Considerato in diritto
1. Il ricorso è infondato e va respinto.
2. La dinamica dell'evento risulta essere stata puntualmente ricostruita sulla base delle acquisizioni istruttorie che hanno individuato le cause dell'infortunio nel fatto che l'operaio stava operando nelle strette vicinanze di un bidone vuoto che conteneva vapori di sostanza facilmente infiammabile.
3. Su entrambe le doglianze proposte dalla difesa dell'imputato, la Corte di appello ha fornito adeguata e congrua motivazione. In particolare, quanto al primo motivo, già illustrato con l'atto di appello, ha sottolineato che il ragionamento difensivo prescinde totalmente dalla circostanza, pacificamente provata, alla stregua delle risultanze istruttorie, della presenza, sul luogo di lavoro ove operavano i dipendenti della società COREMAS, di fusti o bidoni contenenti residui di sostanze altamente infiammabili. Ricorda al riguardo, oltre alla testimonianza dell'infortunato G.F., quelle dei suoi colleghi, G. e D., e del responsabile della sicurezza, Q.. Costituiva fatto notorio che i bidoni, già contenenti diluenti per vernici, si trovassero sul piazzale di lavoro e non confinati nell'apposito locale predisposto ad hoc dal datore di lavoro, contravvenendo la regola precauzionale, raccomandata peraltro anche dal fabbricante del diluente, di evitare qualsiasi sorgente di calore nelle vicinanze di esso.
Correttamente il Giudice di appello evidenzia lo specifico obbligo in capo al datore di lavoro, l'odierno imputato, di valutazione del rischio di esplosione, il quale, contrariamente a quanto emerge dall'autocertificazione dallo stesso presentata ai sensi dell'art. 29, comma 5,D.lgs.n.81/2008, risulta del tutto omesso nel DVR adottato dall'anzidetta società. In tale documento, ricorda la Corte di merito, i prodotti chimici utilizzati, tra cui il diluente Nitro, risultano valutati quale fattore di rischio per le malattie professionali e non certo come possibile causa di innesco di incendio a seguito dell'esposizione a fonti di calore ovvero ai residui prodotti da interventi effettuati con cannello a fiamma ossiacetilenica. Il DVR utilizzato non era dunque adeguato perché non valutava affatto l'anzidetto rischio, manifestando in conseguenza una evidente carenza sotto il profilo delle misure preventive da adottare.
4. Con riguardo al secondo motivo, il Collegio rileva che la Corte territoriale, con ragionamento immune da vizi logici e giuridici, se da un lato ha escluso la concreta previsione del rischio e conseguentemente la sua corretta gestione, per altro verso ha escluso ogni condotta incongrua del lavoratore: quest'ultima infatti - come più volte affermato da questa Corte Suprema (ex multis, Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri; Sez. 4, n. 20129 del 10/03/2016, Serafica e altro, Rv. 267253) - può considerarsi interruttiva del nesso di condizionamento solo quando si collochi in qualche modo al di fuori dell'area di rischio definita dalla lavorazione in corso, mentre nel caso di specie l'evento e la condotta omissiva che vi ha dato causa sono riconducibili proprio all'area di rischio tipica della prestazione lavorativa. Invero, in tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore faccia venir meno la responsabilità del datore di lavoro, occorre un vero e proprio contegno abnorme del lavoratore medesimo, configurabile come un fatto assolutamente eccezionale e del tutto al di fuori della normale prevedibilità, quale non può considerarsi la condotta che si discosti fisiologicamente dal virtuale ideale (Sez. 4, n. 22249 del 14/03/2014, Enne e altro, Rv. 259227).
Il datore di lavoro ha dunque l'obbligo giuridico di analizzare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda e, all'esito, deve redigere e sottoporre ad aggiornamenti periodici il documento di valutazione dei rischi previsto dall'art. 28 del D.lgs.n.81/2008, all'interno del quale è tenuto ad indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori. Lo strumento della adeguata valutazione dei rischi è un documento che il datore di lavoro deve elaborare con il massimo grado di specificità, restandone egli garante: l'essenzialità di tale documento deriva con evidenza dal fatto che, senza la piena consapevolezza di tutti i rischi per la sicurezza, non è possibile una adeguata politica antinfortunistica (Sez. 4, n. 43786 del 17/09/2010, Cozzini e altri, Rv. 248943). E ciò perché in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il rapporto di causalità tra la condotta dei responsabili della normativa antinfortunistica e l'evento lesivo deve essere accertato in concreto, rapportando gli effetti dell'omissione all'evento che si è concretamente verificato [Sez.4, n. 8622 del 04/12/2009 (dep. 03/03/2010), Giovannini, Rv. 246498].
E, sotto questo profilo, appare indubbio che, ove le condizioni lavorative fossero state conformate alle esigenze di sicurezza, l'evento di cui trattasi non si sarebbe verificato.
5. In conclusione, si impone il rigetto del ricorso, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.