Considerato in diritto
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. La questione sollevata dal ricorrente nell'unico motivo di ricorso attiene alla prescrizione del reato asseritamente maturata conteggiando quale termine di decorrenza iniziale non già la sentenza di primo grado in ragione della natura permanente del reato, bensì la data del sequestro che avrebbe comportato il vincolo di indisponibilità del bene sequestrato da parte del ricorrente.
La sentenza in realtà non fa mai menzione del sequestro dedotto dal ricorrente.
Ed invero, va premesso che nella specie risultava contestata al ricorrente al capo A) la violazione dell'art. 256 comma 4 d.lgs. 152/2006 in relazione all'attività di raccolta di veicoli fuori uso presso un centro di autodemolizione ascrivibile al ricorrente nella qualità di amministratore unico e di legale rappresentante, accertata in Amorosi il 18 Marzo 2016; ed al capo B) la violazione dell'art. 63 comma 1 del D.lgs. n.81 del 2008 per la realizzazione di posti di lavoro e di passaggio, anche esterni, in modo da non garantire la sicurezza dei lavoratori ivi impiegati e per non avere effettuato il pagamento dell'ammenda cui era stato sottoposto in sede amministrativa, avente protocollo n. 18170 del 19/12/2016, come da nota protocollo n. 40791 del 17/03/ 2017 della Asl BN 1 che aveva proceduto all'accertamento.
Il Tribunale di Benevento, con sentenza del 29/09/2021 dichiarava la estinzione del reato per il capo A) per intervenuta prescrizione e condannava il ricorrente per il capo 8), tenuto conto anche del pagamento dell'ammenda comminata in via amministrativa.
In nessun modo, quindi, veniva prospettata l'esistenza di un sequestro intervenuto alla data del 18 Marzo 2021 con conseguente prescrizione anche del capo B) alla data del 18 Marzo 2021, non potendo essere conteggiata la sospensione del termine di 64 giorni di cui all'art 83 comma 9 D.L. n. 18 2020 per effetto della sentenza n.140 del 2021 che aveva dichiarato l'incostituzionalità del comma citato.
Ciò opposto e premesso anche che può ritenersi incontestata la natura permanente del reato di cui al capo B) come indicato nella contestazione, alla luce dell'orientamento citato dal PG nella sua requisitoria- e che questo Collegio condivide - secondo cui i reati contravvenzionali previsti dalla normativa in materia di prevenzione infortuni sul lavoro, hanno natura permanente e la situazione antigiuridica si protrae persiste fino a quando il responsabile non abbia provveduto ad adottare le prescritte misure cautelari ovvero, in difetto, fino a quando il giudice non si pronunci con sentenza di condanna anche se non passata in giudicato (Sez.3, n. 46340 del 27/10/2011, Rv.251342 -01), si deve rilevare in questa sede che l'inammissibilità del ricorso si profila sotto il duplice profilo della sua genericità e della proposizione in Corte di una nuova questione non esaminata dal primo giudice, che presuppone una valutazione di merito da parte del giudice di legittimità.
Il profilo di legittimità è reso evidente anzitutto dal fatto che la circostanza del sequestro appare genericamente dedotta per la prima volta nel ricorso per Cassazione senza avere formato oggetto di esame nel giudizio di primo grado (né il ricorrente afferma di avere sollevato la questione al momento della discussione dinanzi al primo giudice).
Inoltre, la genericità del ricorso sul punto- che rende inammissibile il motivo dedotto in questa sede- è palese ove si consideri che al ricorso non risulta nemmeno allegato il provvedimento di sequestro, né se ne descrive il contenuto, ragion per cui non si rende apprezzabile in questa sede nè l'oggetto e l'ambito del sequestro, né le ragioni, posto che, ad esempio, il sequestro avrebbe potuto riguardare una parte dell'area non interessata alla problematica o prevedere la facoltà di uso del bene o l'autorizzazione alla rimozione della situazione di pericolo (situazione quest'ultima che avrebbe determinato la cessazione della permanenza).
Il ricorrente, solo successivamente, in data 1 giugno 2022, ha fatto pervenire memoria in cui, replicando alle conclusioni del PG, che non aveva menzionato il sequestro, nel dare atto che "nè nella impugnata sentenza né nel ricorso proposto si fa riferimento all'avvenuto sequestro dell'intera area'', si afferma che il 18 marzo 2016 la Polizia di Stato, in esecuzione di quanto disposto dalla A. G., aveva provveduto al sequestro preventivo dell'area e che da tale data doveva ritenersi cessata la permanenza del reato, allegando copia degli atti dell'esecuzione del sequestro e del successivo dissequestro, a seguito di regolarizzazione della situazione, notificato al ricorrente il 18 gennaio 2021.
Orbene, a prescindere da ogni altra considerazione sulla data di effettiva regolarizzazione, posto, altresì, che la questione presuppone accertamento di merito, si deve ritenere per un verso l'inutilizzabilità della memoria e della documentazione allegata in quanto fuori termine alla luce dell'orientamento consolidato secondo cui il termine di 15 giorni per il deposito delle memorie difensive, previsto dall'art 611 cod. proc. pen. relativamente al procedimento in camera di consiglio, è applicabile anche ai procedimenti in udienza pubblica e la sua inosservanza esime la Corte di Cassazione dall'obbligo di prendere in esame le stesse (da ultimo Sez.6, n. 11630 del 27/02/2020, Rv. 278719); dall'altro che la memoria si risolve nella presentazione di un nuovo motivo al più integrativo dell'altro, reso anch'esso inammissibile dalla inammissibilità del primo.
2.Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., l'onere delle spese del procedimerto nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 3.000,00.