Considerato in diritto
1. I ricorsi sono inammissibili, poiché i motivi proposti sono o non consentiti, in quanto si concretano in avversative prospettazioni in fatto, o manifestamente infondati. Ai fini della migliore economicità della presente motivazione è opportuno trattare i diversi rilievi in modo unitario.
1.1. In primo luogo va rammentato che compito di questa Corte non è quello di ripetere l'esperienza conoscitiva del Giudice di merito, bensì quello di verificare se il ricorrente sia riuscito a dimostrare, in questa sede di legittimità, l'incompiutezza strutturale della motivazione della Corte di merito;
incompiutezza che derivi dalla presenza di argomenti viziati da evidenti errori di applicazione delle regole della logica, o fondati su dati contrastanti con il senso della realtà degli appartenenti alla collettività, o connotati da vistose e insormontabili incongruenze tra loro ovvero dal non aver il decidente tenuto presente fatti decisivi, di rilievo dirompente dell'equilibrio della decisione impugnata, oppure dall'aver assunto dati inconciliabili con "atti del processo", specificamente indicati dal ricorrente e che siano dotati autonomamente di forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione disarticoli l'intero ragionamento svolto, determinando al suo interno radicali incompatibilità cosi da vanificare o da rendere manifestamente incongrua la motivazione (Cass. Sez. 2, n. 13994 del 23/03/2006, P.M. in proc. Napoli, Rv. 233460; Cass. Sez. 1, n. 20370 del 20/04/2006, Simonetti ed altri, Rv. 233778; Cass. Sez. 2, n. 19584 del 05/05/2006, Capri ed altri, Rv. 233775; Cass. Sez. 6, n. 38698 del 26/09/2006, imp. Moschetti ed altri, Rv. 234989).
Pertanto, il ricorso per cassazione è ammesso per vizi della motivazione riconducibili solo, e tassativamente, alla motivazione totalmente mancante o apparente, manifestamente illogica o contraddittoria intrinsecamente o rispetto ad atti processuali specificamente indicati, nei casi in cui il giudice abbia affermato esistente una prova in realtà mancante o, specularmente, ignorato una prova esistente, nell'uno e nell'altro caso quando tali prove siano in sé determinanti per condurre a decisione diversa da quella adottata. Il giudice di legittimità non può conoscere del contenuto degli atti processuali per verificarne l'adeguatezza dell'apprezzamento probatorio, perché ciò è estraneo alla sua cognizione: sono pertanto irrilevanti, perché non possono essere oggetto di alcuna valutazione, tutte le deduzioni che introducano direttamente nel ricorso parti di contenuto probatorio, tanto più se articolate, in concreto ponendo direttamente la Corte di cassazione in contatto con i temi probatori e il materiale loro pertinente al fine di ottenerne un apprezzamento diverso da quello dei giudici del merito e conforme a quello invece prospettato dalla parte ricorrente (in tal senso anche Sez. 7, n. 12406 del 19/02/2015 - dep. 24/03/2015, Miccichè, Rv. 262948).
1.2. Nel caso che occupa le argomentazioni dei ricorrenti si conducono quasi integralmente sul versante della oppositiva valutazione del fatto, più volte ripetendo che le attrezzature necessarie all'esecuzione in sicurezza dell'operazione di scarico del macchinario erano a disposizione dei lavoratori e che furono questi a utilizzare del materiale inadeguato, ben consapevoli di non fare ciò che andava fatto perché compiutamente formati dal datore di lavoro.
Siffatta prospettazione, oltre a calarsi sul piano del fatto, manifesta anche il mancato confronto dei ricorsi con il nucleo centrale della decisione impugnata;
che si rinviene nell'addebito di non aver messo a disposizione dei lavoratori la gru, ovvero il mezzo di movimento del macchinario il cui uso era previsto dal libretto di istruzioni dello stesso, lasciando che fossero questi a decidere come provvedere allo scarico del macchinario presso il cantiere.
Orbene, che la gru non fosse disponibile ai lavoratori è un dato certo, non sovvertito dall'essere questa in dotazione alla ditta, dal momento che essa non era in concreto utilizzabile per l'esecuzione dell'operazione che qui interessa.
L'art. 71 d.lgs. n. 81/2008, prevedendo che il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature idonee ai fini della salute e sicurezza e adeguate al lavoro da svolgere o adattate a tali scopi, prende in considerazione la concreta e specifica lavorazione da eseguire e non una situazione teorica, avulsa dai concreti dati di contesto. Prova ne sia anche l'ulteriore prescrizione indirizzata al datore di lavoro, che impone a questi, all'atto della scelta delle attrezzature di lavoro, di prendere in considerazione le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere, i rischi presenti nell'ambiente di lavoro, i rischi derivanti dall'impiego delle attrezzature stesse, i rischi derivanti da interferenze con le altre attrezzature già in uso.
Si può convenire, alla luce di quanto riportato nella sentenza di primo grado, sul fatto che il libretto di istruzioni non prescriveva l'uso esclusivo della gru per la movimentazione del macchinario; ma ciò non toglie che a fronte della indisponibilità in concreto dello strumento che, pacificamente, consentiva di eseguire l'operazione di scarico con il minor rischio per gli operatori, il datore di lavoro ed i preposti, ciascuno secondo le proprie attribuzioni, avrebbero dovuto dare indicazioni su come diversamente svolgere tale operazione e vigilare sul rispetto delle direttive impartite.
Al riguardo va rammentato che con la integrazione del modello prevenzionistico incentrato sulla cd. prevenzione tecnologica (espresso dalla legislazione degli anni Cinquanta del secolo scorso) con il modello della organizzazione della prevenzione (d.lgs. n. 626/94 prima e d.lgs. n. 81/2008, poi), il principale dovere del datore di lavoro è quello di valutare tutti i rischi connessi al processo produttivo, e tra questi anche quello intrinseco all'organizzazione della produzione. Il dovere di organizzare in funzione della prevenzione trova la sua espressione più acuta nella valutazione dei rischi ma non si esaurisce in essa; come risulta con ogni evidenza sia dall'art. 15 d.lgs. n. 81/2008, che non riconduce le diverse misure generali da adottare alla valutazione dei rischi pretendendone così la costante adozione, che dall'art. 18.
Più in radice, è il potere dispositivo che, correlativamente al suo farsi azione, impegna contestualmente il datore di lavoro a decidere anche per le misure prevenzionistiche necessarie.
Ben diversamente, risulta dall'accertamento condotto nei gradi di merito - e in definitiva su ciò convengono anche i ricorrenti - che non venne data alcuna disposizione al riguardo, lasciando i lavoratori nella necessità di provvedere allo scarico del macchinario una volta giunti in cantiere.
Correttamente, quindi, la Corte di appello ha rimproverato ai ricorrenti di aver trasferito sui lavoratori la scelta dei mezzi con i quali eseguire l'operazione di scarico del macchinario. Né ciò costituisce addebito non contenuto nella contestazione, come invece sembra adombrare l'esponente. Nell'imputazione si fa esplicita menzione dell'aver "consentito che un macchinario ... venisse trasportato e scaricato ...". Viene quindi indicata una inerzia del datore di lavoro e dei preposti, rispetto al dovere di attivarsi, ciascuno secondo le proprie competenze prevenzionistiche.
A fronte della assenza di puntuali direttive che indicassero ai lavoratori le modalità di lavoro sicure da osservare, le errate scelte fatte da questi non possono assurgere a causa esclusiva dell'evento, perché non hanno innescato alcun rischio eccentrico nella sequenza causale che fa capo alla condotta datoriale ma anzi hanno concretizzato proprio uno dei rischi che il dovere di organizzazione deve fronteggiare (ex multis, Sez. 4, n. 33976 del 17/03/2021, Rv. 281748, per la quale "In tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia"). Perché se è vero che con l'art. 20 d.lgs. n. 81/2008 il legislatore ha indirizzato al lavoratore una più stringente pretesa in funzione della migliore prevenzione dei rischi per la salute e la sicurezza dello stesso, è anche vero che tale previsione non immuta il principio testè rammentato.
1.3. Infine, il motivo che censura il difetto di motivazione in ordine al diniego di rinnovazione istruttoria è manifestamente infondato. La Corte di appello ha esplicitamente preso in esame l'istanza (pg. 2) e ha ritenuto di disattenderla per le ragioni che ha esplicato argomentando il giudizio di responsabilità. Occorre tener presente che il rigetto dell'istanza di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale in appello si sottrae al sindacato di legittimità quando la struttura argomentativa della motivazione della decisione di secondo grado si fonda su elementi sufficienti per una compiuta valutazione in ordine alla responsabilità (Sez. 6, n. 2972 del 04/12/2020, dep. 2021, rv. 280589). Che ciò sia accaduto nel caso che occupa è conseguente a quanto esposto per l'esame dei motivi già trattati.
2. Segue alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento di tremila ciascuno euro alla cassa delle ammende.