Considerato in diritto
1. I motivi sopra illustrati appaiono manifestamente infondati e, pertanto, il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
2. Incontestate sono due importanti circostanze di fatto: a. che la lavoratrice (aiuto cuoco) ebbe a tagliarsi le mani, riportando le lesioni di cui all'imputazione, mentre era intenta ad aprire una grossa latta di tonno, in quanto eseguì tale operazione con dei normali guanti in lattice; b. che i guanti antitaglio erano stati messi a disposizione collettivamente e non singolarmente.
Il difensore ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione su punti specifici ampiamente considerati dalla decisione impugnata, sia in ordine al profilo di garanzia attribuibile al suo assistito,. sia in relazione alla mancata effettività del controllo sull'uso individuale dei DPI da parte dei lavoratori.
Tuttavia le doglianze oggi riproposte tout court erano state già confutate dal giudice del gravame del merito, con una motivazione con la quale il ricorrente in concreto non si confronta e che si palesa priva di aporie logiche e corretta in punto di diritto, sottraendosi, pertanto, alle proposte censure di legittimità.
Correttamente rileva la Corte territoriale che il S.M., nella qualità a lui attribuita di preposto e di titolare di una posizione di garanzia a tutela dell'incolumità dei lavoratori, era responsabile degli infortuni loro occorsi in violazione degli obblighi derivanti da detta posizione di garanzia in quanto titolare dei poteri necessari per impedire l'evento lesivo in concreto verificatosi (così ex multis la richiamata Sez. 4, n. 12251 del 19/06/2014, dep. 2015, De Vecchi e altro, Rv. 263004).
Egli, dunque, era nelle condizioni di gestire la sfera di rischio a lui conferita, intesa come area che designa l'ambito in cui si esplica l'obbligo di governare le situazioni pericolose che conforma l'obbligo del garante.
Ricorda la sentenza impugnata che il teste G. ha riferito in dibattimento che i guanti antitaglio erano presenti nel Centro Cottura di Sesto San Giovanni ma non forniti in modo individuale ai lavoratori bensì collettivo.
La sentenza impugnata avalla chiaramente l'interpretazione difensiva secondo cui l'art. 77 co. 4 lett. d) D.lgs 81/08 prevede in effetti che "qualora le circostanze richiedano l'uso di uno stesso DPI da parte di più persone" i DPI possano essere messi a disposizione in modo collettivo, il che rende il secondo motivo illustrato in premessa manifestamente infondato.
La circostanza, tuttavia, che ha portato concordemente i giudici del merito a ritenere provata la penale responsabilità dell'imputato è individuabile in ciò che ha dichiarato il medesimo teste G., ovvero che fosse del tutto "diffuso" l'utilizzo di guanti in lattice per l'effettuazione di operazioni con lame taglienti (come quella di apertura delle scatole di tonno).
Ed allora, quanto all'utilizzo effettivo dei DPI, secondo la logica motivazione del provvedimento impugnato, appare dirimente la deposizione del teste D. che ha specificato come il direttore regionale- e dunque S.M. - aveva l'obbligo di verificare che il responsabile di Unità attuasse le disposizioni affidate e riferisse al direttore regionale, e dunque all'odierno ricorrente.
Esisteva, dunque, una pericolosa modalità di svolgimento della prestazione lavorativa che non era frutto di un'estemporanea scelta del singolo lavoratore, ma che era prassi operativa, che in quanto tale, non poteva rimanere nel governo del solo garante di prossimità, ma investiva anche quelli di grado più elevato, come l'odierno ricorrente.
Corretto appare il rilievo dei giudici di appello che la responsabilità del S.M. consegue alla specifica qualifica dallo stesso rivestita e che la circostanza, evocata in atto di appello e riproposta in questa sede, per cui l'imputato non sarebbe stato messo a conoscenza di problematiche attinenti il mancato utilizzo dei DPI, non appare dirimente proprio in considerazione del fatto che, come riferito dal teste G., la condotta pericolosa posta in essere dalla P.L. (l'apertura delle latte di tonno con utilizzo di soli guanti di lattice) lungi dall'essere attività estemporanea costituiva una prassi diffusa.
Dunque, seppure vada corretta l'affermazione che si legge in sentenza secondo cui "S.M. era quindi tenuto ad un'attenta ed assidua vigilanza, e di controllo che il lavoratore svolgesse la sua mansione senza mettere in pericolo la propria incolumità", lo stesso era tenuto a verificare che, indipendentemente dall'esistenza di un preposto al controllo delle lavorazioni, sul luogo di lavoro non fossero in atto prassi operative elusive dell'uso dei presidi antinfortunistici pur forniti.
Legittima o meno che fosse la messa a disposizione collettiva dei DPI, se n'era evidentemente dimostrata l'inadeguatezza, visto che, come ricorda la sentenza impugnata, successivamente al verificarsi dell'infortunio, i guanti antitaglio furono forniti in modo individuale.
3. B.O. , datore di lavoro e dunque in quanto tale, titolare della posiione di garanzia in tema di sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro, aveva delegato tale delicata funzione a S.M..
In particolare, egli, quale direttore regionale - come da delega di B.O.- e in particolare direttore di "Lombardia l", era a capo di un'unità complessa così strutturata. S.M. era il dirigente del centro di cottura di Sesto San Giovanni, luogo del sinistro, e si avvaleva del Responsabile di Area che era l'anello di congiunzione con il responsabile di Unità, con il compito di attuare le disposizioni aziendali e di legge tutti con precisi compiti in materia di sicurezza sul lavoro .
Si è, dunque, in presenza, come rileva il ricorrente, di una struttura piramidale complessa con al vertice B.O., dal quale si dipartono le deleghe , via via, sempre più frazionate, piramide nella quale, S.M. occupava il primo gradino sotto il vertice di SODEXO ITALIA S.p.A.
Ebbene, con riferimento, alla specifica posizione del delegato alla sicurezza dei lavoratori, ovvero l'odierno ricorrente S.M., va rilevato che in tema di prevenzione di infortuni sui luoghi di lavoro, ai fini della individuazione del garante nelle strutture aziendali complesse occorre fare riferimento al soggetto espressamente deputato alla gestione del rischio sicché deve ritenersi a lui riconducibile, in quanto delegato dal datore di lavoro in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro , il controllo delle distribuzione e dell'uso effettivo dei dispositivi di protezione da parte dei lavoratori, al fine di rilevare difetti pericolosi per la sicurezza e la salute dei lavoratori e per eliminarli
Orbene, il ricorrente e la sentenza impugnata dedicano peculiare attenzione alla dedotta insufficienza del DVR e alla consegna collettiva e non individuale dei dispositivi di protezione individuali, laddove, come detto, il nodo centrale della vicenda appare l'effettivo controllo sull'utilizzo secondo regola dei dispositivi di protezione individuale da parte dei lavoratori.
Correttamente, tuttavia, la Corte territoriale, anche in ragione della più evoluta valutazione dei compiti di garanzia del datore di lavoro , osserva che le rilevate omissioni del DVR e della fornitura del presidio individuale di tutela nonché il successivo controllo sul suo utilizzo, escludono la possibilità di invocare , quale causa di esenzione dalla colpa, l'errore sulla legittima aspettativa che non si verifichino condotte imprudenti da parte dei lavoratori poiché il rispetto della normativa antinfortunistica ha la finalità di salvaguardare l'incolumità del lavoratore anche dai rischi delle sue stesse disattenzioni, imprudenze o disubbidienze, purché naturalmente connesse con lo svolgimento delle attività lavorative.
4. La sentenza impugnata, dunque, opera un buon governo della costante giurisprudenza di questa Corte di legittimità secondo cui, in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro il datore di lavoro, quale responsabile della sicurezza, o il suo delegato, hanno l'obbligo non solo di predisporre le misure antinfortunistiche, ma anche di sorvegliare continuamente sulla loro adozione da parte degli eventuali preposti e dei lavoratori, in quanto, in virtù della generale disposizione di cui all'art. 2087 cod. civ., egli è costituito garante dell'incolumità fisica dei prestatori di lavoro (Sez. 4, n. 4361 del 21/10/2014 dep. il 2015, Ottino, Rv. 263200). Va anche ricordato che l'eventuale colpa del lavoratore, concorrente con la violazione della normativa antinfortunistica ascritta al datore di lavoro ovvero al destinatario dell'obbligo di adottare le misure di prevenzione, esime questi ultimi dalle loro responsabilità solo allorquando il comportamento anomalo del primo sia assolutamente estraneo al processo produttivo o alle mansioni attribuite, risolvendosi in un comportamento del tutto esorbitante ed imprevedibile rispetto al lavoro posto in essere, ontologicamente avulso da ogni ipotizzabile intervento e prevedi bile scelta del lavoratore (vedasi per tutte questa Sez. 4, n. 16397 del 5/3/2015, Guida, che ha escluso l'abnormità della condotta del lavoratore, il quale, impegnato nell'installazione di un ascensore, era caduto mettendo il piede in fallo, così battendo la testa e decedendo, dopo essersi sganciato dall'imbracatura di sicurezza per meglio eseguire i lavori di sua competenza, atteso che le modalità esecutive da lui adottate rientravano nel novero delle violazioni comportamentali che i lavoratori perpetrano quanto ritengono di aver acquisito competenza ed abilità nelle proprie mansioni)
In altri termini, l'esistenza del rapporto di causalità tra la violazione e l'evento morte o lesioni del lavoratore che ne sia conseguito può essere esclusa unicamente nei casi in cui sia provato che il comportamento del lavoratore fu abnorme, e che proprio questa abnormità abbia dato causa all'evento. (Sez. 4, n. 23292 del 28/4/2011, Millo ed altri, Rv. 250710 che ha precisato essere abnorme soltanto il comportamento del lavoratore che, per la sua stranezza ed imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all'applicazione della misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro, e che tale non è il comportamento del lavoratore che abbia compiuto un'operazione comunque rientrante, oltre che nelle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli).
5. Secondo la logica motivazione del giudice del gravame del merito -con cui, in concreto, sul punto, l'odierno ricorso non si confronta- risulta evidente, dunque, alla luce di quanto dichiarato dai testi G. e D. che il DVR non prevedeva una griglia di controlli -sistematici o a campione ma sistemici - sul rispetto delle regole cautelari previste, né un sistema di controllo sull'onere di informazione dei responsabili di unità e di area verso il direttore regionale in punto di utilizzo effettivo dei dispositivi di protezione individuale né l'elaborazione del DVR prevedeva un sistema, a cascata, di controlli sull'effettivo rispetto delle procedure di sicurezza elaborate e per prevenire infortuni. Se così è, risulta evidente che il DVR era effettivamente inadeguato, anche solo con riferimento ai protocolli operativi nell'utilizzo di macchinari e dispositivi finalizzati al taglio.
Allo stesso tempo, non risultano controlli effettivi da parte del responsabile di unità sull'effettivo e costante utilizzo dei DPI da parte dei singoli lavoratori; nulla sembra riferito dal responsabile di unità delegato al direttore regionale, non risultano protocolli di controllo, nemmeno a campione richiesti dal direttore generale né verifiche effettive da parte dell'imputato ricorrente sui controlli del responsabile di unità e di area
La conclusione è che i responsabili di Area e di Unità non controllavano, S.M. non esigeva report né aggiornamenti sicché l'utilizzo dei guanti di lattice, in dispregio dei dispositivi di protezione individuale era, con riferimento alla vicenda per cui vi è processo, una prassi diffusa, in totale violazione degli oneri di reciproca informazione cui erano tenuti i soggetti destinatari di deleghe in tema di sicurezza sui luoghi di lavoro.
La Corte territoriale richiama correttamente il consolidato principio in forza del quale, in tema di reati omissivi colposi, se più sono i titolari della posizione di garanzia (nella specie, relativamente al rispetto della normativa antinfortunistica sui luoghi di lavoro), ciascuno è, per intero, destinatario dell'obbligo giuridico di impedire l'evento, con la conseguenza che, se è possibile che determinati interventi siano eseguiti da uno dei garanti, è, però, doveroso per l'altro o per gli altri garanti, dai quali ci si aspetta la stessa condotta, accertarsi che il primo sia effettivamente intervenuto (cfr. ex multis Sez. 4, n. 45369/2010, Osella - conf. nn. 47931/1990, 38810/2005 Rv. 232415).
Consegue che, ove più persone rivestano una posizione di garanzia (nel caso in esame il direttore regionale e, a cascata, i responsabili di area e di unità), ciascuno è, per intero, destinatario dell'obbligo giuridico di evitare l'evento.
6. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.