Considerato in diritto
1. I motivi di ricorso con i quali il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio motivazionale in riferimento alla interruzione del rapporto di causalità e alla carenza dell'elemento psicologico dell'imputato, in ragione del difetto dell'elemento psicologico e della abnormità e autonomia della condotta dei lavoratori coinvolti nel sinistro rispetto alle direttive impartite dal datore di lavoro, rispetto ai rischi connessi alla lavorazione, che il datore di lavoro era tenuto a prevenire, sono infondati e devono essere disattesi.
2. Deve invero prendersi atto del fatto che la sentenza impugnata non presenta alcuno dei vizi dedotti dal ricorrente, atteso che l'articolata valutazione da parte dei giudici di merito degli elementi probatori acquisiti rende ampio conto delle ragioni che hanno indotto gli stessi giudici a ritenere la responsabilità del ricorrente, mentre le censure da questa proposte finiscono sostanzialmente per riproporre argomenti già esposti in sede di appello, che tuttavia risultano vagliati e correttamente disattesi dalla Corte territoriale.
3. In particolare la Corte territoriale ha indicato una serie di elementi a sostegno del proprio convincimento in punto di sussistenza tanto del rapporto di causalità omissiva quanto dell'elemento soggettivo del reato, argomenti con i quali la difesa della ricorrente non mostra di confrontarsi pienamente, mentre finisce per profilare profili di violazione di legge che possono essere superati sulla base dei principi già affermati da questa Corte di cassazione.
3.1 Sotto il profilo causale è indubbio che il lavoratore era intento a svolgere un'attività che rientrava nelle mansioni affidate, che in relazione a dette mansioni non era stata praticata alcuna specifica formazione e che le istruzioni relative allo svolgimento dello scarico del mezzo erano state impartite solo oralmente e in termini tali da comportare l'impiego di mezzi assolutamente insufficienti e inidonei per scaricare a terra un macchinario pesante oltre 250 kg.
3.2 E' inoltre risultato dall'Istruttoria dibattimentale che la opzione di non adoperare mezzi meccanici per le operazioni di scarico del materiale, quali carrelli elevatori, gru o muletti, non dipese da una estemporanea decisione del lavoratore, o da un omesso rispetto delle consegne impartite del datore di lavoro ma in ragione dell'assenza di mezzi meccanici, che invece erano stati impiegati per le operazioni di carico, di talché la sequenza delle operazioni di scarico erano dipese da scelte organizzative aziendali, con la conseguenza che l'infortunio realizzatosi ha rappresentato uno sviluppo del tutto adeguato, sulla base di giudizio contro fattuale, fondato su criteri probabilistici di elevata credibilità razionale in una valutazione di logica processuale, delle omissioni contestate al datore di lavoro, quale massimo responsabile della direzione delle procedure lavorative e garante della sicurezza sul luogo di lavoro.
3.3 Sotto diverso profilo poi, è stato evidenziato dal S.C. che l'eventuale addebito di imprudenza al lavoratore, concorrente con la violazione della normativa antinfortunistica da parte dei soggetti tenuti a garantirne la attuazione, non esime questi ultimi dalle proprie responsabilità, poiché l'esistenza del rapporto di causalità tra la violazione e l'evento-morte o - lesioni del lavoratore che ne sia conseguito può essere esclusa unicamente nei casi in cui sia provato che il comportamento del lavoratore sia stato abnorme, e che proprio queste imprevedibilità ed eccezionalità abbiano dato causa all'evento (La Suprema Corte ha precisato che è abnorme soltanto il comportamento del lavoratore che, per la sua stranezza ed imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all'applicazione della misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro, e che tale non è il comportamento del lavoratore che abbia compiuto un'operazione comunque rientrante, nel segmento di lavoro attribuitogli (vedi sez.IV, 28.4.2011 23292; 5.3.2015 n. 16397). Non risulta peraltro in discussione - e il giudice di appello ne ha dato conto in motivazione - che il lavoratore fosse intento alla esecuzione di un compito allo stesso assegnato, in quanto rientrante nell'ambito di attribuzioni che gli venivano richieste e che lo stesso vi stesse provvedendo unitamente ad altro lavoratore in base a criteri prestabiliti o comunque concordati, procedendo alla scarico di materiale dalla parte superiore del camion con l'ausilio di un piano inclinato rappresentato da tavole. Al contempo è risultata del tutto indimostrata la circostanza che il datore di lavoro avesse chiesto ai lavoratori di attendere il suo intervento per iniziare a movimentare il carico pesante.
4. Quanto ai profili soggettivi del fatto reato, numerose e rilevanti sono le inosservanze ascritte al datore di lavoro, esaminate dai giudici di merito e ritenute sussistenti in capo al C.O. con adeguata motivazione, sia per il fatto di avere adibito il dipendente a mansioni non usuali e in particolare a quelle di carico e scarico di materiale pesante in assenza di una adeguata formazione e informazione sulle pratiche da seguire, sia per una assolutamente carente, in quanto inesistente, organizzazione del lavoro che il dipendente era chiamato a svolgere, laddove il C.O. aveva omesso qualsivoglia vigilanza nella stessa fase esecutiva, dopo avere fornito indicazioni di massima sull'utilizzazione di tavole inclinate per lo svolgimento delle operazioni di scarico.
4.1 Con altrettanto adeguato apporto motivazionale il giudice di appello evidenziava la carenza di formazione nella movimentazione di carichi particolarmente pesanti, di talché il rispetto delle norme antinfortunistiche finiva per essere rimesso all'iniziativa dello stesso dipendente. Va invero rilevato che gli obblighi a carico del datore di lavoro non si arrestano alla acquisizione dei presidi volti ad assicurare la protezione dei singoli dipendenti ma, come prescrive la disposizione normativa richiamata nel capo di imputazione, impongono la vigilanza sulla loro integrale e corretta utilizzazione, in quanto il datore di lavoro non deve solo predisporre le idonee misure di sicurezza ed impartire le direttive da seguire a tale scopo ma anche e soprattutto controllarne costantemente il rispetto da parte dei lavoratori, di guisa che sia evitata la superficiale tentazione di trascurarle (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di appello ha confermato la responsabilità di due soci-amministratori di una s.n.c. che, in qualità di datori di lavoro, avevano colposamente cagionato la morte di un lavoratore, il quale aveva eseguito la verifica di funzionamento di un impianto di luminarie con strumenti pericolosi, in assenza di misure di sicurezza specificamente previste ed in difetto dell'attività di vigilanza necessaria ad accertare che il detto lavoratore facesse uso durante le lavorazioni dei guanti isolanti (sez.IV, 17.5.2012 n.34747).
5. Infondato è anche il secondo motivo di ricorso che attiene alla liquidazione del danno alla parte civile INAIL laddove il giudice di appello, con argomentata e congrua motivazione e sulla base delle regole proprie dell'istituto surrogatorio in ordine alle somme erogate ed erogande a favore della persona offesa, ha riconosciuto la riconducibilità delle stesse allo specifico infortunio di cui al presente giudizio, peraltro in assenza di puntuali contestazioni sul punto da parte del ricorrente in ordine alla misura di capitalizzazione delle rendite da erogare, sulla base di tabelle recepite in atti amministrativi dell'ente pubblico, nonché della riferibilità dell'accertato grado di invalidità, in relazione al quale veniva costituita rendita vitalizia, al'infortunio di cui trattasi, tenuto altresì conto della circostanza che l'imputato, nella sua veste di soggetto che ha determinato il danno, risulta estraneo al rapporto tra l'infortunato e l'assicuratore pubblico e non può pertanto fare valere, all'Interno del rapporto assicurativo volto alla parametrazione quantitativa dell'indennizzo, eccezioni inerenti a tale rapporto, ma deve limitarsi ad contestare la responsabilità dell'infortunio (sez.L, 9.8.2005 n.17960; sez.L, 7.3.2018, n.5385, Rv.647484).
6. Infondato risulta poi il motivo di ricorso, introdotto con autonoma impugnazione, relativo al rigetto della richiesta di messa alla prova laddove il risarcimento del danno subito dalla vittima del reato e la eliminazione delle conseguenze dannose e pericolose del reato costituiscono un presupposto di ammissibilità dell'istituto (sez. V, 28.3.2017, Zlatkov, Rv.270533) di talché del tutto adeguato risulta il convincimento espresso dal giudice distrettuale sul fatto che il programma risarcitorio prospettato dal ricorrente era talmente esiguo da non consentire una valutazione positiva del giudicante sulla richiesta di ammissione all'istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova.
6.1 A tale proposito nessun rilievo può avere la circostanza che nelle more del giudizio di appello e pertanto in epoca di molto successiva al momento delibativo sulla richiesta di messa alla prova, sia stato raggiunto un accordo transattivo tra l'imputato e la persona offesa sulla misura risarcitoria, laddove tale sopravvenuta definizione delle questioni risarcitone, non è in grado di determinare alcuna regressione del procedimento alla fase in cui il suddetto giudizio doveva intervenire.
7. Fondato è invece il motivo di ricorso relativo al vizio motivazionale in cui è incorso il giudice di appello nell'escludere il beneficio delle circostanze attenuanti generiche laddove l'assenza, anche nella immediatezza, di una congrua proposta risarcitoria nei confronti delle parti civili costituitesi può costituire ragione plausibile per escludere il beneficio della messa alla prova come sopra evidenziato, trattandosi di istituto condizionato alla formulazione di tale proposta, ovvero della circostanza attenuante di cui all'art.62 n.4 cod.pen., il cui riconoscimento presuppone che il risarcimento e le restituzioni siano intervenute prima del giudizio. Al contrario non ricorre alcun momento processuale in cui si realizza una preclusione al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, di talché, una volta che il danno risulti risarcito dall'imputato nel corso del giudizio non può essere escluso rilievo a tale condotta richiamando il profilo della intempestività, a meno che non vengano espressamente evidenziate dal giudice di merito le ragioni per cui il ritardo nella formulazione della proposta risarcitoria abbia determinato un vulnus nella situazione personale e patrimoniale della persona offesa la quale, nella specie, poteva altresì godere dei benefici del trattamento assistenziale dell'istituto assicuratore pubblico.
7.1 La sentenza deve pertanto essere annullata limitatamente al punto concernente la esclusione delle circostanze attenuanti generiche, con rinvio alla Corte di Appello di Reggio Calabria per nuovo esame.
8. Per il resto il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile costituita INAIL che liquida in euro 2.500,00 oltre accessori come per legge per questo grado di giudizio.