - esclusivamente in funzione della restituzione degli atti al giudice d'appello affinché provveda all'adempimento, a salvaguardia dei diritti dell'imputato - soltanto qualora il difensore impugnante fosse privo di investitura fiduciaria, in qualunque tempo conferita).
4. Ne deriva che é infondato anche il quinto motivo, in quanto logicamente dipendente dall'esito delle eccezioni proposte con i motivi che lo precedono.
5. Quanto al sesto motivo, non può parlarsi né di interruzione del nesso causale, né di concorso di colpa, quanto alla posizione del DL.A.: premesso che, in base a quanto emerso in atti, nel POS redatto dalla ditta M. era stata trascurata la previsione della figura del "moviere" - per tale non potendosi intendere il C.C., adibito a tutt'altre mansioni (pag. 7 sentenza impugnata) -, la Corte di merito ha ampiamente chiarito che la postazione alla guida dell'escavatore impediva al DL.A. un'adeguata visuale a 360 gradi; per tale ragione egli non si era accorto - né poteva accorgersi - della presenza del L.M.. Quanto a quest'ultimo, il comportamento, certamente imprudente, di quest'ultimo é stato comunque valorizzato nella sentenza impugnata; ma non può invece in alcun modo affermarsi che esso abbia avuto portata interruttiva del nesso causale, non potendosi parlare di abnormità o di eccentricità del comportamento dello stesso, proprio perché é la stessa normativa relativa ai cantieri a prevedere, espressamente, rischi del tipo di quello concretizzatosi: é appena il caso di ricordare che la carenza - accertata dall'ispettrice S.M. dell'ASL - delle misure inserite nei piani di sicurezza - e di cui era necessaria l'attuazione - e finalizzate a regolamentare la viabilità principale di cantiere (par. 2.2.2 lett. C) e a fronteggiare il rischio di investimento dei veicoli circolanti nell'area di cantiere (par.2.2.3. lett. A), ha avuto rilevanza causale sull'evento letale.
6. Quanto al settimo motivo, a sua volta infondato, é agevole opporre che alcun elemento può qualificare la posizione del C.C. e del RU. come portatori di una posizione di garanzia e, come tali, soggetti a un obbligo giuridico di impedire l'evento: secondo quanto emerso nel giudizio di merito, e come osservato dalla Corte capitolina, il C.C. non rivestiva neppure la qualifica di moviere, né altra mansione qualificante risultava assegnata al RU.
7. Quanto all'ottavo e al nono motivo, relativi al regime circostanziale e articolati in termini non proponibili in sede di legittimità, al trattamento sanzionatorio e al mancato riconoscimento della non menzione, si rammenta che sono demandate alla valutazione discrezionale propria del giudice di merito le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze (Sez. U, Sentenza n. 10713 del 25/02/2010, Contaldo, Rv. 245931; Sez. 2, Sentenza n. 31543 del 08/06/2017, Pennelli, Rv. 270450); che non é necessaria una specifica e dettagliata motivazione del giudice nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale che deve essere calcolata non dimezzando il massimo edittale previsto per il reato, ma dividendo per due il numero di mesi o anni che separano il minimo dal massimo edittale ed aggiungendo il risultato così ottenuto al minimo. (Sez. 3, Sentenza n. 29968 del 22/02/2019, Del Papa, Rv. 276288); e che la non menzione risulta congruamente motivata (come si legge nell'impugnata sentenza) dalla grave leggerezza che ha caratterizzato la condotta omissiva dell'imputato nel redigere il POS e nell'omettere di prevedere un rischio specificamente indicato dalla normativa prevenzionistica per i cantieri mobili, compresi quelli stradali.
8. Il decimo motivo risulta sostanzialmente ripropositivo di analogo motivo rassegnato in appello, in ordine al quale la Corte di merito ha fornito adeguata risposta e, pertanto, risulta inammissibile (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710); del resto si rammenta che, in tema di correlazione tra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un'incertezza sull'oggetto dell'imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l'indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione é del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l"'iter" del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione (Sez. U, Sentenza n. 36551 del 15/07/2010, Carelli, Rv. 248051).
9. Quanto all'undicesimo motivo, in cui si ripropone la tesi della qualifica di "moviere" che il ricorrente attribuisce al C. (questione rispetto alla quale la Corte di merito ha argomentato in modo puntuale l'opposta tesi), si tratta di motivo inammissibile, oltreché sostanzialmente volto a sottoporre alla Corte di merito una rivalutazione del materiale probatorio, ciò che non é consentito in questa sede (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794; si vedano anche in terminis Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260, e Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003 -, Petrella, Rv. 226074; più di recente Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507).
10. Per analoghe ragioni é inammissibile, perché volto indebitamente a sollecitare in sede di legittimità una diversa valutazione delle prove, anche il dodicesimo motivo di ricorso, essendo stati chiariti ampiamente i motivi per i quali il POS redatto dalla ditta M. é risultato lacunoso proprio nella valutazione del rischio concretizzatosi nel caso di specie.
11. Il tredicesimo motivo é a sua volta inammissibile, perché affronta anch'esso, sotto il profilo del vizio di motivazione, una questione già adeguatamente sviluppata dalla Corte di merito, con argomenti affatto logici e certamente non affetti da manifesta infondatezza; la questione del resto neppure sarebbe proponibile come mancata assunzione di una prova decisiva, atteso che, come affermato dalle Sezioni Unite, la mancata effettuazione di un accertamento peritale non può costituire motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell'art.606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., in quanto la perizia non può farsi rientrare nel concetto di prova decisiva, trattandosi di un mezzo di prova "neutro", sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla discrezionalità del giudice, laddove l'articolo citato, attraverso il richiamo all'art. 495, comma 2, cod.proc.pen., si riferisce esclusivamente alle prove a discarico che abbiano carattere di decisività (Sez. U, Sentenza n. 39746 del 23/03/2017, A. e altro, Rv. 270936).
12. Il quattordicesimo motivo, che richiama quelli proposti dai coimputati (con evidente riferimento ai motivi di merito, non essendo trasponibili le questioni in rito dagli stessi proposte - e ritenute fondate - alla posizione del R.M.), ne segue la sorte e va quindi dichiarato infondato.
13. Al rigetto del ricorso del R.M. segue la condanna del medesimo al pagamento delle spese processuali. Dell'annullamento con rinvio della sentenza impugnata quanto alle posizioni di C.D. e di L.P. si é già detto supra.