Considerato in diritto
1. Iniziando dal ricorso del F.P., il primo motivo é infondato.
L'apparente - almeno parziale - scostamento del primo giudice dall'imputazione formulata a carico del F.P. e degli altri coimputati (laddove tra le cause del sinistro viene indicata anche l'omessa realizzazione di una tettoia nel luogo ove avvenivano le operazioni di carico del calcestruzzo) deve ritenersi del tutto riassorbito nel percorso motivazionale seguito dalla Corte di merito, che nell'enunciare le cause del sinistro non tiene di fatto conto di tale presunta manchevolezza e si attiene in modo esclusivo all'addebito riferito alle condizioni dei dispositivi di sicurezza presenti sui ganci cui il carico era appeso, nei termini indicati dall'editto imputativo. Pertanto, nella sentenza impugnata non é dato rilevare alcuna divaricazione fra accusa e condanna, atteso che gli addebiti oggetto della prima risultano pienamente recepiti nel percorso argomentativo a sostegno della seconda.
Inoltre la Corte distrettuale, nel replicare alle lagnanze articolate dagli appellanti ex art. 521 cod.proc.pen., ha convenientemente risposto osservando che l'articolata istruzione dibattimentale ha ampiamente consentito agli imputati di apprestare compiutamente le loro difese; e che nelle allegazioni del ricorrente non vi sono elementi deponenti in senso contrario. In proposito va richiamato l'indirizzo della giurisprudenza anche apicale di legittimità, in base al quale, in tema di correlazione tra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un'incertezza sull'oggetto dell'Imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l'indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione é del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l'iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione (Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010 - dep. 13/10/2010, Carelli, Rv. 248051); tale principio vale non solo per il profilo della diversa qualificazione giuridica del fatto, ma anche allorquando le condotte oggetto di declaratoria di responsabilità siano diverse da quella indicata in imputazione, purché quest'ultima contenga la descrizione, anche sommaria, del comportamento addebitato in sentenza; ed inoltre, come recentemente ribadito dalla Corte regolatrice con specifico riferimento ai procedimenti per reati colposi, la sostituzione o l'aggiunta di un particolare profilo di colpa, sia pure specifica, al profilo di colpa originariamente contestato, non vale a realizzare diversità o immutazione del fatto ai fini dell 'obbligo di contestazione suppletiva di cui all'art. 516 cod. proc. pen. e dell'eventuale ravvisabilità, in carenza di valida contestazione, del difetto di correlazione tra imputazione e sentenza ai sensi dell'art. 521 stesso codice (per tutte vds. Sez. 4, n. 18390 del 15/02/2018, Di Landa, Rv. 273265, nonché, in senso conforme, Sez. 4 , n. 53455 del 15/11/2018, Rv. 274500).
2. Quanto al secondo motivo di lagnanza del F.P., esso deve invece ritenersi fondato.
Al F.P. si rimprovera in sostanza di non avere curato che sui dispositivi di aggancio dei carichi alle gru venissero eseguite le verifiche periodiche previste, affidate a una ditta esterna e delle quali non vi é documentazione (la sentenza impugnata dà anzi conto di fonti di prova orale che riferiscono di come i controlli sui ganci fossero carenti e inidonei). Ma in tal modo non viene preso in considerazione dalla Corte di merito il contenuto specifico della posizione di garanzia assegnata dall'ordinamento al coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione: contenuto affatto diverso da quello che caratterizza la posizione di garanzia datoriale.
Ed invero va ribadito, sulla scorta della giurisprudenza di legittimità formatasi sul punto, che il coordinatore per l'esecuzione dei lavori, oltre ai compiti che gli sono affidati dalla normativa specifica, ha una autonoma funzione di alta vigilanza che riguarda la generale configurazione delle lavorazioni, e non anche il puntuale controllo, momento per momento, delle singole attività lavorative, che é demandato ad altre figure operative (datore di lavoro, dirigente, preposto) (Sez. 4, n. 18149 del 21/04/2010, Cellie e altro, Rv. 247536; in termini analoghi Sez. 4, n. 46991 del 12/11/2015, Portera e altri, Rv. 265661).
Ciò posto, deve pure rammentarsi che in casi precedenti del tutto analoghi la Corte regolatrice ha escluso che le operazioni di controllo dell'efficienza e della sicurezza dei ganci da gru potessero rientrare nell'ambito delle citate funzioni di alta vigilanza e che, quindi, potesse assegnarsi al C.S.E. la posizione di garanzia integrante l'obbligo giuridico di attivarsi nel caso di malfunzionamenti di tali dispositivi. Invero, un caso analogo era stato affrontato in Sez. 4, Sentenza n. 31015 del 27/04/2015, Calgione e altri. Nella specie al C.S.E. era mosso l'addebito di avere omesso di controllare l'efficienza del gancio di una gru, in relazione a un episodio in cui lo sganciamento del carico aveva fatto si che il carico medesimo aveva travolto e ucciso un operaio. La Corte di legittimità ebbe ad osservare, al riguardo, che si fosse «trattato di un accidente contingente, scaturito estemporaneamente dallo sviluppo dei lavori, come tale affidato alla sfera di controllo del datore di lavoro o del suo preposto», e che, quindi, l'evento non fosse «riconducibile alla configurazione complessiva, di base, della lavorazione: in tale ambito al coordinatore é affidato il formalizzato, generale dovere di alta vigilanza di cui si é ripetutamente detto». E, anche con riferimento al malfunzionamento del gancio, sarebbe stato necessario pervenire all'«accertamento della consapevolezza di tale circostanza» da parte del C.S.E, «unica ipotesi che gli avrebbe imposto, nella sua qualità, di sospendere i lavori.».
Ora, nel caso di specie, si versa in una situazione che per molti versi si presenta analoga, a fronte della quale non é corretto riportarsi tautologicamente all'imputazione, come ha fatto la Corte territoriale, senza effettuare una doverosa verifica della riconducibilità delle omissioni addebitate al F.P. alla specifica posizione di garanzia del coordinatore per la sicurezza in fase d'esecuzione: posizione di garanzia che - lo si ripete -, oltre a non essere in alcun modo sovrapponibile a quella datoriale, consiste essenzialmente nell'alta vigilanza finalizzata a prevenire il rischio interferenziale: un rischio, all'evidenza, del tutto estraneo alla vicenda che ne occupa, sia in relazione all'oggetto dei controlli asseritamente omessi, sia in riferimento al fatto che nel cantiere era impegnata una singola ditta appaltatrice.
Sul punto quindi la sentenza impugnata va annullata senza rinvio, atteso che non può in alcun modo ascriversi al ricorrente F.P. una responsabilità riferita a una condotta omissiva non riconducibile a! rischio che egli era chiamato a governare; la formula terminativa corretta è, nella specie, "per non aver commesso il fatto".
3. Venendo ora ai ricorsi degli imputati L.G.B., A.M. e F.D., il primo motivo ivi articolato - relativo esclusivamente alla biografia penale del L.G.B. - é manifestamente infondato; e ciò vale anche per il quinto motivo nuovo di ricorso, che ad esso si richiama.
Si argomenta nei motivi in esame che nei confronti del L.G.B. la pena era stata applicata senza che in atti risultasse il nuovo provvedimento del G.E. del Tribunale di Bergamo con il quale sono stati revocati alcuni decreti penali relativi ad altrettante violazioni tributarie.
Ora, avuto riguardo a quanto dedotto nel quinto motivo nuovo di ricorso, risulta in primo luogo evidente che il suddetto provvedimento non poteva essere conosciuto dalla Corte di merito, né poteva essere prodotto e acquisito agli atti alla data della sentenza impugnata, per l'ottima ragione che quest'ultima é stata pronunziata all'udienza dell'8 luglio 2016 e che il provvedimento del G.E. é datato 22 luglio 2016.
Tanto premesso, va rammentato che non può sollecitarsi una rivalutazione di tale emergenza in sede di legittimità (ciò che forma oggetto del motivo in esame, atteso che vi si prospetta la formalizzazione - non conoscibile dalla Corte di merito - dell'abolitio criminis relativa ad alcune violazioni tributarie ascritte al L.G.B.), atteso che la presenza di precedenti condanne per reati poi depenalizzati può legittimamente essere valutata dal giudice come elemento ostativo alla presunzione che il colpevole si asterrà, per il futuro, da commettere ulteriori reati (cfr. per tutte Sez. 5, Sentenza n. 34682 del 11/02/2005 Ud. (dep. 28/09/2005 ) Rv. 232312); e che la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod.pen., sicché é inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena (v. Cass., Sez. 3, n. 1182/2008 del 17/10/2007, Cilia).
Ma soprattutto, nel motivare le proprie statuizioni in punto di pena nei riguardi del L.G.B., come del resto anche nei riguardi dei coimputati, la Corte non si é basata in alcun passaggio sulla biografia penale di alcuno di costoro (con conseguente irrilevanza dell'argomento posto a base dei motivi di lagnanza in esame) ed ha del resto fornito adeguata motivazione delle proprie statuizioni, chiarendo che il trattamento sanzionatorio doveva rimanere per tutti superiore al minimo edittale in relazione alla reiterazione della condotta omissiva e del rischio conseguente; ed ulteriormente argomentando le più gravose statuizioni sanzionatorie relative al L.G.B. in relazione alla sua qualifica datoriale, nonché all'elevato rischio presente in cantiere in conseguenza della condotta omissiva e dei plurimi profili di colpa specifica. Tale pur sintetico percorso argomentativo soddisfa i requisiti indicati dalla giurisprudenza di legittimità, specie ove si consideri che la pena applicata a tutti gli imputati, pur non coincidente con il minimo edittale, é ben al disotto del valore medio; ed é noto che, in tema di determinazione della pena, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale, non é necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, se il parametro valutativo é desumibile dal testo della sentenza nel suo complesso argomentativo e non necessariamente solo dalla parte destinata alla quantificazione della pena (Sez. 3, n. 38251 del 15/06/2016, Rignanese e altro, Rv. 267949).
4. Quanto al secondo motivo, nella parte in cui esso si riferisce alle violazioni addebitate al L.G.B. nella sua posizione datoriale, esso é infondato (lo stesso é a dirsi, in parte qua, in ordine al quarto motivo nuovo).
Rilevato che non ha assunto alcun rilievo nella condanna emessa a suo carico la questione - pur sollevata dal ricorrente - della mancata realizzazione della tettoia (non formante oggetto di imputazione), riguardo alla quale si rinvia alle considerazioni svolte a proposito del primo motivo del ricorso F.P., per il resto non vale a conferire fondamento alla doglianza il riferimento di alcuni testi, dipendenti dalla società, al fatto che sarebbero stati disponibili in ditta ganci perfettamente funzionanti; né a tal fine soccorre la considerazione che i lavoratori, in presenza di ganci difettosi, avrebbero avuto tutte le possibilità di sostituirli.
A conclamare la responsabilità del L.G.B. come datore di lavoro non vi é, infatti, solo il dato di fatto costituito dall'utilizzo, in particolare nell'operazione di carico tragicamente conclusasi, di ganci i cui sistemi di sicurezza erano inidonei e comunque mal funzionanti (ciò che comunque integra la violazione, da parte del L.G.B., dell'obbligo stabilito dall'art. 71 d.lgs. 81/2008, in base al quale il datore di lavoro «mette a disposizione dei lavoratori attrezzature conformi ai requisiti di cui all' articolo precedente, idonee ai fini della salute e sicurezza e adeguate ai lavoro da svolgere o adattate a tali scopi», avendo cura che tali attrezzature formino «oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nei tempo la permanenza dei requisiti di sicurezza di cui all' articolo 70» dello stesso decreto legislativo).
Vi é, anche - e soprattutto -, la carenza a lui imputabile delle verifiche sull'effettività dei controlli sui ganci, demandati a una ditta esterna. Al riguardo é risultato radicalmente disatteso l'assunto del ricorrente in base al quale sarebbe stato dimostrato che venissero eseguite con regolarità le verifiche periodiche dei ganci ad opera di una ditta esterna: al contrario, risulta che non vi sia alcuna traccia di dette verifiche periodiche (a pag. 23 della sentenza si paria di «certa ed incontestabile assenza sui ganci di targhette identificative o simili apprestamenti» e di «mancanza di documentazione relativa all'obbligatoria specifica verifica trimestrale sui medesimi») e ciò, sicuramente, rappresenta un profilo omissivo della condotta imputabile al datore di lavoro, costituendo un rischio strutturale che incombeva al L.G.B. governare quale garante della sicurezza e della salute dei suoi dipendenti.
Sul piano del nesso causale, infine, l'assunto - sostenuto dal ricorrente - secondo il quale l'incidente si sarebbe verificato perché nel caso specifico l'aggancio del carico sarebbe stato effettuato in modo difettoso, la motivazione resa sul punto dalla Corte di merito - adesiva alle conclusioni del perito ing. Calvi ed ampiamente argomentata - é nel senso di ritenere che la causa della caduta del carico va attribuita all'uso di una braca di catene a due braccia munita di ganci aventi i sistemi di sicurezza insufficienti, con conseguente completa rottura del dispositivo di chiusura del gancio utilizzato (pag. 25 sentenza impugnata). In proposito ci si limita a osservare che la lagnanza in esame si risolve nella sollecitazione di una rivalutazione del materiale probatorio, volta ad ottenere una diversa lettura delle risultanze peritali in ordine ai risultati dell'istruttoria, in vista di una ricostruzione alternativa della serie causale: ciò che all'evidenza costituirebbe un'indebita ed inammissibile estensione del sindacato di legittimità a questioni di fatto di esclusiva pertinenza del giudice di merito.
5. Restando nel secondo motivo di ricorso, a proposito della posizione del F.D., esso é parimenti infondato.
La circostanza, sostenuta dal ricorrente, secondo cui i ganci sarebbero stati controllati prima delle operazioni di sollevamento (secondo alcune deposizioni testimoniali) ed in ogni caso non vi é prova del contrario, é smentita dalle già ricordate, difformi risultanze probatorie, valorizzate dalla Corte di merito, in base alle quali risulta che sia risultata sprovvista di riscontro l'asserzione secondo la quale venivano regolarmente eseguiti i controlli periodici sui ganci; del resto, secondo la sentenza impugnata, l'assenza di un adeguato controllo dei ganci é confermata non solo dall'oggettivo stato di deterioramento degli stessi, ma anche dalle stesse dichiarazioni del coimputato e gruista A.M., nonché da quanto emerso circa le condizioni in cui venivano lasciate le attrezzature adibite al sollevamento dei carichi, tenute all'aperto e riparate continuamente dagli stessi lavoratori, senza alcuna protezione dagli agenti atmosferici (la Corte distrettuale cita al riguardo le dichiarazioni del luogotenente D. e del tecnico ASL). A fronte di ciò, é noto che il capo cantiere (posizione ricoperta dal F.D.) é destinatario diretto dell'obbligo di verificare che le concrete modalità di esecuzione delle prestazioni lavorative all'Interno del cantiere rispettino le normative antinfortunistiche (Sez. 4, n. 46849 del 03/11/2011, Di Carlantonio e altro, Rv. 252149), oltreché di quello, indicato specificamente dall'art. 19 d.lgs. 81/2008, di segnalare tempestivamente al datore di lavoro le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro. Da quanto precede risulta evidente che il F.D. ha effettivamente violato gli obblighi nascenti dalla sua posizione di garanzia.
Si soggiunge che non può in alcun modo qualificarsi come abnorme il comportamento del E.M., per essere egli rimasto in prossimità del punto di sollevamento del carico. Va al riguardo richiamato il principio, affermato dalla sentenza n. 38343/2014 (Espenhahn ed altri, c.d. sentenza Thyssenkrupp), in base al quale, in tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, é necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (negli stessi termini vds. anche Sez. 4, n. 15124 del 13/12/2016 - dep. 2017, Gerosa e altri, Rv. 269603; cfr. in termini sostanzialmente identici Sez. 4, n. 15174 del 13/12/2017 - dep. 2018, Spina e altro, Rv. 273247).
Nel caso di specie, l'infortunio é avvenuto mentre il E.M. era intento a eseguire l'operazione di sollevamento del carico (unitamente al A.M. come manovratore della gru) in esecuzione di precise disposizioni impartitegli dal capo cantiere, ossia dal F.D.. Dunque non può parlarsi di eccentricità rispetto alla sfera di rischio governata dai soggetti garanti, fra cui lo stesso F.D..
6. Sempre nell'ambito del secondo motivo di ricorso, le doglianze afferenti la posizione del A.M. (gruista) sono a loro volta infondate. Oltre alla considerazione, evidenziata dalla Corte di merito, in base alla quaie l’obbligo di assicurarsi della stabilità del carico incombe sul manovratore della gru (Sez. 4, n. 41294 del 04/10/2007, Fatibardi, Rv. 237890), incombeva al gruista l'obbligo, imposto in generale ai lavoratori in base alle previsioni "responsabilizzanti" di cui all'art. 20, d.lgs. 81/2008, di prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, di contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all'adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, nonché di utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro. Orbene, la Corte di merito ha puntualmente osservato che, essendo il A.M. a conoscenza del fatto che, poco prima dell'operazione di sollevamento, vi era in prossimità della gru il E.M., che lo aveva aiutato ad agganciare il carico, egli ben poteva e doveva sincerarsi del fatto che il collega non fosse rimasto in prossimità del carico in corso di sollevamento (circostanza quanto meno non imprevedibile), indipendentemente dal fatto (ed anzi, a ben vedere, proprio per il fatto) che durante tale operazione egli non poteva vedere l'area dalla quale il sollevamento avveniva e dove si trovava in realtà il E.M..
7. E', poi, manifestamente infondato il terzo motivo di ricorso.
Ed invero, basterà osservare quanto affermato dalle Sezioni Unite in ordine al fatto che la mancata effettuazione di un accertamento peritale non può costituire motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell'art.606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., in quanto la perizia non può farsi rientrare nel concetto di prova decisiva, trattandosi di un mezzo di prova "neutro", sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla discrezionalità del giudice, laddove l'articolo citato, attraverso il richiamo all'art. 495, comma 2, cod.proc.pen., si riferisce esclusivamente alle prove a discarico che abbiano carattere di decisività. (Sez. U, n. 39746 del 23/03/2017, A e altro, Rv. 270936). Poiché nella specie, oltretutto, si sarebbe trattato di disporre una perizia invocata sul rilievo dell'assoluta necessità di procedere alle operazioni peritali avendo a disposizione un cassone del tipo di quello caduto in occasione dell'incidente, deve osservarsi che l'assunto mirato a sostenere tale assoluta necessità é del tutto aspecifico e privo di valenza dimostrativa, a fronte del fatto che il percorso argomentativo della sentenza impugnata, volto a illustrare le ragioni in base alle quali il sinistro avvenne a causa dei ganci mal funzionanti nel loro dispositivo di sicurezza, é correttamente ed ampiamente argomentato, sulla base di valutazioni espresse in particolare dal perito nominato dal G.i.p. durante le indagini e dal consulente del P.M.; con la conseguenza che neppure potrebbe parlarsi, in ogni caso, di necessaria rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, atteso che, come affermato dalla giurisprudenza anche a Sezioni Unite, permane valida la regola in base alla quale la rinnovazione dell'istruttoria nel giudizio di appello, attesa la presunzione di completezza dell'istruttoria espletata in primo grado, é un istituto di carattere eccezionale al quale può farsi ricorso esclusivamente allorché il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti (Sez. U, Sentenza n. 12602 del 17/12/2015 - dep. 2016, Ricci, Rv. 266820).
8. Quanto ai primi tre motivi nuovi di ricorso, che in sostanza si riagganciano, sia pure in chiave parzialmente diversa, al terzo e in parte al secondo dei motivi di ricorso principale, si tratta di lagnanze manifestamente infondate e comunque insuscettibili di esame in questa sede, trattandosi essenzialmente di una mera sollecitazione di valutazioni alternative rispetto agli esiti probatori, non compatibile con il presente giudizio di legittimità e di stretta pertinenza del giudice di merito, a fronte della quale il percorso argomentativo illustrato nella sentenza impugnata si caratterizza, come del resto emerso anche alla luce dei motivi di ricorso dianzi esaminati, come assistito da adeguata coerenza e congruità ed esente da palesi o macroscopiche lacune in termini di logicità.
9. E' invece fondato il quarto motivo nuovo di ricorso, nell'interesse del L.G.B., laddove vi si eccepisce che i reati contravvenzionali a lui contestati al capo 2 risultano effettivamente estinti per prescrizione: causa estintiva che va comunque nella specie dichiarata a fronte di motivi di ricorso che non risultano tutti manifestamente infondati.
10. Pertanto, a fronte della già argomentata decisione di annullamento senza rinvio dell'impugnata sentenza quanto alla posizione del F.P. per non avere il medesimo commesso il fatto, va annullata senza rinvio la sentenza stessa relativamente ai reati contravvenzionali ascritti al L.G.B., perché estinti per prescrizione; la pena dell'ammenda, applicata a suo carico in relazione a detti reati, può essere eliminata direttamente da questa Corte.
Nel resto il ricorso del L.G.B. va rigettato; del pari vanno rigettati i ricorsi di A.M. e F.D., i quali, essendo risultati interamente soccombenti, vanno condannati al pagamento delle spese processuali.